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www.ildialogo.org Che sorgano tante "Piazza Samb Modou e Diop Mor",di La Redazione del sito www.ildialogo.org

No al razzismo
Che sorgano tante "Piazza Samb Modou e Diop Mor"

di La Redazione del sito www.ildialogo.org

 

A Firenze due nostri fratelli senegalesi ieri 13 dicembre 2011, sono stati barbaramente uccisi da chi ha coltivato nella sua vita l'odio razziale, la violenza e il delirio di onnipotenza del nazismo, che tanti lutti ha fatto e continua a fare nel mondo. Altri tre sono stati feriti.
Questi i nomi delle vittime: Samb Modou, 40 anni, Diop Mor, 54 anni. I feriti, tutti gravissimi, sono invece Sougou Mor (32 anni) colpito nel pomeriggio in piazza del Mercato centrale insieme al connazionale Mbenghe Cheike (42) e Moustapha Dieng (37). Stavano cercando di guadagnarsi onestamente da vivere.

Non ci sono parole sufficienti per dire il dolore che la loro morte ci provoca. Non ci sono parole sufficienti per condannare qualsiasi forma di razzismo.

I nomi di questi nostri fratelli rimarranno scolpiti nel cuore di quanti si impegnano quotidianamente per la pace, contro il razzismo, per il dialogo. Sorgeranno in tutta Italia, ne siamo convinti, tante Piazza Samb Modou e Diop Mor, per ricordare a tutti la necessità di un impegno continuo contro il razzismo.

La Redazione del sito www.ildialogo.org

Nella foto un fratello senegalese a Firenze piange per l'odio che ha visto con i propri occhi.



Mercoledì 14 Dicembre,2011 Ore: 18:03
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/12/2011 18.25
Titolo:Firenze, lutto dopo la furia razzista ...
Firenze, lutto dopo la furia razzista


Un militante di estrema destra
spara sui senegalesi nei mercati.
Due vittime, la città è sotto choc


FIRENZE
Firenze si ferma e piange Samb Modou e Diop Mor, i due senegalesi uccisi ieri dall’estremista di destra Gianluca Casseri nell’agguato di piazza Dalmazia. Bandiere a mezzasta, banchi del mercato di San Lorenzo chiusi e saracinesche abbassate nella città listata a lutto.

Il sindaco Matteo Renzi, che anche oggi ha parlato di «una tragedia incomprensibile» e di una città «non razzista, bensì scossa dal razzismo», ha annullato tutte le cerimonie istituzionali in attesa dell’arrivo, alle 17 a Palazzo Vecchio, del ministro della Cooperazione e dell’Integrazione Andrea Riccardi per l’incontro con la comunità senegalese.

Un minuto di silenzio è stato osservato a Palazzo Comunale come alla Camera, dove il presidente Gianfranco Fini ha parlato di «un barbaro omicidio di persone innocenti». Intanto da Roma il movimento di destra Casapound Italia prende le distanze dal «folle gesto» del suo iscritto: «Chi ha compiuto la strage ieri - ha detto il presidente di Casapound, Gianluca Iannone parlando di Casseri - è un individuo che ha frequentato sporadicamente le attività del nostro movimento. Una persona pacata che veniva da noi raramente e in solitudine. Quello che è successo è stata una doccia fredda per tutti noi».

Da Casapound parte anche una lettera per il sindaco Renzi con la richiesta di un incontro «privato o pubblico al fine di confrontarci con rispetto e, per quanto possibile, serenità». E una seconda missiva è indirizzata all’ambasciatore del Senegal a Roma per esprimere il cordoglio anche ai familiari delle vittime e a tutta la comunità senegalese in Italia.

Restano gravi intanto le condizioni dei tre senegalesi feriti: Moustapha Dieng, 34 anni, e Sougou Mor, 32, sono in terapia intensiva, mentre Mbenghe Cheike, 42 anni, colpito all’addome e operato nella notte all’ospedale di Santa Maria Nuova, ha superato l’intervento ed è in rianimazione. Per tutti la prognosi è riservata, anche se nessuno dei tre è in pericolo di morte.

