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www.ildialogo.org IL 4 NOVEMBRE 2016 A PALMI E’ AVVENUTO UN MIRACOLO?,di Raffaello Saffioti

I PICCOLI GRUPPI E I MIRACOLI
IL 4 NOVEMBRE 2016 A PALMI E’ AVVENUTO UN MIRACOLO?

DA MONTELEONE DI PUGLIA A PALMI IN CALABRIA


di Raffaello Saffioti

Cosa sono i miracoli? Chi li fa? Chi li riconosce?
“Il miracolo di Palmi” è il titolo dell’articolo del CENTRO GANDHI ONLUS, di Pisa, pubblicato da “il dialogo” del 6 novembre 2016. La manifestazione del 4 novembre che ha avuto luogo a Palmi davanti al Monumento ai Caduti è stata veramente un miracolo? Chi lo ha fatto? Chi lo riconosce?
L’UTOPIA DEI “PICCOLI GRUPPI”
E’ avvenuto che un piccolo gruppo si è riunito il pomeriggio del 4 novembre davanti le due statue di donne del Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale (una madre vestita a lutto e una giovane sposa che stringe al seno un figlioletto) per commemorare le vittime di tutte le guerre, rispondendo all’appello di Papa Francesco “La guerra è follia!”.
Il mattino dello stesso giorno si era svolta la manifestazione tradizionale, organizzata dall’Amministrazione Comunale, davanti le statue poste dal lato anteriore del Monumento, raffiguranti due soldati.
Il complesso monumentale inaugurato nel 1932 è uno dei tanti monumenti edificati in epoca fascista.
“Partendo dalla retorica del Milite ignoto e del ricordo dei morti della prima guerra mondiale, il regime fascista volle costruire ovunque, dalle grandi città ai piccoli borghi, un monumento ai caduti, intorno a cui costruì una sua ritualità e una forma di idolatria della patria, che favorì il clima culturale per l’avvio di un nuovo ciclo di guerre”.
Così scrisse Rocco Altieri, a nome del Centro Gandhi di Pisa, in un documento del 15 ottobre 2015 col quale proponeva che in occasione del 4 novembre venisse collocata alla base dei Monumenti ai Caduti una lapide con l’epigrafe dell’appello di Papa Francesco a Redipuglia. Il testo della proposta è riportato nell’articolo col titolo “Una lapide per il 4 novembre con l’iscrizione ‘La guerra è follia’” (in “il dialogo”, 15 ottobre 2015)[1].
Quei monumenti erano, quindi, espressione della cultura della guerra.
Caduto il Fascismo, “il ripudio della guerra”, secondo l’articolo 11 della Costituzione, ha bisogno di atti artistici e simbolici diversi da quelli del fascismo, che siano espressione della cultura della pace.
Ecco perché il 4 novembre servono manifestazioni nonviolente che si svolgano, come è avvenuto a Palmi, in orari e con modalità che le distinguano dalle ipocrite celebrazioni tradizionali.
La lettura dell’articolo “Il miracolo di Palmi” dalla parte del “piccolo gruppo” che ha organizzato la manifestazione ha fatto venire in mente quanto ha scritto ALDO CAPITINI sulla “forza preziosa dei piccoli gruppi”.
Capitini ha scritto:
“1. Il nostro animo e il nostro metodo non è contro le persone, ma contro certi fatti, certe strutture, certi modi di agire, che possono essere sostituiti da altri. Noi facciamo appello continuamente alla possibilità di miglioramento in futuro degli esseri, e perciò il nostro contrasto è con un certo modo di agire e non con tutta la persona. La garanzia che perciò possiamo dare a tutti non è tanto di difendere ad oltranza le loro cose, quanto di difendere i valori di tutti, qualche cosa che è reale o potenziale, oggi o domani, in tutti gli esseri (noi saremo sempre per la promozione in tutti della libertà, dello sviluppo, dell’uguaglianza, della nonviolenza ecc.);
2. per noi è molto importante il rapporto con le persone, […]; sempre siamo interessati alle persone e agli altri esseri, al tu, al dialogo, alle assemblee. Noi sappiamo che c’è sempre da praticare e perfezionare questo rapporto, ad ogni livello e occasione della nostra vita;
3. per noi i beni sono, più o meno esplicitamente, di tutti, aperti alla fruizione pubblica. Deve diventare assurdo che ci sia un escluso, un mancante, un misero, mantenendo diversi livelli sociali e una limitazione di possibilità per alcuni;
4. le frontiere vanno superate, e la parola ‘straniero’ è da considerare come appartenente al passato. Ogni comunità vive nell’orizzonte di tutti, e perciò non è troppo grande, ed è collegata con le altre federativamente. Ma se vi sono spostamenti di genti, esse non sono da sterminare, ma da accogliere, tenendo pronte strutture e provvedimenti che rendano possibile questa apertura.
Oggi i grandi Stati non escludono la guerra, anzi la minacciano anche, ed hanno forze enormi per la sua attuazione. Intanto sono carichi di tutti i difetti che abbiamo detto, di tutte le varie specie di violenza (oppressione e autoritarismo burocratico, manipolazione delle informazioni e impedimento alla libertà scolastica, disuguaglianza economica, spinta alla guerra ed educazione violenta, ecc.).
I piccoli gruppi hanno perciò, di contro a questi grandi Stati o Imperi, una forza preziosa, perché possono fondarsi su posizioni strenue, far emergere orientamenti chiari e ostinati, anche se saranno detti utopistici; ma l’utopia di oggi può essere la realtà di domani. Noi abbiamo previsto questo rilievo dei piccoli gruppi, perché da decenni parliamo dell’idea di ‘centro’ al posto di società chiusa, e l’idea di un’“ecclesia” che abbia la stessa ideologia ci sembra una vecchia idea, irrispettosa della diversità che può sorgerci vicina ed essere migliore di noi.
[…]
Il gruppo nonviolento:
