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www.ildialogo.org IL POPOLO DI DIO E LA DIGNITA’ DELL’UOMO,di <i>Raffaello Saffioti</i>

Editoriale
IL POPOLO DI DIO E LA DIGNITA’ DELL’UOMO

  LA COSCIENZA EVANGELICA DICE NO ALLA GERARCHIA ECCLESIASTICA


di Raffaello Saffioti

Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano
e i loro grandi esercitano su di esse il potere.
Fra voi però non è così;
ma chi vuol essere grande tra voi
si farà vostro servitore,
e chi vuol essere il primo tra voi
sarà servo di tutti.
Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Marco 10, 42-45; Matteo 20, 25-28; Luca 22, 25-27

Non fatevi chiamare ‘rabbi’, perché uno solo è il vostro maestro
e voi siete tutti fratelli.
E non chiamate nessuno ‘padre’ sulla terra,
perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
E non fatevi chiamare ‘maestri’,
perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia il vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato
e chi si abbassa sarà innalzato”.
Matteo 23, 8-12

Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro
si gettò ai suoi piedi per adorarlo.
Ma Pietro lo rialzò, dicendo:
Alzati: anch’io sono un uomo!”.
Atti 10, 25-26

Non c’è più giudeo né greco;
non c’è più schiavo né libero;
non c’è più uomo né donna,
poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
Galati 3, 28

PREMESSA

E’ ormai imminente l’elezione del prossimo Papa e la domanda più importante sembra: “Chi sarà?”.

Invece dovrebbe essere: “Il ruolo del Papa e la costituzione gerarchica della Chiesa sono conformi al Vangelo?”.

Il ritorno alle fonti è necessario per scoprire o riscoprire il senso evangelico dell’autorità.

Il problema della riforma della Chiesa-istituzione diviene sempre più urgente, proprio nell’anno proclamato “Anno della fede”, coincidente con il cinquantesimo anniversario dell’enciclica giovannea Pacem in terris e con il XVII Centenario dell’Editto di Milano.

Il progetto fondamentale di Gesù: liberazione e libertà”

“Fraternità, libera comunicazione con tutti, nuova solidarietà tra gli uomini, con i più piccoli, gli ultimi della terra, con i peccatori e perfino con i nemici, bontà, rinuncia al giudizio degli altri, amore indiscriminato, perdono senza limiti sono i grandi ideali proposti da Gesù. Egli non introduce né sacralizza privilegi che generano caste e divisioni tra gli uomini.

… E’ strano constatare come proprio ciò che Cristo non volle, ha trionfato nella chiesa istituzionale. Dalla volontà di potere sono sgorgate gerarchie di maestri, dottori, padri, padri dei padri e servi dei servi” (Leonardo Boff, Chiesa: carisma e potere, Borla, 1984, pp. 105, 107).

E’ netta la contraddizione del principio di gerarchia con il principio di eguaglianza.

La gerarchia non può essere “sacra” ed è chiaramente antievangelica.

I tre principi affermati dalla rivoluzione francese del 1789, “libertà, eguaglianza, fraternità”, sono fondamentali principi evangelici prima di essere principi laici del mondo moderno.

  1. LA CHIESA DEL CONCILIO VATICANO II E IL MONDO MODERNO

La costituzione pastorale Gaudium et spes è il documento conciliare che segna l’apertura della Chiesa cattolica al mondo moderno. E’ stata questa apertura l’aspetto più innovativo del Vaticano II. Di essa fa parte il riconoscimento esplicito del valore della dignità dell’uomo e dei fondamentali diritti umani.

Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque.

(Gaudium et spes, 41)

L’apertura al mondo moderno segnava il passaggio “dall’anatema al dialogo”.

“La Chiesa si apriva a molti valori della rivoluzione francese, del liberalismo, del modernismo” (Giulio Girardi).