Parole di solidarietà sono giunte dal cardinal Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, che da Twitter ha ammonito: «Quando uno straniero risiede nel nostro territorio, non deve essere nè molestato nè oppresso. Deve essere trattato come un nativo».

L’europarlamentare fiorentino del Pd, Leonardo Domenici, ha chiesto e ottenuto che l’Aula di Strasburgo in seduta plenaria esprimesse il proprio cordoglio e la dura condanna alla strage. L’assemblea ha ribadito l’impegno contro ogni forma di intolleranza e razzismo e per il rispetto della dignità di ogni essere umano. Nel frattempo da Dakar, il governo del Senegal si è detto «indignato» per il «brutale assassinio» e ha sottolineato di voler fare «piena luce» sulla vicenda al fine di assumere «le misure appropriate».

Secondo fonti sanitarie, i tre senegalesi feriti hanno passato una notte «tranquilla». Moustapha Dieng, 34 anni, e Sougou Mor, 32 anni, sono ricoverati in prognosi riservata all'ospedale di Careggi e si trovano in terapia intensiva. Le loro condizioni sono gravi ma, non sarebbero «in pericolo di vita».

Il primo però rischia la paralisi per un proiettile che ha raggiunto due vertebre dorsali. Mbenghe Cheike, 42 anni, colpito dal killer all'addome, è stato invece operato all'ospedale di Santa Maria Nuova: anche lui non è in pericolo di vita, anche se è ricoverato in rianimazione e la prognosi resta riservata.

Voci di solidarietà e di indignazione contro il razzismo arrivano anche dalla comunità di Twitter: «Mai più razzismo e violenza. L'ignoranza genera mostri. Un abbraccio alle famiglie di #sambmodou e #diopmor».

In un altro messaggio una citazione di Albert Einstein: «è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio».

In un altro commento «i senegalesi di miserabile avranno la vita che sono costretti a fare, i razzisti hanno di miserabile tutto il resto». Anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontifico consiglio per la Cultura, usa Twitter per rivolgere un pensiero ai due uomini uccisi, citando un brano della Bibbia: «Quando uno straniero risiede nel nostro territorio, non deve essere né molestato né oppresso. Deve essere trattato come il nativo».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/12/2011 18.30
Titolo:Firenze, lutto dopo la furia razzista ...
L'ARTICOLO RIPRESO NEL POST PRECEDENTE E' RIPRESO DA "LA STAMPA" DI OGGI, 14 DICEMBRE 2011:

LINK: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/434397/
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/12/2011 18.41
Titolo:L'OSSESSIONE DEL DIVERSO. L'escalation da Rosarno a Torino a Firenze ...
L’escalation da Rosarno a Torino
Il Paese dell’accoglienza dimenticata

di Enrico Fierro (il Fatto, 14.12.2011)

E adesso tutti a interrogarci sul perché della strage “americana” di Firenze. Americana, sì, gli ingredienti ci sono tutti: lo scrittore appassionato di esoterismo e con frequentazioni fasciste che in un “pomeriggio di un giorno da cani” impugna la sua 357 magnum e decide di vendicare sconfitte, frustrazioni, crisi personali e globali colpendo quella parte di umanità che odia. I “negri” che “infettano” la sua Firenze, quelli alti, con la pelle scura come la pece e gli occhi bianchissimi che girano la città trascinandosi sacchi di false cinture Armani e di borse Vuitton a poco prezzo, quelli che al semaforo ti sporcano il vetro con le loro scope zuppe di acqua fetente. Due morti, il caricatore quasi svuotato, e poi l’inseguimento e la fine in un garage. La canna della pistola premuta sulla gola, un colpo solo, sangue dappertutto. E noi ci chiediamo in quale terra affondano le radici dell’odio, in quale humus si nutrono e trovano le forze per espandersi.

