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www.ildialogo.org La crisi del debito sovrano nell’Eurozona,a cura di Francesco Macheda

La crisi del debito sovrano nell’Eurozona

da un dibattito sulla lista "Marxiana"


a cura di Francesco Macheda

Quali margini possiede la banca entrale europea (BCE) per arginare la crisi del debito sovrano che sta mettendo in serio pericolo l’esistenza stessa dell’eurozona? Che efficacia potrà avere un ipotetico ‘fondo europeo’ volto a garantire gli investimenti degli acquirenti dei titoli a rischio dei paesi maggiormente indebitati? Inoltre, quali potrebbero essere le possibili conseguenze di una politica maggiormente orientata a frenare la speculazione da parte della Bce e quali sono le resistenze politiche che ne frenano l’azione? In ultima istanza, il comportamento della banca entrale europea è minato da una pura cecità politica, oppure vi sono limiti strutturali che ne frenano l’azione?

Il dibattito sottostante svoltosi sulla lista “Marxiana” tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2011 cerca di fare luce su queste problematiche.


Incipit del dibattito: articolo del Wall Street Italia dal titolo “Citigroup: senza l’intervento della Bce, l’Europa rischia il collasso” - 17 novembre

Se la Bce non mette mano al portafoglio, si rischia la catastrofe finanziaria. Potrebbe essere una questione di settimane o addirittura di pochi giorni, ma molto presto rischiamo di assistere inermi al default di Spagna e Italia.

E’ lo scenario delineato da Willem Buiter, capo-economista di Citi, in un’intervista concessa a Bloomberg Tv. “La Bce deve agire in fretta, ignorando le pressioni della Germania. Farsi carico dei debiti sovrani è l’unica strada per evitare un terremoto finanziario che finirebbe per trascinare nel baratro il sistema bancario europeo e, insieme, quello americano”.

Le strade per uscire dall’impasse indicate da Buiter sono due. La prima, definita “teorica”, prevede un aumento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria a 3 mila miliardi di euro. La seconda, quella auspicata, è che la Bce si faccia carico dei debiti sovrani, acquistando titoli di debito sul mercato secondario.

Parole poco confortanti arrivano sul futuro dell’Italia. Secondo l’economista della banca americana, il livello raggiunto dall’indebitamento italiano, in assenza di un flusso di liquidità da parte Bce, risulta insostenibile nel medio periodo. Di qui, la necessità di un intervento di Francoforte, a cui andranno ad aggiungersi le misure di austerity decise nel nuovo governo. “Per rimettere i conti in ordine – continua Buiter – l’Italia dovrà lavorare duro per il resto del decennio”.

Non se la passa meglio la Francia. Oltre allo stato in cui versano i conti pubblici, il vero tallone di Parigi viene individuato nel sistema bancario. “Ricordiamoci che in Francia, e più in generale in Europa, i bilanci delle banche sono tre volte superiori a quelli del Pil. Se le banche collassano, i debiti sovrani seguono a ruota”.

Meno preoccupante infine la situazione in Germania, che si salva grazie un’elevata produttività nel settore manifatturiero. Tuttavia, il fatto che quella tedesca sia un’economia export-oriented, quindi molto sensibile ai cicli economici, non la mette al riparo da inevitabili ricadute negative sul fronte della crescita.


Guglielmo Carchedicritica alla posizione di Buiter nell’articolo di Wall Street Italia (17/11) – 17/11

Conosco Willem Buiter. È un economista che ha lavorato tempo fa con Duisenberg alla facoltà di economia e econometria della università di Amsterdam prima che quest’ultimo diventasse il capo della banca centrale olandese. E’ proprio vero che più si dicono stupidaggini, più si fa carriera (Buiter dice che la crisi attuale deriva dal “failure to provide the minimal institutional underpinnig for monetary union”!!!). Anche lui pensa che un potenziamento del Fondo (salva-stati, ndr) potrebbe ridurre la gravità della crisi, anche se secondo lui non c’è la volontà economica per fare ciò. In effetti, il Fondo si preannuncia come un clamoroso fallimento proprio perché pensato da economisti come lui. Le considerazioni che seguono sono prese da un pezzo sulla crisi e l’euro che sto per terminare e che metterò tra breve sul mio sito:

“Per reperire il capitale con cui garantire gli investimenti degli acquirenti dei titoli a rischio, il Fondo emette obbligazioni per un massimo di 440 miliardi. Queste obbligazioni sono comprate da investitori istituzionali. Esse sono garantite collettivamente dagli stati della Eurozona, ciascuno per una sua quota.