Con la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” dell’ONU, del 1948, ormai i diritti umani sono diventati parte del senso comune internazionale. La Dichiarazione fu il frutto di lotte secolari contro l’assolutismo dei re, condotte senza o contro la Chiesa.

“Non si è trattato solo di ritardi nell’affermare i diritti umani, ma di complicità nel violarli. In particolare attraverso alleanze con quelle monarchie assolute, con quei regimi dittatoriali, con quelle potenze coloniali, contro i quali appunto i diritti umani furono conquistati” (Giulio Girardi, “La Chiesa e i diritti umani”, in I diritti umani nella Chiesa cattolica, a cura di Franco Barbero, Claudiana, Torino, 1981, p. 61).

Ma il rinnovamento conciliare non è riuscito ad annullare il ritardo storico della Chiesa.

E’ stato il defunto cardinale Martini a comprenderlo chiaramente ed autorevolmente.

Nell’ultima intervista, pubblicata dal “Corriere della Sera”, alla domanda “Come vede lei la situazione della Chiesa?”, rispose:

“La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi?”

E alla domanda “Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa?”, rispose:

“Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi.

… Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (…) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (…). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all’interiorità dell’uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita”.

Alla fine dell’intervista Martini ha detto:

“La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio”.

(“Corriere della Sera”, del 1 settembre 2012)

Il diritto alla libertà di coscienza è uno dei fondamentali diritti umani (articolo 18 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 1948).

La portata innovatrice del Concilio rispetto alla dottrina tradizionale della Chiesa risalta se si ricordano alcuni documenti del passato come, per esempio, l’enciclica Quanta cura di Pio IX del 1864, “sugli errori del tempo”, e l’enciclica Mirari vos di Gregorio XVI, del 1832, che condannava la libertà di coscienza, di stampa e di pensiero, oltre che la tesi della necessità di un rinnovamento della Chiesa.

… chiaro apparisce quanto assurda cosa ed alla stessa Chiesa al sommo oltraggiosa sia il proporsi una certa restaurazione e rigenerazione, come necessaria per provvedere alla sua salvezza ed ai suoi avanzamenti, quasi che reputare essa si potesse a difetto, o ad oscuramento, o ad altri inconvenienti di simile genere …

E da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quella assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che debbasi ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo a cui appiana il sentiero quella piena e smodata libertà d’opinare che va sempre aumentandosi a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza alcun comodo alla Religione. Ma qual può darsi morte peggiore dell’anima che la libertà dell’errore? esclama Sant’Agostino. Tolto infatti ogni freno che contenga nelle vie della verità gli uomini già volgentisi al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il pozzo dell’abisso dal qual vide San Giovanni salire tal fumo, che oscurato ne rimase il sole, uscire locuste innumerabili a disertare la terra. Indi infatti deriva sempre il cangiamento degli spiriti, indi la depravazione della gioventù, indi il disprezzo nel popolo delle cose sacre e delle leggi più sante, indi in una parola la peste della società più d’ogni altra esiziale, mentre l’esperienza di tutti i secoli fin dalla più remota antichità luminosamente dimostra, che città per opulenza, per dominazione, per gloria le più fiorenti, per questo solo disordine, cioè per una eccessiva libertà di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la smania di novità, andavano infelicemente in rovina.

(Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, dall’Oglio editore, Milano, 1959, pp. 190, 192)

La parola del Vangelo è stata seme e lievito della coscienza dell’umanità.

La legge fondamentale della Chiesa è il Vangelo, non il Codice di diritto canonico.

E la legge divina è superiore alle leggi umane.

Ma il corso della storia ha segnato un progresso, “un irreversibile avvicinarsi alla legge di Dio”, dice don Milani nella “Lettera ai giudici”.

I fedeli non sono sudditi. E possiamo dire che “l’obbedienza non è più una virtù”, neppure nella Chiesa.

