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www.ildialogo.org Un voto contro la dittatura delle banche e per il ripristino della legalità costituzionale,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Un voto contro la dittatura delle banche e per il ripristino della legalità costituzionale

di Giovanni Sarubbi

Fra una settimana esatta gli italiani saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo parlamento. In questa fase finale della campagna elettorale si è intensificato l'appello al cosiddetto “voto utile” che puzza di dittatura lontano un miglio. E la dittatura di cui parlo è quella delle banche, di tutte le banche europee e mondiali che sono le uniche a trarre un vantaggio diretto ed immediato dalla vittoria di uno dei tre schieramenti (una vera e propria “trinità maligna”) che fanno l'appello “al voto utile” e che si stanno contendendo la vittoria,  grazie alla legge elettorale porcata che assegnerà alla camera la maggioranza assoluta dei seggi a chi prenderà anche un solo voto in più degli altri partiti.

A noi pare evidente che qualunque dei tre schieramenti dovesse vincere (quello che fa capo al PDL-Lega Nord, quello che fa capo a Monti-UDC-FLI e quello che fa capo al PD-SEL) gli unici a vincere saranno proprio le banche. Questi tre schieramenti, al di la di quello che ora dicono in campagna elettorale, hanno dato prova di se nello scorso anno durante il quale hanno governato insieme, producendo il peggio che sia mai stato realizzato ai danni dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei disoccupati, dei piccoli artigiani, distruggendo la scuola, la cultura, la ricerca scientifica e tecnologia, la salvaguardia dell'ambiente e del vivere sociale, asili nido, sanità, trasporti. E' stato abrogato l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; sono stati abrogati tutti i contratti di lavoro rendendo legale il cosiddetto “contratto Marchionne” (che consente al padrone di fare quello che vuole in fabbrica); è stato dato un colpo mortale al sistema pensionistico e alle pensioni di chi è già pensionato; è stato colpito anche il sistema di sostegno al reddito di chi perde il posto di lavoro. Il tutto a favore delle banche e delle grandi multinazionali, in primis la FIAT, che invece hanno fatto affari d'oro, chiudendo fabbriche e delocalizzandole in paesi dove vige lo sfruttamento selvaggio della manodopera; è stato violato a Taranto il diritto alla salute dei cittadini; sono state aumentate le spese militari promuovendo l'acquisto di 90 F35 o di sommergibili e altre armi. E che dire poi delle banche che hanno ricevuto dalla BCE ben cento miliardi di euro al tasso di interesse dell'uno per cento, soldi che dalle banche sono stati reinvestiti non per rilanciare l'economia ma per l'acquisto di titoli di stato al tasso medio del cinque percento, con un guadagno netto, senza fare alcunché, del quattro per cento ai danni dei cittadini europei, ed italiani in particolare, su cui il debito pubblico viene scaricato. Il risultato è che il debito pubblico italiano, nonostante la cosiddetta “cura Monti” è aumentato in un anno di oltre cento miliardi di euro e aumenterà ancora nei prossimi anni.

L'affare Monte dei Paschi di Siena, che è scoppiato con grande virulenza proprio all'inizio della campagna elettorale, sta mettendo in luce i rapporti strettissimi che esistono sul piano economico tra i vari partiti della “trinità maligna” che prima ho indicato. E la chiamo “trinità maligna” perché, come la più famosa e rispettabile “Trinità” religiosa, sono divisi ma in realtà sono uniti e la loro unione avviene sul terreno degli affari. Come si direbbe a Livorno sono come “i ladri di Pisa” che di giorno bisticciano e di notte vanno a rubare insieme. In un primo momento tutti i commenti sono stati rivolti contro il PD, ma poi sono venuti fuori i rapporti con una serie di persone appartenenti a diversi schieramenti politici, coinvolgendo anche banchieri che fino a poco fa sono stati a capo della Banca Vaticana, lo IOR. Tutti in fila ora per essere interrogati dai giudici di Pisa, per chiarire e tentare di spiegare il come ed il perché del buco di quattro miliardi di euro del Monte dei Paschi prontamente elargiti dal governo Monti, che a ben ragione dunque può essere definito il governo delle banche.