  1. si sente impegnato, nella contrapposizione al sistema, al potere, al meglio nella condotta e in ogni agire in modo che cada più evidente la squalifica di merito sul potere;
  2. essendo convinto che la sacralità è fuori del potere, vede negli umili, sfruttati, oppressi, colpiti, proprio estranei al sistema del potere e della potenza, qualche cosa di infinitamente nobile, che rappresenta la vera realtà di tutti;
  3. e vede negli altri, quelli del potere e della potenza, un rapporto con la realtà di tutti anche se a loro non presente; quindi conduce le lotte della rivoluzione aperta nonviolenta sapendo che negli avversari c’è una possibilità, e perciò non li distrugge;
  4. distingue due fasi nel potere, e la prima è il potere senza governo, quel potere di tutti che in tanti modi può essere, attivamente e coordinatamente, rafforzato dai nonviolenti mediante l’incoraggiamento a prender posizione, a controllare, a collegarsi, a formare comunità, a sacrificarsi”.
(Aldo Capitini, Il potere di tutti, La Nuova Italia, 1969, pp. 445-448)
L’UTOPIA DA ALDO CAPITINI A DOMENICO ANTONIO CARDONE
Il realismo dell’utopia della pace richiama il pensiero di DOMENICO ANTONIO CARDONE, illustre figlio di Palmi, candidato al Premio Nobel per la Pace del 1963 e amico di Capitini.
Cardone scrisse:
Fuori da ogni ottimismo o pessimismo, l’utopia è la nostra vera realtà permanente”.
(dalla rivista “La Cultura”, X, 1972, pp. 463-466, Edizioni dell’Ateneo, Roma)
L’UTOPIA DI GINO STRADA
GINO STRADA, ricevendo il Premio Right Livelihood, alternativo al Nobel, disse:
“Sessanta anni dopo, ci troviamo ancora davanti al dilemma posto nel 1955 dai più importanti scienziati del mondo nel cosiddetto Manifesto di Russell-Einstein: «Metteremo fine al genere umano o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?». E’ possibile un mondo senza guerra per garantire un futuro al genere umano? Molti potrebbero eccepire che le guerre sono sempre esistite. E’ vero, ma ciò non dimostra che il ricorso alla guerra sia inevitabile, né possiamo presumere che un mondo senza guerra sia un traguardo impossibile da raggiungere. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro.
Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare. Come medico, potrei paragonare la guerra al cancro. Il cancro opprime l’umanità e miete molte vittime: significa forse che tutti gli sforzi compiuti dalla medicina sono inutili? Al contrario, è proprio il persistere di questa devastante malattia che ci spinge a moltiplicare gli sforzi per prevenirla e sconfiggerla.
Concepire un mondo senza guerra è il problema più stimolante al quale il genere umano debba far fronte. E’ anche il più urgente. Gli scienziati atomici, con il loro Orologio dell’apocalisse, stanno mettendo in guardia gli esseri umani:«L’orologio ora si trova ad appena tre minuti dalla mezzanotte perché i leader internazionali non stanno eseguendo il loro compito più importante: assicurare e preservare la salute e la vita della civiltà umana».
La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata. La violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente. L’abolizione della guerra è il primo e indispensabile passo in questa direzione.
Possiamo chiamarla ‘utopia’, visto che non è mai accaduto prima. Tuttavia, il termine utopia non indica qualcosa di assurdo, ma piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento. Molti anni fa anche l’abolizione della schiavitù sembrava ‘utopistica’. Nel XVII secolo, ‘possedere degli schiavi’ era ritenuto ‘normale’, fisiologico. Un movimento di massa, che negli anni, nei decenni e nei secoli ha raccolto il consenso di centinaia di migliaia di cittadini, ha cambiato la percezione della schiavitù: oggi l’idea di esseri umani incatenati e ridotti in schiavitù ci repelle. Quell’utopia è divenuta realtà.
Un mondo senza guerra è un’altra utopia che non possiamo attendere oltre a vedere trasformata in realtà. Dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile. Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l’idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell’umanità”.
PER CONCLUDERE
I primi seguaci di Gesù non furono un “piccolo gruppo”?
(Vangelo di Giovanni 1:35-51; Vangelo di Marco 1: 16-20)
Palmi, 7 novembre 2016
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi di Palmi
raffaello.saffioti@gmail.com

NOTE




Lunedì 07 Novembre,2016 Ore: 15:48
 
 
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Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 07/11/2016 17.17
Titolo:Un nuovo fervore 
Raffaello Saffioti, tra i più frequenti e letti editorialisti di questo giornale, ha trovato grazie al "Dialogo" un nuovo fervore intellettuale, una nuova fresca giovinezza, uguale o forse superiore a quella della sua collaborazione con Danilo Dolci in Calabria. In questi ultimi due anni il suo  è un susseguirsi di intuizioni di alto significato simbolico: dalla marcia per la pace di San Giovanni in Fiore sulle orme dell'abate Gioacchino, al battesimo a Monteleone di Puglia il 6 dicembre 2015 del Centro internazionale per la nonviolenza Mahatma Gandhi,  infine l'incontro di preghiera ecumenico di Palmi del 4 novembre 2016  per proclamare insieme a Papa Francesco: La Guerra è follia!  
Il valore di un'iniziativa non è dato dall'accendersi dei riflettori televisivi, ma dalla forza silenziosa e perseverante di testimoniare  la Verità !

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