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www.ildialogo.org IL SUD STA SPROFONDANDO,di Nino Lanzetta

Editoriale
IL SUD STA SPROFONDANDO

di Nino Lanzetta

SI ASSISTE AD UNA PROGRESSIVA EMARGINAZIONE DEL CONTESTO ECONOMICO-SOCIALE SENZA CHE SI APPRONTINO RIMEDI EFFICACI E SENZA INDIGNAZIONE SOCIALE SUBENDO PASSIVAMENTE LA MALAPOLITICA.
Il referto del rapporto Svimez 2014 sulla salute del Sud fotografa la salute di un ammalato terminale. Non ci sono più cure perché non ci sono più soldi e l’unica cosa che può fare l’ammalato, cioè aiutarsi da sé, non viene neanche presa in considerazione perché si preferisce imprecare sempre e comunque contro lo Stato Padrone e la cattiva sorte. E fin quando non si comincia a capire che il Sud o si tira fuori dai guai da solo o si continua a profondare, non ci si salva l’animo dando la colpa agli altri come, purtroppo, continuano a fare i “meridionalisti” di professione (politici, esperti ed economisti) che si presentano come paladini degli interessi dei meridionali.
Cosa dice il rapporto Svimez 2014 se non le stesse cose che diceva l’anno prima e l’altro ancora se non aggiornare in peggio i dati statistici? Riassumiamo per sommi capi. Nel periodo di crisi (2008-2013) l’economia meridionale è calata di circa il doppio rispetto al resto del Paese ( -13,3% rispetto al -7% del Centro Nord). Quali le cause?
Una tendenziale desertificazione industriale connessa all’incapacità di generare reddito e posti di lavoro ed un “allontanamento dalle traiettorie di sviluppo europee” con il rischio di avvitamento in una ulteriore spirale perversa di calo della domanda e di progressiva disoccupazione.
Una contrazione dei consumi e un crollo della spesa per investimenti; una emigrazione crescente, specie dei giovani diplomati e laureati, connessa ad un calo della natalità. Per il primo anno il numero dei morti supera quello dei nati. Con la conseguenza di un depauperamento del capitale fisico ed umano e una progressiva riduzione delle risorse umane utili per un eventuale sviluppo.
La distanza con il Nord ha ripreso ad allungarsi. Nel 2013 è tornata ai livelli del 2003. Al Sud si conferma più forte il taglio dei consumi. L’occupazione è diminuita (tra il 2008 e il 2013 è calata del 9% al Sud rispetto al 2,4% del Nord). Al Sud si sono perduti 583.000 posti di lavoro sui complessivi 985.000 dell’intero Paese. Il calo dei consumi è stato del 12,7% rispetto al 5,7% del resto del Paese. Si sono ridotti non solo i consumi voluttuari ma anche quelli alimentari.
Gli investimenti al sud sono crollati causando una diminuzione della produttività: si sono avuti cali nelle costruzioni, nell’agricoltura e nei servizi. La crisi non ha risparmiato alcun settore dell’economia meridionale e mentre nelle regioni del Centro Nord appare qualche segnale di attenuazione, resta intensa in quelle del Sud. Nel manifatturiero la crisi è molto più evidente al Sud: il -27% contro il -16% del Centro Nord.
Il ridimensionamento della base industriale del Mezzogiorno è scesa dal 13,7% del 2007 all’11,8% del 2013 (valore distante dal 20,7% del centro Nord e dallo stesso obbiettivo minimo del 20% fissato dall’Europa)
Anche sul fronte del Volontariato e del NO PROFIT le distanze tra il Sud ed il Centro Nord del Paese si allargano. Nel Sud il Welfare privato sociale no profit non compensa le carenze della Pubblica Amministrazione che continua a diminuire i servizi soprattutto nella Sanità. I volontari al Sud sono 900.000 contro i 3.800.000 del centro Nord, gli addetti ai NO PROFIT 126.000 contro i 555.000 del Centro Nord. Altro dato negativo è l’invecchiamento della popolazione connesso alle minori nascite e all’emigrazione giovanile.
Altra nota dolente, che segna il tracollo economico e sociale del Sud, è il mercato del lavoro: “Alla fine di una crisi che sarà durata otto anni, il profilo economico e sociale del Sud sarà travolto.” La caduta dell’occupazione del 9% è destinata, purtroppo, ad aumentare perché il Sud resta fuori dalla geografia del lavoro con l’esclusione soprattutto delle donne e dei giovani. Nel 2013 gli occupati al Sud hanno raggiunto il livello più basso: sono ritornati a quelli del 1977, (5.800.000, sotto la soglia ritenuta minima dei 6 milioni). Inutile dire che cresce la povertà ed aumentano le famiglie dei poveri. Crescono le disuguaglianze. Infine la criminalità organizzata (mafia, camorra e ‘ndrangheta) cresce e appare l’unico settore che non conosca crisi!
