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www.ildialogo.org Nostalgia,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Nostalgia

di Giovanni Sarubbi

Da anni scrivo di politica, religione, economia ma, lo confesso, mi manca la cronaca. La cronaca è il cuore di un giornale che voglia essere tale. Credo che nessun giornalista possa sentirsi veramente tale senza essersi mai occupato di cronaca, senza essersi mai cimentato con il racconto di un omicidio o di un suicidio, o di un dramma sociale, di quei fatti che affollano la vita quotidiana di posti come un tribunale o un pronto soccorso e che rappresentano la condizione della società nel suo complesso. La cronaca racconta, o dovrebbe raccontare, la società per quello che è.
I discorsi sui massimi sistemi, la politica, la religione, l'economia, l'ambiente, poi si calano nella vita di tutti i giorni, incidono sulle esistenze dei tanti Antonio, Rita, Brigida, Gennaro che continuano a vivere la loro vita a prescindere da tutto ciò che i potenti della terra decidono nei loro incontri o che i politici di casa nostra poi mettono in pratica e che la gente quasi sempre subisce.
Gli Antonio, Rita, Brigida, Gennaro cercano di espletare le loro funzioni vitali, del mangiare del bere, del riprodursi. Si collegano agli altri esseri umani che incontrano tutti i giorni soprattutto per soddisfare queste esigenze elementari. La cultura, l'arte, la filosofia, la politica sono cose per persone sazie, che non hanno l'assillo di coniugare il pranzo con la cena e che reagiscono alle leggi o alle decisioni dei potenti nei modi più disparati, tentando di sopravvivere in ogni modo possibile. Questi comportamenti sono quelli che poi possono trasformarsi in “fatti di cronaca” perché, come si dice a Napoli, “ogni testa è un tribunale”, per dire che ognuno interpreta le regole sociali a modo suo, ergendosi a giudice ed arbitro dei rapporti con gli altri.
La mattina, quando leggo i giornali, apro sempre per prima cosa le pagine di cronaca. Politica, esteri, cultura,... le guardo per ultimo. Cerco la storia quotidiana che mi fa capire a che punto siamo e verso cosa stiamo andando. La piccola notizia, quella a cui nessuno fa caso, è invece quella che io cerco per prima. Li può esserci un segno di un qualcosa che può trasformarsi in un fenomeno sociale dirompente. E i giornali dovrebbero essere li a raccontarli e a farlo nel modo giusto, usando le parole appropriate, rispettando la verità dell'informazione e la dignità delle persone coinvolte.
Uso internet da molti anni ma la mia formazione è legata alla carta stampata di cui ho ancora grande nostalgia. Ho cominciato a scrivere a metà anni '60 del secolo scorso, quando ancora non c'erano i computer, con una macchina da scrivere meccanica, la mitica Olivetti 32. Poi negli anni '70 passai ad una più moderna macchina da scrivere elettrica, ma anche così scrivere era un lavoro impegnativo che richiedeva impegno, passione, capacità di raccontare, di trasformare in storie fatti apparentemente aridi che è poi il mestiere del giornalista. Se non si riesce a cogliere neppure un briciolo di umanità in una notizia, allora è meglio non scrivere nulla. A questo criterio cerco sempre di attenermi.
La cronaca oggi purtroppo è dominata dalle TV. Le immagini e i suoni hanno preso il sopravvento sui testi scritti. Nei pochi minuti di un servizio televisivo non si può raccontare nulla. I testi che accompagnano le immagini sono quasi sempre di scarsissima qualità; le immagini prevalgono ed è spesso difficile capire anche i dati fondamentali delle notizie anche perchè non le si può rileggere come avviene con un testo scritto. La riflessione e la crescita culturale delle persone è andata quindi a farsi benedire. Si è persa totalmente la capacità di raccontare che dovrebbe invece essere la qualità fondamentale di qualsiasi giornalista.
