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www.ildialogo.org Per un dialogo critico/costruttivo rispettoso delle difficoltà che abbiamo tutti,di Giovanni Sarubbi e Giuliano Ciampolini

Editoriale
Per un dialogo critico/costruttivo rispettoso delle difficoltà che abbiamo tutti

di Giovanni Sarubbi e Giuliano Ciampolini

La pace è realizzabile solo tramite una politica di pace. Indispensabile ricostruire un movimento pacifista di massa


Premessa
di Giovanni Sarubbi
Mi capita spesso di ricevere e-mail relativi agli editoriali che, ogni domenica, scrivo su questo giornale. Ci sono molte persone che hanno fatto della lettura di tale editoriale un proprio momento settimanale di riflessione e con costanza mi scrivono o mi telefonano per darmi le loro critiche o suggerimenti. Ci sono, come è del tutto ovvio, email di incoraggiamento e di condivisione ma anche email critiche, spesso anche molto dure. Già altre volte mi è capitato di rispondere pubblicamente ad alcune di esse e, come ho più volte detto, mi interessano molto soprattutto le email critiche perché sono da stimolo a migliorare. Anche il mio ultimo editoriale non ha fatto eccezione. Lettere critiche si sono sommate a quelle di consenso. Una di queste mi è stata scritta da Giuliano Ciampolini che si definisce pacifista e di sinistra. Ne è nato uno scambio di email che di seguito abbiamo deciso di pubblicare. Perché questa decisione? Ho fatto questa proposta all'amico Giuliano sia perché le questioni da lui sollevate sono di interesse più generale e riguardano una molteplicità di persone, sia perché egli ha formulato una critica a ciò che ho scritto. Ed è una questione non di poco conto perché riguarda il modo con cui si deve scrivere un articolo che di solito è rivolto ad una molteplicità di persone che non si conoscono. L'uso delle parole, di cui si sta perdendo sempre più il senso nella nostra società, è dunque importante per chi voglia fare comunicazione. Trovare la parole giuste per promuovere non solo una cultura di pace ma anche iniziative che coinvolgano milioni di persone deve essere l'impegno costante di chi voglia costruire pace. Certo anche le parole scritte nel modo più accorto possibile possono suscitare reazioni non prevedibili. Ed il fatto che ne vogliamo parlare vuole essere uno stimolo per i nostri lettori ad essere parte attiva di questo nostro piccolo progetto editoriale che sollecita la partecipazione di tutte/i e il non delegare a nessuno sia le proposte sia le riflessioni. Tutto va offerto senza avere la pretesa di avere la verità in tasca. Tutto va confrontato con l'opinione degli altri, quando ovviamente essa viene proposta senza astio, odio o violenza. Le ingiurie, ed anche quelle riceviamo, non le pigliamo proprio in considerazione, tutto il resto è assolutamente bene accetto. Ci auguriamo così che la lettura di questo scambio di email possa essere di aiuto a quanti, come noi, vogliono impegnarsi per la costruzione di un mondo migliore dove si possa vivere in pace e senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

Dialogare per unire le persone che hanno idealità simili
di Giuliano Ciampolini
Caro Giovanni, leggo sempre i tuoi editoriali (diversi li inoltro - da anni - a molte centinaia di persone, a Pistoia e in Toscana, che sono nel mio indirizzario), aderisco a molti appelli che proponi, ma nel tuo editoriale del 28 febbraio c'è una frase che mi sembra assai dannosa proprio delle idealità e delle proposte concrete che fai e che condivido.
Per dialogare in modo critico/costruttivo, a mio parere, si dovrebbe evitare di scrivere frasi cosi “distruttive”: "Più che Sinistra Italiana, in sigla SI, siamo oramai al Soggetto Ignoto, in sigla sempre SI, che è il modo con il quale i filmetti dell'orrore provenienti dagli USA identificano i serial killer. E qui siamo ai serial killer delle idee, dei valori, della cultura di quella che è stata la sinistra italiana.".
Continuiamo pure a farci del male tra persone che condividono lo stesso orizzonte ideale ma che hanno proposte programmatiche e di lotta democratica un po' diverse, ma non penso che - con il disprezzo - si contribuisca a unirci e tanto meno a realizzare i nostri ideali e le nostre proposte (è utile solo a dividerci e indebolirci).
Giuliano Ciampolini, pacifista e di sinistra

