- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (2)
Visite totali: (444) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Pillole di Apocalisse (3),di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Pillole di Apocalisse (3)

di Giovanni Sarubbi

Gli imperi si nutrono di miti, basano la loro forza e la loro legittimazione su miti sapientemente costruiti. Si tratta in genere di miti che tendono a magnificare le doti straordinarie dei capi dell'impero e a descrivere le loro gesta come le uniche giuste perchè esse avrebbero realizzato altrettanti mitici sogni di ricchezza. L'impero romano aveva creato il mito della cosiddetta “età dell'oro” che sarebbe stata inaugurata da Augusto e proseguita dai suoi successori.

Il mito fondamentale dell'Impero romano è proprio lo stesso concetto di “impero”, cioè quello di possedere una forza tale da assoggettare tutta la Terra al proprio volere. E' questo un mito che tutti gli imperi nel corso dei secoli hanno fatto proprio. Per non andare molto lontano basti pensare alla mitologia usata dal fascismo e dal nazismo per descrivere se stessi. Oggi è il concetto che esprimono gli USA quando affermano che il loro livello di vita non è negoziabile e che la loro nazione è benedetta da Dio.

Un altro mito dell'impero Romano era quello conosciuto come “Pax Romana”, “la pace di Roma”. Secondo tale mito Roma aveva sconfitto la guerra civile e di conseguenza aveva instaurato la “pace nel mondo”, presentandosi in sostanza come l'unica forza in grado di garantire la pace mondiale.

Una concezione simile, se ci riflettiamo anche solo un po', è quella che viene propagandata dagli USA oggi per giustificare il loro enorme esercito sparso in tutti gli angoli del pianeta. La Pax romana si manteneva sulle legioni romane sparse in tutti gli angoli del mondo allora conosciuto;  oggi la “pax USA” si mantiene con gli stessi identici metodi, sono cambiati solo (si fa per dire!) i tipi di armamenti ed il potenziale distruttivo dei rispettivi eserciti.

Un altro mito dell'Impero romano era quello della “Vittoria” che era strettamente collegato con quello della “Pax Romana”. Per ottenere la “Pax Romana” i popoli delle provincie di frontiera dovevano essere assoggettati a Roma. La Vittoria era una vera e propria Dea che veniva anche rappresentata in vari modi che esprimevano tutti l'assoggettamento dei vinti al potere di Roma.

L'altro mito dell'Impero Romano era quello della Fides, tradotto generalmente con “fede” ma che in realtà aveva il significato di “capacità o virtù di mantenere le relazioni sociali”. Il termine fides era sinonimo di reciproca lealtà-fedeltà da parte dell'imperatore da un lato e del popolo dall'altro, legati appunto da un vincolo di reciproca lealtà. I popoli vinti erano obbligati ad offrire la loro fides a Roma, chi non lo faceva commetteva un grave atto di arroganza equiparabile ad una dichiarazione di guerra. Cosa vi ricorda oggi questo mito romano? Semplice: la dottrina degli “stati canaglia” elaborata dagli USA verso quegli stati che rifiutano di assoggetarsi al loro volere economico e politico è la versione moderna di quel mito romano.

L'ultimo mito dell'Impero Romano era quello dell'eternità che, in altre parole, si può esprime col concetto di “un potere che si protrae indefinitamente”. Roma ancora oggi viene chiamata “la città eterna” perchè si credeva che ad essa fosse stata concessa l'eternità fin dal momento della sua fondazione.

Tutti questi miti di ieri e di oggi vanno contrastati. Questo è quello che in realtà fa il libro biblico dell'Apocalisse proponendo dei contro miti per spingere le comunità cristiane del primo secolo a resistere all'impero romano e le comunità dei secoli successivi agli imperi che si sarebbero via via creati.

Contro il mito dell'Impero il libro dell'Apocalisse promuove “l'impero del nostro Dio”. Lo fa utilizzando lo stesso termine che i romani usavano per descrivere il concetto di impero, cioè la parola greca “Basileia”, parola tradizionalmente tradotta con “regno” ma che in realtà ai tempi dei romani indicava unicamente l'impero romano. Utilizzare il termine “basileia” ed accostarlo a quello di Dio era un modo per contestare apertamente il “dio imperatore”.

Al mito della “pax romana” il libro dell'Apocalisse contrappone il mito rappresentato dall'immagine omicida e sanguinaria delle bestie e della prostituta. L'impero non è un benefattore ma è sanguinario, non è ordinato ma caotico, non è fonte di pace ma di guerra.

Al mito della Vittoria, e quindi al mito della forza bruta che tutto sottomette, il libro dell'Apocalisse contrappone il mito dell'Agnello sgozzato a cui viene consegnata la vittoria. E' la mitezza, è la debolezza assoluta, rappresentata dall'agnello sgozzato, che vincerà e avrà successo e non le forze brute dell'impero, che hanno i giorni contati.

