- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (492) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Liberarsi dalle dottrine malefiche,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Liberarsi dalle dottrine malefiche

di Giovanni Sarubbi

Sono prigionieri delle proprie dottrine. Si sono costruiti da soli la prigione e ci si sono chiusi dentro. Questa è la prima sensazione che ho provato cominciando a leggere il testo dell'ultimo documento di Papa Francesco sulla Famiglia, frutto dei due sinodi del 2014 e del 2015. “La dottrina non cambia”, è stato ribadito in tutte le salse e da tutti i mass-media mainstream, cambia l'approccio “pastorale”. Perché allora convocare ben due sinodi su un argomento certo importante come la famiglia? Fra la dottrina e la prassi che si segue nella chiesa, c'è un legame indissolubile. Se i preti sono quello che sono ciò dipende dalla dottrina che su essi è stata costruita. Se si vogliono preti diversi da quelli attuali bisogna cambiare radicalmente la dottrina che ne definisce lo status. C'è poco da fare. Inoltre l'accento sull'aspetto “pastorale” di questa esortazione dice che tutto è comunque finalizzato ai “pastori” e non “al gregge”, volendo usare lo stesso linguaggio. “Pastori” che sono oramai da secoli “padroni del gregge”, capaci di imporre pesi su pesi sulle loro “pecore” che loro stessi non vorrebbero portare, come scrive il Vangelo.
Ovviamente non ho la pretesa di scrivere un commento definitivo su questo ultimo documento di Papa Francesco, anche perché nulla di definitivo c'è nella vita di ognuno. È materialmente impossibile leggere in poche ore un testo che, nella versione presente sul sito del Vaticano e scaricabile in formato PDF, consta di ben 264 pagine. Un testo fitto con ben 391 note che richiamano oltre trecento documenti diversi, dalla Bibbia, al Concilio Vaticano II, ad una infinità di documenti spesso sconosciuti alla grande massa degli stessi fedeli cattolici. Come per tutti gli altri documenti Vaticani, bisogna avere una piccola biblioteca per districarsi e cercare di capirci qualcosa. È un documento che potrà essere letto e apprezzato integralmente, fin nei suoi più minimi dettagli, solo dai teologi che tutti i documenti citati conoscono. Ed i teologi che in queste ora già hanno fornito le loro analisi, per lo più positive, sono quelli che hanno potuto leggere il testo in anteprima e hanno avuto la possibilità di capirne anche i dettagli. E tutti gli altri? E le famiglie che magari in questo momento stanno vivendo situazioni drammatiche con chi potranno parlare, dove potranno trovare parole di conforto o di aiuto in una struttura ecclesiastica finalizzata esclusivamente alla celebrazione di sacramenti e liturgie?
Lo stesso Papa Francesco, conscio che non si tratta di un documento di facile lettura, consiglia di non leggerlo in modo affrettato, affermando che la sua “esortazione postsinodale” «Potrà essere meglio valorizzata, sia dalle famiglie sia dagli operatori di pastorale familiare, se la approfondiranno pazientemente una parte dopo l’altra, o se vi cercheranno quello di cui avranno bisogno in ogni circostanza concreta». È un documento che si può leggere per punti, consultabile come un manuale di manutenzione di un'auto, quando serve. E magari le varie diocesi o le singole parrocchie organizzeranno riunioni di lettura collettiva dove sarà necessario l'intervento di un teologo o quanto meno la mediazione di un prete che interpreti ciò che il documento di Papa Francesco dice.
C'è come un muro di parole, di riferimenti, di dichiarazioni dottrinali lunghi due millenni che si frappone fra le persone in carne ed ossa e le strutture ecclesiastiche, e questo vale non solo per la chiesa cattolica.
Ancora una volta saranno i chierici, preti o vescovi, secondo la propria cultura o la propria esperienza ad interpretare il documento pontificio. E dato che “la dottrina non cambia”, il prete conservatore potrà continuare a dire e fare le cose che già fa e quello progressista troverà spunti per innovare ma potrà anche trovare il proprio vescovo su posizioni conservatrici che lo fermerà, perché tanto Bergoglio, come tutti i papi, passerà a miglior vita e le sue idee moriranno con lui. Sono tanti i vescovi che sono su questa posizione anche se sembra difficile che il prossimo papa possa ritornare indietro rispetto alla strada intrapresa da Papa Francesco.
Indubbiamente i contrasti che potranno sorgere nella interpretazione del testo di Papa Francesco possono dare vita ad un cambiamento positivo, aprendo brecce nel corpo di una chiesa mummificata ed in una struttura clericale nella sua maggioranza capace solo di fare riti sacri, celebrare battesimi, cresime, matrimoni, funerali. In tantissime regioni d'Italia, per di più, la chiesa è in realtà una “chiesa dei beni culturali”, che custodisce templi, cattedrali, conventi che sono opere d'arte, che rimandano ad una spiritualità fatta di paura, di peccato, di un Dio lontano a cui si accede solo attraverso la funzione mediatrice dei sacerdoti, con la chiesa come unica dispensatrice delle grazie e della misericordia di Dio. In più il cattolicesimo ha al proprio interno fenomeni, in alcune zone abbastanza diffuse, che vengono definiti di “religiosità popolare”, il culto di santi e madonne che in tantissimi casi diventa vera e propria idolatria. “Religiosità popolare” che lo stesso Bergoglio non ha sconfessato. Ricordo la sua partecipazione, quando venne a Napoli lo scorso anno, al “mezzo miracolo” della liquefazione straordinaria del sangue di San Gennaro, o la recente ostensione dei corpi di Padre Pio e di un altro santo a Roma in occasione del Giubileo della misericordia attualmente in corso. Bergoglio vuole tenere tutto insieme, la “chiesa dei beni culturali”, quella della “religiosità popolare”, che sarebbe giusto chiamare idolatria, quella dei lefebvriani, con cui si è recentemente incontrato, e quella opposta della Teologia della liberazione. È un proposito comprensibile ma, ci chiediamo, è fattibile? Come possono stare insieme chi sostiene ancora oggi, come fanno i lefebvriani, il fascismo ed il nazismo (regimi che ecumenicamente hanno attraversato tutte le confessioni cristiane), con chi vuole il superamento dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo? E soprattutto riuscirà a ridare credibilità ad una chiesa oramai lontanissima, insieme a tutte le altre chiese cristiane, dalle radici evangeliche?
Tutto dipenderà dal protagonismo dei singoli fedeli e dalla loro capacità di liberarsi dalla schiavitù di dottrine che hanno dimostrato la loro falsità producendo fatti nefasti nei corso di svariati secoli.
Giovanni Sarubbi



Domenica 10 Aprile,2016 Ore: 11:46
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Editoriali

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info