Noi, gli italiani che per anni hanno sorriso alle scellerate performance di gente come Borghezio che andava a disinfettare i vagoni dei treni dove viaggiavano le ragazze ghanesi, noi che abbiano pensato che gente come lo sceriffo Gentilini fossero solo la patetica espressione di un razzismo buono per raccattare qualche voto.

Noi che non abbiamo capito che quelle manifestazioni di razzismo, di xenofobia e di chiusura nei nostri piccoli confini, erano il frutto di una formidabile macchina della paura. Costruita in modo scientifico, notizia dopo notizia, tg dopo tg, editoriale dopo editoriale.

Sempre il ladro di ville era slavo, lo stupratore romeno, lo spacciatore senegalese, la puttana nera o albanese. Su tutto ciò sono state costruite leggi sull’immigrazione tra le peggiori d’Europa che hanno aggravato le condizioni di vita dei migranti e resa sempre più difficile la loro integrazione. Con Umberto Bossi “Fora dai ball” è diventata linea di governo.

Il razzismo ha alimentato le scelte della politica e ne è stato a sua volta nutrito. E non è questione di Nord e Sud. Perché se pochi giorni fa la folla che devastava un campo rom a Torino urlava slogan in accento sabaudo, tre anni fa gli stessi slogan erano ritmati in napoletano.

A Torino hanno voluto dare una lezione ai rom per lo stupro inventato da una ragazzina incosciente e malcresciuta, a Napoli, al grido di “appicciamme ‘e zingari” devastarono un intero campo per un’altra notizia sbagliata, il tentato rapimento di una bambina. A Torino si sono accorti dopo che la ragazzina aveva inventato tutto per paura di genitori ossessivi. A Napoli si capì dopo il raid che il terreno dove sorgeva la baraccopoli faceva gola alla speculazione e alla camorra.

Sempre dopo, solo dopo, senza che nessuno chieda scusa e poi si interroghi e infine strappi per sempre le “radici dell’odio”. Si va avanti fino al prossimo episodio.

Cosa succede in questi giorni a Rosarno? Ricordate la rivolta violenta dei raccoglitori di clementine, e la risposta, altrettanto violenta, dei rosarnesi due anni fa? C’erano lavoratori stranieri trattati come schiavi che vivevano in condizioni disumane. Costretti a convivere e a farsi sfruttare da altri, dalla pelle bianca, italiani del Sud, con i loro mandarini che non valgono un centesimo sui mercati, le loro crisi. Ci furono scontri, sangue, la cacciata del negro dal paese, e tutti giurarono mai più e promisero interventi per migliorare le condizioni di vita dei braccianti di colore. Si è fatto meno di zero.

A Torino pochi giorni fa e prima a Napoli è gente di periferia quella che si è scagliata contro gli zingari, gente che ha perso il lavoro, pensionati che non ce la fanno a tirare avanti, uomini e donne che sanno che la crisi peggiorerà la loro vita. E allora lo zingaro, il negro, la puttana albanese, diventano il nemico sul quale sfogare la rabbia.

Eppure c’è chi ancora crede nel grande cuore di questo Paese, sono 900 rifugiati africani ospitati negli alberghi della periferia napoletana. Sono fuggiti da guerre, carestie e fame, non hanno assistenza sanitaria e legale e vivono con un ticket di 2,50 euro al giorno. Hanno scritto una lettera aperta: “Siamo spiacenti di affollare i semafori chiedendovi l’elemosina di qualche centesimo, vendendovi fazzoletti o pulendo i vetri delle vostre auto. Vi chiediamo di aiutarci a ritrovare i nostri diritti”.

