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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Una eredità da rifiutare,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Una eredità da rifiutare

di Giovanni Sarubbi

Fare i conti con l'eredità costantiniana, e farlo proprio in occasione del 17 centenario dell'editto che nel 313 d.c. trasformò il cristianesimo in religione dell'impero romano (per il testo dell'editto vedi qui), sta diventando una esigenza sempre più diffusa fra quanti vogliono potersi dire oggi seguaci di Gesù di Nazareth che, è oramai chiarissimo anche ai ciechi, non aveva in mente in alcun modo ciò che hanno fatto Costantino e i papi che ne hanno ereditato il potere temporale o i vari “cristianesimi” in lotta tra loro che da allora sono nati.

Sul nostro sito abbiamo pubblicato importanti contributi su tale aspetto quali quelli di Raffaello Saffioti (vedi qui). Interessante anche la riflessione di Robert Hotte (Ciò che credo...) che presenta il libro di Joan Chittister, una benedettina, che formula una versione diversa del credo niceno-costantinopolitano che è oggi difficile da comprendere «perchè elaborata in un contesto culturale» totalmente diverso dal nostro. Questo credo fu stabilito al Concilio di Nicea del 325 DC e ulteriormente precisato nel Concilio di Costantinopoli nel 381 DC. Un credo reso obbligatorio dall'imperatore con conseguenze pesantissime per chi non lo accettava. Il primo concilio di Nicea del 3251, nel suo quinto canone, aveva stabilito che: «Quanto agli scomunicati, sia ecclesiastici che laici, la sentenza dei vescovi di ciascuna provincia abbia forza di legge e sia rispettata la norma secondo la quale chi è stato cacciato da alcuni non sia accolto da altri». Questa è la norma dalla quale si è partiti per giungere poi alle uccisioni di chi semplicemente proponeva pensieri diversi o aveva una pratica diversa da quella ritenuta “ortodossa”. Uccisioni e scomuniche praticate, anche se in modo diverso fra loro, da tutti i cristianesimi che si sono sviluppati dopo il 325dc.

Il credo niceno-costantinopolitano è, dal mio punto di vista, il frutto più avvelenato del cristianesimo costantiniano. Questo credo è ancora oggi il punto di riferimento di quasi tutte le chiese cristiane del mondo ed è la base dei dialoghi ecumenici.

Il credo niceno-costantinopolitano è, infatti, il testo di riferimento dei dialoghi ecumenici persino nei dialoghi fra alcune chiese pentecostali e alcune chiese protestanti storiche (come la chiesa Valdese). L'unità dei cristiani la si vorrebbe ricostruire partendo dal credo stabilito al Concilio di Nicea convocato e presieduto dall'imperatore Costantino, che non era in quel momento neppure formalmente cristiano. E' del tutto evidente che in tale impostazione c'è la spiegazione del perchè i dialoghi ecumenici non fanno passi avanti e sono oggi sostanzialmente fermi. Dal Concilio di Nicea in poi le chiese cristiane hanno negato il Vangelo. La nuova religione avviata da Costantino a Nicea legava i cristiani all'imperatore che, come in tutte le religioni precedenti, divenne “imperatore per volontà di Dio”. Niente di nuovo sotto il sole. Idee vecchie che gli stessi ebrei avevano sperimentato con i vari “Re” unti dai profeti di Dio.

Il credo di Joan Chittister, pur mettendo in evidenza una critica ed un disagio rispetto al credo niceno-costantinopolitano, non si discosta assolutamente dal suo impianto che rimane spostato sul piano della metafisica, dimenticando il “Dio padre”, o come preferisco chiamarlo io, il “Dio umanità” di Gesù. Nei Vangeli non c'è un solo racconto nel quale Gesù chiede a chicchessia di fare una professione di fede come quella proposta dal credo niceno-costantinopolitano o dalle varianti come quelle di Joan Chittister che è essa stessa piena di contraddizioni. Al secondo punto del suo credo afferma di Credere «alle molteplici rivelazioni di questo Dio che è vivo in ogni cuore umano, che si esprime in tutte le culture, e si ritrova in tutte le sapienze del mondo», ma poi riafferma successivamente la fede assoluta in un Gesù trasformato in “Cristo”, in “unto di Dio”, in unica e sola manifestazione di Dio nel mondo.