Al mito della fides l'Apocalisse contrappone la fede in Gesù intesa come il mantenimento di forti relazioni sociali all'interno delle ekklesiai (che era un termine nient'affatto religioso quando l'Apocalisse fu scritta). L'immagine di Dio usata serve a contestare il potere del “dio imperatore”. Restare fedeli a Gesù significa così la capacità delle ekklesiai di tenere testa al potere dell'impero (le bestie e la prostituta).

L'ultimo mito quello dell'eternità viene distrutto affermando che l'eternità non appartiene all'impero e all'imperatore ma a Dio.

Altro che fine del mondo. Il libro dell'Apocalisse smonta i miti dell'impero, con un linguaggio e delle immagini tratte dalla tradizione e dalla cultura profetico-apocalittica ebraica. Per capire di cosa parla questo libro e per rendersi conto che la “fine del mondo” non centra nulla, occorre decodificare quelle immagini e conoscere quella cultura, e per farlo bisogna abbandonare il letteralismo nella interpretazione della Bibbia.

Bisogna anche però dire che gli imperi sono prigionieri dei loro miti. Chi vuole fondare un impero ha bisogno dei miti prima indicati, non ne può fare a meno. Così, tanto per rimanere alla cronaca di questi giorni, nessuna decisione verrà presa da Obama contro l'immondo commercio delle armi che provoca omicidi e stragi continue negli USA. Le armi sono un mito costitutivo dell'impero USA, abbandonarlo significherebbe distruggere l'impero dalle fondamenta. Basti pensare che nel solo anno 2012 si sono registrate una decina di stragi compiute da pazzi squilibrati di cui quella del 14 dicembre 2012,  con la uccisione di 27 persone fra cui 20 bambini, è solo l'ultima della serie. Obama non ha fatto in tempo a dire la fatidica frase “mai più cose del genere” che già i giornali pubblicavano la notizia di un'altra strage.

Gli imperi, questo è certo leggendo la storia, hanno i giorni contati. Questo in sostanza significano i vari numeri di cui è pieno il libro dell'Apocalisse. Buona lettura. E il 21 dicembre andate a farvi una pizza con gli amici, cosa che fa sempre bene. E mi raccomando, spegnete la TV.

Giovanni Sarubbi


Per chi vuole approfondire veri al seguente link .

Per leggere le altre due "pillole di apocalisse" clicca qui(1) qui(2)



Sabato 15 Dicembre,2012 Ore: 22:26
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/12/2012 09.54
Titolo:IL MITO imperiale 'NASCOSTO': l'Alleanza della Madre con il Figlio ....
COSTANTINO, SANT’ELENA, E NAPOLEONE. L’immaginario del cattolicesimo imperiale.

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA NON HA NIENTE A CHE FARE ne' con la Legge Mosaica né con la Nuova Alleanza, CON LA FAMIGLIA DI GESU’, DI GIUSEPPE E MARIA ... E’ UNA COPPIA UN PO’ INCESTUOSA: LA MADRE ELENA E L’IMPERATORE COSTANTINO, IL "SIGNORE DEL MONDO" E LA MADRE DI "DIO":




Tre donne «forti» dietro tre padri della fede

di Marco Garzonio (Corriere della Sera, 25 ottobre 2012)

Il IV secolo è fine di un’epoca e nascita di tempi nuovi anche per i modelli femminili nella cultura cristiana e nella società. Mentre le istituzioni dell’Impero si sfaldano, popoli premono ai confini, corruzione e violenze dilagano e le casse sono vuote, causa guerre ed evasione fiscale, alcune donne sono protagoniste delle trasformazioni almeno tanto quanto gli uomini accanto ai quali la storia le ha accolte. Elena, madre di Costantino, Monica madre di Agostino, Marcellina sorella di Ambrogio.

Ma ci son pure Fausta, moglie di Costantino, da lui fatta assassinare per sospetto tradimento (violenza in famiglia anzi tempo) e la compagna di Agostino, giovane cartaginese vissuta anni more uxorio («coppia di fatto» si direbbe oggi) col futuro santo vescovo d’Ippona. Gli diede pure un figlio, Adeodato, di lei però non è rimasto nemmeno il nome: una rimozione del femminile, nonostante la straordinaria autoanalisi ante litteram compiuta da Agostino nelle Confessioni; un archetipo delle rimozioni collettive della donna praticate dalla cattolicità e di tanta misoginia e sessuofobia che affliggeranno la Chiesa per secoli e ancora la affliggono. Ma andiamo con ordine nel considerare i tipi.