Allora “voto utile” a chi e per che cosa? Utile per le banche o per i cittadini? Da sottolineare anche come l'affare Monte dei Paschi di Siena abbia fatto venire a galla l'uso spregiudicato da parte dei banchieri dei cosiddetti “derivati”, strumenti finanziari fra i più perversi e deleteri mai inventati dalla cosiddetta “finanza creativa”. E' venuto fuori che le principali banche italiane, posseggono qualcosa come duecento miliardi di euro di questi derivati da sbolognare a qualcuno, e potete star certi che se in parlamento dovessero essere presenti solo i rappresentanti dei partiti costituenti la “trinità maligna”, che sono le uniche forze politiche che sostengono il cosiddetto “voto utile”, questi duecento miliardi di euro verranno fatti pagare ancora una volta ai cittadini italiani, solo a quelli che pagano le tasse e cioè solo ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, ai piccoli artigiani, lasciando fuori tutti i grandi evasori (che evadono per oltre 120 miliardi di euro all'anno), i corrotti (che rubano alla collettività per oltre sessanta miliardi di euro all'anno), i mafiosi (i cui affari sono stimati in oltre cento miliardi di euro l'anno).

Votare allora per “la trinità maligna” è non solo inutile ma persino dannoso, stante il fatto che lo stesso voto per il cosiddetto “centro-sinistra”, che non si è spostato affatto a sinistra, porterà comunque ad accordi con lo schieramento di Monti e non ha in programma alcun provvedimento che vada ad intaccare il potere delle banche o dei grandi patrimoni contro cui si esclude qualsiasi patrimoniale.

Ma l'appello al “voto utile” che, ripeto, puzza di dittatura, viola pesantemente la nostra Costituzione perché questo appello costituisce la vera “porcata” (e ci scusino sempre i porci) della legge voluta dal governo Berlusconi-Lega Nord nel 2005. Ci sarebbe un mostro da cui difenderci votando per uno dei tre schieramenti della “Trinità Maligna”, salvo poi a fare accordi fra di loro subito dopo le elezioni.

Noi ci auguriamo invece che nel prossimo parlamento possano essere rappresentati molti gruppi politici non legati agli interessi delle banche, che possano rompere quel muro di omertà e di collusione fra politici banche e banchieri che ha ridotto l'economia del cosiddetto mondo occidentale ad un'enorme sala scommesse, dove a vincere sono sempre i banchieri e a perdere sono solo e sempre i lavoratori dipendenti, i pensionati, i disoccupati e i piccoli artigiani.

Bisogna rompere questo cerchio magico che unisce i grandi affari e la grande finanza. Bisogna rifiutare il voto a chi ci ha affamato e ridotto in povertà e per quel che ci riguarda bisogna votare a sinistra e per quella sinistra che conseguentemente e senza fraintendimenti si oppone decisamente al potere delle banche, al malaffare, alle mafie di cui dobbiamo assolutamente liberarci e alla guerra, se vogliamo dare un futuro al nostro paese e all'intera umanità.

C'è bisogno di un voto contro la dittatura. E a differenza di chi propaganda in queste ore l'inutilità del voto, noi riteniamo che sia necessario recarsi alle urne e votare contro chi finora ha dato prova di non tenere in alcun conto gli interessi del popolo italiano ed in particolare di chi lavora, calpestando la nostra Costituzione a partire dal suo articolo 1: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. “Le uniche armi che approvo io – scriveva don Milani - sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”1. E fino a quando ci sarà il diritto di voto e la libertà di costituire partiti, per dare un contributo positivo alla nostra Repubblica che nessuno ci ha regalato e che non possiamo abbandonare nelle marni dei banchieri o dei ladri o degli speculatori, chiunque essi siano, è dovere di tutti partecipare e votare liberamente,  secondo coscienza, e rifiutando i ricatti di chi ha portato l'Italia nel baratro nel quale siamo.

Occorre un voto contro la dittatura delle banche e di quella “trinità maligna” che la incarna e che ha occupato tutte le istituzioni ed i poteri economici del nostro paese. Occorre un voto per riportare al rispetto della Costituzione anche la stessa Presidenza della Repubblica che, in particolare nell'ultimo anno e addirittura in questi ultimi giorni di campagna elettorale, ha invece svolto un ruolo di supporto ai poteri economici forti italiani ed europei, violando continuamente la nostra Costituzione di cui invece avrebbe dovuto essere garante. Non si è mai visto nella nostra Repubblica un capo dello Stato che interviene durante la campagna elettorale entrando nel merito di quello che i partiti dicono e, checché egli ne dica, schierandosi di fatto con uno di questi schieramenti. Non si è mai visto nella nostra Repubblica un capo dello Stato che ha svolto un ruolo attivo persino nella fase di formazione delle liste o di formazione degli schieramenti come in realtà è accaduto.