Una frase figlia dell'amarezza verso un mondo che ha tradito gli ideali della mia vita
di Giovanni Sarubbi
Caro Giuliano,
ti ringrazio molto di questa email. Tutte le critiche per me sono le benvenute perché mi aiutano a capire sempre meglio la realtà. Le critiche aiutano anche a non inorgoglirsi e a non sentirsi onnipotenti e io spero sempre di non dare mai questa impressione. Cerco sempre di smussare le mie affermazioni proprio per non dare giudizi netti che possano far pensare che io abbia una qualche pretesa di esprimere giudizi assoluti e quindi la verità in tasca da distribuire a tutti. A volte ci riesco, a volte no e me ne rammarico.
La frase che tu citi è figlia dell'amarezza profonda che io provo verso quel mondo che si dichiara di sinistra ma che, oramai da troppi anni, ha killerato tutte le idee e i valori della sinistra fra cui quello della pace. Quello che ho riportato è esattamente ciò che mi è successo la settimana scorsa e la mia amarezza è profondissima e l'ho esternata con la frase che tu hai segnalato. Mi rendo conto che è una frase urtante, che può creare irritazione in chi si sente parte di quella sinistra che ho accusato di aver tradito gli ideali per i quali ho speso una intera vita. Ma oltre al tuo disappunto e alla tua critica, ho avuto anche chi ha condiviso la mia stessa amarezza e mi ha ringraziato per quelle parole. Non so quindi valutare se fosse stato più giusto trovare un modo soft di criticare, probabilmente si. È l'eterno dilemma di fronte a cui mi trovo ogni volta che devo esprimere un sentimento forte di disapprovazione verso una idea, o una organizzazione soprattutto quando essa ha fatto parte anche della mia vita. A volte riesco a trovare un modo "positivo", altre volte, come questa volta, no ed esprimo pensieri urticanti.
Ti confesso che io provo sempre molta invidia per quanti, e ne conosco alcuni, riescono ad esprimere idee urticanti con il sorriso sulle labbra o con parole non urticanti ma che esprimono gli stessi concetti. È un dono che io non ho. Probabilmente dipende dal tipo di letture che uno fa e quindi dal lessico che ognuno di noi acquisisce e che lo porta a selezionare il proprio modo di parlare e di scrivere. È, me ne rendo conto, un forte limite che dipende però anche dal fatto che quando scrivo, e questo vale per tutti i giornalisti, non so chi sarà poi a leggere il mio articolo ed è quindi inevitabile trovare favorevoli e contrari. Sapere a chi si scrive è una delle regole che don Milani insegnava a Barbiana ma questo è impossibile per un giornale.
Ma in ogni caso voglio rassicurarti che le mie parole urticanti non volevano essere una esclusione nei confronti di alcuno. L'errore che ho commesso è quello di aver considerato solo i cosiddetti "gruppi dirigenti" dimenticando i semplici "pacifisti di sinistra" come tu ti dichiari, accomunandoli tutti nella stessa critica. Anche qui a volte ci riesco a fare questa distinzione, altre volte no e questo succede spesso quando sono pressato dai "tempi di pubblicazione" e quindi dalla scarsità di tempo per la necessaria riflessione e verifica del testo. E ciò non vuole essere una scusa ma una realtà che chiunque abbia la direzione di un giornale può confermare. Per quanto ci si impegni non c'è mai il tempo necessario per pensare a tutti i potenziali lettori e anche quando ci si fa una sorta di check-list delle cose da fare a volte la si ignora. Una delle regole di Don Milani era proprio relativa al tempo. Lui consigliava di "non porsi limiti di tempo" e di questo, spesso, non si riesce a tenere conto.
Mi hai scritto questa lettera senza pubblicarla direttamente sul sito come commento all'articolo e di questo ti ringrazio ulteriormente. Ma io credo che sarebbe utile per chi leggerà ancora questo articolo conoscere sia la tua critica sia la mia risposta. Sarebbe un modo per aiutare il dibattito e perciò ti chiedo il tuo consenso a pubblicare questo nostro scambio epistolare fra i commenti all'articolo.
Ti ringrazio di nuovo e ti saluto cordialmente.