  1. LA DIGNITA’ UMANA: DALL’ENCICLICA PACEM IN TERRIS AL CONCILIO VATICANO II

La Chiesa nel mondo contemporaneo e il valore della dignità umana

Per aprirsi al mondo, assumendo un atteggiamento pastorale, la Chiesa del Concilio ha riconosciuto il valore della dignità umana.

“La dignità della persona umana” è il titolo del Capitolo I della costituzione Gaudium et spes).

La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell’uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione …

(Gaudium et spes, 21)

E nel secondo Capitolo della stessa Costituzione si legge:

Contemporaneamente cresce la coscienza della esimia dignità della persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili.

… Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell’uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità.

(Gaudium et spes, 26)

Dignitatis humanae” è il titolo della Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa che ha questo incipit:

Nell’età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive.

Nella stessa Dichiarazione si legge:

Il fermento evangelico ha pure diuturnamente operato nell’animo degli esseri umani e molto ha contribuito perché gli uomini lungo i tempi riconoscessero più largamente e meglio la dignità della propria persona e maturasse la persuasione che la persona nella società deve essere immune da ogni umana coercizione in materia religiosa. (Dignitatis humanae, 12)

Il tema della dignità umana era stato tra i temi qualificanti dell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris, del 1963. E’ questa enciclica che ha dato il fondamento alla Dichiarazione del Concilio sulla libertà religiosa.

Non c’è alcun contrasto tra la pace e la dignità e la libertà. Anzi la pace è la realizzazione della dignità, è una dimensione della libertà.

Non c’è un’altra parola che ricorra più frequentemente nell’enciclica che questa: la parola dignità. Si potrebbe quasi dire che questa non sia un’enciclica sulla pace, ma un’enciclica sulla dignità, e che intanto è un’enciclica sulla pace, in quanto è un’enciclica sulla dignità.

Perché è un’enciclica sulla dignità?

Senza dignità non c’è convivenza. Convivenza e dignità sono le due grandi parole della Pacem in terris. Questa è dunque la ragione per cui papa Giovanni insiste sulla dignità. Essa ricorre nell’enciclica almeno 38 volte, se le ho contate bene (ma senza computer!). Non altrettante volte si parla della verità, della giustizia, della libertà e nemmeno della pace.

La dignità è la chiave di tutto. Si parla della dignità della persona umana, di dignità del tenore di vita che deve essere assicurata a tutti, dignità dei lavoratori, dignità delle donne, dignità dei cittadini, dignità dell’autorità politica, dignità dei popoli; è un’esigenza della loro dignità che gli esseri umani prendano parte attiva alla vita pubblica, è in forza di questa dignità che hanno il diritto di svolgere responsabilmente le attività economiche, è per dignità che gli esseri umani non possono essere obbligati interiormente da altri esseri umani (non a caso la dichiarazione del Concilio sulla libertà religiosa sarà intitolata Dignitatis humanae); è per dignità che essi non possono sottomettersi a un’autorità che li obblighi solo mediante minacce e castighi, è per dignità che devono rifiutare di obbedire ad ordini ingiusti …”.

(Raniero La Valle, Pacem in terris. L’enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1987, pp. 35-37)

  1. IL VANGELO LA CHIESA E I DIRITTI UMANI

Una questione di credibilità e di autenticità.

Prima della fine del Concilio, il 4 ottobre del 1965, Paolo VI faceva visita all’ONU, pronunciando un discorso storico che voleva essere “una ratifica morale e solenne di questa altissima Istituzione”, e in quel discorso non poteva mancare il tema dei diritti umani.

E’, inoltre, da considerare significativo il Messaggio dello stesso Pontefice per la celebrazione della II Giornata della pace, del 1° gennaio 1969, col titolo “La promozione dei diritti dell’uomo, cammino verso la pace”.

Due sinodi internazionali dei vescovi, del 1971 e del 1974, segnarono un altro intervento sul tema dei diritti umani.

