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www.ildialogo.org La mia Santiago (9),di Giovanni Sarubbi

Editoriale
La mia Santiago (9)

di Giovanni Sarubbi

«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi». (Matteo 7,6)

Nona Tappa

Oggi mi sono dovuto arrendere. Quella salita era veramente troppo ripida per le mie gambe e per le mie ginocchia. Se avessi avuto vent'anni non ci avrei pensato due volte e in mezzora sarei arrivato su in cima. Ma oggi devo semplicemente tornare indietro.

Stamattina sono tornato in montagna. Mi sta ritornando lo spirito della scoperta che credo sia anche uno degli elementi che si imparano e si rafforzano camminando, semplicemente perchè si possono fuardare i dettagli delle cose e delle persone che man mano si incontrano. Oggi ho provato un nuovo sentiero che non avevo mai fatto. Oggi niente sentieri asfaltati. Per un certo tratto il sentiero era lastricato di pietre. Facile salire, pendenza non eccessiva. Poi fine delle pietre. Lungo il sentiero ci sono alcuni ripari e dei corrimano in legno. Si vede che è un abbozzo di un percorso turistico abortito anzitempo. Anche qui forse finanziamenti europei spesi senza troppa convinzione. Dopo una ventina di minuti di cammino giungo ad una svolta. Di fronte a me c'è la salita che mi ha costretto a tornare indietro.

E' quello che dovremmo fare sempre quando giungiamo ad una strada senza ritorno o quando abbiamo seguito un percorso sbagliato. E' inutile cercare alternative, bisogna prendere atto della realtà, dei propri limiti, delle proprie forze o dei propri errori di valutazione. Tornare indietro e, soprattutto cambiare strada, visto che quella seguita ci ha portato in un vicolo cieco.

E mentre torno indietro, penso alla storia degli ultimi 25 anni e a tutto ciò che sta alle nostre spalle. Oggi siamo indubitabilmente in un vicolo cieco a livello sociale, politico, morale, religioso.

Sul piano sociale e politico, l'attuale situazione è figlia delle scelte compiute subito dopo la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989. Sembra un secolo fa. Quell'evento fu dirompente in Italia. Lo ricordo ancora vivamente. Dopo appena tre giorni, il 12 novembre, l'allora segretario del PCI Achille Occhetto, compie quella che è poi passata alla storia come la “svolta della Bolognina”. Egli andò a Bologna per partecipare alla celebrazione del 45º anniversario della battaglia partigiana della Bolognina, il quartiere interno al quartiere Navile. Davanti agli ex partigiani raccolti nella sala comunale di via Pellegrino Tibaldi 17, Occhetto annuncia che ora occorre «andare avanti con lo stesso coraggio che fu dimostrato durante la Resistenza». Egli affermò la necessità di abbandonare vecchie strade per inventarne di nuove, lasciando capire che vi era anche la possibilità del cambiamento del nome del PCI, cosa di cui si discuteva già da diversi anni. Nessuno lo riempì di schiaffoni seduta stante. Eppure si trattava di ex partigiani. Occhetto utilizzò il prestigio che gli derivava dall'essere il segretario nazionale del PCI, per dare un colpo mortale al PCI. E i compagni del suo stesso partito non seppero rispondergli subito a tono.

Occhetto prende spunto dalla caduta del muro di Berlino per accelerare un processo, già iniziato da tempo, che porterà alla morte del PCI, promuovendo la nascita di un nuovo partito. Magari fosse stato uno solo, poteva anche andare bene ma non è stato così. A rileggere gli interventi di quei giorni (fu convocato immediatamente un Comitato Centrale il 20 novembre), le idee non erano affatto chiare sia da parte di Occhetto, sia da parte di chi gli si opponeva. Cossutta parte dalla non sottovalutazione degli “argomenti che hanno indotto Occhetto a porre dinanzia al paese, all'improvviso , senza consultare nessuno, il tema della discussione”. Bertinotti cita Paolo di Tarso dicendo che i comunisti «sono in questo mondo, ma non di questo mondo». Molto più concreto Sergio Garavini[1]. E i risultati negativi si sono visti tutti. Sciolto il PCI nel 1991, la corrente raccolta attorno ad Occhetto diede vita al PDS, mentre la sinistra del PCI formò un partito che si chiamò Rifondazione Comunista. Il grosso del vecchio PCI rimase però nel PDS, mentre in Rifondazione confluirono i vari gruppi formatisi in Italia dopo il 1968, fra cui Democrazia Proletaria. E dopo il PDS (fondato nel 1991) vennero i DS (democratici di sinistra), partito fondato appena sette anni dopo nel 1998. Il PDS venne definito la “Cosa 1”, i DS “la Cosa 2”. Da cosa nasce cosa, quasi ci avessero provato gusto. Aspetta che ora ci facciamo un bel partito.

