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www.ildialogo.org Per una spiritualità della liberazione,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Per una spiritualità della liberazione

di Giovanni Sarubbi

La politica usa le religioni per i propri scopi. È una cosa che avviene da millenni ma su cui non si riflette mai abbastanza. Si continua a parlare delle religioni come di un fatto astratto, come se potesse esistere, ad esempio, un islam slegato dalle persone che nei paesi arabi ed in giro per il mondo lo interpretano e lo usano per la propria vita o per i propri scopi, per la pace, per la propria ricerca interiore, ma anche per soddisfare i propri bisogni materiali, per giustificare le proprie necessità o le proprie scelte economiche o politiche o per strumentalizzarlo. Le religioni sono indissolubilmente legate agli uomini e alle donne che le usano o le strumentalizzano.

È stato così anche per il cristianesimo, diventato successivamente religione dell'impero romano, poi ortodossia, poi protestantesimo, poi cattolicesimo, poi chissà cos'altro ancora in futuro per rispondere alle esigenze di questo o quell'imperatore, re, presidente, principe, del Papa Re o del semplice mercante o dello schiavista che trasportava gli schiavi dall'Africa alle Americhe. Non è possibile staccare il nostro cattolicesimo dal potere temporale dei papi e da tutta la storia che questo potere ha prodotto, dalle crociate, alla conquista dell'America del sud, alla benedizione dello schiavismo o all'antisemitismo o al sostegno del nazismo e del fascismo, tutte cose pesantemente negative che sovrastano e convivono con quello che di positivo pure è nato all'interno del cattolicesimo. Cose positive che sono figlie della incarnazione del vangelo di Gesù di Nazareth nella vita concreta di persone come, ad esempio, Francesco di Assisi, don Milani, don Primo Mazzolari, o di tante altre persone che hanno inteso il vangelo come liberazione dall'oppressione del sacro e dalla tentazione di usare “la parola di Dio” per sostenere il potere economico e politico di chi vuole opprimere le persone per il proprio arricchimento. “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!”

E anche “la politica”, come “le religioni”, è una cosa concreta, fatta di uomini e donne che utilizzano idee, religiose e non, per giustificare le proprie azioni, le proprie scelte, lo stare con coloro che possiedono immense ricchezze o con chi, dall'altro lato, è povero, è sfruttato, è ucciso dalle scelte politiche che prediligono la guerra alla pace. Scelte, quelle che giustificano la guerra, che vengono quasi sempre impregnate di idee religiose. “Politica” e “religione” si spalleggiano a vicenda o, per meglio dire, gli uomini e le donne che utilizzano la politica e la religione per i propri fini personali o di classe sociale di appartenenza, sono alleati, si aiutano a vicenda, piegano la “politica”, che dovrebbe salvaguardare il bene comune, e la “religione” ad essere strumenti di potere, di oppressione, di morte. Si “legano a se” le persone (è il significato di religione) non per fare il loro bene ma per gli interessi di una piccola minoranza di persone che vogliono avere il potere su tutta l'umanità.
Dovremmo quindi cercare di parlare delle religioni non più in modo astratto, come se esse aleggiassero sulle nostre teste e avessero una propria vita separata da quella degli uomini e donne in carne ed ossa.

E invece no. Siamo sempre più sommersi da strumentalizzazione della religione e continuiamo a vivere nella bugia che le guerre si combattono per motivi religiosi. E anche intellettuali di valore cadono in questa trappola che tende a staccarci dalla realtà.

Le lettera che uccide

Esegeti interessati ed improvvisati, continuano a presentarci i testi cosiddetti sacri delle varie religioni come dei monoliti, dei testi da interpretare in modo letterale e a cui obbedire in modo cieco, da utilizzare come clave da suonare in testa a tutti, stravolgendo così l'umanità e la ricchezza che quei testi contengono. Succede in tutte le tradizioni religiose.

Si tratta di una interpretazione strumentale, faziosa, profondamente sbagliata sia per i testi ebraico cristiani sia per quelli musulmani.

Basta pensare al titolo inventato per descrivere i testi ebraico cristiani che vengono chiamati “la bibbia”. È un titolo che è una errata e fuorviante traduzione dal greco della espressione “ta biblia” che significa “i libri”. “La Bibbia” è al singolare, indica un solo libro, con un unico autore, indiscutibile e assoluto; “i libri” dice che si tratta di una molteplicità di libri (67 o 72 a seconda del canone scelto) che sono diventati un unico volume solo a partire dal 1500, con l'invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutemberg.

Ridurre “i libri” con la loro molteplicità e ricchezza a “La Bibbia” è il primo grande tradimento, la base di tutte le storture che sui contenuti di questi libri vengono oggi diffuse.

Qualche volta mi è capitato, in assemblee pubbliche, di criticare questo nome e chiedere che esso venga cambiato per rimettere nei giusti binari la lettura ed interpretazione dei libri biblici. Un nome adatto potrebbe essere, ad esempio, quello di “Scritture ebraico cristiane”. Sono stato guardato come un matto dai “professori” presenti, tanto è forte la sacralizzazione di una molteplicità di testi che stanno insieme solo perché qualcuno in carne ed ossa ha deciso così, dando ad essi un ruolo di infallibilità che è più pericoloso e devastante della autoproclamata infallibilità del romano pontefice. Romano pontefice che, come tutti i mortali, ad un certo punto passa a miglior vita ed il nuovo che viene eletto può cancellare decisioni prese dai suoi predecessori, come sta fra l'altro accadendo proprio in questi anni. “La Bibbia”, invece, rimane inalterata, immobile, infallibile e in definitiva priva di vita.