Confrontarsi con l'eredità di Costantino non è dunque un fatto di “aggiornamento culturale” del credo da lui definito. Bisogna metterne in discussione l'impianto filosofico-teologico ripartendo dai Vangeli. E allora l'unico credo possibile è quello delle beatitudini, ad esse dobbiamo fare riferimento se vogliamo definirci seguaci di Gesù di Nazareth. E le beatitudini sono la richiesta ad ognuno di impegnarsi per l'umanità. Tutto il resto non conta nulla.

Ci auguriamo che possano essere molti i lettori che su tale tema vogliano esprimere la loro opinione.

Giovanni Sarubbi

NOTE

[1] Per il testo delle decisioni di quel concilio vedi il sito http://www.clerus.org/clerus/dati/2000-06/13-2/PrimoNicea.html




Domenica 27 Gennaio,2013 Ore: 12:07
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/1/2013 13.05
Titolo:L'EREDITA' DI UNA FAMIGLIA INCESTUOSA ....
IL CVATTOLICESIMO-ROMANO, OVVERO L'ORDINE SIMBOLICO DELL'ALLEANZA MADRE-FIGLIO. L'immaginario del cattolicesimo cattolico imperiale:

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA NON HA NIENTE A CHE FARE CON LA FAMIGLIA DI GESU’, DI GIUSEPPE E MARIA ... E’ UNA COPPIA UN PO’ INCESTUOSA: LA MADRE ELENA E L’IMPERATORE COSTANTINO, IL "SIGNORE DEL MONDO" E LA MADRE DI "DIO":


Tre donne «forti» dietro tre padri della fede

di Marco Garzonio (Corriere della Sera, 25 ottobre 2012)

Il IV secolo è fine di un’epoca e nascita di tempi nuovi anche per i modelli femminili nella cultura cristiana e nella società. Mentre le istituzioni dell’Impero si sfaldano, popoli premono ai confini, corruzione e violenze dilagano e le casse sono vuote, causa guerre ed evasione fiscale, alcune donne sono protagoniste delle trasformazioni almeno tanto quanto gli uomini accanto ai quali la storia le ha accolte. Elena, madre di Costantino, Monica madre di Agostino, Marcellina sorella di Ambrogio.

Ma ci son pure Fausta, moglie di Costantino, da lui fatta assassinare per sospetto tradimento (violenza in famiglia anzi tempo) e la compagna di Agostino, giovane cartaginese vissuta anni more uxorio («coppia di fatto» si direbbe oggi) col futuro santo vescovo d’Ippona. Gli diede pure un figlio, Adeodato, di lei però non è rimasto nemmeno il nome: una rimozione del femminile, nonostante la straordinaria autoanalisi ante litteram compiuta da Agostino nelle Confessioni; un archetipo delle rimozioni collettive della donna praticate dalla cattolicità e di tanta misoginia e sessuofobia che affliggeranno la Chiesa per secoli e ancora la affliggono. Ma andiamo con ordine nel considerare i tipi.

La madre solerte, forte, premurosa, ambiziosa, molto attaccata al figlio maschio, possessiva: è il modello di madre che emerge dalle testimonianze. In parte è un’icona ritagliata sul prototipo della matrona romana, su cui s’innesta la novità del cristianesimo. Questo dalle origini si dibatte in una contraddizione. C’è l’esempio di Gesù che «libera» la donna dalle sudditanze; per lui non è alla stregua di una «cosa» (come negli usi romani); negli incontri rivela l’alta considerazione verso una persona non certo inferiore all’uomo e contraddice così la cultura del tempo. Narrano i vangeli che Gesù si mostra a Maria di Magdala e alle altre donne come il Risorto davanti al sepolcro vuoto: loro sono le protagoniste, a esse affida l’annuncio pasquale. Dall’altra parte c’è San Paolo che invita le mogli a stare sottomesse ai mariti e ispira la visione di un ruolo ancillare, silenzioso, subordinato.

