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www.ildialogo.org Donne: liberarsi di miti e menzogne,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Donne: liberarsi di miti e menzogne

di Giovanni Sarubbi

Il 25 novembre, si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne proclamata dall'ONU. Un secolo fa, la “giornata internazionale della donna”, era una cosa da “comunisti”, sovversiva, intollerabile per quelli che una volta venivano chiamati “padroni” e per i governi che ne applicavano ferreamente la volontà. Le donne operaie, in particolare, erano temute molto più delle borghesi “radical chic” che si battevano per il voto alle donne. Le donne operaie, con le loro rivendicazioni, mettevano in discussione i rapporti di produzione, la subordinazione di chi produce ai voleri e ai capricci dei “padroni”, e lo facevano insieme ai maschi operai, senza divisioni e contrapposizioni di genere. Era questa unità che faceva paura ai “padroni” e ai loro governi. La stessa liberazione del nostro paese dal nazi-fascismo, ha visto la partecipazione attiva alla Resistenza di migliaia e migliaia di donne. Ed è successo così in tutto il mondo. E' un dato di fatto che nessun grande movimento degli oppressi contro i propri sfruttatori, si è compiuto nella storia dell'umanità senza la partecipazione delle donne lavoratrici. E' successo così anche per i primi seguaci di Gesù di Nazareth, che erano donne e furono anzi proprio le donne a seguirlo fino in fondo e a credere e a diffondere le sue idee e l'annuncio della sua resurrezione.
Oggi, questa giornata promossa dall'ONU, è del tutto innocua per coloro che opprimono l'umanità e la stanno portando al disastro planetario. Le donne sono piegate su se stesse, sono nell'angolo, spinte a mobilitarsi contro un nemico fasullo creato artificialmente, quello del maschio stupratore, che è stupratore in quanto maschio e non perché portatore di una ideologia di dominio, che trova la sua origine ed il suo brodo di coltura nella società a regime capitalista, dove c'è chi è proprietario dei mezzi di produzione e dei capitali finanziari, e decide sulla vita e la morte di miliardi di persone a seconda dei suoi capricci e della sua sete di guadagno.
L'unico merito che hanno queste giornate, nate e gestite per disinnescare qualsiasi possibilità di cambiamento reale della società, è quello di essere opportunità da cogliere per cominciare a dire qualche verità, nel mare di bugie e menzogne nel quale siamo immersi da oramai alcuni decenni. Giusto per dire che non ci servono liturgie marcate ONU, perché ci bastano e avanzano quelle locali o nazionali.
Dovremmo cominciare così a dire che di tutte le battaglie per l'emancipazione delle donne non è rimasto assolutamente nulla. Quelle battaglie, della fine degli anni '60 e inizio anni '70 del secolo scorso, sono servite ad un piccolo ceto politico al femminile a lucrare rendite di posizione, posti di direzione nei partiti, nei sindacati, nei consigli di amministrazione delle aziende, senza alcun reale avanzamento della condizione delle donne, soprattutto di quelle lavoratrici, che anzi sono state poste ai margini della società.
A fronte di queste pochissime donne che hanno conquistato un posto al sole, alla stragrande maggioranza delle donne, soprattutto alle giovani, sono state offerte, come segno di emancipazione, tre cose: l'arruolamento nelle varie forze armate (esercito, marina, aviazione, carabinieri, ecc...); il mestiere di “velina”, facendo passare “sederi e tette al vento” come un segno di emancipazione e di liberazione della donna; il prendersi a calci reciprocamente fra ragazzi e ragazze adolescenti quando stanno insieme, per strada o al bar o a scuola o virtualmente attraverso telefonini e la rete internet. E chiunque si permette di criticare, viene lapidato ed indicato come retrogrado e bacchettone, maschilista e patriarcale.
Viviamo oggi in una società dove è dominante un sistema prostitutivo diffuso che, prima che fisico, è culturale. Un sistema prostitutivo, ma che bella eguaglianza!, che riguarda maschi e femmine in ugual misura. E a questo sistema prostitutivo hanno contribuito tantissime donne, come la cronaca di questi anni ha tristemente dimostrato.