Votiamo allora contro la dittatura delle banche, votiamo contro chi ci ha affamato e che ora ci promette mari e monti per continuare a fare i propri affari sulla nostra pelle. Dalle mie parti si dice che “il sazio non crede a chi è digiuno” e chi è oggi a digiuno è costituito dalla grande maggioranza del popolo italiano. Non facciamoci irretire ed imbrogliare dalle televisioni, dai venditori di pentole o da chi si è subordinato al potere delle banche. Viva la libertà abbasso la dittatura!

Giovanni Sarubbi

NOTE

1La risposta di don Milani ai cappellani militari Leggi tutto da qui




Domenica 17 Febbraio,2013 Ore: 16:36
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
luigina cometto cuneo 18/2/2013 07.46
Titolo:contro la dittatura delle banche
FORSE è VERO QUANTO VIENE DETTO, MA IN GENERE LE PERSONE CHE IN QUESTI GIORNI MI FANNO TALI DISCORSI SONO PERSONE CHE HANNO UN COSPICUO GRUZZOLO NELLE BANCHE CHE TANTO DENIGRANO. ALLORA SECONDO ME LA PRIMA COSA DA FARE è TOGLIERE I RISPARMI DALLE BANCHE... PIANO PIANO SENZA I SOLDI DEI CITTADINI NON VANNO AVANTI. INOLTRE NON CREDO CHE PER SALVARE L'ITALIA OCCORRA ELEGGERE GRILLO COME LEGGO FRA QUESTE RIGHE. DA UN DITTATORE PASSIAMO AD UN ALTRO ANCORA PIù PERICOLOSO: BASTA VEDERE COME TRATTA CHI NON LA PENSA COME LUI. VOTERò ASCOLTANDO LA MIA COSCIENZA PROFONDA FIERA CHE LE BANCHE NON POSSONO ALIMENTARSI CON I MIEI SOLDI
Autore Città Giorno Ora
Giovanni Sarubbi Monteforte Irpino 18/2/2013 08.42
Titolo:Non invito affatto a votare per Grillo
Gentile Luigina,
non invito affatto a votare per Grillo. Egli infatti rifiuta i concetti di destra e sinistra. Io chiedo di dare un voto contro le banche ed un voto a sinistra. Punto.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/2/2013 09.34
Titolo:USCIRE DALLO "STATO" DI MINORITA’ ...
DIO E' VALORE ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006) SIA PER GLI ATEI SIA I DEVOTI!!! COSTITUZIONE E MESSAGGIO EVANGELICO UN SOLO SCEMPIO ...


USCIRE DALLO "STATO" DI MINORITA’. L’obbedienza non è più una virtù, diceva don Milani, esortando a coltivare la presa di coscienza. Non per contrapporsi all’autorità, ma per educare ciascuno ad assumere le proprie responsabilità, senza pretendere di scaricarle su altri. (...)

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Fuori dal gregge

di Antonio Thellung (mosaico di pace, luglio 2012)

L’obbedienza non è più una virtù, diceva don Milani, esortando a coltivare la presa di coscienza. Non per contrapporsi all’autorità, ma per educare ciascuno ad assumere le proprie responsabilità, senza pretendere di scaricarle su altri. L’obbedienza, infatti, può anche dirsi una virtù, ma soltanto se si mantiene entro limiti equilibrati, da valutare appunto con coscienza. Perché l’obbedienza cieca è il tipico strumento utilizzato dalle strutture autoritarie gerarchico-imperialistiche per esercitare il potere, offrendo in cambio ai sudditi lo scarico della responsabilità personale. Tipico esempio si è avuto nel dopoguerra quando pareva che nessuno dei feroci gerarchi nazisti fosse colpevole, perché sostenevano tutti di aver semplicemente obbedito a ordini superiori.

Il Vangelo è chiarissimo: "Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?", ma la cristianità che si è affermata nella storia ha preferito mutuare dall’Impero Romano un’impostazione imperialistica che si mantiene presente tuttora, sia pure adattata ai tempi odierni. Un’impostazione che riduce i fedeli a "docile gregge", come li definiva a suo tempo Pio X.