“Nel sinodo del 1974 sulla evangelizzazione i vescovi affermarono la ‘loro determinazione di promuovere ovunque i diritti umani e la riconciliazione, nella chiesa e nel mondo contemporaneo’. Essi affermarono che la chiesa ‘[…] crede fermamente che la promozione dei diritti umani è un’esigenza del vangelo, e come tale deve occupare una posizione centrale nel suo ministero’.

‘Per esperienza propria la chiesa sa che il suo ministero a favore dei diritti umani nel mondo richiede un continuo esame ed una continua purificazione della sua vita, delle sue leggi, istituzioni e condotta […]. Nella chiesa come in altre istituzioni e gruppi, la purificazione è necessaria nelle pratiche e nelle procedure interne, e nei rapporti con le strutture ed i sistemi sociali le cui violazioni dei diritti umani meritano biasimo’.

Il principio è stato puntualizzato e reso più esplicito dalla Pontificia Commissione sulla Giustizia e la Pace in un valido documento La Chiesa e i diritti umani (pubblicato il 10 dicembre 1974): ‘Perché la sua missione evangelica sia efficace, la chiesa deve prima e soprattutto stimolare nel mondo il riconoscimento, l’osservanza, la protezione e la promozione dei diritti della persona umana, cominciando con un attento esame di se stessa, una severa considerazione sul modo e la misura in cui i diritti fondamentali vengono osservati ed applicati all’interno della sua stessa organizzazione’”.

(James A. Coriden, “I diritti umani nella chiesa: una questione di credibilità e di autenticità”, nella rivista internazionale di teologia “Concilium”, Queriniana, n. 4, 1979, pp. 113-114)

IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI UMANI E’ COMPATIBILE CON LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA?

LA COSTITUZIONE GERARCHICA E’ COERENTE COL VANGELO?

Sono queste due domande decisive.

La struttura gerarchica della Chiesa-istituzione viola palesemente la legge fondamentale del Vangelo, la legge della fraternità e della eguaglianza.

La costituzione gerarchica è mantenuta nel documento conciliare Lumen gentium, confermando la dottrina tradizionale, elaborata nel corso storico da Costantino in poi.

In questa storia della Chiesa una tappa fondamentale è segnata dal documento “Dictatus Papae” di Gregorio VII, del 1077.

“Con questo documento, lui assunse tutti i poteri, potendo giudicare tutti senza essere giudicato da nessuno. Il grande storico delle idee ecclesiali Jean-Yves Congar, domenicano, la considera la maggior rivoluzione avvenuta nella chiesa. Da una chiesa-comunità è passata a essere una istituzione-società monarchica e assolutista, organizzata in forma piramidale e che arriva fino ai nostri giorni.

Effettivamente il canone 331 dell’attuale Diritto Canonico si connette a questa lettura, con l’attribuzione al Papa di poteri che in verità non spetterebbero a nessun mortale se non al solo Dio: ‘in virtù del suo Ufficio, il Papa ha il potere ordinario, supremo, pieno, immediato, universale’ e in alcuni casi precisi, ‘infallibile’” (Leonardo Boff, “Appello per la riforma della Chiesa … prima che sia troppo tardi!”, dal sito www.ildialogo.org, 3 marzo 2013).

Un altro documento importante è l’Enciclica Vehementer nos, di Pio X, del 1906:

La Chiesa è per sua natura una società ineguale, cioè una società formata da due categorie di persone: i Pastori e il Gregge, coloro che occupano un grado fra quelli della gerarchia, e la folla dei fedeli. E queste categorie sono così nettamente distinte fra loro, che solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l’autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri verso le finalità sociali; e che la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi Pastori.

  1. DAL MOVIMENTO DI GESU’ ALLA ISTITUZIONE-CHIESA

L’attuale struttura di potere della chiesa è debitrice di rappresentazioni di potere che datano da secoli e che in essa hanno trovato convergenza. Specialmente sono da evidenziarne due: l’esperienza del potere romano e quella della struttura medioevale. Di esse la chiesa ha assimilato costumi, titoli, espressioni, simboli di potere. La gerarchia come parola e come concezione – è un risultato di questo processo.