Si cerca spasmodicamente, come direbbe Eduardo De Filippo, “la notizia impressionante che è un guaio per tutti quanti e non sai che cosa poterci fare”. Anche qui le immagini shock la fanno da padrona, sovrastano piuttosto che accompagnare il testo scritto. C'è la ricerca dei particolari macabri, o di quelli a sfondo sessuale di cui si dà notizia con dovizia di particolari. I racconti così diventano violazioni continue della dignità umana ed un incentivo dei comportamenti violenti e disumani. La cronaca si trasforma in propaganda di fenomeni aberranti. Ed il meccanismo perverso di questo modo di fare cronaca è così diffuso nella società che anche le vittime si adeguano, diventano anch'esse comparse in quella grande mistificazione quotidiana che va in onda tutti i giorni sulle nostre TV, accettando di rispondere in diretta a domande farneticanti. La cronaca è un'altra cosa.
Oggi nessun giornalista rinuncerebbe a pubblicare una qualsiasi notizia che possa aumentare il proprio indice di ascolto televisivo o la tiratura del proprio giornale stampato. La violenza del mercato ha stravolto anche i giornali e la loro deontologia. Ci sono le regole ma nessuno le rispetta. Nessuno ha più storie mai raccontate nel proprio cassetto. Tutto viene bruciato nel giro di pochi minuti, lo spazio di uno spot TV, o quello di una breve in cronaca.
Fra le storie che più mi hanno coinvolto emotivamente nella mia vita giornalistica, ci sono quelle relative ai suicidi, oggi ritornati tragicamente di attualità con quelli legati alla crisi economica. Cosa spinge le persone a togliersi la vita? L'economia, la depressione, una delusione amorosa, una malattia grave, lo scoprirsi omosessuale? Fino a che punto ci si può spingere nel raccontare cose di cui si è venuti a conoscenza sui perché di un suicidio? Per lo più si scrivono cose banali, si usano parole vuote e senza senso, giusto per riempire uno spazio. Su tale argomento io ho molte storie nel cassetto, mai raccontate per rispetto delle vittime. Storie che mi hanno fatto spesso riflettere sul ruolo negativo che le religioni esercitano sulla vita delle persone anche al di là della loro personale accettazione dei precetti e divieti di cui tutte le religioni sono piene. Questi divieti ci condizionano, aleggiano nell'aria al di là della propria volontà, ci costringono a tenere comportamenti che razionalmente rifiuteremmo ma che invece dobbiamo subire.
Uno dei temi ricorrenti è quello della omosessualità. Dietro a molti suicidi di giovani ragazzi c'è l'omosessualità vissuta in un ambiente familiare o sociale ostile. Ci sono poi le idee sull'onore e sulla illibatezza ancora ampiamente presenti. Ho ascoltato con le mie orecchie padri e madri di giovani donne morte suicide affermare:«Meglio morta che disonorata», in riferimento a rapporti della propria figlia ritenuti immorali.
Tutta la morale cattolica, che è fondamentalmente sessuofobica, è all'origine di fatti di cronaca, di omicidi e suicidi, su cui si avventano i mezzi di comunicazione senza però metterne a nudo le reali cause. Tutto deriva dall'aver trasformato la sessualità, che è una componente fondamentale dell'essere umano da cui non si può prescindere, in un qualcosa di impuro, inventando il comandamento del “non commettere atti impuri”, che è molto diverso dal comandamento biblico del “non commettere adulterio” che non aveva riferimento alla sessualità.
Una trentina di anni fa, regalai ad una adolescente un libro di educazione sessuale. Questo libro fu accolto con grande scandalo dalla sua famiglia cattolica che però non aveva esitato a tenerla chiusa in un orfanotrofio per tredici anni perché essa era nata da una relazione extraconiugale. Se si trasforma una cosa del tutto naturale come la sessualità in un qualcosa di impuro e se si circoscrive l'amore fra le persone in ambiti legali, i risultati non possono che essere aberranti. E ciò succede non solo nella cultura cattolica ma anche in quella puritana che ha una matrice protestante.
Ci vorrebbe quindi una cronaca che non solo sappia rappresentare con onestà e correttezza la realtà, ma che la sappia anche raccontare per far crescere il meglio dei fenomeni sociali emarginando il peggio. Oggi è esattamente il contrario. Ed è questa la cronaca di cui io sento molto la nostalgia.
Giovanni Sarubbi



Domenica 23 Marzo,2014 Ore: 10:48
 
 
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