Il Vangelo, inoltre, esorta anche a non chiamare nessuno padre sulla terra, un lampante invito a non cadere nelle tentazioni del paternalismo, che svaluta la dignità delle persone. Ma l’uso di chiamare "padre" i ministri del culto la dice lunga. Nello stesso brano, poi, Gesù in persona ammonisce i suoi apostoli a non farsi chiamare maestri perché solo Cristo è il maestro, ma sorprendentemente su taluni documenti ecclesiastici anche dei tempi presenti, come ad esempio il Documento di Base del 1970, si legge nientemeno che: "Per disposizione di Cristo, gli Apostoli affidarono ai loro successori, i Vescovi, il proprio ufficio di Maestri". Incredibile!

Si potrebbe dire che il magistero ha sempre richiesto ai fedeli un’obbedienza cieca, e non pochi tra coloro che hanno cercato di opporsi hanno pagato talvolta perfino con la vita.

San Francesco, nella sua prima regola, aveva provato a scrivere che un frate non è tenuto a obbedire al superiore se questi gli ordina qualcosa di contrario alla sua coscienza, ma naturalmente papa Innocenzo III si è guardato bene dall’approvarla. In tempi più recenti, nel 1832, Gregorio XVI definiva un delirio la libertà di coscienza e nel 1954 Pio XII scriveva: "È giusto che la Chiesa respinga la tendenza di molti cattolici a essere considerati ormai adulti". Non è stupefacente?

Chi esercita il potere, di qualsiasi tipo, vorrebbe dai sudditi una delega in bianco, perché teme le coscienze adulte, che sono difficilmente governabili per il loro coraggio di esprimere dissenso, quand’è il caso. E tanto più il potere è prepotente e prevaricante, tanto più esige un’obbedienza cieca.

Il magistero ecclesiastico ha sempre mostrata una grande avversione al dissenso, trattandolo come un nemico da combattere perfino con metodi violenti, nel caso, senza capire che proprio il dissenso è il miglior amico degli insegnamenti di Cristo, perché agisce come sentinella delle coscienze.

Il dissenso, nella Chiesa, c’è sempre stato, con buona pace di coloro che nelle varie epoche storiche hanno preteso di soffocarlo usando talvolta armi che sono incompatibili con l’insegnamento di Gesù. Sarebbe ora che l’autorità prendesse atto che il dissenso non è un nemico ma, anzi, un grande amico, anche se può rendere più complesso e faticoso il cammino.

Il Concilio Vaticano II mostrava di averlo capito quando scriveva, nella Gaudium et Spes: "La Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino dall’opposizione di quanti la avversano o la perseguitano". Ma ben presto, poi, sono prevalsi nuovamente gli atteggiamenti di repressione e condanna verso chi tenta coraggiosamente di alzare la testa. essere credibili

Personalmente non dubito che un magistero ecclesiastico sia necessario e prezioso, ma di quale tipo? Qualsiasi coscienza adulta sa che di fronte a disaccordi e perplessità non avrebbe alcun senso rifiutare l’autorità o ribellarsi tout court: non sarebbe costruttivo. Ma sente però il dovere, prima ancora che il diritto, di chiedergli maggiore credibilità, di esigere che sappia proporre senza imporre, con rispettoso ascolto delle opinioni altrui. Gli ascoltatori di Gesù "rimanevano colpiti dal suo insegnamento", perché "parlava con autorità", e non perché aveva cariche istituzionali. Così il magistero può sperare di essere creduto, dalle coscienze adulte, quando offre messaggi autorevoli e convincenti, e non per il solo fatto di essere l’autorità costituita.

Oggi la credibilità dei vertici ecclesiastici, con tutti gli scandali di questi tempi, è fortemente minata, e si potrebbe dire che solo facendo leva surrettiziamente sulla grande fede in Gesù Cristo che continua a sostenere tante persone (malgrado tutto) evita di porsi in caduta libera. Ma fino a quando, se permane la pretesa di continuare a proporsi come magistero di un "docile gregge?".