Fin qui il rapporto Svimez. Che dire? I soliti meridionalisti hanno riproposto – stracciandosi le vesti – gli ormai abusati teoremi. Da un lato l’impoverimento progressivo del Sud sarebbe il frutto della congiura dei “nordisti” e della politica dei Governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni: Il Nord non vuole più contribuire, con il pagamento delle tasse, ad alimentare finanziamenti pubblici a beneficio dei meridionali; dall’altro il governo non destina congrue somme al Sud ma li riserva in grandissima parte al Nord, come fa, da ultimo, il decreto sblocca Italia. C’è addirittura chi auspica la formazione di un partito del Sud, sulla falsariga, anzi alleato, alla Lega Nord. Nessuno ha voglia ammettere che se il Sud è arrivato in queste condizioni la massima responsabilità (se non tutta!) è da attribuirsi alla sua classe politica che negli ultimi cinquant’anni ha sprecato immense risorse, nazionali ed europee, in una dissennata e sciagurata politica clientelare e, sotto certi aspetti, persino affaristica e truffaldina, legata alla criminalità organizzata che, nel regime degli appalti e della distruzione del territorio, ci ha sguazzato alla grande. L’esempio dei rifiuti (e non solo in Campania!) è eloquente, come altrettanto eloquente e il sinonimo politica affarismo che si respira alla Regione Campania e la quasi totalità dei consiglieri regionali sotto inchiesta, alcuni sotto processo, qualcuno arrestato, per una serie di reati legati all’esercizio del potere. Infine quasi una intera classe dirigente (che continua ad essere di nomina o di influenza politica) si è appiattita sulle posizioni dei politici ricavandone una lucrosa rendita economica e di potere.
Nei meridionalisti di professione non possiamo passare sotto silenzio i nostalgici delle teorie neoborboniche che sostengono che i mali del Mezzogiorno sono la diretta conseguenza dell’unificazione d’Italia con “l’occupazione sabauda” e della distrazione – che cominciò allora – delle ricchezze del sud e dei suoi risparmi a favore dell’industrializzazione del Nord. Il compianto prof. Carlo M. Cipolla, uno dei più illustri esperti di storia economica dell’Italia, nel suo volume “Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo ad oggi” ristampato per gli Oscar Saggi Mondadori nel 2014 sostiene che le cose stanno, invece, molto diversamente.
Il dualismo economico non era una conseguenza dell’unificazione politica, che eliminando ogni barriera protettiva dell’industria meridionale ne avrebbe provocato lo smantellamento. Per andare alle radici di questo fenomeno bisogna risalire molto più indietro nel tempo, agli albori del nostro millennio, quando l’Europa occidentale sperimentò una rigogliosa fase di sviluppo. La popolazione aumentò, la produzione agricola crebbe, le strutture feudali regredirono, le città diventarono i centri propulsori di una ricca produzione manifatturiera, i commerci allargarono il loro raggio d’azione. L’Italia centrosettentrionale si inserì prontamente in questo ciclo mente il Mezzogiorno ne rimase escluso. Gli storici non hanno ancora spiegato, in maniera convincente, la ragione per la quale due aree contigue imboccarono strade tanto diverse. Sta però di fatto che, al momento dell’unità, il dualismo tra Nord e Sud costituiva da tempo una realtà incontrovertibile.” ( pag. 142).
Le cose sono rimaste suppergiù così, fino alla seconda guerra mondiale. “Il problema si è nuovamente imposto all’attenzione nel secondo dopoguerra quando, sulla spinta di una politica meridionalistica che ha privilegiato la redistribuzione territoriale del reddito, un flusso enorme di risorse ha preso la via del sud riducendo le distanze almeno per quanto riguarda il reddito pro capite disponibile.” ( pag.143). Il cerchio positivo è durato poco: il primo quarantennio postbellico coincidente con la prima attività della cassa per il Mezzogiorno. Poi è prevalsa la politica dell’utilizzazione del potere rivolta al fine dell’acquisizione del consenso e del clientelismo più sfrenato. Se si aggiunge il boom della criminalità organizzata (Mafia, Camorra e ‘ndrangheta) e l’appassimento del capitale sociale (senso civico per semplificare), l’illegalismo diffuso, uno sviluppato senso dell’arrangiarsi, un approccio alla politica più per interessi personali o di sopravvivenza che per spirito di servizio, una società civile meno vigile e una dirigenza appiattita sugli interessi politici coincidenti con i propri, il gioco è fatto.
