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www.ildialogo.org La pistola puntata,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
La pistola puntata

di Giovanni Sarubbi

Pillole di Costituzione (7), l'art. 4


Art. 4.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Nella scorsa settimana ho seguito direttamente una vertenza sindacale dei lavoratori di una piccola ditta che svolgeva lavori in appalto presso uno degli stabilimenti del gruppo Fiat esistenti nella zona dove vivo. Dalla sera alla mattina 86 persone si sono ritrovate senza lavoro, buttati fuori dall'azienda presso la quale svolgevano un lavoro oltretutto molto rischioso e fondamentale per il funzionamento di tutto lo stabilimento. Per una settimana questi lavoratori hanno gridato forte la loro disperazione ma le istituzioni, quelle che dovrebbero applicare il contenuto dell'art. 4 la dove è scritto che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo” il diritto al lavoro, hanno giocato allo scaricabarile.

Il Prefetto non ha ricevuto i lavoratori direttamente ma ha delegato al suo capo di gabinetto; il Presidente della Provincia ha delegato al Prefetto, l'assessore al lavoro al Presidente della provincia, … se avessero potuto avrebbero interpellato anche il Papa che, probabilmente, avrebbe invitato tutti a dire una bella preghiera e a rimettersi alla volontà di Dio. Considerazione amara ma assolutamente corrispondente alla realtà. Dopo una settimana tutto è rimasto come prima e a questi lavoratori non è stata data alcuna risposta certa se non generici ”vedremo, diremo, faremo, apriremo tavoli di trattative, interesseremo il ministero”, e quant'altro si dice in queste occasioni. Ai padroni invece vengono date risposte certe ed incontrovertibili come quelle che ha detto il primo ministro Monti al sig. Marchionne della Fiat:" La Fiat può fare quello che vuole", ha detto Monti ripetendo quello che già aveva detto il suo predecessore. E mentre per i lavoratori ci sono licenziamenti e, se va bene, ma ora non sarà più neppure così, la cassa integrazione, per i padroni ci sono sempre soldi disponibili.

Una norma chiara e semplice come quella dell'art. 4 viene di solito derubricata a “norma programmatica” cioè di nessun valore concreto. Una sorta di sogno ad occhi aperti che i nostri padri costituenti avrebbero messo li giusto per prendere in giro i lavoratori che vorrebbero invece l'applicazione integrale dell'art. 4, con azioni concrete, con il blocco di qualsiasi licenziamento, con la garanzia del salario, con l'intervento pubblico dello Stato nell'economia ove si dovessero riscontrare comportamenti non conformi alla Costituzione da parte dei “datori di lavoro”.

Ma l'art. 4 viene interpretato e vissuto dai pubblici poteri non come un diritto soggettivo perfetto dei singoli cittadini allo svolgimento della attività lavorativa, ma come un indirizzo generale “nei confronti dei pubblici poteri per una politica di tendenziale piena occupazione. Quindi non un diritto al posto di lavoro, ma un semplice interesse, anche se costituzionalmente garantito”[1].

Insomma, verrebbe voglia di dire, “fatta la legge, trovato l'inganno”. La norma c'è, è scritta nero su bianco, ma tutti coloro che dovrebbero farla rispettare hanno trovato una interpretazione che gli consente di non applicarla e di non trovare nessun giudice disposto a condannarli per la loro non apllicazione.

Il diritto al lavoro, sancito dall'art. 4 della Costituzione, diventa così, nella pratica corrente, subordinato agli interessi dei proprietari dei mezzi di produzione, i capitalisti, e di chi controlla il mercato. Questi capitalisti, che sono i proprietari delle fabbriche e del capitale finanziario necessario per farle funzionare, hanno interesse a tenere un certa quantità di lavoratori disoccupati. Si tratta di quello che Marx chiamava “Esercito industriale di riserva”, la cui esistenza consente al capitalista di pagare il meno possibile i lavoratori occupati, giusto il necessario per farli sopravvivere. I lavoratori occupati in tal modo sono continuamente ricattati dalla paura del licenziamento e sono quindi costretti ad accettare sia la riduzione del proprio salario, sia condizioni di lavoro spesso mostruose e che spesso costano loro la vita (sono oltre un migliaio all'anno gli omicidi sul lavoro).