In quello stesso anno, il 1998, si scisse anche Rifondazione e venne fondato il PdCI (partito dei comunisti italiani). Ma non è ancora finita. Dopo i DS venne il PD fondato nel 2007. La “Cosa 3”. Gli ex PCI ex PDS ex DS si fondevano con gli ex DC, ex Partito Popolare ex Margherita. Si perchè, oltre al PCI, cambia nome anche la DC e anch'essa lo fa più volte, giusto per non essere da meno. E poi nel 2008 si spacca di nuovo Rifondazione e nasce SEL. Oggi si parla di nuova spaccatura nel PD. Tutti insieme potrebbero fondare una associazione di ex combattenti e reduci. A partire dalla Bolognina ha preso corpo il mito della rifondazione continua di tutto, come se gli attori della politica di quegli anni avessero subito una pesante scazzottata e avessero perso tutti i propri punti di riferimento.

Che gran caos. Per favore fermatevi. Do un primo calcio ad una pietra che trovo lungo la strada.

Un lavorio immenso, con distruzione di energie vitali, con la distruzione della vita di centinaia di migliaia di militanti, di semplici iscritti, di semplici simpatizzanti di tutto quel mondo organizzato che girava attorno al vecchio PCI, per ottenere cosa? Energie vitali che sono finite nella enorme massa di astenuti e sfiduciati o in coloro che sostengono l'antipolitica, e che vagano smarriti alla ricerca di un senso a ciò che tutti i giorni vedono sulle TV. E i risultati ottenuti, sono pressoché nulli per i lavoratori italiani, che hanno visto peggiorare la loro situazione in modo drammatico. Siamo di nuovo alle condizioni di lavoro del 1800.

Un'altra pietra viene raggiunta da un mio calcio e rotola giù per la discesa.

La svolta della Bolognina, ha portato invece enormi vantaggi alla grande impresa, alle grandi banche che hanno fatto e continuano a fare affari d'oro. Basti pensare alle privatizzazioni realizzate in tutti i settori della vita economica proprio a partire dagli inizi degli anni '90. Privatizzazioni che sono state il più grande spostamento di ricchezza dai ceti medio bassi a quelli ricchi. I ceti medio bassi sono diventati sempre più poveri, mentre quelli ricchi sono diventati sempre più ricchi. Privatizzazioni che non hanno prodotto alcun tipo di beneficio per i lavoratori ma solo trasferimenti di ricchezza dai poveri verso i ricchi.

Ma l'aspetto peggiore della Bolognina, è stato l'attacco alla democrazia che oggi ha raggiunto il suo massimo livello. Occhetto, infatti, accettò di mettere mano alla legge elettorale proporzionale, introducendo la legge elettorale maggioritaria, cominciando dai comuni, per finire poi alla legge elettorale per le camere, poi ulteriormente peggiorata fino all'attuale legge porcata. Legge elettorale maggioritaria contro cui il PCI si era sempre opposto perché anticostituzionale. La Costituzione non prevede, infatti, un uomo solo al comando. Oggi, con le riforme costituzionali di cui si sta discutendo, vogliono realizzare quello che era il sogno del capo del neofascismo italiano, Giorgio Almirante, che aveva presentato una trentina di anni fa un progetto di legge per l'elezione diretta del capo dello stato. Manca il lavoro? Ma si, ora facciamo un partito ed una riforma costituzionale e risolviamo tutto! Le imprese falliscono? Colpa delle mancate riforme costituzionali: è questa la barzelletta che ogni giorni ci viene servita sui mezzi di comunicazione di massa.

Ma l'uomo solo al comando lo abbiamo avuto lo stesso, anche senza la modifica della Costituzione, con gli ex PCI, ex PDS, ex DS, ex e basta ad accettare supinamente tutte le logiche della destra, anche le più perverse. Ricordiamo la precarietà, iniziata dal primo governo Prodi nel 1996, poi i Centri per gli immigrati (CPT) fatti dalla legge Turco-Napolitano, peggiorati poi ulteriormente dai governi della destra. Stavamo meglio quando stavamo peggio!

E mentre scendo, penso che l'unica cosa positiva di questo sentiero è che non ci sono auto. Qui manco un fuoristrada riesce a salire. La vegetazione è fitta e posso fare a meno della mascherina antismog. E mentre penso a tutti coloro che ci hanno portato alla situazione attuale, molti dei quali sono ancora tutti attivi, piglio a calci qualche pietra che incrocio sulla strada. Questo è Occhetto, questo è Veltroni, questo è D'Alema, questo è Bertinotti, questo è .... Calci virtuali, per carità, non voglio far male a chicchessia, per dire che bisogna liberarsi della eredità di questi tristi figuri che ancora appestano la scena politica e sociale. Ultimamente ho rivisto Occhetto che pontificava di nuovo in TV. Roba da non credere. Calci virtuali per ritrovare quella solidarietà del mondo del lavoro che è stata distrutta in modo aperto e sistematico dalla Bolognina in poi. Calci virtuali per ridare senso ai diritti sanciti nella nostra Carta Costituzionale a cominciare dalla “dignità del lavoro”.

(Continua)

Giovanni Sarubbi

NOTE

[1]Documenti per il congresso straordinario del PCI volumi 1 e 2, editrice L'Unità




Giovedì 27 Giugno,2013 Ore: 13:09
 
 
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