Se i titoli degli stati a rischio si svalutano, i possessori di quei titoli (per esempio, le banche) possono rivalersi presso il Fondo per un massimo di 440 miliardi. Le casse del Fondo si svuotano. Ma il Fondo può ripagare il suo debito versoi propri obbligazionisti perché gli stati della UEM si sono impegnati a versare le proprie quote per quella cifra.

Sembrerebbe quindi che il Fondo non possa essere insolvente. Ma allora non si spiegherebbe lo spread delle sue obbligazioni con i bund tedeschi e nemmeno perché dal Luglio a Ottobre del 2011 lo spread è salito dallo 0,66% al 1,22%.

La ragione è che i titoli del Fondo in effetti non sono garantiti per 440 miliardi. Infatti, la garanzia data al Fondo (le quote promesse dagli stati della UEM) è data da tutti gli stati, compresi quelli i cui titoli si svaluterebbero. Supponiamo che i titoli di uno stato si svalutino di 20 miliardi. I possessori delle obbligazioni svalutate (per esempio, le banche) perdono quella cifra. Il Fondo li risarcisce con il capitale che riceve emettendo obbligazioni per 20 miliardi. Quando queste obbligazioni scadono, se il Fondo non ha 20 miliardi, gli stati della UEM versano questa cifra al Fondo che la usa per estinguere le proprie obbligazioni. La somma che il Fondo può garantire è scesa a 420 miliardi.

Supponiamo ora che la quota di quello stato sia di 4 miliardi. Se le finanze di quello stato sono tali che esso non può pagare la sua quota e se il Fondo si è indebitato (ha emesso obbligazioni) per 420 miliardi, gli stati gli possono versare solo 416 miliardi. Gli obbligazionisti del Fondo che hanno comprato obbligazioni per 420 miliardi sono in effetti coperti per soli 416 miliardi. In caso di fallimento generalizzato, perderebbero come minimo 4 miliardi e molto di più se altri stati non potessero più versare le loro quote. A questo punto, un aumento delle quote potrebbe diventare necessario. Il Fondo diventerebbe una parte del problema piuttosto che della sua soluzione.

Più aumenta e si generalizza il rischio di default, più aumenta il rischio per gli investitori in titoli sovrani a rischio, più è il tasso di interesse che gli obbligazionisti del Fondo richiedono. Non è un caso che lo spread dei titoli del Fondo sia aumentato ad Ottobre. Infatti, in quel mese l’agenzia di classamento Moody’s ha declassato il debito sovrano dell’Italia e della Spagna. La Francia è stata avvertita che è stata posta sotto osservazione.

Fino ad adesso, il Fondo è servito a garantire il 100% del credito concesso: l’Irlanda, il Portogallo e la Grecia sono costati circa100 miliardi. Ma se l’Italia e la Spagna dovessero essere prese di mira dagli speculatori, cioè se i grandi fondi speculativi che hanno a loro disposizione quantità immense di denaro scommettessero sulla insolvenza dell’Italia e della Spagna (e Francia e Olanda?) vendendo i loro titoli e quindi causando la caduta dei loro prezzi e il rialzo dei tassi sulle nuove emissioni, si stima che ci vorrebbero 2 mila miliardi di euro di interventi (cioè di credito) per permettere a quei paesi di ridurre i propri deficit e debiti e quindi per metterli al riparo dalla speculazione. Ed è possibile che neanche queste somme enormi potrebbero essere sufficienti (Buiter gioca al rialzo: 3 miliardi).

Per questo, si è pensato di ‘potenziare’ il Fondo e cioè il capitale del Fondo dovrebbe servire come garanzia per il 20% invece del 100% del valore nominale dei titoli in mano agli investitori. Supponiamo che uno stato abbia emesso titoli per 100 miliardi. Se quei titoli sono svalutati del 50%, gli investitori perdono 50 miliardi. Il Fondo garantisce il 20% di 100 miliardi, cioè 20 miliardi, e i possessori di quei titoli perdono 30 miliardi invece di 50 miliardi. Per esempio, recentemente le banche che hanno in loro possesso titoli greci hanno dovuto accettare una perdita del 50%. E’ difficile capire perché gli investitori in titoli sovrani possano essere invogliati a comprare titoli a rischio con una copertura del 20% , cioè come l’assicurazione del 20% possa essere considerata un potenziamento del Fondo. Queste considerazioni valgono ancora di più se si considerano le perdite potenziali per gli obbligazionisti del Fondo derivanti del possibile mancato versamento della quota da parte degli stati in default.