La parabola della zizzania insegna che la Chiesa è comunione di consensi e dissensi, perciò, per recuperare credibilità, le autorità dovrebbero finalmente prenderne atto e imparare a dialogare con tutti alla pari, e in particolare proprio con il dissenso. Dovrebbero educarsi ed educare ad accoglierlo con l’attenzione che merita. Perché un dissenso respinto e represso a priori diventa facilmente aspro, arrabbiato, distruttivo mentre, se accolto con benevolenza, può diventare costruttivo, benevolo, e perfino affettuoso.

Una buona educazione al dissenso potrebbe diventare la miglior scuola alla formazione di coscienze adulte, capaci di confrontarsi senza acquiescenze o confusioni e censure. Capaci, cioè, di non farsi travolgere da vergognosi intrallazzi di qualsiasi tipo.

Personalmente, cerco, nel mio piccolo, di fare quel che posso. Qualche anno fa l’editrice la meridiana ha pubblicato un mio libro dal titolo "Elogio del dissenso", e per ottobre prossimo ha in programma di pubblicare un mio nuovo saggio dal titolo "I due cristianesimi", scritto per sottolineare le differenze tra il messaggio originale di Cristo e l’imperialismo cristiano, non solo come si è affermato nella storia, ma anche come si manifesta al presente. L’interrogativo è focalizzato sulla speranza nel futuro, mentre le critiche a quanto è stato ed è contrabbandato in nome di Cristo servono solo per capire meglio come si potrebbe uscir fuori dalle tante macrocontraddizioni.

La speranza è irrinunciabilmente legata a una Chiesa delle coscienze adulte, perciò sogno un magistero impegnato a farle crescere senza sottoporle a pressioni psicologiche; un magistero capace d’insegnare a distinguere il bene dal male senza imporre valutazioni precostituite; lieto di aiutare ognuno a diventare adulto e autonomo senza costringerlo a sottomettersi; volto a stimolare una sempre maggiore consapevolezza rinunciando a imposizioni precostituite. Un magistero che affermi i suoi principi senza pretendere di stigmatizzare le opinioni diverse; che proponga la propria verità senza disprezzare le verità altrui. In altre parole, sogno una Chiesa dove sia possibile ricercare, discutere, confrontarsi, camminare assieme.

Sogno un magistero che affermi il patrimonio positivo della fede, libero dalla preoccupazione di puntualizzare il negativo; che sappia offrire gratuitamente l’acqua della vita, senza voler giudicare chi beve; che proponga la verità di Cristo, esortando a non accettarla supinamente; che tracci la strada, ammonendo a non seguirla passivamente; che offra strumenti per imparare a scegliere, a non essere acquiescenti, a non accontentarsi di un cristianesimo mediocre e tiepido. Un Magistero che preferisca circondarsi da persone esigenti, irrequiete, contestatrici, piuttosto che passive, pavide, addormentate. Esso per primo ne trarrebbe grandi benefici: sarebbe il magistero di un popolo adulto, maturo, responsabile.

Etimologicamente la parola obbedienza significa ascolto, e sarebbe ora di educarci tutti a questo tipo di obbedienza reciproca: i fedeli verso l’autorità, ma anche l’autorità verso chiunque appartenga al Popolo di Dio, non importa con quale ruolo. Solo questa obbedienza è autentica virtù. Chissà se San Paolo, quando esortava a sperare contro ogni speranza, si riferiva anche alle utopie!
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 18/2/2013 22.38
Titolo:PER NON DIMENTICARE:. Elsa Morante (Diario, Roma 1° maggio 1945)
Elsa Morante scrisse nel suo "Diario":

Roma 1° maggio 1945 *

Mussolini e la sua amante Clara Petacci sono stati fucilati insieme, dai partigiani del Nord Italia. Non si hanno sulla loro morte e sulle circostanze antecedenti dei particolari di cui si possa essere sicuri. Così pure non si conoscono con precisione le colpe, violenze e delitti di cui Mussolini può essere ritenuto responsabile diretto o indiretto nell’alta Italia come capo della sua Repubblica di Sociale. Per queste ragioni è difficile dare un giudizio imparziale su quest’ultimo evento con cui la vita del Duce ha fine.