La madre solerte, forte, premurosa, ambiziosa, molto attaccata al figlio maschio, possessiva: è il modello di madre che emerge dalle testimonianze. In parte è un’icona ritagliata sul prototipo della matrona romana, su cui s’innesta la novità del cristianesimo. Questo dalle origini si dibatte in una contraddizione. C’è l’esempio di Gesù che «libera» la donna dalle sudditanze; per lui non è alla stregua di una «cosa» (come negli usi romani); negli incontri rivela l’alta considerazione verso una persona non certo inferiore all’uomo e contraddice così la cultura del tempo. Narrano i vangeli che Gesù si mostra a Maria di Magdala e alle altre donne come il Risorto davanti al sepolcro vuoto: loro sono le protagoniste, a esse affida l’annuncio pasquale. Dall’altra parte c’è San Paolo che invita le mogli a stare sottomesse ai mariti e ispira la visione di un ruolo ancillare, silenzioso, subordinato.

Ecco, allora: Elena anticipa quella che in epoche successive sarà la Regina Madre. Locandiera, legata a Costanzo Cloro cui darà un figlio, Costantino, fa di tutto perché questi diventi padrone dell’Impero: tesse rapporti, guida, consiglia. Verrà ricambiata: Costantino cingerà lei del diadema imperiale (invece della «traditrice» Fausta) introducendo nell’iconografia una coppia un po’ incestuosa: madre e figlio.

Psicologicamente Costantino sarà in un certo modo sottomesso a Elena. A Gerusalemme lei troverà le reliquie del Santo Sepolcro. Dei chiodi della Croce ornerà la corona imperiale (posta sul capo dei padroni del mondo sino a Napoleone) per dire che chi governa è sottomesso a Dio, e farà il morso del cavallo del figlio: anche i sovrani devono frenare le pulsioni.

Madre altrettanto ingombrante, sul piano degli affetti in questo caso, fu Monica per Agostino. Questi aveva cercato di liberarsene partendo per Roma senza dir nulla ma Monica non si scoraggiò, lo inseguì e raggiunse sino a Milano, capitale ai tempi. Qui convinse il figlio, all’apice del successo come retore, a rispedire in Africa la compagna e si diede da fare perché trovasse a corte una moglie. Intanto s’era pure spesa affinché Agostino conoscesse Ambrogio, che a Milano contava più delle insegne imperiali. Così l’amore di madre si trasformò: cadde il progetto di ascesa sociale, venne la conversione e il futuro padre della Chiesa riprese la via dell’Africa, senza più Monica però, che morirà sulla via del ritorno.

Un altro genere di donna, che ebbe e ha importanza nella Chiesa, nei costumi, nella cultura è incarnato da Marcellina. La sorella di Ambrogio, dopo aver contribuito a crescere i fratelli, prese il velo con papa Liberio. Grazie a lei si prospettò una scelta di vita ricalcata sul modello del monachesimo orientale, di cui Ambrogio era estimatore: la verginità (su questa il Patrono di Milano compose una delle sue opere principali), la consacrazione, il chiostro in cui ritirarsi, pregare e, in taluni sviluppi, lavorare, garantire il prosieguo delle tradizioni e aprirsi al mondo attraverso opere di carità. Costantino, Ambrogio, Agostino e lo loro donne: esempi d’una storia plurale che continua, viene costruita giorno dopo giorno ancora, si evolve.
Autore Città Giorno Ora
Renzo Coletti Genova 17/12/2012 21.05
Titolo:
Giovanni questa volta colpisce nel segno e duramente: il suo editoriale ci svela i risvolti di un impero prossimo allo sfacelo, una storia già vissuta che emana un lezzo sempre uguale e sempre attuale. ma il messaggio dell'apocalisse sembra non esaurirsi nella catastrofe: la nuova Chiesa sembra vincere le tenebre culturali dell'impero del male, il povero, lo sfruttato, il vitello sgozzato, sembra essere alla fine risultare vincente. No! Caro Giovanni, sul finale sei troppo vago, lasci all'immaginazione tropo spazio, si possono dedurre troppe cose: il mito dell'impero, ovvero il Dio dei potenti, non può essere messo ancora una volta in competizione con il Dio dei poveri, dei diseredati, ancora una volta la storiella del lupo e della pecora non può esserci d'aiuto. Noi dobbiamo alla fine far scendere Gesù dalla croce, dobbiamo restituirgli la libertà, la dignità, il senso critico, dare a noi stessi il suo nome, dare a lui ciò che di meglio troviamo in noi, dare al mondo la libertà da ogni dogma, mito, fede in ciò che poi si è sempre rivelato un giogo ed una menzogna.
L'apocalisse è la fine di un'era, un modo di pensare, una prigione che si apre ai sentimenti e diventa una nuova dimensione che oggi non riusciamo a distinguere, ma che comincia a sorgere al nostro orizzonte.
Quando saremo finalmente liberi da ogni dio, sia dei ricchi che dei poveri, quando saremo liberi di usare le nostre menti per creare noi stessi e non immagini in cui specchiarci, quando ameremo la diversità perchè ricchezza, quando oseremo perché è sapere, allora avremo compreso il messaggio dell'apocalisse o forse il messaggio di un saggio buddista o semplicemente il grido di un uomo solo.

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (2) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Editoriali

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info