I rimanenti 1,000 miliardi dovrebbero provenire attraverso fondi speciali istituiti dal Fondo stesso. Quindi, il cosiddetto ‘potenziamento’ del Fondo è un termine fuorviante perché (a) scoraggia gli investitori a comprare le obbligazioni sovrane a rischio (b) scoraggia altri investitori a comprare le obbligazioni del Fondo e (c) i maggiori capitali per 1000 o più miliardi dovrebbero essere debiti contratti indirettamente dal Fondo. La costruzione diventa sempre più bizantina ed è la UE stessa che, nel tentativo di evitare che una bolla scoppi, contribuisce alla formazione di un altra bolla. Il Fondo è un chiaro esempio di come le politiche anti-cicliche possano ritardare ma non evitare la crisi.

Per quanto riguarda la possibilità che la BCE compri massicciamente e senza limiti i titoli dei paesi a rischio o insolventi, le casse della BCE si riempiono di titoli che si svalutano, o sono addirittura titoli spazzatura, e si svuotano di euro. La BCE deve quindi stampare euro che vengono immessi nel circuito finanziario. Ma ciò è contrario al suo mandato, la lotta contro l’inflazione. Ma a parte ciò il risultato sarebbe l’investimento di questa iniezione di denaro nel circuito finanziario piuttosto che in quello produttivo. la bolla speculativa aumenterebbe.


Marco Passarella
critica all’intervento di Carchedi (17/11) - 18 novembre

Caro Guglielmo,

sono d’accordo su tutto (o quasi) quello che scrivi. In merito ad un possibile intervento della BCE (che servirebbe a placare la speculazione sui titoli di Stato, non a porre fine agli squilibri strutturali dell’Eurozona, né alla crisi - su questo siamo d’accordo), ti faccio, però, notare che:

(i) ciò che la BCE dovrebbe fare, è annunciare che è disposta ad acquistare illimitatamente tutti i titoli non collocati ad un prezzo dato;

(ii) paradossalmente, se l’annuncio della BCE fosse condiviso (qui sta il problema) e, dunque, credibile, non si dovrebbero realmente stampare euro, dato che nessun operatore avrebbe più interesse a liberarsi (o a non rinnovare la sottoscrizione) dei titoli (col che la speculazione “ribassista” non avrebbe più ragione d’essere);

(iii) un’eventuale espansione della cosiddetta “base monetaria” non determina automaticamente un’espansione dell’offerta totale di moneta, tanto meno nel corso di una fase di crisi caratterizzata da alta preferenza per la liquidità;

(iv) la misura dovrebbe, ovviamente, essere accoppiata a controlli sui movimenti di capitale e a riregolamentazione dei mercati finanziari, in modo tale da impedire che l’eventuale liquidità creata si presti ad un ulteriore aumento delle attività speculative “rialziste”.

In teoria, l’operazione potrebbe, dunque, funzionare. Peraltro, sempre che siamo interessati a salvare questo sistema (c’è in questo, da parte mia, un atteggiamento ambivalente, come in molti altri compagni del resto) rimarrebbero insoluti tutti gli altri problemi.

Pietro Gori – 18 novembre

Ma in pratica che cosa sta succedendo? Il cosiddetto fondo salva stati è fumo negli occhi, e credo che al ministero delle finanze tedesco lo sappiano bene.

Dicono che la BCE mai e poi mai diventerà una vera Banca Centrale, però essa continua a comprare titoli sul mercato secondario. Pochi, troppo pochi, ma ne compra. Le banche francesi, ma anche tedesche e inglesi, che non hanno affatto voglia di ricapitalizzarsi, scaricano btp bonos ecc., corrono ai ripari, diventano più piccole.

Intanto alla BCE ritornano parte degli incassi che le banche ottengono dalla vendita dei suddetti titoli, che essa remunera allo 0,50 % e in più si ritrova titoli che rendono tassi da capogiro. Mica scemi!

Certo, i tedeschi stanno giocando col fuoco, la situazione può sfuggirgli di mano, ma la posta in gioco è chi comanderà’ in Europa negli anni a venire.

Quella dei crucchi mi sembra una tattica di sfiancamento, per vincere ai punti, non per k. o., perché’ quest’ultimo esito gli si rivolgerebbe contro (…).


Vladimiro Giacché – 18 novembre

Sono d’accordo sia con Marco che con l’annotazione finale di Pietro (su sfondamento vs logoramento). Aggiungo che da ieri le novità sono le seguenti:

1. tensione anche sulle banche usa per via dell’esposizione sulla Francia; si avvicina il momento in cui la crisi europea, da vantaggio per i t-bond, diventerà un pericolo per il sistema finanziario Usa;

2. rottura di fatto tra Francia e Germania sul problema dell’intervento della Bce (il che dimostra - cosa che ho sempre pensato - che l’entente cordiale tra quel pagliaccio di Sarkozy e la Merkel era effimera; o, in altri termini, che la Francia fa parte a pieno diritto della zona sud dell’Ue);

3.  pessimi dati congiunturali (ordinativi industriali) in Italia: il che conferma che le politiche che si vogliono seguire non sono soltanto di classe ma sbagliate.