L'idea che la donna in abiti succinti sia sinonimo di libertà ed emancipazione della donna, ha trovato il suo culmine nella battaglia mediatica, ingaggiata dalla destra che ha governato e tuttora governa questo paese, contro l'abbigliamento delle donne islamiche, ree di indossare abiti che non fanno vedere il loro corpo. Qualche anno fa, è capitato persino che alcune suore cattoliche del nord-Italia, dove più accentuata è stata la campagna anti-islamica, sono state aggredite verbalmente per strada perché scambiate per donne musulmane, a causa del loro abbigliamento e del velo che tutte le suore indossano.
Distrutte, in questi ultimi 30 anni, tutte le conquiste delle donne lavoratrici, che ora vengono licenziate appena annunciano una gravidanza, o sono costrette a firmare lettere di dimissioni in bianco per essere assunte. Qualche anno fa, una mia collega, dipendente di una azienda informatica, mi raccontò che il titolare della sua impresa, quando l'aveva assunta e sapendo che era da poco sposata, gli disse che le avrebbe regalato una confezione gigante di preservativi, dicendole in sostanza che non doveva aver figli.
Chi detiene un potere e vuole difenderlo, usa tre tattiche tutte molto antiche e consolidate. La prima è quella del “dividi ed impera”, usata dall'impero romano; la seconda è quella dell'infiltrazione nel fronte avverso per prendere gli avversari alle spalle; la terza è quello del depistaggio degli avversari.
Queste tre tattiche sono state tutte utilizzate sulla questione femminile. Il movimento delle donne è stato ridotto al nulla perché ha perso i suoi connotati di classe, che mettevano al centro della iniziativa le questioni relative ai rapporti di produzione. La donna lavoratrice, non potrà mai avere gli stessi interessi della donna imprenditrice, che la sfrutta e opprime e la licenzia quando diventa mamma, allo stesso modo del padrone maschio. E' il sistema sociale responsabile di tale condizione della donna e non il maschio in quanto tale.
Maschi contro femmine è diventato così il filo conduttore di trasmissioni televisive seguitissime. Le riflessioni di genere sono state sbrindellate e banalizzate, tra urli e pubblicità di pannolini, profumi ed incitamento alla prostituzione. Maschi contro femmine è una vera e propria assurdità, che favorisce solo chi detiene il potere economico – politico - militare o religioso che sia. Così, la diffusione di idee finalizzate al dominio è continuo ed è perseguito in modo sistematico attraverso la pubblicità commerciale, intrisa di menzogne e di sessualità. Il ricorso a messaggi a sfondo sessuale è continuo, persino per vendere il caffè. Ed il corpo delle donne viene usato sempre, e sempre con riferimento alla sessualità. Lo stesso dicasi con bambini e bambine, e non ci sono movimenti di donne che si battono decisamente contro tale scempio quotidiano del corpo delle donne e dei bambini e delle bambine.
Ma l'arte di imbrogliare le carte in tavola, raggiunge il suo massimo grado con il depistaggio, con il portare gli oppositori a lottare su falsi obiettivi, su strade che portano in vicoli ciechi. Emblematico è il caso del femminicidio, usato per approvare una legge che con la violenza sulle donne non ha alcun rapporto. Hanno fatto credere che una donna uccisa ogni due giorni, sia più grave di un maschio ucciso ogni giorno (questi sono infatti i dati sugli omicidi in Italia che sono in costante calo da vent'anni a questa parte). Ancora più emblematico è il caso delle “baby prostitute” delle ultime settimane. Gli stessi mass-media televisivi, che hanno diffuso a piene mani la cultura della prostituzione e trasmettono tremila sport pubblicitari al giorno, che fanno scempio del corpo delle donne, gridano ora allo scandalo per mantenere inalterato il sistema prostitutivo da loro diffuso. Siamo arrivati al punto che persino i molti partiti fascisti esistenti nel nostro paese, si schierano “contro il femminicidio” e a sostegno della giornata promossa dall'ONU.