Ecco, allora: Elena anticipa quella che in epoche successive sarà la Regina Madre. Locandiera, legata a Costanzo Cloro cui darà un figlio, Costantino, fa di tutto perché questi diventi padrone dell’Impero: tesse rapporti, guida, consiglia. Verrà ricambiata: Costantino cingerà lei del diadema imperiale (invece della «traditrice» Fausta) introducendo nell’iconografia una coppia un po’ incestuosa: madre e figlio.

Psicologicamente Costantino sarà in un certo modo sottomesso a Elena. A Gerusalemme lei troverà le reliquie del Santo Sepolcro. Dei chiodi della Croce ornerà la corona imperiale (posta sul capo dei padroni del mondo sino a Napoleone) per dire che chi governa è sottomesso a Dio, e farà il morso del cavallo del figlio: anche i sovrani devono frenare le pulsioni.

Madre altrettanto ingombrante, sul piano degli affetti in questo caso, fu Monica per Agostino. Questi aveva cercato di liberarsene partendo per Roma senza dir nulla ma Monica non si scoraggiò, lo inseguì e raggiunse sino a Milano, capitale ai tempi. Qui convinse il figlio, all’apice del successo come retore, a rispedire in Africa la compagna e si diede da fare perché trovasse a corte una moglie. Intanto s’era pure spesa affinché Agostino conoscesse Ambrogio, che a Milano contava più delle insegne imperiali. Così l’amore di madre si trasformò: cadde il progetto di ascesa sociale, venne la conversione e il futuro padre della Chiesa riprese la via dell’Africa, senza più Monica però, che morirà sulla via del ritorno.

Un altro genere di donna, che ebbe e ha importanza nella Chiesa, nei costumi, nella cultura è incarnato da Marcellina. La sorella di Ambrogio, dopo aver contribuito a crescere i fratelli, prese il velo con papa Liberio. Grazie a lei si prospettò una scelta di vita ricalcata sul modello del monachesimo orientale, di cui Ambrogio era estimatore: la verginità (su questa il Patrono di Milano compose una delle sue opere principali), la consacrazione, il chiostro in cui ritirarsi, pregare e, in taluni sviluppi, lavorare, garantire il prosieguo delle tradizioni e aprirsi al mondo attraverso opere di carità. Costantino, Ambrogio, Agostino e lo loro donne: esempi d’una storia plurale che continua, viene costruita giorno dopo giorno ancora, si evolve.

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EDITTO DI COSTANTINO: "CODEX JUDAEIS" (11.12.321 d. C.)

"vari quotidiani, dando notizia della mostra milanese su Costantino, hanno titolato sulla sua “tolleranza”. Vorrei ricordare che fu proprio Costantino il padre dell’antisemitismo.
- Egli emanò, l’11 dicembre 321, l’editto Codex Judaeis, prima legge penale antiebraica, segnando così l’inizio di una persecuzione e del tentativo di genocidio degli ebrei. -L’editto definiva l’ebraismo: “secta nefaria, abominevole, feralis, mortale” e formalizzava l’accusa di deicidio. -Da allora, il processo antisemitico non s’è più interrotto, ad eccezione del breve periodo di reggenza dell’imperatore Giuliano detto (a torto) l’Apostata.
- I successivi imperatori introdussero le Norme Canoniche dei Concili nel Codice Civile e Penale. Con Costantino II, Valentiniano e Graziano, dal 321 al 399 d.C., una serie spietata di leggi ha progressivamente e drasticamente ridotto i diritti degli ebrei.
- Si condannava ogni ebreo ad autoaccusarsi di esserlo: in caso contrario c’erano l’infamia e l’esilio. Proibito costruire sinagoghe. Leggi contro la circoncisione. Obbligo di sepoltura in luoghi lontani e separati da quelli cristiani. Altro che tolleranza, c’è un limite anche alla falsificazione della storia. Arturo Schwarz
Autore Città Giorno Ora
vittorio pedrali marigliano 27/1/2013 13.29
Titolo:carissimo giovanni
Quanto hai scritto, dopo che mi sono informato sui primi sette concilii, è stata la conferma di quanto già sapevo e su cui orripilavo: sono pienamente d'accordo con te, anzi, avrei fatte delle piccole aggiunte, del tipo la FALSA "donazione di Costantino" ed anche i due "credo" scaturiti dalle eresie all'epoca già forti (non dimentichiamo che a Nicea il "buon" Cirillo, fra l'altro uccisore di Ipazia, schiaffeggiò Ario perché non era d'accordo con lui), ma che aprono la strada agevolmente al netto POLITEISMO IDOLATRA in cui il cattolicesimo è sprofondato ormai da secoli principiando nei citati concilii.
E' sempre un piacere leggerti. Un abbraccio
Vittorio Pedrali
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 27/1/2013 14.34
Titolo:LA "DONAZIONE DI PIETRO" E LA "DONAZIONE DI COSTANTINO"
ALLE ORIGINI DEL CATTOLICESIMO-ROMANO, LA "DONAZIONE DI PIETRO" E LA "DONAZIONE DI COSTANTINO.

