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www.ildialogo.org DEL SANGUE, DELLE LACRIME E DEL FIELE,di PEPPE SINI

EDITORIALE
DEL SANGUE, DELLE LACRIME E DEL FIELE

di PEPPE SINI

Sulla uccisione di Vittorio Arrigoni


Una morte e' una tragedia e basta.

Ogni volta che sento qualcuno parlare di "sacrificio", penso che chi lo fa e' gia' complice degli assassini.

Ogni volta che sento qualcuno usare della morte di una persona per dar sfogo al suo odio o alimentare la sua propaganda, penso che chi lo fa e' gia' complice degli assassini.

Ogno volta che sento qualcuno algidamente discettare di "grande politica" dinanzi a un cadavere ancora caldo, penso che chi lo fa e' gia' complice degli assassini.

Penso che l'unica, l'unica cosa che vale la pena di fare sempre, e' salvare le vite. Penso che ogni morte e' un dolore e un orrore infinito. Ogni morte.

*

Ma certo e' difficile non avvertire qualcosa di minuziosamente atroce, di perversamente studiato e quindi di abissalmente malvagio, in questo omicidio.

Da dove vivo e per come vivo non ho alcuna possibilita' di sapere piu' di quanto riferiscano le voci e le immagini che giungono in Italia attraverso i media, e so che oltre la nuda evidenza della morte ben poco di certo vi e' in esse - le fonti "di movimento" che passano attraverso la rete telematica sono altrettanto inaffidabili di quelle "ufficiali", facile preda di ogni sordida mistificazione.

Ma poiche' sono un persona ormai anziana che molte orrende cose ha visto e sentito, non riesco a non chiedermi chi e perche' abbia voluto uccidere (ed anche: non abbia voluto salvare) Vittorio Arrigoni.

Davvero un gruppo terrorista piu' totalitario di Hamas?

O non piuttosto i servizi segreti, o i manutengoli ovvero i collaborazionisti o ancora i subornati dai servizi segreti, e i servizi segreti di chi?

O veramente un gruppo di adepti della virtu' per i quali solo i cadaveri sono abbastanza virtuosi?

Sono domande a cui non ho risposta, ma sono domande che non riesco a non farmi.

La pieta' ha sempre anche sete di verita' e di giustizia.

*

Da decenni in Italia si fa della tragedia palestinese lo stesso uso che ne fanno i regimi dispotici e razzisti del mondo arabo e del Medio Oriente: un uso strumentale a fini di consenso interno.

Hic et nunc per alimentare lo stereotipo degli "italiani, brava gente", mentre il nostro paese sta partecipando alla guerra in Afghanistan e in Libia, arma dittatori e golpisti e mafie, perseguita e fa morire migranti. Di questo innanzitutto dovremmo parlare.

E dovremmo parlare anche di quanto di antisemita, ovvero di pregiudizio e di persecuzione antiebraica, vi e' in certa pretesa "solidarieta' col popolo palestinese" che di solidale col popolo palestinese non fa nulla, ma opera alacremente unicamente per rinnovare i fasti hitleriani, per continuare la Shoah.

E dovremmo parlare anche di quanto di islamofobo ed arabofobo, ovvero di pregiudizio e di persecuzione colonialista e razzista, vi e' in certa pretesa "solidarieta' col popolo di Israele" che di solidale col popolo di Israele (intendendo con questa formula tanto la popolazione di uno stato quanto il popolo ebraico della bimillenaria diaspora, e sono ovviamente due cose collegate ma distinte) non fa nulla, ma opera alacremente unicamente per rinnovare i fasti della violenza imperialista razzista e coloniale propria della parte peggiore, piu' orrenda e ripugnante, della storia europea e cristiana, dei poteri cristiani ed europei.

Ogni volta che i gruppi dominanti dell'eversione dall'alto nel nostro paese, e con essi tutti i gruppi dirigenti della ex-sinistra italiana lestamente convertitisi - scilicet: gioiosamente prostituitisi - alle sublimi virtu' del capitalismo ben temperato e della guerra sola igiene del mondo, si appresta ad assassinare e perseguitare, allora - per un trucco che ben so riconoscere - si innalza sul pennone piu' alto la doppia retorica delle doppie solidarieta', in nome dell'una delle quali si avalla il massacro dell'altra parte, di quella parte di umanita' marchiata come "meno umana" dell'altra, la nostra.

*

E per non tacer nulla, in merito al conflitto israeliano-palestinese se non ci si fa carico dei diritti, e innanzitutto del diritto ad esistere, di entrambi i popoli, e di entrambi gli stati (giacche' su un piano di realta' effettuale va preso atto che finche' l'ordinamento internazionale sara' caratterizzato dalla statualita' come cardine del riconoscimento dei diritti i popoli che non hanno un loro stato sono effettualmente esposti ad ogni violenza), ebbene, non si trovera' mai una soluzione all'orrore presente. Tutte le iniziative unilaterali sono inani perche' subalterne a uno status quo surdeterminato da una catena di orrori. Tutte le retoriche strabiche sono inadeguate perche' occultano l'altra parte della terribile verita'. Non vi e' dubbio che nella gerarchia delle oppressioni il popolo palestinese e' il piu' oppresso, ma non vi e' neppure dubbio che lo stato di Israele e' l'ultimo rifugio di un popolo da due millenni crudelmente perseguitato e minacciato di sterminio (e nel modo piu' parossistico nell'ultimo secolo: dalla Shoah ci separano poche decine di anni).

