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www.ildialogo.org Tsipras, la Troika ed il che fare,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Tsipras, la Troika ed il che fare

di Giovanni Sarubbi

Mi scuseranno i miei quattro lettori se ritorno sul mio ultimo editoriale relativo al referendum greco di domenica scorsa 5 luglio. Credo di essere stato uno dei pochi commentatori che ha definito quel referendum come un “referendum-farsa”, scagliandomi al contempo contro Alexis Tsipras, primo ministro greco.
Alcuni lettori sono rimasti stupiti per questa mia definizione e per gli attacchi a Tsipras. Qualcuno mi ha definito “estremista”.
Ciò che sta accadendo, proprio in queste ore, con la proposta di un nuovo accordo fatto da Tsipras e approvato dal parlamento greco a grande maggioranza, conferma invece pienamente quella definizione e quell'attacco. Oggi si può dire, in più, che il referendum greco è stato un referendum-truffa.
In sostanza il "NO" che ha vinto al referendum è diventato un "SI", e quello che era indigeribile una settimana fa è ora diventato digeribilissimo, compreso la privatizzazione di tutti gli aeroporti e dei porti Greci o le spese militari.
In più, la proposta di Tsipras ha alzato da 8 a 12 miliardi i sacrifici che il popolo greco dovrà sopportare per continuare a rimanere nell'euro e a pagare un debito che lo stesso governo greco ha definito  “illegale, illegittimo e odioso”. (Vedi qui)
Chi, durante la breve campagna elettorale per il referendum, definiva “banditi” i negoziatori della troika (mi riferisco all'oramai ex ministro delle finanze greco Varoufakis) è stato poi costretto alle dimissioni. Egli, secondo le sue dichiarazioni, era sgradito ai negoziatori europei e la sua presenza al tavolo delle trattative avrebbe pregiudicato l'accordo che Tsipras aveva annunciato essere il suo obiettivo subito dopo la conclusione del referendum. «Entro quarant'otto ore dal referendum avremo un accordo», ha più volte dichiarato e ha sbagliato solo di qualche ora. Il “no” alla politica della troika ha fatto la sua prima vittima proprio fra chi più, almeno a parole, si era opposto a questa politica.
Devo dire che quando ho scritto l'editoriale di domenica scorsa, mi sono fatto guidare più dall'istinto che dal ragionamento. Ho avuto fin dal primo annuncio del referendum la sensazione che ci trovassimo di fronte ad un imbroglio, ad una scelta poco chiara. Non c'era alcun motivo che un governo completamente legittimato ad agire facesse una scelta del genere. Farlo è stato una forzatura che, ora si può con ragione dirlo, aveva lo scopo di concentrare nelle mani di Tsipras un potere plebiscitario che non ha nulla a che vedere con la “democrazia”. Un potere plebiscitario finalizzato all'accordo con i creditori di un debito, è opportuno ribadirlo, “illegale, illegittimo e odioso”. Un potere plebiscitario fra l'altro senza alcun vincolo, che Tsipras poteva utilizzare a proprio piacimento.  L'appoggio che al referendum hanno poi dato sia la destra greca, quella che governa con Syriza, ANEL, e i neonazisti di Alba Dorata, sia quella italiana ed europea, dalla Lega Nord, ai neofascisti di Fratelli d'Italia, ai francesi di Le Pen, agli inglesi ..., hanno ulteriormente rafforzato questa mia sensazione. Ancora di più ho pensato ad un imbroglio quando ho visto scendere in campo, a favore di Tsipras, personaggi di “sinistra” che io considero, per esperienza personale, delle vere e proprie iatture per la sinistra italiana. «Se ci sono queste forze politiche e questi personaggi non posso esserci io». Questo ho pensato e questo ho scritto.
