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www.ildialogo.org La mia Santiago,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
La mia Santiago

di Giovanni Sarubbi

A mo' di introduzione

Una quindicina di anni fa, mi capitò di vedere il film “La via lattea” di Luis Buñuel. Ne rimasi affascinato. Come è noto, quel film racconta la storia delle eresie e delle contraddizioni della religione cattolica, e lo fa utilizzando come ambientazione del racconto, il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, che da un migliaio di anni viene percorso annualmente da migliaia di persone. Si tratta di cattolici, ma anche di persone non credenti e di tutte le età. Nel film di Buñuel, due pellegrini si dirigono dalla Francia verso Santiado de Compostela, lungo il percorso noto anche come “La via lattea” (da cui il nome del film), e lungo la strada discutono dei dogmi della Chiesa Cattolica che Buñuel demolisce uno dopo l'altro. Ultimamente uno schema simile è stato seguito da altri personaggi noti che poi ne hanno tratto libri di grande successo.

E' da una quindicina di anni che in me è cresciuta man mano l'idea di fare il percorso di Santiago de Compostela. Novecento km a piedi partendo dalla Francia. Finora non ci sono riuscito. Vari problemi me lo hanno impedito. Oggi mi pongo il problema dell'impatto ambientale che ogni movimento umano porta con se. Andare in Francia da dove vivo, mi comporterebbe percorrere oltre 1200 km prima di giungere al luogo di partenza. In qualsiasi modo dovessi effettuare tale viaggio, mi renderei responsabile del riversamento nell'atmosfera di una quantità notevole di CO2 che rimarrebbe nell'atmosfera per i prossimi 5000 anni. E' una eredità troppo pesante da lasciare alle future generazioni. Ho poi scoperto negli anni che in Italia pullulano pellegrinaggi di vario tipo. Da quelli semplicemente salutistici organizzati dalle associazioni dei diabetici (camminare fa bene ai diabetici), a varie associazioni culturali o religiose o anche semplicemente laiche. C'è una riscoperta di “cammini” che cercano di farci rivivere il territorio e la storia dei nostri avi. Proprio questa mattina ho letto l'annuncio del secondo “Cammino di Lombardia” che partirà il prossimo 22 giugno promosso da Giovanni Ambrogio Colombo, che per una settimana andrà in giro per la sua Lombardia alla riscoperta della sua terra, la sua "matria" dove egli desidera rinascere e che desidera far rinascere.

Ho iniziato così anche io “la mia Santiago”, un pellegrinaggio a impatto ambientale nullo. Guardandomi intorno, ho scoperto attorno al luogo dove vivo una decina di percorsi diversi di lunghezza media dai 15 ai 20 km. Ieri ho fatto il primo tratto di 15 km. Oggi ne farò uno più breve giusto per rimanere allenato e non sforzarmi troppo. Poi da domani e per i prossimi 20 giorni, camminerò tutti i giorni per 15-20 km. E tutte le sere scriverò il resoconto della giornata, ciò su cui ho riflettuto marciando in silenzio e ascoltando solo i rumori dei luoghi che attraverserò. Dove potrò scatterò fotografie. Si tratterà di note senza alcuna pretesa, scritte con il solo scopo di raccontare una ricerca, la mia ricerca, fatta per stimolare la ricerca di ognuno e affinchè le ricerche di tutti possano diventare un bene comune, una esperienza condivisa che ci porti a dare un contributo positivo alla nostra società. Di seguito la prima tappa di ieri.

Prima tappa

"Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio". (Lu 9,62)

Mi sono svegliato con questa frase in testa. Mentre mi preparavo per uscire, sono andato a cercare il testo del Vangelo che la contiene. Il brano fa parte del Vangelo di Luca e racconta un pezzo del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Un pellegrinaggio, nulla di meglio per iniziare il cammino che voglio fare. Nei versetti precedenti a quello che occupava la mia mente, viene raccontato che una persona si era rivolta a Gesù dicendogli : "Ti seguirò dovunque tu vada". E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Il racconto evangelico prosegue con la discussione fra Gesù ed altri viandanti incontrati lungo la strada verso Gerusalemme. Da quelli a cui Gesù aveva rivolto l'invito a seguirlo egli riceve risposte del tipo: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre", oppure : "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". A queste risposte Gesù replica con la frase con la quale ho iniziato la mia giornata ed il mio primo km.

I primi tre km del mio percorso sono in salita. Non so con precisione quanto sia il dislivello con la cima da cui poi inizia la discesa, ma è dura. Cominciano a passarmi nella mente le tante persone che ho incrociato nella mia vita e che per un certo periodo mi hanno accompagnato in varie iniziative. Penso ai tantissimi che, come nel racconto evangelico, avevano giurato di essere fedeli alla causa degli ultimi e che poi hanno tradito di fronte al primo piatto di lenticchie che gli è stato offerto. Mi ritornano in mente i loro nomi, i loro volti, i loro giuramenti solenni, le loro professioni di fede. Mi vengono a mente anche i loro rimproveri nei miei confronti che non giuravo. Non ho mai giurato in vita mia. Molti di loro sono diventati dirigenti aziendali di grande peso nazionale ed internazionale. Quelli che erano gli “odiati padroni” responsabili della miseria dei lavoratori, ora sono i loro idoli.

