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www.ildialogo.org Se son rose fioriranno,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Se son rose fioriranno

Un commento a caldo sull'incontro tra Papa Francesco ed il Patriarca di Mosca Kirill


di Giovanni Sarubbi

Papa Francesco ed il Patriarca di Mosca Kirill si sono incontrati. Lo hanno fatto a Cuba che ha un governo guidato da un partito comunista e che è un paese, hanno scritto i due vescovi, «simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo». Non succedeva dal 1054 che un papa ed il Patriarca di Mosca si incontrassero e questo è certamente una novità storica di cui siamo stati spettatori. Ieri sera, appena terminata la lettura del documento, ho scritto a caldo ad un gruppo di amici affermando “che di fronte a questa dichiarazione Gesù farebbe quello che ha fatto quando ha preso la corda e ha cacciato tutti dal tempio, sacerdoti, mercanti e fedeli”. Questa è stata la mia prima impressione.
Il documento firmato dai due capi delle rispettive chiese è sicuramente frutto di una lunga elaborazione comune. Non si scrive un testo del genere, pieno di riferimenti biblici e teologici, in due ore, ne si prepara in pochi minuti un incontro tanto a lungo cercato. Innanzitutto rileviamo che nonostante la lunga preparazione, nulla era finora trapelato dai sacri palazzi vaticani su ciò che stava per accadere, segno che quando si vuole tenere qualcosa sotto chiave nulla esce dal Vaticano, da dove esce solo quello che si vuole fare uscire. Tutto è stato preparato nelle segrete stanze Vaticane e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Il testo ha due evidenti modalità di lettura, una di tipo politico, l'altra di tipo religioso.
Al di la della storicità dell'incontro, che è indiscutibile, i contenuti della dichiarazione comune lasciano grandi perplessità e scoramenti sia sul piano politico sia sul piano religioso. Probabilmente non poteva che essere così perché per realizzare tale fatto storico si è partiti da quello che per le due chiese è “il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio”, cioè i concili ecumenici convocati dall'imperatore con le loro affermazioni dottrinali, le loro scomuniche e le loro negazioni e allontanamenti dall'evangelo di Gesù ed il riferimento alla Trinità e alla Vergine Maria, che attraversa e conclude tutto il testo. L'unità su queste basi è quello che ci serve oggi? Si tratta proprio di quelle affermazioni dottrinali che, dal nostro punto di vista e con tutto il rispetto possibile, sono la zavorra di cui i seguaci di Gesù di Nazareth devono liberarsi per superare la crisi profonda di identità, di valori, di spiritualità, di rapporto con la “modernità”, di comprensione del messaggio autentico del Vangelo, che è liberazione dell'oppressione religiosa, che vivono tutte le chiese cristiane oggi. Ripartire da Costantino, dai “credo” e dalle dottrine che hanno stravolto il vangelo non è un buon segno, senza peraltro entrare nel merito del perché ci si è divisi limitandosi a dire che la divisione è stata “conseguenza della debolezza umana e del peccato”. E se il buon giorno si vede dal mattino, il grande spazio dato nel documento alle questioni cosiddette etiche – aborto e famiglia - non lascia presagire nulla di buono. Alcuni passi di tali parti sembrano scritte direttamente dall'ala ruininana della chiesa italiana. Sembra di leggere le dichiarazioni di Bagnasco e Ruini in occasione del “family day”.
Prendere posizione in modo netto su tale documento è molto difficile e queste sono solo prime impressioni a caldo. Bisognerà vedere che cosa concretamente si metterà in moto nella vita delle due chiese e quali componenti in ognuna di esse prevarranno. In Italia, per il momento, la componente ruiniana è in prima fila. Bisognerà vedere come questo accordo, sul piano politico, verrà interpretato dalle grandi potenze e dalle coalizioni che attorno ad esse stanno combattendo “la terza guerra mondiale a pezzi” di cui nel testo non si parla. Si parla invece di “guerra civile”, di “ caos e della violenza terroristica” in riferimento alla “espulsione dei cristiani dal Medio Oriente”. Si chiede “alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente”. Che cosa si intende concretamente con tale richiesta? Come verrà interpretata tale richiesta dalle grandi potenze? Come una benedizione per una nuova guerra? E se si, che cosa faranno le due chiese? E che senso ha costruire questa nuova unità fra cattolici e ortodossi sul cosiddetto “ecumenismo del sangue” che certo non ha nulla a che fare con il martirio dei primi cristiani a cui si è fatto riferimento quasi come se ci fosse la necessità di rifondare la chiesa sul sangue dei nuovi martiri? Possono oggi i cristiani presentarsi come martiri di una sistematica persecuzione nei loro confronti? Non