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www.ildialogo.org “Sono sempre gli altri”,di Mario Mariotti

Editoriale
“Sono sempre gli altri”

di Mario Mariotti

Il nostro e un momento culturale, economico, politico particolarmente ingarbugliato; precarietà, disoccupazione, scandali, delinquenza, corruzione, malversazioni dei ricchi e dei potenti, aumento dei prezzi anche dei beni di prime necessità: tutto questo imperversa ed avvelena le nostre giornate. I telegiornali vomitano quotidianamente tutto questo casino, e, per sollevare gli spiriti, i vari canali TV intrattengono il prossimo relazionando sulle opere pie degli stupratori e degli assassini proponendo dei serial polizieschi farciti di ogni tipo di violenza e perversione. Naturalmente noi siamo sempre i buoni, gli innocenti; e i responsabili del precedente negativo sono sempre gli altri.

E se a qualcuno viene mai in mente di essere, in parte, complice e corresponsabile, rimuove subito il pensiero, perché si tratterebbe di costruire il cambiamento prima di se stessi e poi degli altri, e questo costa, e il rinascere anche se vecchi e una partita dura....

Ma allora sarà poi vero che noi siamo sempre i buoni, e che tutto il negativo viene dagli altri? Proviamo a riflettere. Ci lamentiamo della precarietà della disoccupazione, ma il socialismo,  economia pianificata, lavoro per tutti, prezzi politici, controllo delle economie da parte del pubblico, dello Stato, e non del privato, dei poteri forti, non vogliamo neppure sentirlo tossire. Quello rompeva le scatole ai ricchi, e noi, ricchi lo vorremmo diventare.

Ci lamentiamo della delinquenza, e non ci lamentiamo del fatto che la nostra società sia piena di disoccupati, di emarginati, di perdenti nella lotta per quei diritti umani fondamentali, cibo, lavoro, salute, che dovrebbero essere indisponibili, ma che noi lasciamo alla logica di mercato. Questi fuori-mercato, non avendo un lavoro, essendo privi del necessario o convinti di esserlo, sono esposti alle lusinghe delle mafie, e anche se resistono, devono pure trovare qualche espediente se vogliono mettere insieme il necessario per vivere, e andare e letto con lo stomaco pieno.

Ci lamentiamo, poi, della presenza degli extracomunitari, degli immigrati del sud del mondo, e non ci lamentiamo delle bestemmia che il 20% della popolazione del Pianeta, i Paesi ricchi del nord, possiede e divora l'80% delle ricchezze del mondo, e lascia all'80% il solo 20% delle risorse.

Ci meravigliamo, ancora, e ci scandalizziamo perché nel sud del mondo i Paesi poveri si trovano spesso impegolati in guerre fra loro, o in guerre civili; e non ci scandalizziamo del fatto che le guerre le combattono con ermi vendute da noi, e che spesso sono le Multinazionali del Nord a provocarle per procura, in modo che la propria fazione prevalga e noi possiamo averne dei vantaggi in futuro, mettendo le mani sulle materie prime di quei Paesi a prezzi favorevoli a noi.

Ci lamentiamo della precarietà del lavoro e della disoccupazione, ma se uno proponesse di lavorare tutti quanti per meno ore, naturalmente ricevendo una paga ridotta, purché nessuno fosse messo in condizione, perdendo il lavoro, di perdere tutto, costui qui da noi oggi apparirebbe come un extraterrestre vittima dei fumi dell'alcool. Eppure se fossimo noi ad essere a rischio, i contratti  di solidarietà ci apparirebbero l'unica soluzione praticabile e necessaria.

Ci lamentiamo perché con la crisi ci tocca di consumare meno, di ridurre il nostro livello di consumi; e ci dimentichiamo che, se tutto il pianeta volesse praticare il livello dei consumi degli Americani, non basterebbe il nostro pianeta moltiplicato per quattro. Non avendo ancora definito quello che è necessario e quello che non lo è, stiamo riducendo la Terra in una fogna, e stiamo creando le condizioni per il collasso dell'ecosistema.

Abbiamo il coraggio di lamentarci e di sentirci poveri pur essendo l'Italia uno dei dieci Paesi più ricchi del Pianeta; ed abbiamo accettato come irreversibile quel capitalismo-mercato-competizione che é la causa strutturale del meccanismo che arricchisce i ricchi ed impoverisce i poveri.

Abbiamo nelle grande favela del Sud migliaia di piccini che muoiono di fame, di miseria, di lavoro minorile, di malattie curabilissime; abbiamo nel nostro stesso Paese il 10% delle famiglie che possiede il 50% delle ricchezze, e noi continuiamo e venerare come un dogma la precedente trinità maligna, che permette a poche macrocellule cancerose di accumulare ricchezze pari ad interi bilanci dei Paesi poveri. Allora è perfettamente inutile che ci lamentiamo: stiamo semplicemente raccogliendo quello che abbiamo seminato.

Ci lamentiamo della nostra classe politica, talmente corrotta che uno deve andare a confessarsi se ha rubato troppo poco; dove il più onesto è un ladro, ed il più sano ha la rogna; e poi in milioni votiamo per il cavaliere emerito dell'ordine dei puttanieri, e gli permettiamo di essere lui e scegliere tutti coloro che avrebbero il compito, deputati e senatori, di essere i rappresentanti del popolo degli elettori, cioè di noi. Non ci accorgiamo che la macchina del fango ha convinto tutti quanti che tutti quanti sono ugualmente ladri, in modo da sputtanare quasi irreversibilmente quel poco di democrazia che esiste ancora nel nostro sistema.

Nella I° Repubblica gli imprenditori corrompevano i politici; nella II° gli imprenditori sono diventati politici e la corruzione e diventata la regola; speriamo che nella III°, quando ormai in pochi saranno andati a votare, non salti fuori un novello Benito che riporti il livello di sfruttamento degli allocchi al tempo di Re Pipino... Gli unici dei quali non ci lamentiamo mai, ultima considerazione, sono i preti, perché alla base della gerarchia essi spendono la loro vita per il bene del prossimo; e noi non ci siamo ancora resi conto che il vertice cattura tutto questo loro credito per benedire ed avere dei vantaggi economici da coloro che il prossimo lo stanno fottendo dal tempo di Ur dei Caldei.

Il Papa, coperto d'oro, benedice sia i poveri che le Ferrari; aggiunge l'aggettivo "disonesta" al sostantivo "ricchezza", e poi la condanna, in modo che la ricchezza "onesta" possa sussistere e prosperare. Nel Vangelo la musica non è questa il ricco epulone non é cattivo, ma cieco sulla sofferenza dei poveri Lazzari, e finisce in un sito con la climatizzazione guasta .... Ma pazienza, non bisogna, la Parola, prenderla troppo sul serio...

Finisco qui per non addormentare il prossimo. La tesi della riflessione l'avete capita, siamo complici e corresponsabili; e il cambiamento, prima di se stessi e poi degli altri, il rinascere anche se vecchi, é una partita dura. Tuttavia, se vogliamo veramente quello che continuamente dichiariamo di volere, cioè finalmente un cambiamento reale e positivo, essa è un passeggio ineludibile. Se non lo facciamo noi, il cambiamento non potremo chiederlo agli altri, e nessuno lo farà per noi, e il vento seminato porterà tempesta.

Mario Mariotti




Sabato 08 Dicembre,2012 Ore: 15:50
 
 
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