Quale conclusione?
Se non si spazza via la gran parte di questa indecente classe politica (trasversale a tutti i partiti) e la maggior parte della classe dirigente, non c’è possibilità di cambiare il corso della storia e il sud aumenterà il distacco dal resto d’Italia e un nuovo feudalesimo caratterizzerà la società meridionale. Non basta l’installazione di qualche fabbrica o l’arrivo di risorse aggiuntive (che lo Stato centrale non ha) per far decollare l’economia! Non va taciuto che finora enormi risorse sono state saccheggiate senza alcuna utilità e non siamo più neanche in grado di spendere i fondi europei che, per la nostra incapacità, vengono, poi, utilizzati da altri! E’ di qualche giorno fa la notizia che la Campania, insieme con la Calabria e la Sicilia, non ha ancora presentato il programma di spesa per il prossimo triennio ed è il fanalino di coda per la “qualità dell’azione istituzionale delle amministrazioni pubbliche”. Eppure il signor Caldoro, governatore della Campania, si scopre ambientalista e proclama, forse in piedi su una delle centinaia di migliaia di balle di “munnezza” che deturpano il territorio campana (uno dei più belli del mondo! che si potrà fare a meno dei termovalorizzatori (che da venti anni non si costruiscono e che impiegherebbero vent’anni per smaltire l’arretrato!) se si accrescerà la raccolta differenziata! Annuncia di voler ridurre i ticket sanitari pur sapendo che la legge di stabilità ha fissato un taglio alla Regione di centinaia di milioni di euro, che non potranno non ricadere sulla Sanità con una ulteriore peggioramento di quei servizi che sono già considerati tra i peggiori d’Italia. Se la Regione dà questi esempi, i comuni non sono da meno. Il sindaco di Avellino, ing. Foti, ha ritirato le dimissioni che aveva presentato con la motivazione che il consiglio comunale gli era ostile, e si appresta a varare una nuova Giunta. Infatti il gruppo del PD, che si era preso a pesci in faccia fin dal secondo giorno dopo l’insediamento del Consiglio comunale, ha ritrovato miracolosamente l’unità. Se il Sindaco avesse insistito nelle dimissioni sarebbero andati tutti a casa e addio… poltrone e sogni di gloria) Così, invece, fra qualche mese, la lotta potrà ricominciare senza rinunciare ai privilegi e alle rendite politiche! Con questa classe politica si potrà mai parlare di sviluppo del Sud o incolpare gli altri per il mancato decollo?
Eppure il Sud e la Campania in particolare ha immense risorse e possibilità di sviluppo. Basterebbe pensare al solo Turismo che, se fruttato con sapienza, darebbe da vivere a tutta la popolazione! Si può concludere con le parole del Cipolla: “Sviluppare il mezzogiorno vuol dire attuare un nuovo processo storico di segno contrario rispetto a quello che è prevalso per secoli. Quindi occorre aver pazienza, procedere gradualmente e lungo linee che richiamino le forze latenti nel corso precedente: così come prima di lanciare avventurosi processi di industrializzazione ne va attuato uno di modernizzazione dell’agricoltura e di commercializzazione dei prodotti agricoli, combattendo le interferenze che la malavita organizzata ha su questo commercio, le quali ne aumentano enormemente i costi. Infine va perseguita una politica della scuola che abbia come obbiettivo l’avvio del nuovo plurisecolare processo di sviluppo.” Ci sarebbero anche altri obbiettivi da perseguire ma se non si caccia questa classe politica che è rimasta quella che Dorso qualificava “miserabile”, non si va da nessuna parte.
NINO LANZETTA



Sabato 01 Novembre,2014 Ore: 20:34
 
 
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