Guglielmo Carchedirisposta alla critica di Passarella (18/11) - 18 novembre

(1)  Penso che con l’aria che tira (non solo in Germania ma anche in altri paesi compresa l’Olanda) nessun politico tedesco accetterebbe mai che la BCE possa acquistare i titoli tossici senza limiti (anche se solo sul mercato secondario). Sarebbe un suicido politico.

(2)  Pur ammettendo che questo diventi il compito della BSE (invece che la lotta contro l’inflazione), la massa monetaria aumenterebbe enormemente. Ciò non significa necessariamente inflazione ma un aumento delle riserve e del denaro in mano alle banche, ai fondi di investimento, di speculazione, ecc. Questo sarebbe un incremento del capitale fittizio e l'inizio di una nuova bolla speculativa o l’aggravarsi di quella già esistente.

(3)  Inoltre, la Germania non può optare per questa ‘soluzione’ perché l’euro si indebolirebbe o il dollaro si rafforzerebbe. Ma il motivo principale per introdurre euro è stato proprio creare una moneta forte ad immagine e somiglianza del marco (come risulta da una analisi dell’Ecu, si veda il mio libro sull’UE e il mio pezzo che metterò tra breve sul mio sito) per contrastare il signoraggio del dollaro.

(4)  Se la BCE annunciasse di comprare senza limiti i titoli degli stati in pericolo di default, gli speculatori non farebbero neanche una piega. Essi possono benissimo giocare al ribasso. Vendono oggi i titoli sapendo che data la crisi essi continueranno a calare e possono ricomprarseli domani ad un prezzo minore.

(5)  I tedeschi sanno queste cose. É per questi motivi che è stato istituito il Fondo.

(6)  Bisognerebbe incominciare a pensare a queste cose non in termini di nazioni ma di classi. Per esempio, non esiste la Germania con degli interessi omogenei ma come minimo due classi della borghesia tedesca, una che vuole il default dei paesi deboli perché si sta orientando verso un euro nordico e l’altro che non vuole il default perché i suoi interessi sono meglio serviti dall’euro attuale.

(7)  La classe operaia anche italiana è in questo momento impotente. Ma se potesse scegliere dovrebbe scegliere secondo me di uscire dalla UEM pur ritenendo l’ Euro.


Guglielmo Carchedirisposta a Pietro Gori (18/11) - 26 novembre

Questo è quello che penso, soggetto a mutamenti dato che la situazione è fluida. Sarebbe molto difficile cambiare le regole cosicché BCE possa comprare titoli Italiani sul mercato primario perché l’opinione pubblica tedesca non lo vuole perché in tal caso sarebbe la eurozona (in primis la Germania) a finanziare il debito pubblico e quindi le spese statali Italiane. questo mi pare inconcepibile senza un ministero delle finanze europee. Ma anche se e quando verrà, è una questione al di là degli orizzonti della crisi.

Ma supponiamo che le regole vengano cambiate. Lo stato Italiano ha emesso obbligazioni per euro 100 al 7% che sono state comprate da speculatori. Lo stato Italiano emette altre obbligazioni per 100 euro al 5% che vende alla BCE. Con questi 100 euro estingue il debito al 7% con gli speculatori. Gli rimane un debito di 100 euro al 5%. Per quanto possa vedere io, questo è l’unica maniera per abbassare il tasso di interesse delle nuove emissioni, a parte i dettagli tecnici.

Rimane però il problema dei titoli già emessi ad alti tassi di interesse. In caso di rischio di default, la BCE dovrebbe acquistare anche quelli che sono stati comprati dagli speculatori attratti da quei alti tassi. Quanti titoli italiani, spagnoli, ecc. dovrebbe acquistare la BCE? Si parla dai mille ai tre mila miliardi. I circa 14 miliardi in dotazione alla BCE non sono niente. La BCE quindi dovrebbe stampare moneta. Le sue casse si riempirebbero di titoli di dubbia solvibilità comprati sia sul mercato primario che su quello secondario e si svuoterebbero di euro. Gli altri stati (forti e meno forti) membri dovrebbero ricapitalizzare la BCE. I problemi politici aumenterebbero. Per di più, ciò avrebbe un impatto sull’euro. Infatti, più gli altri stati devono pagare per ricapitalizzare la BCE, più le loro finanze vengono indebolite, più il pericolo di default potrebbe estendersi, più i titoli in euro di quegli stati verrebbero venduti, più (1) i tassi di interesse aumenterebbero e (2) più vi sarebbero euro in cerca di investimenti (per esempio in dollari), più l’euro si indebolirebbe (e sarebbe venduto) e più il progetto di un signoraggio dell’euro svanirebbe.