UNA NOTA


di Federico La Sala *

(...) non equivochiamo! Qui non siamo sulla via di Damasco, nel senso e nella direzione di Paolo di Tarso, del Papa, e della Gerarchia Cattolico-Romana: “[... ] noi non siamo più sotto un pedagogo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati: 3, 25-28).
- Nella presa di distanza, nel porsi sopra tutti e tutte, e nell’arrogarsi il potere di tutoraggio da parte di Paolo, in questo passaggio dal noi siamo al voi siete, l’inizio di una storia di sterminate conseguenze, che ha toccato tutti e tutte. Il persecutore accanito dei cristiani, “conquistato da Gesù Cristo”, si pente - a modo suo - e si mette a “correre per conquistarlo” (Filippesi: 3, 12): come Platone (con tutto il carico di positivo e di negativo storico dell’operazione, come ho detto), afferra l’anima della vita evangelica degli apostoli, delle cristiane e dei cristiani, approfittando delle incertezze e dei tentennamenti di Pietro, si fa apostolo (la ‘donazione’ di Pietro) dei pagani e, da cittadino romano, la porta e consegna nelle mani di Roma. Nasce la Chiesa ... dell’Impero Romano d’Occidente (la ‘donazione’ di Costantino). La persecuzione dei cristiani, prima e degli stessi ebrei dopo deve essere portata fino ai confini della terra e fino alla fine del mondo: tutti e tutte, nella polvere, nel deserto, sotto l’occhio del Paolo di Tarso che ha conquistato l’anima di Gesù Cristo, e la sventola contro il vento come segno della sua vittoria... Tutti e tutte sulla romana croce della morte.

Egli, il vicario di Gesù Cristo, ha vinto: è Cristo stesso, è Dio, è il Dio del deserto... Un cristo-foro dell’imbroglio e della vergogna - con la ‘croce’ in pugno (e non piantata nella roccia del proprio cuore, come indicava Gesù) - comincia a portare la pace cattolico-romana nel mondo. Iniziano le Crociate e la Conquista. Il Dio lo vuole: tutti i popoli della Terra vanno portati nel gelo eterno - questo è il comando dei Papi e dei Concili, cioè delle massime espressioni dell’intelligenza astuta (quella del Dio di Ulisse e della vergine Atena, non del Dio di Giuseppe e di Maria) del Magistero della Chiesa, alle proprie forze armate... fino a Giovanni Paolo II, al suo cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e alla Commissione teologica internazionale, che ha preparato il documento “Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato”.

Uno spirito e un proposito lontano mille miglia, e mille anni prima di Cristo, da quello della “Commissione per la verità e la riconciliazione”, istituita in Sudafrica nel 1995 da Nelson Mandela, per curare e guarire le ferite del suo popolo. Il motto della Commissione bello, coraggioso, e significativo è stato ed è: “Guariamo la nostra terra”!

*

Si cfr.: Federico La Sala, L’enigma della Sfinge e il segreto della Piramide, Ripostes, Roma-Salerno 2001, pp.23-25.

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