Ogni volta che sento un europeo che infervoratosi per la causa palestinese arriva a vomitare le medesime parole del "Volkische Beobachter" (e succede con una frequenza impressionante e crescente, impressionante e crescente), ebbene, sento il fetore dei cumuli dei cadaveri dei lager.

Ed insieme: ogni volta che vedo un europeo fare spallucce dinanzi al massacro del popolo palestinese adducendo che Hamas e' totalitaria e terrorista, di nuovo sento il fetore dei cumuli dei cadaveri dei lager.

Ed ancora: ogni volta che sento un europeo attribuire a un intero popolo le responsabilita' del governo di uno stato, e che per contrastare quel governo ritiene legittimo infliggere le piu' immani sofferenze a quel popolo, ancora una volta sento il fetore dei cumuli dei cadaveri dei lager.

Mi stanno a cuore le vite, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

L'unica differenza tra un essere umano decente ed Hitler, o Stalin, e' in questa capacita' di sentire il dolore degli altri, e in questo impegno ad adoperarsi per quanto e' in proprio potere a contrastare quella violenza e lenire quel dolore.

*

So quanto e' difficile ragionare ed agire da persona amica della nonviolenza nelle situazioni di conflitto dispiegato, di massacro in corso. So come tutto sia parziale e contraddittorio, sotto il segno del limite e del rischio, dell'errore e dello scacco, della radicale insufficienza.

Ma quando sento qualcuno fare proclami usando la totalitaria formula "senza se e senza ma", penso che chi dice quelle sciagurate parole e' gia' pronto ad aderire al partito nazista.

Quando sento qualcuno proporre iniziative che implicano esporre alla morte delle persone, penso che chi quelle proposte formula e' gia' pronto ad aderire al partito nazista.

Quando sento qualcuno che nega la presenza di qualche verita' nelle percezioni altrui ed avverse, penso che chi quella denegazione agisce e' gia' pronto ad aderire al partito nazista.

*

Ed una cosa ancora vorrei dire, in poche parole.

Dinanzi all'attuale disastro del mondo non basta la solidarieta' internazionale. E non basta il pacifismo. Occorre la nonviolenza.

Scrivo queste cose senza giri di parole. Sono un vecchio militante del movimento operaio che dalla seconda meta' degli anni Settanta del secolo scorso si e' persuaso che solo la nonviolenza e' la via.

La nonviolenza e' la via. E quando dico nonviolenza in essa raccolgo il senso della storia e della lotta del movimento operaio, il senso della storia e della lotta dei movimenti di liberazione dell'umanita' sfruttata e oppressa, il senso della storia e della lotta del movimento delle donne, il senso della storia e della lotta dei movimenti di difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, il senso della storia e della lotta dei movimenti della responsabilita' umana per la salvaguardia della biosfera.

Chi pensa che la nonviolenza sia roba da ingenui adolescenti che aiutano le anziane signore ad attraversare la strada, evidentemente non ha saputo nulla della tragedia del secolo breve da cui proveniamo.

La nonviolenza e' questa lotta di liberazione dell'umanita' che sa che l'umanita' e' insieme unica ed irriducibilmente plurale, che essa si incarna nelle singole vite di persone umane ciascuna diversa da ogni altra e ciascuna come ogni altra portatrice di dignita' e diritti inalienabili.

*

Vittorio Arrigoni e' stato un testimone. Come capita ai testimoni, con i suoi limiti, le sue contraddizioni, i suoi errori, il suo cammino, il suo dolore, il suo grido che talvolta poteva stravolgere il suo volto, come sapeva Brecht. Nell'ora della morte ormai per sempre testimone di una scelta di pace e di umana solidarieta'.

"Restiamo umani" non e' uno slogan che ogni pappagallo puo' ripetere, ma il motto, la divisa di un impegno a riconoscere, distinguere, capire, ascoltare, dire, testimoniare, soccorrere; un impegno a quella lotta che sola liberera' tutte e tutti perche' per tutte e tutti rivendica vita, dignita', diritti.

Ho creduto di rendergli onore parlando chiaro, non con le solite manciate di parole con cui si sotterrano frettolosamente le vittime per eludere la domanda terribile che talora con la loro vita e sempre con la loro morte ti pongono. La domanda terribile e il comando terribile: tu non uccidere.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Peppe Sini



Sabato 16 Aprile,2011 Ore: 17:20
 
 
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