Insomma, a parte gli aspetti politici, il cambiare le regole non influirebbe di molto il comportamento degli speculatori perché potrebbero scommettere che le migliaia di miliardi che gli stati devono ai privati, anche se potessero essere rinegoziati ad un minor tasso presso la BCE, sarebbero un carico troppo ingente per gli stati dell’eurozona. La BCE dovrebbe abbandonare il gioco e gli stati deboli al loro destino. chi ha giocato al ribasso ci guadagna.

Ma supponiamo che la BCE si faccia carico di comprare tutte le obbligazioni, vecchie e nuove. Ciò significa escludere gli investitori privati da questo mercato, una assurdità. Ed è proprio per questo che il Trattato di Maastricht vieta alla BCE di comprare titoli sul mercato primario.


Marco Passarellarisposta a Carchedi (18/11) - 27 novembre

Caro Guglielmo,

non esiste alcun limite “tecnico” all’acquisto di titoli da parte della BCE. Del resto, acquistare titoli per fissarne il tasso di rendimento è quello che fanno (meglio, dovrebbero fare) tutte le banche centrali al mondo (rinvio a R. Wray, “Understanding modern money theory”, 1998). Perché dovrebbe essere un problema per la sola BCE?

PS: anche sulle esigenze di ricapitalizzazione in senso stretto ho forti dubbi. Che senso ha parlare di ricapitalizzazione per un’istituzione che stampa moneta? Anche se la BCE subisse forti perdite in conto capitale, qual è il problema? Ho, insomma, l’impressione che la partita sia tutta “politica”. Dopodiché, condivido il tuo pessimismo sugli esiti.


Guglielmo Carchedirisposta a Passarella (27/11) - 30 novembre

Caro Marco, è vero che non esiste alcun limite tecnico, nel senso che possono attivare le rotative e non smettere più di farle girare. Ma non è questo il punto. Il punto è che vi sono ostacoli politici e economici. Mi spiego.

Supponiamo che la BCE compri i titoli dei paesi a rischio. Qui bisogna distinguere tra il mercato primario e quello secondario. Alla BCE non è permesso comprare titoli di stato sul mercato primario (alla loro emissione). La vera ragione (anche se non menzionata) è che le regole della BCE sono state scritte dal capitale finanziario per il capitale finanziario e cioè per obbligare gli stati a indebitarsi con la finanza privata (banche, fondi finanziari e speculativi, ecc.) al fine di garantire loro cospicui profitti. Un cambiamento di questa regola incontrerebbe le loro notevoli resistenze. Ma vi sono anche altri ostacoli. L’opinione pubblica tedesca non vuole che la BCE investa nel mercato primario perché in tal caso sarebbe la eurozona (in primis la Germania) a finanziare il debito pubblico e quindi le spese statali dei paesi deboli, inclusa l’Italia. Questo mi pare inconcepibile senza un ministero delle finanze europee, ovviamente con le regole dettate dalla Germania. Ma se e quando verrà, è una questione al di là degli orizzonti della crisi.

Ma supponiamo che dietro la spinta degli avvenimenti, questa regola venga cambiata. I circa 14 miliardi in dotazione alla BCE sono risibili in confronto alle somme che sarebbero necessarie per comprare le nuove emissioni di titoli di stati a rischio prima che gli speculatori abbandonino la loro scommessa. La BCE quindi dovrebbe stampare moneta. Le sue casse si riempirebbero di titoli di dubbia solvibilità e gli stati riceverebbero euro svalutati perché con sempre minore poter d’acquisto. Sorgerebbe il pericolo di inflazione. Alternativamente, gli stati membri dovrebbero versare nuovi capitali nelle casse della BCE. I problemi politici sopra menzionati aumenterebbero. Per di più, più gli stati devono finanziare la BCE, più le loro finanze vengono indebolite, più il pericolo di default potrebbe estendersi, più i titoli in euro di quegli stati verrebbero venduti, più vi sarebbero euro in cerca di investimenti (per esempio in dollari), più l’euro si indebolirebbe (e sarebbe venduto) e più il progetto di un signoraggio dell’euro svanirebbe.