C'è indubbiamente qualcosa che non va, anche leggendo l'appello, promosso da numerose donne, che chiama allo “sciopero delle donne” proprio per il 25 novembre. E lo sciopero non è contro la donna che è a capo della più importante azienda editoriale italiana, che inonda di spot pubblicitari le sue TV a base di donne e bambini. No, lo sciopero è contro “il maschio”, a prescindere dal suo ruolo sociale.
In questo appello, infatti, si attacca la «mentalità maschilista, patriarcale, trasversale, acclarata e spesso occulta, che noi riteniamo totalmente responsabile della mancanza di rispetto per le donne, e che non fa nulla per fermare questo inutile e doloroso femminicidio italiano». E quando mai un omicidio, al maschile o al femminile, è stato utile a qualcosa? E i femminicidi che avvengono in altri paesi sono utili e meno dolorosi di quelli italiani? Emblematico della logica perversa del “maschi contro femmine” portato alle estreme conseguenze, è l'elenco delle “categorie” di donne chiamate a scioperare il 25 novembre. Tutte, purché donne: «madri, sorelle, figlie, nonne, zie, compagne, amanti, mogli, operaie, commesse, maestre, infermiere, badanti, dirigenti, fornaie, dottoresse, farmaciste, studentesse, professoresse, ministre, contadine, sindacaliste, impiegate, scrittrici, attrici, giornaliste, registe, precarie, artiste, atlete, disoccupate, politiche, funzionarie, fisioterapiste, babysitter, veline, parlamentari, prostitute, autiste, cameriere, avvocate, segretarie».
Veline???, insieme alle operaie; prostitute??? insieme alle infermiere! Le femministe italiane non hanno nulla da dire sulle veline e sulla cultura che le ha generate? E cosa hanno da dividere le donne operaie o lavoratrici con le ministre o le parlamentari, che oramai vivono in un loro mondo separato e chiuso rispetto alla società? Che emancipazione della donna è quella che può mettere d'accordo una parlamentare fascista e una donna operaia?
Si tratta di un interclassismo becero, che nemmeno ai tempi della DC veniva usato in modo tanto spudorato. Un interclassismo teso a non mettere in discussione quel potere economico-politico, legato ad una precisa classe sociale, che ha ricacciato le donne nelle case a fare le badanti o le ha mandate nei bordelli dorati facendole credere che così si fa la loro liberazione.
Nemmeno una parola è stata detta, dalle promotrici dello sciopero del 25, contro chi ha usato il femminicidio, quindi il corpo delle donne, per approvare in tutta fretta e nel silenzio generale norme, di cui nessuno parla, che riguardano tutt'altro quali le province, i vigili del fuoco, la repressione delle manifestazioni di dissenso come quelle NOTAV, o i trattamenti economici per le forze dell'ordine, il furto del rame, o le truffe informatiche e quant'altro esiste nel decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, spacciato per essere una legge contro il “femminicidio” che invece continuerà, perché non è stato messo in discussione il sistema sociale, basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione (come diceva il buon vecchio Marx), che schiavizza donne e maschi, che devono smetterla di mettersi gli uni contro gli altri e capire finalmente chi sono i propri veri nemici di cui occorre liberarsi.
Ecco, ci auguriamo che il 25 novembre possa essere un nuovo inizio della iniziativa mondiale per la emancipazione della donna, come parte della lotta per trasformare questo immondo sistema sociale che ha asservito a se stesso maschi, femmine, l'intera natura credendo di poterlo dominare indefinitamente. La Madre Terra sta cominciando a ribellarsi, e lo fa con tifoni immensi sempre più distruttivi. Noi, che vogliamo rimanere umani, quando cominceremo a ritrovare la nostra unità e la nostra umanità, liberandoci definitivamente di questo immondo sistema sociale oppressivo?
Giovanni Sarubbi



Domenica 24 Novembre,2013 Ore: 09:51
 
 
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