Nei testi evangelici c'è l'episodio delle cosiddette “tentazioni di Gesù” che dovrebbe far capire, più di ogni altra cosa, come l'utilizzo letterale dei testi biblici debba essere bandita da qualsiasi pratica religiosa cristiana. Il diavolo conosce bene i testi e li utilizza in modo letterale e li scaglia contro Geù. Gesù gli si oppone. I testi delle scritture ebraico-cristiane non possono essere ridotti a monosillabi perché se ne perde la ricchezza e l'umanità. (Luca 4, 4-13)

La stessa cosa vale per il Corano che lo dice esplicitamente. Nel Corano Sura 3,7 così è scritto: «È Lui che ha fatto scendere il Libro su di te. Esso contiene versetti espliciti, che sono la Madre del Libro, e altri che si prestano ad interpretazioni diverse. Coloro che hanno una malattia nel cuore, che cercano la discordia e la [scorretta] interpretazione, seguono quello che è allegorico, mentre solo Allah ne conosce il significato. Coloro che sono radicati nella scienza dicono: “Noi crediamo: tutto viene dal nostro Signore”. Ma i soli a ricordarsene sempre, sono i dotati di intelletto». Scrive Hamza Piccardo, traduttore del Corano in Italiano, che “Il Corano va sempre applicato nel suo spirito. Letteralmente nella parte che riguarda il culto (preghiera, digiuno, decima e pellegrinaggio) mentre per quanto riguarda le azioni non di culto esiste una ricca giurisprudenza in continua evoluzione che legge la storia e da risposte consone alla dottrina e applica i valori nel tempo e nel luogo”. Cioè interpreta, fa vivere un testo nella vita di ogni giorno.

La spiritualità di cui abbiamo bisogno

La grande maggioranza delle persone religiose cerca pace, consolazione, speranza. Si cerca abbandono nelle mani di Dio inteso come mistero profondo della vita che nessuno ha mai visto. A volte si rifiuta il mondo come peccaminoso e si tende a separare lo “spirituale” dal “materiale” definendo tutto ciò con il termine “spiritualità”. “Spiritualità” come distacco dalle cose materiali. E spesso si dice che bisogna recuperare la spiritualità riducendo la religiosità ad un fatto intimistico, personale.

Che questo sia un aspetto importante della religiosità è innegabile. Ma è altrettanto innegabile che se ognuno di noi riducesse la propria religiosità ad un fatto privato, intimistico non riusciremmo poi a viverla nello spazio pubblico in rapporto con gli altri uomini e donne della società nella quale viviamo, a meno di non volersi chiudere in una grotta. E, soprattutto, non riusciremo ad avere un ruolo attivo nella società, comprendere le strumentalizzazioni che della religione fanno quanti la vogliono piegare ai propri interessi. Che senso avrebbe la nostra pace interiore se poi il mondo intorno a noi è pieno di ingiustizie e la religione che noi pratichiamo è usata come strumento di potere e di oppressione anziché di liberazione? Che senso ha essere in pace con noi stessi se non ci opponiamo al male, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, se non aiutiamo chi è in difficoltà a liberarsi delle catene che ne offendono la dignità e lo costringono in schiavitù?

Spiritualità del servizio, spiritualità della liberazione: questo potrebbe aiutare oggi la nostra umanità che è alla deriva di fronte al male assoluto della guerra nel quale siamo immersi.

Buon 25 aprile di liberazione!

Giovanni Sarubbi




Domenica 24 Aprile,2016 Ore: 18:15
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Mauro Matteucci Pistoia 26/4/2016 18.07
Titolo:Grazie Giovanni,  che trovi sempre il modo di leggere i tempi
Carissimo Giovanni,
                           debbo dirti che sono rimasto profondamente colpito dal tuo bellissimo editoriale per una serie di ragioni. Innanzi tutto perché sostieni una tesi centrale, di cui da tempo sono sempre più convinto: che le religioni vengono usate dagli uomini per esercitare dominio e arricchimento nei confronti di altri uomini. Così è avvenuto nella Storia del passato e così avviene oggi. Anche il ritorno continuo da parte di alcuni alla sacralizzazione - citi l'esempio dell'uso del termine "Bibbia" tra i più lampanti - ma ce ne sono molti altri, vedi i vari fondamentalismi, la santificazione di quasi tutti i papi e la loro proclamata "infallibilità", la jihad, l'impegno del musulmano che è diventato "guerra santa" (e stragi di innocenti) e via stravolgendo. Mi torna in mente una frase detta da don Milani durante l'unico incontro che ho avuto con lui: ad alcuni che dicevano che il Vangelo, citato continuamente da don Lorenzo, doveva essere adattato (per non dire edulcorato), rispose molto decisamente che doveva essere vissuto pienamente nel concreto della vita e lui seppe dimostrarlo con scelte radicali, ma senz'altro evangeliche. Grazie Giovanni,  che trovi sempre il modo di leggere i tempi
Mauro

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