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L’ossessione del diverso

di Michele Ciliberto (l’Unità, 14.12.2011)

Sta succedendo qualcosa di assai grave nel nostro Paese: prima a Torino, poi a Firenze si è aperta una caccia al “diverso”; nel primo caso, i Rom, nel secondo i senegalesi. Sembra di assistere a un brutto film americano degli anni ’50 e ’60; ma non è un film. Né serve, di fronte a tanta violenza, esprimere generiche condanne; si tratta di capire, con freddezza, quello che è avvenuto.

Questi eventi drammatici sono il punto di arrivo di una campagna continua, sistematica, quotidiana, e senza quartiere, contro il “diverso” e tutto ciò è lontano da noi, dalla nostra cultura e dalla nostra religione. Né c’è dubbio che nel far precipitare la situazione abbia giocato un ruolo importante la Lega che ha alimentato sentimenti di tipo etnico, sfociati talvolta in posizioni razziste.


Dire che tutta la responsabilità di questa situazione sia della Lega sarebbe però un errore; né consentirebbe di comprendere da quale profondità arrivino fenomeni di questo genere. Essi hanno attecchito in un terreno predisposto, specie in un momento di crisi radicale che, con sempre maggior durezza, spinge gli individui a rinchiudersi nel cerchio ristretto della difesa, con ogni mezzo, del proprio spazio vitale, dei propri interessi. Quello che abbiamo di fronte è dunque un fenomeno “materiale” assai più largo della Lega; ne è una prova il fatto che a Firenze, e in Toscana, il partito di Bossi è tutt’oggi una forza minoritaria, priva di responsabilità di governo.

Ma, paradossalmente, è proprio questo a rendere ancora più grave quello che è accaduto a Firenze, città di salde tradizioni civili, con un tessuto associazionistico assai forte, con comunità ecclesiali cattoliche e non cattoliche impegnate nella costruzione di iniziative e momenti di apertura nei confronti ,dei “diversi”, di tutti i “diversi”.


Se fenomeni di questo tipo avvengono in Toscana vuol dire che il processo di degradazione del nostro “vivere civile” sta toccando un limite assai inquietante. Ma per capirli occorre saper guardare all’insieme della nostra società, ai “sensi comuni” diffusi, alla crisi e al depotenziamento dei valori di solidarietà, al prevalere del “bellum omnium contra omnes”, alla perdita di peso e di importanza, negli ultimi decenni, del valore sociale fondamentale che è, e resta, il lavoro. E, soprattutto, bisogna alzare gli occhi all’ “intero”, se si vuole capire il livello della crisi italiana: la morte dell’operaio a Trieste, pagato 5 euro all’ora e il gesto del folle a Firenze si situano a diversi livelli, ovviamente nello stesso contesto.


C’è però qualcosa di più profondo che si è spezzato in questi anni, in Italia e in Europa, e ora viene alla luce: è venuto meno il principio della “mediazione”, mentre si sono imposti progressivamente atteggiamenti e posizioni che tendono a risolvere direttamente i problemi, spezzando i vincoli giuridici e politici. A Londra come a Torino e a Firenze si sono rotte le logiche della mediazione e si è passati a incendiare, ferire, bruciare con le propri mani, senza alcuna delega. Quello che si manifesta in questi episodi è dunque la crisi della funzione “mediatrice” dello Stato, della rappresentanza politica, a cominciare dal Parlamento. Insomma quello che abbiamo di fronte è, al fondo, una crisi di vaste proporzioni della nostra democrazia politica e sociale. Se questo è il problema, esso può essere affrontato solo ristabilendo i principi di una democrazia politica efficiente e ricostituendo le basi “materiali” del nostro “vivere civile”, ridando, anzitutto, al lavoro il ruolo e la funzione che deve avere in una società democratica.