Rimane poi il problema dei titoli già emessi ad alti tassi di interesse. In caso di rischio di default, la BCE dovrebbe acquistare anche quelli che sono stati comprati dagli speculatori attratti da quei alti tassi. Quanti titoli italiani, spagnoli, ecc. dovrebbe acquistare la BCE sul mercato secondario oltre a quelli sul mercato primario? Si parla di migliaia di miliardi. La BCE sarebbe disposta a correre il rischio di inflazione (con conseguente perdita di competitività e di signoraggio) e/o gli stati sarebbero disposti a finanziare massicciamente i deficit degli stati più deboli? E gli speculatori smetterebbero di scommettere al ribasso (attraverso per esempio l’acquisto di CDS) sapendo che la capacità di intervento della BCE, anche se tecnicamente illimitata, non è illimitata a causa dei vincoli sia economici che politici? Ma il punto fondamentale è che l’immissione di questa iniezione di denaro nel circuito finanziario potrebbe posporre ancora una volta l’esplosione della bolla ma, dato che come si è visto anche recentemente questo denaro non sarebbe investito nel settore produttivo, creerebbero le condizioni per la prossima bolla speculativa.


Vladimiro Giacchérisposta a Carchedi - 30 novembre

Io invece per una volta non sono affatto d’accordo con Mino.

Primo: il pericolo di inflazione non è reale nell’Europa attuale, minacciata invece dalla deflazione.

Secondo: come mai, pur avendo comprato la Fed qualcosa come 1.600 miliardi di dollari di T-bonds l’inflazione non è affatto cresciuta? Per lo stesso motivo: perché siamo in situazione tendenzialmente deflattiva. In Europa e negli Usa.

Terzo: quanto all’acquisto dei titoli in mano agli speculatori, il prezzo lo fa il mercato. Oggi i rendimenti dei titoli di stato sono elevati perché tendenzialmente ci sono soltanto venditori. Questo ci porta ad un altro aspetto della faccenda: la verità è che, se la Bce dichiarasse (e dimostrasse di voler perseguire) un acquisto illimitato di titoli di stato, i rendimenti crollerebbero (e quindi la stessa Bce a medio termine potrebbe addirittura guadagnare dall’acquisto e rivendita titoli).

Quarto: il discorso sul signoraggio in teoria è sensato. In pratica, però, siccome è a rischio l’euro, il problema si sposta. È meglio un euro un po’ meno forte o nessun euro? Credo che anche un fautore dell’euro ueber alles se sano di mente non avrebbe problemi a scegliere.

Quinto: perché un po’ d’inflazione dovrebbe essere un problema? In realtà, essa aiuterebbe a ridurre il valore reale del debito in essere, e quindi ne ridurrebbe il peso (modalità spiegata assai bene dalla Reinhart nel suo libro recente sull’eliminazione del debito (“A decade of debt”, scritto assieme a K.S. Rogoff, ndr), nel quale più o meno apertamente consiglia agli Usa di seguire questa strada). E comunque dovremmo anche noi dare il nostro piccolo contributo alla demistificazione di questo terrore insensato: in fondo, negli anni Settanta anche i krukki avevano l’8% nelle strade e però circolavano molti meno nazisti che adesso (vedi fatti di Zwickau). By the way, come ho cercato di dire anche su La7, Hitler è arrivato al potere dopo la deflazione di inizio anni Trenta e non dopo la svalutazione del 1923.

Sesto: non sarebbe un problema neppure una moderata svalutazione, in quanto l’euro è sopravvalutato sul dollaro dal 2004 (se si calcola l’exchange rate sulla parità di potere d’acquisto). Anzi la svalutazione spingerebbe l’export (soprattutto dei paesi più specializzati in prodotti in cui la concorrenza di prezzo è cruciale).

Settimo: la verità è che non ci sono vincoli economici al fatto che la Bce eserciti sino in fondo (come fanno tutte le banche centrali mondiali) il suo potere di prestatore di ultima istanza. I vincoli sono soltanto politici, ossia risiedono nell’ideologia (ovviamente funzionale a precisi interessi di classe) dell’establishment europeo. Questo è importante dirlo, per sapere chi e dove è il nemico, oggi, di una soluzione sensata all’emergenza del debito sovrano dell’eurozona.

