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www.ildialogo.org Nudi a chiedere giustizia sociale,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Nudi a chiedere giustizia sociale

di Giovanni Sarubbi

Durante la mia attività giornalistica mi sono trovato spesso ad affrontare la problematica del suicidio. Ho seguito diversi casi di suicidio, di qualcuno ho scritto articoli, su altri ho riflettuto e non ho mai scritto nulla. Ne riparlo oggi in questo ultimo editoriale prima della pausa agostana della redazione perché ho ricevuto nei giorni scorso una lettera (via email) di un aspirante suicida. E' una lettera molto lunga, è firmata e ovviamente non rivelerò il nome dell'autore che mi racconta di una vita fatta di stenti, di sacrifici immensi fatti per crescere i figli, di alcune malattie dolorose che lo hanno colpito e gli hanno fiaccato lo spirito, di incomprensioni e litigi familiari come avvengono in tutte le famiglie. Ma la mazzata che lo ha sconvolto è stato il licenziamento che ha tolto a lui, oramai quasi 55enne qualsiasi prospettiva sia di una nuova occupazione sia di una pensione a causa della riforma Fornero. Ora è in mobilità e fra qualche mese non avrà più nulla perché terminerà il sussidio di disoccupazione.
«A che serve - mi scrive – continuare a vivere? A che serve andare da una sede sindacale all'altra, da questo o quel politico ad implorare il rispetto della mia dignità, di quella della mia famiglia, di mia moglie, dei miei figli e di quelle di tutti quelli che sono nella mia stessa situazione?». Ed è a questo punto che mi annuncia la sua decisione. L'ultimo giorno del sussidio di disoccupazione porrà termine alla sua vita e lo farà nel modo più eclatante possibile: si recherà a piazza Montecitorio, si inzupperà di benzina e si brucerà vivo. «Finora – ha scritto – tutti quelli che si sono suicidati a causa della crisi economica, e sono veramente tanti, lo hanno fatto in silenzio, quasi vergognandosi della loro decisione e della loro situazione. Per un certo periodo la stampa ne ha parlato ma poi silenzio, i suicidi ci sono e continuano ma è come se la stampa avesse avuto l'ordine di tacere, di minimizzare, di parlare d'altro e di tirare fuori le solite cose che si scrivono in questi casi, la depressione, la delusione amorosa e via divagando. Voglio proprio vedere cosa si inventeranno i giornali quando mi brucerò davanti a Montecitorio e manderò a tutti i giornali del mondo una lettera con le motivazioni del mio suicidio».
Per chi ha qualche anno sulle spalle come me, forme di protesta estreme come quelle che il mio interlocutore mi ha descritto non sono una novità. Io ricordo il caso di Jan Palach, il cecoslovacco che il 16 gennaio del 1969 si diede fuoco a Praga ai piedi della scalinata del Museo Nazionale per protestare contro l'occupazione sovietica del suo paese. Ricordo anche il caso, avvenuto in Italia a Piazza San Pietro, di Alfredo Ormando, lo scrittore gay di San Cataldo in Sicilia, che il 13 gennaio del 1998 si bruciò vivo in piazza San Pietro a Roma, per protestare contro l'omofobia vaticana. Gli esisti di queste forme di proteste estreme sono molto vari, dipendono dal caso, nulla è certo, nessuno può sapere se un gesto di autolesionismo estremo, come quello di darsi fuoco sulla pubblica piazza, possa veramente produrre cambiamenti sostanziali in una situazione economico-sociale come quella che sta vivendo chi mi ha scritto. Io penso sinceramente di no.
Avrei a tale proposito una serie di proposte alternative che possono essere seguite da tutti i molti milioni di poveri che ci sono oramai in Italia (4,8 milioni, secondo gli ultimi dati della Caritas, raddoppiati nel giro di un anno).
I giornali che per anni ci hanno magnificato le lodi del capitalismo liberista che ci ha portato alla miseria e alla guerra globale, ci hanno anche illustrato dettagliatamente i menù del ristorante di Montecitorio. Ora se una persona affamata, puzzolente e vestita di stracci si presenta a Montecitorio e cerca di entrare per andare a mangiare al ristorante dove mangiano i deputati, questa viene arrestata o quanto meno allontanata con fermezza. Ma se si presentano in trecentomila, sporchi, cenciosi, puzzolenti, non basterebbero a fermarli tutte le forze armate oggi presenti in Italia.