Giovanni Sarubbi

Una riflessione sulla crisi di partecipazione al movimento per la pace
di Giuliano Ciampolini
Caro Giovanni, per costruire un mondo più giusto, più democratico, più sostenibile, senza guerre, penso sia indispensabile ricostruire un movimento pacifista di massa (in ciascun Paese e di conseguenza nel mondo) che abbia dimensioni e condivisioni (anche elettorali, per riuscire a tradurre le nostre proposte in scelte delle Istituzioni democratiche) assai più grandi di quello che è stato sconfitto tra il 2002/2004 (sconfitta che ha provocato tanta delusione, sfiducia, scetticismo e conseguente drastica riduzione della partecipazione).
Quel movimento era cresciuto enormemente nel corso degli anni '80 e '90, con le idee di Ernesto Balducci (fondamentali i convegni promossi da Testimonianze a Firenze, intitolati "SE VUOI LA PACE, PREPARA LA PACE" e gli articoli di Balducci, talvolta pubblicati in prima pagina su l'Unità, a partire da quelli contro “i mercanti di armi e di morte” ed altrettanto importanti i convegni annuali che convocava MANI TESE sempre a Firenze), Alex Zanotelli, Luciana Castellina, Tom Benetollo, Enrico Berlinguer, Pietro Ingrao e tante altre personalità cattoliche e non cattoliche di sinistra: in particolare Balducci e Tom Benetollo (ma anche Berlinguer, Ingrao, Willy Brandt, Olof Palme e persino Gorbaciov) avevano insegnato a tante persone che il movimento per la pace non poteva essere ridotto all'etica individuale della nonviolenza e che era indispensabile suscitare la partecipazione di tutte le persone che rifiutavano la guerra, con la convinzione che la pace è realizzabile solo tramite una politica di pace.
Per unire tante persone, per suscitare il loro impegno e la loro partecipazione in un movimento di massa unitario, a mio parere, è indispensabile un dialogo che sia rispettoso e costruttivo di sensibilità ed esperienze diverse, avendo consapevolezza che nessuno conosce una strada sicura per farcela: cioè per fare passi concreti verso il nostro orizzonte ideale di un mondo migliore e quindi per un mondo che riduca drasticamente gli armamenti, che metta al bando “il flagello della guerra” e che utilizzi le risorse per dare a tutti (anche alle generazioni future) la possibilità di una vita degna di essere vissuta.
Dal 2005 la partecipazione a sostegno di una politica di pace si è drasticamente ridotta a un centesimo di quella che vi era stata, per molti anni, fino al 2004: si è ridotta a piccole minoranze, alcune sinceramente pacifiste/idealiste, altre ideologizzate e spesso finalizzate a fare propaganda al proprio soggettino politico. Se rimaniamo piccole minoranze, mi sembra evidente, facciamo solo "testimonianza": non abbiamo nessuna possibilità di avere un peso non dico nelle logiche del "libero mercato" (dove le finalità sono quelle dei profitti, degli affari, degli egoismi individuali grandi e piccoli), ma almeno nelle Istituzioni democratiche volute dalla Costituzione Repubblicana (in corso di devastazione proprio perché è considerata un ostacolo al dominio mondiale della finanza, delle banche e dei profitti).
Penso che bisognerebbe partire dalla consapevolezza che, noi minoranze pacifiste (come varie esperienze di sinistra tutte fallite negli ultimi 25 anni), stiamo camminando in un viottolo sconosciuto, accidentato, tortuoso, in salita: in questo nostro cammino dobbiamo superare ostacoli e poteri giganteschi, talmente giganteschi che siamo delle formicuzze a confronto con poteri che hanno la dimensione dei dinosauri dell'epoca preistorica.
Purtroppo, per "guidarci" non abbiamo più i “lampadieri” che ho citato prima e in particolare non abbiamo più padre Balducci (a mio parere era la mente più lucida che avevamo): l'unica novità rilevante e positiva è papa Francesco e quanto ha scritto nell'Enciclica Laudato si'.
Sul piano politico, non solo in Italia, siamo messi malissimo e siamo debolissimi, anche se - tra le piccole novità positive in Italia - mi sembra che ci sia il "percorso costituente" che è stato aperto per provare a ricostruire il Partito di Sinistra che manca in Italia da circa 20 anni: dubito che ci riusciremo, ma questa - mi sembra - è una necessità ineludibile e se non ci riusciremo... altri dovranno provarci fino a quando non ci riusciranno e spero che l'orizzonte ideale da darsi sia quello contenuto in tre Carte fondamentali: la Costituzione Repubblicana, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e lo Statuto delle Nazioni Unite (quest'ultimo da democratizzare nei percorsi decisionali, togliendo potere all'attuale Consiglio di Sicurezza dove hanno un ruolo determinante alcune delle grandi potenze che sono tra i principali artefici delle guerre degli ultimi 20 anni e persino dei soggetti terroristici che hanno contribuito a far crescere e che ora utilizzano per convincere i popoli a sostenere o comunque a non opporsi alla promozione di altre guerre terroristiche).
Il tuo tormento, scritto nell'editoriale "Il dio della guerra? È il "dio denaro!", rappresenta benissimo il tormento che vivo quotidianamente anch'io dal 2005, da quando la partecipazione pacifista è crollata come "un castello di carte" in tutta Italia e in tutto il mondo.
Avevo già inviato a tantissime persone il tuo precedente editoriale e stavo per inviare anche l'ultimo (mi sono bloccato e fermato quando ho letto quella frase, che - a mio parere - aiuta le incomprensioni e le divisioni... non la ricostruzione del movimento pacifista che in Italia manca dal 2004): purtroppo, non mi risulta che l'appello di Alex Zanotelli abbia ricevuto risposte positive da grandi organizzazioni (come Cgil, Cisl, Uil, Arci, Acli) e nemmeno dalle tante persone impegnate nella sinistra politica e sindacale plurale e neanche da associazioni come Emergency, la Rete Radié Resch, Libera, la Caritas (assai deludente anche la Tavola della Pace di Perugia, a cui aderiscono tantissimi soggetti organizzati) che ha lanciato l'appello “Guerre: il tempo di reagire è ora!” e poi propone di partecipare alla Marcia Perugia-Assisi del 9 ottobre 2016, evidenziando così una distanza enorme tra il titolo di quell'appello e la nuova guerra in Libia a cui si appresta a partecipare il nostro Paese.
Questa è la triste realtà e il tormento che il tuo ultimo editoriale ha rappresentato benissimo: ma, per uscirne, io vedo solo un dialogo critico/costruttivo che sia rispettoso delle difficoltà, delle contraddizioni, delle incapacità che ci sono in ciascuna esperienza diversa e che abbiamo tutti.
Un abbraccio.
Giuliano Ciampolini, ex operaio tessile (di sinistra e pacifista nel senso che proponeva Ernesto Balducci, che - per come ho capito io - era quello della "tessitura" per dare le gambe a grandi idealità).