Ottavo: Quanto al fatto che lo scoppio della bolla sarebbe solo posposto, io rovescerei il problema. Dove e quando è meglio che scoppi, la bolla del debito? Ora e sul debito sovrano, ossia in faccia a tutti noi e al prezzo della distruzione definitiva del welfare? A me sembra di no. Perché non si può pensare a soluzioni di emergenza (come per l’appunto l’acquisto illimitato di titoli da parte della BCE [sul mercato primario o secondario non fa problema, perché le valutazioni dei titoli si allineano subito]) che siano accompagnate da riforme strutturali quali la nazionalizzazione delle banche, vincoli alla circolazione del capitale, ecc? E’ chiaro che è difficile. Ma questo noi dovremmo indicare come obiettivo. Altrimenti o proponiamo gigantesche sciocchezze come il diritto al default, oppure ci limitiamo a dire che la soluzione è il socialismo. Su questa seconda cosa io sono d’accordo, ma - scusate - non mi basta.


Antonio Pagliarone - 1 dicembre

Il grafico presente (…) mostra l'andamento dell'inflazione negli USA dal 2008 al 2011 e si nota un declino nel 2009 entrando in una fase deflattiva mentre si osserva una ripresa del gennaio 2010 ed una del gennaio 2011.


Vladimiro Giacché: commento al grafico sopra - 1 dicembre

Ecco, il giorno che la Bce comprasse 1500 miliardi di titoli di stato di paesi europei e l'inflazione salisse “addirittura” al 3,5% io sarei contento. È sempre un problema di quali sono le alternative (…).


Collettivo Countdowncommento a Carchedi (30/11) e Giacché (30/11) – 1 dicembre

La politica della BCE è differente rispetto a quella applicata dalle altre banche centrali, Fed, BoE, BoJ che non si fissano alcun limite nell’acquisto di obbligazioni statali, per il semplice fatto che l’establishment di Francoforte - che non può vedere né credere alla gravità della crisi debitoria mondiale - continua a perseguire lo scopo di un euro in tendenziale rivalutazione permanente verso le altre divise per attirare flussi maggiori di capitale speculativo (il che spiega l’assurdo di una divisa in tendenziale rivalutazione nel momento stesso in cui si sta disintegrando), mentre le altre banche centrali non hanno questo problema essendo molto più preoccupate del crollo del sistema finanziario mondiale; nel contempo, i governi delle nazioni più ricche sono costretti dal loro elettorato a fare la parte dei duri con il rifiuto di pagare per i più poveri. Gli “interessi di classe” (che sembrano opposti sulle due sponde dell’Atlantico: la solita espressione stereotipa che non vuol dire nulla) non c’entrano niente. Una divisa inconvertibile come l’Euro non può esistere senza che la Banca Centrale sconti i titoli di stato. Finora l’Euro è stato in piedi proprio perché non vi era alcun bisogno eccezionale di sconto di titoli di stato; quando la Grecia è stata obbligata a sottoscrivere un prestito estero nella propria divisa (qualcosa che non sta né in cielo né in terra) è stato lanciato il segnale che il debito pubblico in euro non era sicuro ossia era equiparabile al debito privato, e da questo punto in poi i tassi di interesse sui titoli dei cosiddetti PIIGS hanno invertito la tendenza e si sono rapidamente rialzati. Prima stavano tendenzialmente scendendo, come tutti i tassi di interesse sui titoli pubblici a causa della corsa verso la sicurezza - ossia verso i titoli pubblici fino a quel momento considerati privi di rischio- innescata dall’esplosione della crisi.

Nemmeno i titoli tedeschi possono comunque essere immuni dalla svalutazione perché anche loro sono in euro ed al crescere dell’incertezza e della instabilità finanziaria la corsa verso la sicurezza riprenderà in grande stile, ma stavolta solo verso i buoni del tesoro Usa con l’abbandono di quelli in euro. Nel caso limite, ovvero una corsa alla vendita di tutti i titoli esistenti denominati in euro i saggi di interesse sul debito pubblico europeo tenderebbero all’infinito, il valore delle obbligazioni a zero e la divisa europea non esisterebbe più, dimostrando di non essere un tipo di denaro inconvertibile emesso dallo stato attraverso una banca centrale ma un tipo di denaro inconvertibile privato emesso mediante un monopolio conferito dallo stato, anzi, peggio un tipo di denaro inconvertibile mondiale emesso privatamente grazie al monopolio conferito da un gruppo di stati associati (a delinquere, naturalmente).

