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Editoriale
Machiavelli IOR

di Bruno Gambardella

Solo chi fa finta di avere memoria cortissima può sostenere che la banca della Città del Vaticano sia effettivamente un Istituto per le Opere Religiose. Coinvolto nei peggiori scandali finanziari del dopoguerra, lo IOR ha riciclato denaro mafioso, protetto conti che servivano a corrotti e corruttori per operare impunemente in Italia e all’estero, finanziato attività politiche non sempre trasparenti. Si ricorda spesso (e a ragione) che il PCI riceveva finanziamenti illeciti da un Paese “nemico”, l’URSS, ma tutti dimenticano di sottolineare che proprio tramite lo IOR Stati Uniti e Vaticano hanno sostenuto sindacati, associazioni, gruppi di pressione antigovernativi nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Si potrebbe obiettare che era per un buon fine e potremmo anche essere d’accordo: è strano però che la stampa italiana, di destra o di sinistra, sia sempre restia a riconoscere il ruolo poco “istituzionale” svolto da una banca che continua a rifiutare il controllo degli organismi internazionali e, dopo le concessioni fatte dal governo svizzero, resta l’unico, vero baluardo del segreto bancario nel mondo occidentale.
Anche se non siamo esperti di economia e finanza non ci ha sorpreso affatto l’indagine della Procura della Repubblica di Roma che ha coinvolto il Presidente dello IOR, Ettore Gotti Tedeschi e un alto dirigente dell'istituto. L'iscrizione al registro degli indagati è legata al sequestro preventivo, avvenuto ieri, di 23 milioni di euro, su 28 a saldo, trovati in un conto aperto presso la sede romana del Credito Artigiano Spa. I due sono indagati per omissione delle normative europee antiriciclaggio. La Procura di Roma ha bloccato quei soldi che sarebbero dovuti essere trasferiti alla JP Morgan Frakfurt (20 milioni) e alla Banca del Fucino (3 milioni). Secondo gli inquirenti, il sequestro non è stato imposto per un “tentativo di riciclaggio” ma perché “il reato è già stato commesso”, relativamente al reato omissivo dei vertici IOR sulle norme antiriciclaggio.
L'inchiesta è partita da una segnalazione di operazione sospetta (sospesa per cinque giorni) ad opera della Banca d'Italia. La Guardia di Finanza e la Procura di Roma, attivatesi immediatamente, hanno chiesto maggiori informazioni e, successivamente, disposto il sequestro. Le nuove indicazioni della Banca d'Italia in tema di antiriciclaggio impongono infatti a tutti gli istituti di credito italiani che intrattengono rapporti con lo IOR delle verifiche e dei controlli rigidi ed appropriati (come con tutte le banche extracomunitarie), proprio come se lo IOR fosse una banca (anche e soprattutto perché si comporta come tale).
La vera sorpresa sta nel fatto che in Italia qualcuno si sia finalmente deciso a ficcare il naso tra le carte e i conti del più inviolabile dei santuari vaticani. Sono semplicemente ridicoli quei politici e quei giornali che vantano la loro vicinanza ai sacri palazzi d’Oltretevere  che hanno subito accusato di ”attacco alla chiesa cattolica” chi finalmente vuol vederci chiaro su certe “irrituali operazioni” bancarie. A quanto pare per qualcuno è lecito indagare sui beni mafiosi, operare sequestri, scatenare una canea sull’affitto di un appartamento a Montecarlo, ma lo IOR e il suo discutibile sistema devono rimanere intoccabili: scherza coi fanti ma lascia stare i santi!
La Segreteria di Stato vaticana ha espresso “perplessità” in merito all'inchiesta e rinnovato la “massima fiducia al presidente e al direttore generale dello IOR”, liquidando le operazioni contestate come “operazioni di giroconto per tesoreria presso istituti di credito non italiani”, aggiungendo che “operazioni analoghe hanno luogo correntemente con istituti italiani”.
Verissimo: già nel maggio 2010 la Procura di Roma ha evidenziato quotidiane operazioni milionarie sotto forma di miriadi di assegni dagli estremi non chiari, in rapporti sospetti tra lo IOR e Banca Unicredit, Intesa San Paolo, Banca del Fucino ed altri, contestando circa 180 milioni di euro transitati su un conto cumulativo Banca di Roma (filiale via della Conciliazione) dal 2006 al 2008, assegni che passavano dal Vaticano all'Italia e viceversa.
Chi conosce le vicende e guarda all’inchiesta senza pregiudizi confessionali o ideologici afferma che Gotti Tedeschi sia una persona perbene, scelta dal nuovo papa per “bonificare” lo IOR e che non sia ancora riuscito a completare l’opera. Ci auguriamo sia davvero così: vorrebbe dire che il Vaticano ha deciso di mettersi alle spalle il “metodo Marcinkus” , avallato da un papa disposto quantomeno a chiudere un occhio su certe operazioni pur di garantire copertura continuità economica alla lotta contro il comunismo. Non ci sembra che il celeberrimo “Il fine giustifica i mezzi” sia un concetto ascrivibile ufficialmente alla filosofia cattolica, ma certamente la prassi vaticana si è largamente ispirata al vituperato Machiavelli. Rispettare la legalità, accettare le regole, svelare certi misteri, oltre a mettere la parola fine all’ultimo capitolo della Guerra Fredda ancora aperto, consentirebbe a tutti, ma soprattutto ai tanti fedeli cattolici sconcertati da una storia dello IOR da sempre inquietante, di guardare con più serenità e fiducia ad un’istituzione, la chiesa cattolica, che, piaccia o non piaccia, è uno dei poteri forti di questo nostro disorientato Paese.
Bruno Gambardella


Mercoledì 22 Settembre,2010 Ore: 16:32
 
 
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