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www.ildialogo.org Lo scontro culturale tra il Bene e il Male,di Rosario Amico Roxsas

Editoriale
Lo scontro culturale tra il Bene e il Male

Ma siamo sicuri di aver identificato tutto il Bene e tutto il Male e trovata la loro collocazione?


di Rosario Amico Roxsas

L’incontro fra nazioni è diventato, ancora una volta, scontro fra culture; è sempre stato così.

Periodicamente l’uomo cede alla tentazione di sopprimere una fetta dell’umanità. Appare superfluo ricordare tutte le volte che è accaduto, tutta la storia che ci viene tramandata è un continuo ripetersi di quella tentazione. E’ la negazione dell’umanità, la guerra come rito selettivo, come normativa assurda, che rivela quell’intimo e ferino desiderio di sopprimere una parte della stessa umanità alla quale apparteniamo.
Se questo è un uomo” di Primo Levi ha documentato con straziante realismo il cedimento a quella tentazione, che si concluse con lo sterminio degli ebrei europei, motivato dalla presunta difesa di una razza che si riteneva superiore, uno sterminio programmato da un popolo occidentale, proprio quello che riteneva la propria cultura superiore alle altre, e oggi, particolarmente, alla cultura orientale o arabo-musulmana.
Questa tentazione si fa sostenere dalla propaganda, che fagocita ogni episodio e lo reinterpreta a proprio uso e consumo.  Con la propaganda si cerca di reclutare il maggior numero di persone alla causa che si sostiene; lo scopo è quello di suscitare sentimenti estremi, come quello di identificarsi con il Bene che lotta contro il Male,  la vita contro la  morte, la cultura contro la barbarie.
In questo tipo di propaganda di se stessi si perde anche il senso della misura e si acquisisce anche un tono epico, oltreché apocalittico, al punto di suggerire l’impressione che chi dichiara di assimilarsi al Bene per lottare contro il Male, sia, in realtà, patologicamente compromesso a livello di equilibrio mentale.
Il senso del collettivismo planetario annega nella logica di supremazia che un microgruppo vuole affermare su un altro, per dilatarsi, poi, in uno scontro fra macrogruppi.
Lo sviluppo dell’antropologia culturale ha compiuto uno sforzo controcorrente, perché ha cercato di dimostrare che tutti coloro che non fanno parte del nostro microgruppo sono pur sempre portatori di una civiltà, sono in grado di costituire una società vera e propria; sarebbe il relativismo che con il Sommo Pontefice Ratzinger venne combattuto strenuamente alla luce di presunte radici cristiane dell’Europa che avrebbero elevato il mondo occidentale al di sopra di tutti gli altri macrogruppi
Anche l’incontro degli antropologi con tribù primitive è stato interpretato come un incontro con altri uomini, con altre culture, non peggiori e non migliori di noi, semplicemente “altro”. Si tratta di relativismo antropologico, che non è metodologia di studio, ma serve a ribadire che nessuno può affermare la superiorità di una cultura su un’altra.
Confondere la cultura con la tecnologia, l’evoluzione culturale con lo sviluppo della tecnica, vuol dire, semplicemente, negare la supremazia della tecnica rispetto alla  centralità dell’uomo e di tutti gli uomini. Indistintamente.
Una cultura, un gruppo non è l’umanità; le nazioni, le alleanze, le sudditanze politico-economiche formano un megagruppo con un’analoga cultura, ma anche i microgruppi hanno la loro cultura, ricordiamo Pasolini con la “cultura di quartiere”, ricordiamo Olivetti e Ottieri con la “cultura d’azienda”.
La differenza tra micro e macrogruppo, quello che pretende di fare la storia del mondo, sta nel fatto che il secondo è condizionato da due spinte:
  • la volontà di egemonizzare il mondo, senza essere contaminato da nessun altro gruppo
  • l’angoscia, che arriva alla paranoia, di essere distrutto da un altro macrogruppo.
Ogni macrogruppo ha bisogno della sua cultura, come elemento di coesione e di rafforzamento, perché, nel caso di una guerra (le guerre sono la costante del macrogruppo dominante), la comunità culturale viene esaltata fino alla sacralizzazione. Si fa riferimento ad una religione contro un’altra, ad una visione del mondo contro un’altra, ad un’impostazione dell’economia contro un’altra, ad una visione globale dell’esistenza contro un’altra. E’ quanto oggi stiamo registrando dal vivo: le guerre come guerre di culture, anche se necessita sublimarle in nome della civiltà. La cultura diventa una maschera pretestuosa incapace di meditare sul mito della Torre di Babele, quando la pluralità delle lingue rappresentò la molteplicità delle culture, che avrebbero reso vana la scalata verso il cielo, nell’illusoria volontà di imporre il dominio universale.
Le lingue, come le culture, non sono un’invenzione degli uomini, fissate una volta per sempre; lingue e culture sono il frutto di un evolversi nel tempo e di innesti che attecchiscono sul corpo principale; la cultura siciliana ne è un chiaro esempio, frutto dell’innesto di tutte le culture mediterranee..
Oggi possiamo affermare che l’Occidente vive la sua “cultura del petrolio”, che è ben diversa dal confronto diretto tra Occidente e Oriente, che si vuol far passare per confronto/scontro di due diverse forze spirituali. Viviamo, nell’opulento Occidente, una qualità della vita superiore alle nostre possibilità, ma non possiamo più tornare indietro, la “civiltà del petrolio” ci fa assistere ad uno scontro tra culture, che facilmente potrebbe essere ristretto allo scontro tra singoli belligeranti, due persone, due famiglie, due macrogruppi che vivono e si combattono per accaparrarsi quella materia prima che condiziona la nostra vita.
Altro che scontro tra il Bene e il Male, in tale apocalittico scontro Bene e Male si confondono, perché il gruppo che vorrebbe rappresentare il Bene deve adeguarsi ai mezzi usati dal gruppo che rappresenta Male, per non soccombere, e, quando uno dei due vince, non si riesce a capire se ha vinto il Bene o ha vinto il Male, perché entrambi sono diventati rappresentazione del Male, così “ha ragione” il vincitore, chiunque sia dei due.
Il mito della Torre di Babele trionfa, nessuno ha voluto esercitare la parola per dirimere le controversie; ognuno parla solamente il proprio linguaggio, per non capire e non farsi capire dall’altro, non comprendendo, entrambe le parti, che la guerra ha come suo fine ultimo quello di distruggere le culture, per rinnovarsi, anche tornando indietro nel tempo.
L’accelerazione della storia ha trasformato lo scontro tra microgruppi in scontro tra macrogruppi e, quindi, in scontro di due culture, che la guerra annienterà, entrambe.
E’ questo il senso dell’Apocalisse che giorno dopo giorno stiamo preparando, ciechi e sordi anche di fronte alla evidenza delle stragi, che lavano il sangue con fiumi di altro sangue.
Rosario Amico Roxas



Domenica 01 Marzo,2015 Ore: 09:19
 
 
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