E perché poi non fare lo stesso nei confronti di tutti i ristoranti di lusso dove vanno a mangiare e a divertirsi i miliardari italiani, quel 10% della popolazione che possiede il 50% della ricchezza nazionale e che non vuole pagare né le tasse normali né alcun tipo di tassa patrimoniale.
Perché, sia chiaro a tutti, i poveri, i disoccupati, i cassintegrati esistono, sono tanti e sono sempre di più perché c'è un piccolo gruppo di famiglie straricche, che ha accumulato capitali e ricchezze immense, che non producono alcun benessere sociale ma soddisfano solo la loro immensa e sconfinata ingordigia, producendo tra l'altro danni ecologici immani, come sanno per esempio gli abitanti di Taranto o quelli della Terra dei Fuochi in Campania.
Si continua, poi, a fare manifestazioni di protesta ancora vestiti. Migliaia di persone, ridotte in miseria o nelle condizioni della persona che mi ha scritto, sfilano per Roma vestiti. Ora io mi chiedo perché non denudarsi tutti e sfilare nudi per le strade di Roma e per le altre città d'Italia? Vogliono metterci in mutande e allora facciamolo. E la mia non è una proposta oscena, lo dice anche il Vangelo la dove si afferma che «e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello»(Mt 5,40), cioè a chi vuole ridurti in miseria (questo il senso del “toglierti la tunica” che era l'unico vestico che avevano) tu dagli anche il mantello, cioè denudati completamente e poni il tuo affamatore di fronte alla gravità della sua azione che è disumana e priva di qualsiasi giustificazione politica, religiosa, o semplicemente umana.
Ricordo, da vecchio sessantottino, che il 7 dicembre del 1968 ci fu una contestazione della prima della Scala di Milano che allora, come oggi, era considerata una passerella dell'esibizione del lusso dei potenti e degli straricchi cosa che allora, come oggi, stride fortemente con la realtà sociale dell'Italia. Anche quest'anno c'è stato un accenno di protesta subito repressa. Contestazioni simili riguardarono nel '68 molti altri luoghi simboli del lusso e della ricchezza. Perché non fare altrettanto oggi? Cosa c'è lo impedisce?
Allora si capiva il semplice detto che “il sazio non crede al digiuno” e che la ricchezza di pochi significa la miseria per la grande maggioranza della popolazione. Oggi questa semplice verità che ognuno può toccare con mano è stata cancellata dalla coscienza collettiva dai mezzi di comunicazione di massa.
Allora, caro amico che vuoi bruciarti vivo, non servono gesti estremi ed autolesionistici in cui a rimetterci saresti solo tu e i tuoi cari che ti perderebbero per sempre. Servono gesti che mettano a nudo la brutalità e la falsità di un sistema sociale che ci ha convinto che mangiare merda è lo stesso che mangiare cioccolata e che la ricchezza, la proprietà dei mezzi di produzione, l'accumulazione del capitale e le decisioni economiche tutte in poche mani siano un diritto naturale magari benedetto direttamente da Dio. I ricchi una volta si chiamavano conti, marchesi, re, duchi vescovi e cardinali, poi si sono chiamati capitalisti, capitani di industria, finanzieri, e i poveri sempre poveri, schiavi da buttare via senza pietà se non servono più ad arricchire il potente di turno.
Non è così. Allora non occorre suicidarsi, occorre organizzarsi dal basso, tutti i poveri, i disoccupati, i cassintegrati, i senza casa... insieme davanti ai palazzi del potere, ai luoghi dell'ostentazione della ricchezza, nudi a chiedere giustizia sociale, come ai tempi della Rivoluzione Francese quando, come oggi, il 90% della popolazione era alla fame ed una piccola parte della società aveva tutte le ricchezze, il potere e la possibilità di decidere della vita e della morte di tutti gli altri.
Allora che questo agosto porti consiglio. Chi si deve vergognare non sono i disoccupati, i cassintegrati, i poveri, ma coloro che con la loro stra ricchezza li hanno messi in tali condizioni. Ci sono molti modi di fare quello che una volta si chiamava l'assalto ai forni. Chi è povero e disperato cosa ha da perdere? Nulla, ed è questa la consapevolezza che bisogna far crescere nelle persone, e noi ci saremo, anche durante questo periodo di riposto di agosto.
Giovanni Sarubbi



Domenica 03 Agosto,2014 Ore: 01:07
 
 
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