Quando scoppiano vertenze sindacali come quelle che ho prima richiamato, vengono anche fuori storie di sfruttamento selvaggio dei lavoratori, unite a condizioni di lavoro assolutamente illegali e disumane. I lavoratori raccontano le loro storie ai giornalisti o a chi cerca di dare loro aiuto lamentandosi della mancanza di riconoscenza che i padroni hanno nei loro confronti. Si tratta di storie note a chi ha fatto anche un solo giorno di attività sindacale. “Tutto abbiamo fatto, tutto abbiamo sopportato, siamo andati a lavorare il sabato, la domenica, la notte, a natale, capodanno e a pasqua ed ora questi ci ripagano con il licenziamento”. Questo è di solito il succo dei racconti dei lavoratori che vivono la loro situazione come una sorta di punizione divina per qualche colpa che hanno commesso. E quasi sempre, anche quando gli si fa vedere la Costituzione e le norme in essa contenuta che difendono i lavoratori, non prendono mai in considerazione la possibilità di denunciare pubblicamente le condizioni di lavoro disumano che hanno dovuto sopportare. “Vedremo, forse, ma solo come ultima possibilità, solo se non ci rimettono al lavoro...”.

Articolo 4 dunque largamente non solo inattuato, sia nel suo primo comma sia nel secondo che sembra ancora di più una vera e propria presa in giro, ma anche cancellato dalla coscienza dei lavoratori e degli stessi disoccupati che, pur avendo oramai raggiunto in Italia quota 5 milioni (l'11% della popolazione), non fanno sentire la loro voce come dovrebbero e non impongono il rispetto dei loro diritti costituzionalmente garantiti. Anzi la TV ci ha informato, proprio nella scorsa settimana, che ci sono ben 3milioni di disoccupati che hanno smesso di sperare in un posto di lavoro e che non lo cercano più. Ci troviamo così di fronte a persone che hanno rinunciato ad un loro diritto fondamentale perché il “dio mercato” ha distrutto in loro la coscienza di tale diritto che la massima legge dello stato gli garantisce.

Ma c'è di più. L'attuale "governo dei tecnici" si appresta a far approvare dal parlamento anche la cosiddetta riforma del mercato del lavoro che, fra le sue norme sui licenziamenti per motivi economici, ha inserito anche il diritto per il datore di lavoro di effettuare licenziamenti che gli consentano di aumentare i propri profitti senza che alcun giudice possa imporgli il loro reintegro. Altro che articolo 4 della Costituzione. E per impedire che si possa consolidare una coscienza dei propri diritti costituzionalmente garantiti, le TV continuano a bombardarci con notizie tendenti a suscitare l'antipolitica che porterà alla distruzione della democrazia e alla instaurazione di un nuovo fascismo, come quello del 1920.

La mia prima esperienza sindacale risale agli inizi degli anni '70 del secolo scorso. Ero ancora studente. Allora capitava che gli studenti andassero fuori alle fabbriche ad aiutare i lavoratori in lotta. Uno slogan diceva: “Studenti e operai uniti nella lotta”. La fabbrica dove mi trovai quella mattina era una piccola fabbrichetta di confezioni in provincia di Napoli. Tutte donne e tutte raccontavano storie come quelle che prima ho riportato e che ho risentito anche nella scorsa settimana come se nulla fosse cambiato. Mentre facevamo il picchetto davanti alla fabbrica all'improvviso arriva il padrone a bordo di un macchinone. Fa finta di investirci, si ferma all'improvviso ed esce dall'auto come un pazzo con una grossa pistola in mano. Ce la punta contro e ci dice: “O ve ne andate subito o vi ammazzo tutti”.

Sono anni che viviamo tutti con una pistola puntata in faccia, con la Costituzione stracciata nella coscienza dei cittadini. Ed è ora di cambiare.

Giovanni Sarubbi

Note

[1] Michele del Gaudio, Vi racconto la Costituzione, Editori Riuniti 1995 pag. 21



Domenica 22 Aprile,2012 Ore: 16:39
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
elio cassano bari 24/4/2012 06.53
Titolo:Mi viene un dubbio
Ma ... non sarà che nelle scuole non la si insegna da decenni, forse da sempre, proprio allo scopo di non essere mai in grado di reclamare in suo nome??

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