Ma c’è qualcosa di specifico che si impone alla nostra attenzione, di fronte a eventi così cruenti: il problema del “diverso” non si può affrontare oggi con il “principio” nobilissimo della tolleranza; in una società come la nostra, e nell’epoca della globalizzazione occorre sviluppare politiche inclusive che mettano al centro il problema, ineludibile,della comune “cittadinanza” dei “nativi” e degli immigrati. Certo, quando il Presidente della Repubblica ha sostenuto che i figli degli immigrati nati in Italia vanno considerati italiani a tutti gli effetti, è stato criticato e perfino insultato; ma questa è la strada che si deve, e si può, seguire.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/12/2011 12.39
Titolo:Mor e Modou. Per me Mor e Modou non sono «i due senegalesi uccisi a Firenze», «g...
Nel segno dell’integrazione. Più coraggio e più chiarezza: per la cittadinanza a chi nasce qui e per il voto a chi qui vive

Mor e Modou, la mia famiglia

di Renata Ingrao (l’Unità, 15.12.2011)

L’omicidio di Mor Diopr e Modou Samb mi ha toccato profondamente, in un modo tutto speciale che vorrei provare a spiegare e a condividere con altri. Per me Mor e Modou non sono «i due senegalesi uccisi a Firenze», «gli emigranti di una comunità straniera»: Mor e Modou potrebbero essere padri, zii, fratelli maggiori degli amici con cui mia figlia si incontra alla Stazione Termini, va a ballare in discoteca, a passeggiare nel centro di Roma, a mangiare da McDonald.
Tra gli amici di mia figlia ci sono infatti anche ragazzi senegalesi, giovani che lavorano, e qualcuno proprio come Mor e Modou vende la merce nei mercati.

Mia figlia ha origini africane, con lei ho adottato un pezzetto d’Africa; la sua famiglia che sta in Costa d’Avorio e quella che sta in Italia sono diventate la mia famiglia. E familiari sono diventati i ragazzi della comunità africana di Roma, con i loro nomi senegalesi, congolesi, marocchini, nigeriani, eritrei... Frequentano la mia casa, capita pure che si fidanzino con mia figlia, popolano i suoi racconti, ognuno con le sue caratteristiche.


Per questo la morte di Mor e Modou non è per me il gesto di un folle e della sua malata ideologia razzista che colpisce ferocemente la comunità dei neri e dei migranti: insomma qualcosa di veramente brutto, da rigettare ma che alla fine non mi riguarda direttamente. Quella colpita a Firenze è anche la mia comunità. Il pazzo che nel suo delirio razzista spara all’impazzata e uccide gli ambulanti senegalesi sta colpendo anche me, i miei cari, gli amici, i parenti che costituiscono il mondo e gli affetti della mia famiglia.

Ho paura e voglio reagire, perché la follia che abbiamo visto all’opera si è in questi anni alimentata di un odio politico tutt’altro che folle che ha usato il conflitto sociale provocato dalle migrazioni come arma di successi elettorali, lo ha fomentato con il peggiore armamentario ideologico, con le più orrende parole d’ordine, rimbalzate dagli scranni parlamentari e dalle platee televisive. Dunque legittimate ai massimi livelli.

Sono convinta che l’integrazione, la mescolanza, la convivenza tra genti di origini diverse anche in Italia sarà l’approdo naturale dei processi inarrestabili di globalizzazione. Lo vedo già nel mio piccolo mondo quotidiano; a fidanzarsi con il giovane straniero non è solo mia figlia, con la sua pelle nera, ma anche le sue compagne «italiane doc». Il mondo dei bambini e poi dei ragazzi e poi dei giovani è per fortuna più avanti.

Mi spaventano però e molto i prezzi che lungo questo percorso bisognerà ancora pagare, i segni e le cicatrici che questo clima e questi eventi potranno lasciare non sulla pelle ma nell’anima, nell’identità delle generazioni presenti e future. E sento tutta la responsabilità di noi adulti perché stiamo facendo troppo poco. La sento su di me ma la attribuisco anche alle forze politiche, prima di tutto del centro sinistra, ai troppi tentennamenti che ci sono stati nel recente passato, alle troppe tentazioni di «civettare» con gli umori, i malumori, le paure, i maldipancia degli «italiani veri», soprattutto al Nord.