… Ma questo stile romano e feudale del potere ecclesiale, senza connotazione peggiorativa, perdura fino ad oggi, e – a nostro modo di vedere – costituisce una delle fonti principali di attrito con la coscienza che oggi abbiamo dei diritti umani.

L’autorità di stile romano e feudale si caratterizza, in primo luogo, per una gerarchia piramidale distinta in differenti ‘ordines’ (Tertulliano). In secondo luogo costituisce una gerarchia personalizzata. (…) In terzo luogo, si tratta di una gerarchia sacrale e cosmica. In altre parole: la sua legittimazione non viene dal basso ma dall’alto, dalla volontà di Dio. (…) In quarto luogo, l’autorità di stile romano e feudale è una gerarchia intoccabile e non soggetta ad alcuna critica interna.

… La chiesa, fino al 312 più movimento che istituzione, passò ad essere la grande erede delle istituzioni dell’Impero: diritto, organizzazione in diocesi e parrocchie, centralizzazione burocratica, cariche e titoli. (…) Diede inizio a una traiettoria di potere che dura fino al presente e il cui tramonto, pare, non è ancora dato intravvedere.

… Fino al secolo XI il potere della chiesa è un potere tutelato dall’Impero. Questo processo già ha avuto inizio con Costantino, che ha convocato il primo concilio ecumenico a Nicea (325) e si è chiamato lui stesso papa, trovandosi una sua formula giuridica mediante un’investitura laicale”.

(Leonardo Boff, Chiesa: carisma e potere, cit., pp. 70-71, 88-89)

IL TABU’ DELLA DEMOCRATIZZAZIONE NELLA CHIESA”

Questo è il titolo del numero 5 del 1992 della rivista internazionale di teologia “Concilium”.

La Chiesa se ha assunto la struttura gerarchica dalla società feudale, coniugandosi con i comuni, le signorie e l’assolutismo monarchico, ha avuto invece difficoltà a coniugarsi con la democrazia.

Dopo che il Concilio ha definito la Chiesa come “Popolo di Dio” e la sua fisionomia come comunione generata dallo Spirito, è più facile porre il rapporto tra Chiesa e democrazia.

“Monarchia” e “democrazia” sono termini della politica. Come non è corretto dire “la chiesa è una monarchia”, così non si dovrebbe dire “la Chiesa è una democrazia”.

La Chiesa è molto di più della democrazia.

E’ il caso di richiamare il libro “La Chiesa oltre la democrazia”, di Andrés Torres Queiruga (edizioni la meridiana, Molfetta, 2004).

Sulla copertina si legge:

“La Chiesa non è una democrazia ma è molto di più di una democrazia. Più libera, egualitaria, partecipativa, non autoritaria”.

Nel risvolto della prima di copertina:

“Benché non sia corretto leggere la Chiesa come una democrazia in senso strettamente politico, è difficile negare che nei suoi valori costitutivi, come la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, si racchiuda l’anima più autentica dei principi democratici.

Lo stesso spirito di servizio, che Gesù pone a fondamento della comunità, ha rovesciato il tradizionale schema del potere e impresso al cammino della Chiesa un inequivocabile carattere egualitario, partecipativo, libero, dunque non ‘democratico’ ma molto di più”.

Il problema del potere oggi riguarda non solo la natura, ma anche la missione della Chiesa.

Nel libro, in conclusione, si legge (p. 65):

“Siamo davanti a qualcosa che tocca la radice e va a incidere in maniera determinante sulla missione della Chiesa nel mondo. Veramente, non solo la fedeltà al Vangelo, ma anche un minimo di coerenza con le proprie parole esigono che la Chiesa intraprenda con urgenza quanto lei stessa chiede alla società civile.

