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www.ildialogo.org “Se non lavoro non ho dignità”. In memoria di Giuseppe Burgarella,di Domenico Stimolo

Editoriale
“Se non lavoro non ho dignità”. In memoria di Giuseppe Burgarella

di Domenico Stimolo

Era un gran bel “pezzo” d’uomo Giuseppe Burgarella. A vedere la sua foto colpisce subito il suo volto aperto, lo sguardo fiero, limpido e sincero. Di combattente civile, pervaso dalle fatiche accumulate. Un viso “antico”, di manovratore di mani nel lavoro, guidate dall’arguzia dell’intelletto.

A scorrere l’album del tempo molti identici tratti si ravvisano in altri visi che hanno caratterizzato tanti luoghi simboli della Sicilia, e di tant’ altri siti universali. Del contadino che, sfidando l’ira padronale e dello stato, occupò le terre abbandonate ed incolte dei feudi, in tanti uccisi dalla mafia per lavare l’onta perpetrata. Dell’operaio, delle ferriere, dei cantieri, delle nuove fabbriche ( oggi sparite) che, ribellatosi alla frusta del più bieco sfruttamento, si organizzarono per fare fronte comune. Dei minatori, delle miniere di zolfo ormai scomparse, che pativano a mille metri di profondità, assieme agli infanti che venivano utilizzati per infiltrarsi negli anfratti più stretti e bui. Degli uomini utilizzati a costruire i nuovi palazzi, specie nelle fasi dei grandi sacchi dell’edilizia isolana; issati, sui ponteggi, a grandi altezze senza sostegni, sfidando le leggi della gravità. Gli uomini dei treni, le enormi torme dei migranti che, per sfuggire alla fame e alla disperazione, abbandonavano famiglie ed affetti per andare in terre assai lontane. Sempre più a nord. Le donne piangevano, si strappavano i capelli, poi si rassegnavano, rinchiudendosi nel dolore di sempre.

Richiedevano tutti, pane, lavoro, diritti e libertà.

Oggi nell’isola la disoccupazione è molto alta, quasi stratosferica. I giovani, come già avvenne allora, partono di nuovo, a frotte. La povertà e le sofferenze prevalgono. Ognuno vive isolato la sofferenza e la sua fame. Le lotte, ormai poche e disarticolate, sbattono contro un enorme muro. Sopra, assiso a gambe larghe, sghignazza l’indifferenza del riccastro e dei laidi manovratori. Se va bene, il licenziato, il disoccupato, si prende il limitato soldo dell’assistenza statale, poi scatta la totale disperazione.

Giuseppe Burgarella – muratore e marmista, fin dalla giovane età, 61 anni, di Guarrato (Trapani), disoccupato da tempo - impiccatosi alcuni giorni addietro, distrutto dal dolore d’essere “ cancellato” dalla società, impegnato nel sindacato della CGIL e quindi ancor più “cosciente”, nel suo atto estremo, li rappresenta tutti.

Ha lasciato scritto: “ se non lavoro non ho più dignità”:

La dignità dell’onesto, riguardoso degli altri e degli ultimi senza confine, del lavoratore cosciente di confidare nella sua perizia e nel suo impegno, della scala dei diritti e dei doveri, rispettoso dei principi della legalità e della democrazia, dei valori della Costituzione, duramente conquistati.

Umiliato, nella sua essenza di essere umano, dalle destrezze dei rapaci che hanno fatto piombare il Paese e tanti cittadini nel tetro dell’angoscia, privandoli del minimo essenziale per la sopravvivenza.

Aveva ben chiaro il grave tradimento perpetrato a danno della Costituzione, e di tanti italiani. Dell’art. 1, in specie, ove si sancisce che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

A fianco al suo corpo, ormai represso, ha lasciato un foglio. Trascritto un lungo elenco. I nominativi dei senza speranza, privi di lavoro, sacrificatisi togliendosi la vita, negli ultimi due anni.

Il foglio era deposto dentro una copia della Costituzione.

“Vola”, messaggero di giustizia, estremo cantore di morte delle bieche diseguaglianze. Amico e compagno dei tanti che, non domi, lottano per un’Italia migliore, a sostegno delle linfe vitali.

Che la terra ti sia dolce e lieve.

Domenico Stimolo




Domenica 10 Febbraio,2013 Ore: 08:52
 
 
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Autore Città Giorno Ora
domenico stimolo catania 11/2/2013 18.16
Titolo:Susanna Camusso scrive alla famiglia dell'operaio che si è tolto la vita
Susanna Camusso scrive alla famiglia dell'operaio che si è tolto la vita


Alla famiglia Burgarella

Alle compagne e ai compagni della Camera del lavoro di Trapani
Alle compagne e ai compagni della Fillea

La notizia della tragica scomparsa di Giuseppe mi ha raggiunto solo oggi, mentre sono fuori Italia per una missione di lavoro. La prima domanda che non smetteremo mai di farci, le compagne e i compagni della camera del lavoro, io stessa, è perché non abbiamo capito che si era sorpassata quella sottile linea di confine tra l'indignazione e la possibilità di continuare a lottare e sperare e la disperazione che viene dalla perdita del lavoro, vissuta per Giuseppe come perdita di dignità e tradimento dei valori sui quali si era formato, per i quali aveva scelto di militare nella CGIL, a partire dall'articolo 1 della nostra costituzione.
Ci rimarrà sempre questo dubbio, sempre ci domandiamo se possiamo dobbiamo fare di più per cogliere intorno a noi quel crescere di disperazione, di rassegnazione che una crisi così lunga e profonda determina in tanti che privi di lavoro si sentono anche privi della loro cittadinanza della loro dignità del loro orgoglio.
Affranti ci poniamo il dubbio, sapendo che nulla oggi possiamo fare, se non provare ad interrogarci ancor di più sugli effetti di una disoccupazione crescente, che in certi settori come l'edilizia sembra una discesa senza fine.
Nell'esprimere alla famiglia e alle compagne ed ai compagni tutti la più sentita partecipazione al dolore, l'impegno che dobbiamo e possiamo assumere è quello di continuare la nostra iniziativa e mobilitazione perché il lavoro torni al centro delle politiche perché si difenda e si crei lavoro.
Ogni giorno sentiremo la difficoltà di non aver capito, ma ogni giorno sapremo che Giuseppe e tanti altri con lui ci dimostrano che non ci si deve arrendere, perché lavoro e dignità sono cittadinanza, ancor più certezza per la vita delle persone.

Con grande affetto
Susanna Camusso

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