Alcuni punti però sono sicuri e cioè: durante la sua carriera, Mussolini si macchiò più volte di delitti che, al cospetto di un popolo onesto e libero, gli avrebbe meritato, se non la morte, la vergogna, la condanna e la privazione di ogni autorità di governo (ma un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo un Mussolini). Fra tali delitti ricordiamo, per esempio: la soppressione della libertà, della giustizia e dei diritti costituzionali del popolo (1925), la uccisione di Matteotti (1924), l’aggressione all’Abissinia, riconosciuta dallo stesso Mussolini come consocia alla Società delle Nazioni, società cui l’Italia era legata da patti (1935), la privazione dei diritti civili degli Ebrei, cittadini italiani assolutamente pari a tutti gli altri fino a quel giorno (1938).

Tutti questi delitti di Mussolini furono o tollerati, o addirittura favoriti e applauditi. Ora, un popolo che tollera i delitti del suo capo, si fa complice di questi delitti. Se poi li favorisce e applaude, peggio che complice, si fa mandante di questi delitti. Perché il popolo tollerò favorì e applaudì questi delitti? Una parte per viltà, una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse o per machiavellismo.

Vi fu pure una minoranza che si oppose; ma fu così esigua che non mette conto di parlarne. Finché Mussolini era vittorioso in pieno, il popolo guardava i componenti di questa minoranza come nemici del popolo e della nazione, o nel miglior dei casi come dei fessi (parola nazionale assai pregiata dagli italiani). Si rendeva conto la maggioranza del popolo italiano che questi atti erano delitti? Quasi sempre, se ne rese conto, ma il popolo italiano è cosìffatto da dare i suoi voti piuttosto al forte che al giusto; e se lo si fa scegliere fra il tornaconto e il dovere, anche conoscendo quale sarebbe il suo dovere, esso sceglie il suo tornaconto.

Mussolini, uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto, era ed è un perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo. Presso un popolo onesto e libero, Mussolini sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito e l’autore non troppo brillante di articoli verbosi sul giornale del suo partito. Sarebbe rimasto un personaggio provinciale, un po’ ridicolo a causa delle sue maniere e atteggiamenti, e offensivo per il buon gusto della gente educata a causa del suo stile enfatico, impudico e goffo. Ma forse, non essendo stupido, in un paese libero e onesto, si sarebbe meglio educato e istruito e moderato e avrebbe fatto migliore figura, alla fine. In Italia, fu il Duce. Perché è difficile trovare un migliore e più completo esempio di Italiano.

Debole in fondo, ma ammiratore della forza, e deciso ad apparire forte contro la sua natura. Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto. Facile a commuoversi in superficie, ma non in profondità, se fa della beneficenza è per questo motivo, oltre che per vanità e per misurare il proprio potere. Si proclama popolano, per adulare la maggioranza, ma è snob e rispetta il denaro. Disprezza sufficientemente gli uomini, ma la loro ammirazione lo sollecita.

Come la cocotte che si vende al vecchio e ne parla male con l’amante più valido, così Mussolini predica contro i borghesi; accarezzando impudicamente le masse. Come la cocotte crede di essere amata dal bel giovane, ma è soltanto sfruttata da lui che la abbandonerà quando non potrà più servirsene, così Mussolini con le masse. Lo abbaglia il prestigio di certe parole: Storia, Chiesa, Famiglia, Popolo, Patria, ecc., ma ignora la sostanza delle cose; pur ignorandole le disprezza o non cura, in fondo, per egoismo e grossolanità. Superficiale. Dà più valore alla mimica dei sentimenti , anche se falsa, che ai sentimenti stessi. Mimo abile, e tale da far effetto su un pubblico volgare.

Gli si confà la letteratura amena (tipo ungherese), e la musica patetica (tipo Puccini). Della poesia non gli importa nulla, ma si commuove a quella mediocre (Ada Negri) e bramerebbe forte che un poeta lo adulasse. Al tempo delle aristocrazie sarebbe stato forse un Mecenate, per vanità; ma in tempi di masse, preferisce essere un demagogo. Non capisce nulla di arte, ma, alla guisa di certa gente del popolo, e incolta, ne subisce un poco il mito, e cerca di corrompere gli artisti. Si serve anche di coloro che disprezza. Disprezzando (e talvolta temendo) gli onesti, i sinceri, gli intelligenti poiché costoro non gli servono a nulla, li deride, li mette al bando.

Si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, e quando essi lo portano alla rovina o lo tradiscono (com’è nella loro natura), si proclama tradito, e innocente, e nel dir ciò è in buona fede, almeno in parte; giacché, come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s’immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare.