I risultati che si prospettano vanno molto al di la di ogni mia più pessimistica previsione. Oggi mi sembra evidente che la forzatura del referendum sia stata concordata con la troika, un modo, come ho scritto domenica scorsa, per verificare fino a che punto si poteva tirare la corda e, oggi aggiungo, su come gestire il tutto nel modo più indolore possibile, con la copertura di un governo di “sinistra” che, a parole, dice di sostenere proprio quelle classi sociali su cui si sono scaricati e su cui ancora si scaricheranno i costi della crisi greca. Una storia che in Italia abbiamo già visto ripetersi più e più volte, con continue svendite di tutti i diritti del mondo del lavoro che sono costati sacrifici, dolori e sangue a sindacalisti e lavoratori.
Dare tutto il potere ad una sola persona, come si è fatto con Tsipras, senza neppure mettergli alcun vincolo alla trattativa, come fra l'altro chiedeva il Partito Comunista greco, permettendogli di interpretare il risultato del referendum come più gli aggrada, come sta accadendo, non ha nulla a che vedere con la democrazia.
Gli elogi a Tsipras nel dopo referendum si sono sprecati. Avrebbe vinto il popolo, sarebbe stata sconfitta la troika ed una idea di Europa contraria agli interessi dei popoli. Il 5 luglio avremmo vissuto un momento storico e Tsipras è stato indicato come il leader capace di spostare a sinistra l'asse politico dell'Europa e via magnificando.
E ora che il risultato sta andando in senso contrario per opera proprio del “leader”  a cui si è demandato tutto, nessuno fa autocritica, si continua con gli elogi verso una idea plebiscitaria della democrazia che stravolge completamente tutto ciò che ha significato e significa sinistra da quasi due secoli e mezzo a questa parte, da quando cioè è stato coniato il termine “sinistra”, ai tempi della Rivoluzione Francese, per indicare quelle forze politiche rivoluzionarie schierate dalla parte di quello che allora  si definiva “terzo stato”, cioè i poveri, i diseredati, la classe dei proletari di marxiana memoria.
Di più. C'è chi in Italia pensa di sfruttare i risultati del referendum greco come stimolo per la costruzione di un nuovo soggetto politico di sinistra che aspiri a governare l'Italia. L'hanno definita “sinistra di governo”.
Dubito fortemente che fenomeni esterni all'Italia, come Syriza in Grecia (che ora dopo le scelte di Tsipras si sta spaccando) o Podemos in Spagna, fra l'altro diversi tra loro, siano in grado di ridare credibilità a personaggi politici italiani che, negli ultimi 25 anni, da quando il PCI fu sciolto, hanno provocato solo disastri su disastri, distruggendo un patrimonio culturale, politico e umano immenso, riducendo l'idea di sinistra, e peggio ancora l'idea comunista, ad una realtà marginale, riducendo alla passività e buttando nella sfiducia o nella disperazione diversi milioni di militanti. Hanno fatto più danno all'idea di sinistra e di comunismo personaggi come Bertinotti, Vendola, Cossutta … e chi più ne ha più ne metta, che tutte le organizzazioni anticomuniste e antidemocratiche del mondo messe insieme. Che credibilità può mai avere chi ha distrutto e/o “costruito” o “ricostruito” più partiti, ed è stato incapace di proporre una alternativa alla crisi sociale e all'arroganza delle classi economicamente ricche che è iniziata nel nostro paese a partire dal 1979?
Ma, a parte questo, ciò che è successo in Grecia è un imbroglio, che è venuto a galla molto rapidamente, e sugli imbrogli non si può costruire nulla di buono.  
«Ma, cosa avrebbe dovuto fare Tsipras – mi ha scritto un'amica - , in un mondo dove alla fine soldi e potere sono nelle mani di altri? Chi vuole davvero schierarsi a sostegno dei valori della sinistra tra coloro che potrebbero cambiare verso all'economia se lo volessero? Anche podemos e altro finiranno come Tsipras, se dovranno continuare a fare i conti con la realtà».
Nell'affermazione di questa amica, è rappresentata tutta l'impotenza che oltre trentanni di subordinazione all'ideologia neoliberista ha prodotto in vasti settori di militanti o di semplici elettori della sinistra. Secondo questa logica, non ci sarebbe un'alternativa al neoliberismo estremo, allo sfruttamento selvaggio dei lavoratori, alla distruzione della Madre Terra. È questa impotenza che rende Papa Francesco un soggetto rivoluzionario.