Conclusioni
Questo scambio di email mi è servita a ricordare e a rileggere, per l'ennesima volta, “Lettera ad una professoressa” della Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani. Le regole dello scrivere, che li sono contenute, sono quelle su cui mi sono formato e che mi hanno guidato in quello che faccio. Voglio qui riportarle perché credo possano essere utili a tutte/i:
  1. avere qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti.
  2. Sapere a chi si scrive.
  3. Trovare una logica su cui ordinarlo.
  4. Eliminare ogni parola che non serve.
  5. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando.
  6. Non porsi limiti di tempo.
A volta qualcuna di queste regole sfugge e perciò ringrazio Giuliano per avermi dato la possibilità di ricordarle. Fra quelle regole c'è quella di “trovare parole da levare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie, parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una sola frase”. Riabbeverarsi alla scuola di Barbiana credo sia un utile esercizio per riscoprire le nostre radici e per ridare un senso a questa nostra società. Riabbeverarsi per poi passare all'azione, non certo per rimanere in estasi davanti ai grandi del passato di cui dobbiamo invece rimettere in modo lo spirito nelle nostre azioni.
Ma questo nostro confronto ha riguardato anche lo sconforto di chi ha dedicato tutta la propria vita al progresso della società e alla pace e ora sembra ritrovarsi con un pungo di mosche in mano. E ha fatto benissimo Giuliano a ricordare coloro che sono stati l'anima del movimento pacifista degli anni '80 e '90. Dobbiamo riabbeverarci a quelle fonti, come io ho fatto con don Milani, per ridare una speranza alla nostra società oggi.
Cosa fare? Possiamo delegare ancora a non si sa chi questioni come la pace o la guerra? O è ora, finalmente, che ognuno acquisisca la coscienza che la pace dipende dall'impegno di ognuno di noi perché non ci sarà alcun supereroe che salverà l'umanità dalla follia della guerra? Dobbiamo liberarci della cappa di piombo che ha paralizzato centinaia di migliaia di militanti per la pace. Questo il compito che insieme potremo realizzare. E allora non ci limiteremo solo a considerazioni sconfortanti, ma avanzeremo proposte positive a cui tutte e tutti si sentiranno impegnati a rispondere positivamente.
Giovanni Sarubbi

Chi voglia contribuire a questo dibattito, può farlo attraverso i commenti che sono liberi su ogni nostra pagina web rispettando le regole che sono contenute nel Regolamento Forum, oppure inviando una email a direttore@ildialogo.org. Ma la cosa più importante è sviluppare iniziative contro la guerra, a partire da quella del 12 marzo prossimo e a quelle che seguiranno. Che nessuno aspetti autorizzazioni o eventi miracolosi. La pace è nelle mani degli uomini e delle donne di buona volontà.



Sabato 05 Marzo,2016 Ore: 15:32
 
 
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