* Cfr.: Elsa Morante, Opere, Mondadori (Meridiani), Milano 1988, vol. I, pp. L-LII.

Una riflessione da "Aracoeli"*:

E allora mi sono guardato negli occhi. Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo. Dicono che, immergendosi allo specchio nei propri occhi - con attenzione cruciale e al tempo stesso con abbandono - si arrivi a distinguere finalmente in fondo alla pupilla l’ultimo Altro, anzi l’unico e vero Se stesso, il centro di ogni esistenza e della nostra, insomma quel punto che avrebbe nome Dio. Invece, nello stagno acquoso dei miei occhi, io non ho scorto altro che la piccola ombra diluita (quasi naufraga) di quel solito niño tardivo che vegeta segregato dentro di me. Sempre il medesimo, con la sua domanda d’amore ormai scaduta e inservibile, ma ostinata fino all’indecenza. È strano come l’eternità si lasci captare piuttosto in un segmento effimero che in una continuità estesa.

* Cfr.: Elsa Morante, Aracoeli, Einaudi, Torino, 1982.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 19/2/2013 19.04
Titolo:VATICANO E CONCORDATO. Immobili a Londra con i soldi di Mussolini
- La struttura segreta del Vaticano
- Immobili a Londra con i soldi di Mussolini

- Una società off-shore custodisce un patrimonio da circa 650 milioni di euro. Per conto della Santa Sede, che ha raggranellato prestigiosi locali ed edifici nella capitale britannica. Grazie ai soldi che Mussolini diede al papato con i Patti Lateranensi

- dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI *

LONDRA - A chi appartiene il locale che ospita la gioielleria Bulgari a Bond street, più esclusiva via dello shopping nella capitale britannica? E di chi è l’edificio in cui ha sede la Altium Capital, una delle più ricche banche di investimenti di Londra, all’angolo super chic tra St. James Square e Pall Mall, la strada dei club per gentiluomini?

La risposta alle due domande è la stessa: il proprietario è il Vaticano. Ma nessuno lo sa, perché i due investimenti fanno parte di un segretissimo impero immobiliare costruito nel corso del tempo dalla Santa Sede, attualmente nascosto dietro un’anonima società off-shore che rifiuta di identificare il vero possessore di un portfolio da 500 milioni di sterline, circa 650 milioni di euro. E come è nata questa attività commerciale dello Stato della Chiesa? Con i soldi che Benito Mussolini diede in contanti al papato, in cambio del riconoscimento del suo regime fascista, nel 1929, con i Patti Lateranensi.

A rivelare questo storia è il Guardian, con uno scoop che oggi occupa l’intera terza pagina. Il quotidiano londinese ha messo tre reporter sulle tracce di questo tesoro immobiliare del Vaticano ed è rimasto sorpreso, nel corso della sua inchiesta, dallo sforzo fatto dalla Santa Sede per mantenere l’assoluta segretezza sui suoi legami con la British Grolux Investment Ltd, la società formalmente titolare di tale cospicuo investimento internazionale. Due autorevoli banchieri inglesi, entrambi cattolici, John Varley e Robin Herbert, hanno rifiutato di divulgare alcunché e di rispondere alle domande del giornale in merito al vero intestatario della società.

Ma il Guardian è riuscito a scoprirlo lo stesso attraverso ricerche negli archivi di Stato, da cui è emerso non solo il legame con il Vaticano ma anche una storia più torbida che affonda nel passato. Il controllo della società inglese è di un’altra società, chiamata Profima, con sede presso la banca JP Morgan a New York e formata in Svizzera.

I documenti d’archivio rivelano che la Profima appartiene al Vaticano sin dalla seconda guerra mondiale, quando i servizi segreti britannici la accusarono di "attività contrarie agli interessi degli Alleati". In particolare le accuse erano rivolte al finanziere del papa, Bernardino Nogara, l’uomo che aveva preso il controllo di un capitale di 65 milioni di euro (al valore attuale) ottenuto dalla Santa Sede in contanti, da parte di Mussolini, come contraccambio per il riconoscimento dello stato fascista, fin dai primi anni Trenta. Il Guardian ha chiesto commenti sulle sue rivelazioni all’ufficio del Nunzio Apostolico a Londra, ma ha ottenuto soltanto un "no comment" da un portavoce.

* la Repubblica, 22 gennaio 2013

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