È un tema, quello del razzismo e dell’integrazione, che non consente di fare gli apprendisti stregoni, pena finire tutti quanti bruciati dal fuoco dell’intolleranza. E allora ci vorrebbe più coraggio e più chiarezza: per la cittadinanza ai nativi in Italia, per il voto, almeno alle amministrative, perché la scuola non torni ad essere (come sta drammaticamente succedendo) per pochi privilegiati, per abrogare l’odioso reato di clandestinità... E la lista delle buone azioni potrebbe continuare. Di battaglie da condurre ce ne sono davvero tante, ma tante sono anche le persone di buona volontà, che ne sono convinta sarebbero disponibili a fare la propria parte. Cominciamo a vederci sabato a Firenze per la manifestazione nazionale convocata dai senegalesi a cui spero che partecipino anche tantissimi italiani.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/12/2011 11.18
Titolo:Chi ha visto in tivù o in rete Pape Diaw, portavoce dei senegalesi ...
L'amaca

di Michele Serra

in “la Repubblica” del 16 dicembre 2011


Chi ha visto in tivù o in rete Pape Diaw, portavoce dei senegalesi di Firenze, chi lo ha sentito
parlare nel suo italiano evoluto e preciso, non può permettersi equivoco o distrazione o distorsione.

Siamo di fronte a una comunità del tutto partecipe della vita sociale del nostro Paese, dei nostri
diritti e dei nostri doveri. Chiunque alzi la mano contro queste persone accampando come pretesto
la loro incompatibilità con la nostra comunità nazionale mente, e mente prima di tutto a se stesso.

E
chiunque, negli ultimi anni, ha diffuso la fola stupida e malvagia dell´"invasione" straniera come
subdolo piano (di chi, poi?) per snaturare le nostre radici e la nostra identità, come hanno fatto
anche politici di governo, e giornali a larga diffusione, è il cattivo maestro che alimenta la paranoia
dei fanatici e arma la mano dei violenti.

Mentre Pape Diaw parlava, la mia "identità" di italiano non
solo non si sentiva in pericolo, ma percepiva, con orgoglio, come la mia vecchia lingua madre,
nobile e marginale, grazie all´immigrazione può riacquistare nuova vita e nuova centralità. Mi
chiedo quanti italiani razzisti siano capaci di onorare la nostra lingua come Pape Diaw.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/12/2011 12.58
Titolo:Ricordiamo di non dimenticare
Ricordiamo di non dimenticare

di Moni Ovadia (l'Unità, 17 dicembre 2011)

La sanguinosa strage compiuta con una magnum 357 dal neonazista Gianluca Casseri, ha causato la
morte di due venditori ambulanti senegalesi Samb Modou di quarant’anni e Diop Mor di
cinquantaquattro anni. I colpi sparati con l’unico intento di uccidere hanno anche ferito in modo
gravissimo Sougou Mor di 32 anni e Mbenghe Cheike di 42.

Questo crimine razzista fa seguito al Pogrom con tanto di rogo contro un campo rom a Torino
originato dalle bugie di una adolescente terrorizzata da genitori di mentalità arcaica.

Solo per un caso quel gesto feroce e d’intento omicida di cosiddetta gente per bene non ha fatto
bruciare vivi degli esseri umani colpevoli solo di essere quello che sono. Non dimentichiamolo
quando sentiamo o leggiamo i neonazisti vomitare il loro odio in piazza e sulla rete, i leghisti
ragliare i loro pregiudizi per raschiare qualche voto. Questo è il frutto pestilenziale delle loro parole.

Non dimentichiamolo quando vediamo politici furfanti inalberare sul loro cranio ipocrita la kippà
ebraica nel giorno della memoria e subito dopo discriminare i rom, invocare la cacciata dei
clandestini e riabilitare il fascismo in talk show revisionisti, poco storici e molto squallidi.

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