è forse vero che i cristiani per molti secoli si sono trasformati da perseguitati in persecutori e che molte delle persecuzioni attuali che essi subiscono sono la reazione alle loro persecuzioni? E non è forse vero che i veri martiri cristiani sono stati quelli resi tali da altri “cristiani”, come lo stesso Bergoglio sa bene e ha vissuto nella sua Argentina ai tempi della dittatura di Videla? Martiri sono tutti i seguaci della teologia della liberazione barbaramente uccisi proprio da altri “cristiani”, come mons. Romero lasciato solo davanti agli squadroni della morte proprio dall'allora papa Giovanni Paolo II che, insieme all'allora cardinale Ratzinger, condusse una dura opposizione dalla Teologia della liberazione. In questo caso contro chi dovremmo prendercela?
Francesco e Kirill hanno poi esortato “tutti i cristiani e tutti i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale”. Cosa faranno le due chiese per rendere concreta questa preghiera? L'affermazione potrebbe essere letta come un cambiamento significativo perché si passerebbe dalla necessità di fermare la guerra in corso a quella di impedire che essa scoppi. Siamo già nella “terza guerra mondiale a pezzi” e dobbiamo fermarla oppure essa non è ancora scoppiata e quindi dobbiamo impedire che scoppi? Le due chiese si limiteranno a pregare, ripetere all'infinito rosari e altro, e questo è un loro diritto, o faranno qualcosa di concreto? Mobiliteranno o meno i loro fedeli a favore della pace? Boicotteranno le industrie di armamenti? Organizzeranno sit-in per la pace circondando prefetture, comuni, sedi regionali, caserme, fabbriche d'armi? Chiederanno ai propri fedeli di obiettare alla guerra? Toglieranno i cappellani militari che garantiscono l'assistenza religiosa ai soldati che sono attualmente in guerra o che si preparano per andare in nuovi fronti di guerra, come quelli Italiani in Libia e Iraq? Continueranno a benedire navi da guerra, basi per sottomarini, industrie d'armi come hanno fatto finora?
Probabilmente, da quello che si legge nel testo, ha prevalso la voglia di compiere un atto storico forse pressati dalla crisi delle rispettive chiese e dalla sensazione di impotenza che spesso pervade tutto l'ecumene cristiana. Ma è anche evidente che gli incontri vanno avviati sui giusti binari e che, primo fra tutti, occorreva, dal nostro punto di vista, ribadire in modo chiaro il rifiuto della riedizione di un nuovo “imperialismo cristiano” oramai seppellito dalla storia. “Imperialismo cristiano” che ci è sembrato di intravedere nelle pieghe del documento. Importante, a tale proposito, ci sembra il punto 13 della dichiarazione che definisce “il dialogo interreligioso indispensabile”. Riportiamo per intero tale punto che ci sembra molto significativo.
«Le differenze nella comprensione delle verità religiose – scrivono Papa Francesco e Kirill - non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33)».
La fretta è cattiva consigliera si dice. Certo è meglio un cattivo accordo e cominciare a camminare insieme che nessun accordo. Certo qui sono passati 1000 anni e proprio non si può parlare di fretta, ma l'unità si fa condividendo analisi, obiettivi, iniziative per la vita sociale di tutti i giorni e meno che mai condividendo preghiere fatte di parole vuote e guardando al passato. Ci vogliono le preghiere dei fatti concreti, dell'impegno per la giustizia, per la pace, per la fine delle discriminazioni, per la fine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per la salvaguadia della Madre Terra, per la misericordia del samaritano che soccorre il perseguitato, per la fine dello sfruttamento del nome di Dio finalizzato all'arricchimento di una classe di sacerdoti che si ingrassa sui peccati dei propri fedeli. Abbiamo bisogno di un cristianesimo che butti fuori tutti, sacerdoti, mercanti e fedeli, dai nuovi, troppi templi realizzati in giro per il mondo. Templi dove si venera l'unico dio di questa terra, il “dio denaro”, come ai tempi di Gesù nel Tempio di Gerusalemme.
Se sono rose fioriranno. Per il momento sospendiamo il giudizio. Come sempre facciamo sosterremo tutto ciò che va nello spirito dell'evangelo di Gesù di Nazareth e contrasteremo tutto ciò che lo nega. Occorre che questo sforzo sia fatto proprio da sempre più cristiani liberi ed adulti perché, oggi più che mai, abbiamo bisogno di persone con gli occhi le orecchie e la bocca aperte ed il cuore pronto ad impegnarsi contro ogni stravolgimento ulteriore del Vangelo.
Giovanni Sarubbi



Domenica 14 Febbraio,2016 Ore: 18:02
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
moreno ceron vicenza 15/2/2016 22.38
Titolo:
Non ho letto il documento che hanno firmato,però mi piace l'analisi che fai...le preghiere del fare...un saluto e un grazie.
Moreno

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