«Se uno sale su un ring – ho risposto a questa amica - pensando di andare a fare un pranzo di gala, non solo piglia un sacco di mazzate ma fa anche una brutta figura e passa per chi si è venduto l'incontro. Gramsci diceva "osare pensare osare agire". Sottomettersi alla troika è una oscenità indegna di chiunque abbia minimamente a cuore gli interessi delle classi sociali deboli e oppresse. Da troppi anni la sinistra è territorio di conquista di mezze cartucce, di persone senza dignità, veri e propri "tappi dell'organizzazione", come li chiamava Secchia, che tutto frenano e tutto indirizzano alle proprie mediocrità e ai loro piccoli interessi di bottega. Di fronte a noi abbiamo un mostro morente, quello del capitalismo, e la sinistra invece di dargli il colpo di grazia lo aiuta a sopravvivere a danno dei poveri. Sono sinceramente stufo di questa situazione e non sono disponibile a giustificare più nessuno. Chi non ha il coraggio certo non può darselo e allora faccia la cortesia di stare a casa sua e non crei falsi miti o falsi profeti, perché il danno che essi provocano è enorme».
È allora inutile perdere tempo dietro a chi parla di se stesso come di “classe dirigente”, che si ritiene cioè un corpo separato dal resto del popolo e a cui il popolo dovrebbe sottomettersi, e che propone l'ennesima ricostruzione dell'ennesimo soggetto politico che servirà a soddisfare le voglie parlamentari di qualcuno. Quello della “ricostruzione” di un partito di sinistra si può oramai configurare come una vera e propria sindrome psichiatrica di chi non sa far altro che passare da una ricostruzione ad un'altra, senza nel frattempo combinare nulla di buono.
Oggi credo invece sia fondamentale tessere reti a partire da contenuti precisi su cui costruire innanzitutto solidarietà fra le persone che si mettono insieme. Ciò che è stato distrutto a partire dal 1979 è stata proprio l'idea della solidarietà, dell'avere bisogno gli uni degli altri. Nella società attuale prevale l'egoismo individuale, l'idea che tutti possono diventare ricchi e gaudenti e che essere ricchi e gaudenti sia anzi un diritto umano inalienabile e non una ideologia folle che sta distruggendo il mondo. Viviamo in una società sbrindellata, con tutti contro tutti, cosa che favorisce solo i più forti, i più ricchi e gaudenti che continuano così ad arricchirsi.
Occorre allora ripartire da cose concrete, da quelle che sono le emergenze sociali più urgenti che mettono in discussione l'esistenza stessa dell'umanità. Ed il tema principale, lo ripeto oramai come un mantra da tempo, su cui vale la pena sicuramente di impegnarsi a fondo, è senz'altro quello della pace, oggi come nel 1914 ai tempi della prima guerra mondiale, figlia del nascente imperialismo dei primi monopoli mondiali. E oggi, come nel 1914, la discriminante fra forze di sinistra, cioè rivoluzionarie e legate alle aspirazioni alla liberazione dallo sfruttamento delle classi sociali deboli e oppresse, e forze reazionarie è il tema della pace, del rifiuto delle spese per gli armamenti, della opposizione al militarismo e alla cultura della guerra, del rispetto e della salvaguardia dell'ambiente nel quale viviamo, del cibo per tutti.
Tutto ciò che di “nuovo” viene proposto sul piano politico che non metta al primo posto il tema della pace è solo un imbroglio, un tentativo di riciclare un ceto politico screditato ed inutile, che pensa solo ai propri seggi parlamentari o a gestire piccole o grandi prebende.
La troika, la politica oppressiva dell'Europa basata sui gruppi imperialisti franco-tedeschi, la politica imperialistica USA, la si sconfigge sul tema della pace.
E che pace sia.
Giovanni Sarubbi



Domenica 12 Luglio,2015 Ore: 12:51
 
 
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