‘E’ pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture politico-giuridiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente ed attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità politica, sia al governo della cosa pubblica, sia alla determinazione del campo d’azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei governanti (Vaticano II, Gaudium et spes, n. 75)’.”

 

  1. URGENZA DELLA RIFORMA DELLA CHIESA

IL CONCLAVE E L’ELEZIONE DEL PONTEFICE

La fede adulta reclama la riforma della struttura gerarchica della Chiesa in senso evangelico, eliminando, soprattutto, la separazione e la diseguaglianza tra clero e laicato, oltre che la diseguaglianza tra uomini e donne.

La riforma della Chiesa è necessaria e urgente, sollecitata anche dalla crisi resa evidente dalla rinuncia di Benedetto XVI.

“Chi conosce un poco la storia della Chiesa … non si scandalizza. Ci sono state epoche di vera rovina del Pontificato con Papi adulteri, assassini e trafficanti di immoralità. A partire da Papa Formoso (891-896) sino a Papa Silvestro II (999-1003) si instaurò secondo il grande storico cardinale Baronio, l’ ‘era pornocratica’ dell’alta gerarchia della Chiesa. Pochi papi la passavano liscia senza essere deposti o assassinati. Sergio III (904-911), assassinò i suoi due predecessori, il Papa Cristoforo e Leone V.

… Si dice sempre che la chiesa è ‘Santa e peccatrice’ e deve essere ‘riformata in continuazione’. Ma questo non è successo durante secoli e neppure dopo l’esplicito suggerimento del concilio Vaticano II e dell’attuale papa Benedetto XVI. L’istituzione più vecchia dell’Occidente ha incorporato privilegi, abitudini, costumi politici di palazzo e principeschi, di resistenza e di opposizione che praticamente impediscono o distorcono tutti i tentativi di riforma.

… Scandali come quelli attuali sempre ci sono stati nella curia romana, soltanto non c’era quel provvidenziale Vatileaks per renderli di pubblico dominio e far indignare il Papa e la maggioranza dei cristiani.

La mia percezione del mondo mi dice che queste perversità nello spazio sacro e nel centro di riferimento di tutta la cristianità – il papato – (dove dovrebbe primeggiare la virtù e persino la santità) sono conseguenze di questa centralizzazione assolutista del potere papale. Questo rende tutti vassalli, sottomessi e avidi perché stanno fisicamente vicino al portatore del supremo potere, il papa. Un potere assoluto, per sua natura, limita e perfino nega la libertà degli altri, favorisce la creazione di gruppi di anti-potere, fazioni di burocrati del sacro contro altre, pratica largamente la simonia che è compravendita di favori, promuove adulazioni e distrugge i meccanismi di trasparenza.

… Dal tempo della Riforma che si sente il grido: ‘Riforma nel capo e nelle membra’.

… Esiste una lunga tradizione teologica che si riferisce alla Chiesa come casta meretrix … La chiesa è una meretrice che tutte le notti si abbandona alla prostituzione; è casta perché Cristo, ogni mattina ne ha compassione, la lava e la ama.

L’ abitus meretricius, il vizio del meretricio, è stato duramente criticato dai santi padri della Chiesa come Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Gerolamo e altri.

… Soltanto chi ama la Chiesa può farle le critiche che abbiamo fatto noi citando testi di autorità classiche del passato.

… Per quanto gravi siano stati gli errori e gli equivoci storici, l’istituzione-Chiesa custodisce la memoria sacra di Gesù e la grammatica dei Vangeli”.

(Leonardo Boff, “Appello per la riforma della Chiesa … prima che sia troppo tardi!”, cit.)

Raffaello Saffioti

Centro Gandhi

raffaello.saffioti@gmail.com

Palmi, 12 marzo 2013




Mercoledì 13 Marzo,2013 Ore: 09:37
 
 
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