Sono quello che in altri tempi sarebbe stato definito un “catto-comunista”. Ho vissuto sia l'esperienza del cattolicesimo di base post Concilio Vaticano secondo, sia l'esperienza del movimento comunista con la stessa intensità e gli stessi ideali. Ho conosciuto poi il protestantesimo da cui sono rimasto profondamente deluso. Cattolici in sessantaquattresimo, questa la definizione che mi ritorna in mente mentre cammino fra i boschi.

Ma penso anche a quelli con cui oggi condivido il mio percorso di vita e di impegno sociale. Penso allo smarrimento di molti, alla loro paura ad affrontare le difficoltà di tutti i giorni o, soprattutto, il momento storico terribile che stiamo vivendo, pieno di sconfitte, di violenze e distruzioni. Smarrimento e paura che sono anche mie. Non ho certezze. Anche per questo sono qui a camminare per cercare di guardare il cielo per quello che è, per sentire la strada direttamente sotto i miei piedi e spegnere per qualche ora il mondo virtuale nel quale tutti siamo costretti a vivere, quello della TV o di Internet. Per ritornare ad essere “esseri umani”, responsabili della natura nella quale viviamo, responsabili gli uni degli altri.

La strada che percorro attraversa un bosco di castagni e nocciole. Quasi a metà salita, in uno di questi boschi alla mia destra, c'è un trattore che sta spruzzando qualcosa sugli alberi. Ho il vento alle spalle e non sono investito dalla nuvola che sta ricoprendo gli alberi. Sarà qualche pesticida o magari è solo verderame, non so. L'uomo che guida il trattore è completamente coperto. La sostanza che sta usando è certamente nociva alla salute. Anche io ho la mascherina contro lo smog e la polvere che mi copre il volto, sono lontano un centinaio di metri, ma non posso che pensare male di tutti i veleni che l'uomo spruzza sulle piante e che uccidono gli esseri viventi di cui sono pieni i boschi, le api innanzitutto.

E di esseri viventi uccisi da noi umani, ne incontro tantissimi lungo la strada. Lucertole, ramarri, rospi, piccoli serpenti, mi pare vipere, schiacciati dalle auto, poche per fortuna, che percorrono questa strada. Molti i cani randagi che incontro. Incrocio anche qualche gatto che alla mia presenza scappa a nascondersi.

Arrivo in cima, comincia la discesa. Sotto di me c'è una valle verdeggiante puntellata di gruppi di case raccolte attorno ai campanili delle chiese. Dovrò fare altri cinque km per raggiungere il primo gruppo di case che è il mio obiettivo. Lungo la strada incrocio un gregge di pecore. Il loro odore mi piace e lo respiro a pieni polmoni. Qualche cane pastore mi abbaia contro ma non in modo aggressivo. I più saggi stanno invece in silenzio. Stanno tutt'intorno al gregge, accovacciati ma vigilissimi. Mi guardano attentamente mentre passo. Saluto i pastori, due giovani.

Comincio a pensare all'espressione “regno di Dio”. Quante mostruosità sono state costruite su tale frase. Quante illusioni e menzogne diffuse su una immagine che vuole liberarci dall'idolatria, dalla paura di dei mostruosi che chiedono sacrifici umani e su cui si ingrassano i sacerdoti. Questi sacerdoti hanno saputo nel corso dei secoli riappropriarsi di messaggi ed idee che li combattevano. Ora usano quelle idee a loro favore. Dobbiamo allora tradurre l'espressione “Regno di Dio” con una frase che ne renda il senso anti-idolatrico e anti-sacerdotale che esso aveva alle origini. Dobbiamo ripensare anche la parola “Dio”. Sto provando personalmente a farlo, ma è un campo minato. Lo spirito umano non può essere prigioniero della paura.

Bisogna certo avere il coraggio di proseguire fino in fondo ciò che si è iniziato. Se si comincia ad arare un campo, bisogna portare a termine il lavoro perché altrimenti non si potrà passare alla fase della semina. E dopo la semina c'è il raccolto e poi di nuovo l'aratura per una nuova semina ed un nuovo raccolto.

Quanta similitudine fra il Vangelo e le leggi della dialettica, quelle proposte da Hegel ed utilizzate da Marx ed Engels per il loro metodo dialettico. Anche in queste piccole cose riscopro il senso profondamente umano del Vangelo, il suo legame profondo con l'umanità tutta intera, la sua forza liberatrice da ogni oppressione e da ogni idolatria e potere sacrale.

(Continua)

Giovanni Sarubbi




Domenica 16 Giugno,2013 Ore: 11:15
 
 
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