Una qualsiasi banca centrale di tipo moderno non ha bisogno di nulla per emettere denaro, solo del monopolio e della forza dello stato alle sue spalle. Non ha bisogno di riserve, fondi, capitali etc., per il semplice fatto che il denaro che emette è inconvertibile e oltre alla banca centrale non c’è più nulla. Tutti i titoli che la banca centrale conta o risconta possono essere buoni o cattivi, liquidi o solidi, non fa alcuna differenza. Se sono buoni e liquidi verranno rimborsati altrimenti no, e magari verranno rinnovati anche per sempre, nessun fallimento ne conseguirà. Nessuno deve finanziare una banca centrale. La BCE può benissimo acquisire tutti i titoli che vuole -esattamente ciò che hanno fatto e fanno le altre banche centrali, a tal punto che la Fed ha uno stock di titoli pubblici pari a quasi 2000 miliardi di US$ (quattro anni fa era di circa 500 miliardi) mentre la BCE non arriva a 200 miliardi di Euro. Ma, questo cambia e/o risolve qualcosa? Al contrario. Le banche accrescerebbero molto le loro riserve con le quali acquisirebbero titoli sicuri come i buoni del tesoro americano, e da questa base riprenderebbero in grande stile il finanziamento del capitale speculativo. Nuovi e ancor più grandi pericoli di illiquidità e insolvenze generali ne conseguirebbero, e il giro si ripeterebbe, su scala allargata ovviamente.

Non si deve credere che la cosiddetta crisi del debito pubblico europeo e dell’euro e la demolizione del welfare state siano in qualche modo correlate. Le più grosse contrazioni al welfare sono state finora attuate nel Regno Unito, che non è nell’euro, e sono servite a finanziare il salvataggio di tutto il sistema finanziario-creditizio britannico, il più grande bailout della storia. Anche in Eurolandia i motivi iniziali della riduzione del welfare erano (e sono gli stessi), la crisi dell’euro è solo un’aggravante ma non la causa prima della distruzione del welfare, che è in corso ovunque nel mondo anche dove non sanno neppure dell’esistenza dell’euro. Né l’intervento della BCE sul modello Fed, BoE, BoJ etc. pur forse riuscendo a salvare l’euro trasformandolo in una divisa inconvertibile come le altre, potrebbe in alcun modo salvare il welfare il cui destino è completamente segnato dal fatto che è il capitale speculativo che se lo sta mangiando. Anzi, gli interventi della BCE a garanzia (e trasformazione) dell’Euro potrebbero perfino accelerare la fine del welfare.

Molti ripropongono oggi la nazionalizzazione delle banche per “risolvere la situazione”. Al proposito va notato che le banche centrali sono appunto istituzioni pubbliche e che, quindi, la nazionalizzazione delle banche di per sé non offre nessuna garanzia riguardo la circolazione dei capitali monetari. E’ vero che gli stati risparmierebbero i soldi dei salvataggi ma nulla impedisce che le banche nazionalizzate continuino poi a fare quello che fanno oggi. Il fatto è che la conversione del capitale monetario in capitale speculativo non dipende dalle banche ma da quelli che generano e impiegano il capitale monetario. Se la sfera produttiva fosse in asfissia per carenza di offerta di capitale da prestito, catturato interamente dalla speculazione per opera delle banche, (una favoletta per bambini non tanto svegli che continua a girare) avremmo dovuto assistere ad un enorme rialzo dei saggi di interesse negli ultimi 30 anni. Invece si è verificato esattamente il contrario.

Invariabilmente e ineluttabilmente, la nazionalizzazione delle banche si tira dietro il controllo dei settori produttivi e commerciali, e questo il mutamento dei rapporti fra le aziende, etc. La canzone è lunga, ma se si vuole cominciarla le strofe vanno poi cantate tutte.


Guglielmo Carchedicommenti (in grassetto) all’intervento di Giacché (30/11) - 2 dicembre

(…) Avrei voluto scrivere qualcosa di più organico ma non ne ho avuto il tempo (…).

“Io invece per una volta non sono affatto d’accordo con Mino.

Primo: il pericolo di inflazione non è reale nell’Europa attuale, minacciata invece dalla deflazione.

Secondo: come mai, pur avendo comprato la Fed qualcosa come 1.600 miliardi di dollari di T-bonds l’inflazione non è affatto cresciuta? [Un aumento della massa monetaria assieme ad un minor aumento del valore prodotto conduce sempre all’inflazione. Se non è nel settore produttivo è in quello fittizio) (la formazione della bolla), se non è nell’immediato (perché il denaro viene ‘sterilizzato’ come riserve), nel medio e lungo periodo. Ma consideriamo solo la sfera produttiva. L’affermazione di Vladimiro che non vi è stato un aumento dell’inflazione è troppo categorico perché in effetti l’inflazione è cresciuta. Vedi il documento allegato da Antonio Pagliarone. Vladimiro concede questo punto ma la sua risposta è:” ecco, il giorno che la Bce comprasse 1500 miliardi di titoli di stato di paesi europei e l’inflazione salisse “addirittura” al 3,5% io sarei contento”. Penso che Vladimiro voglia dire che l’amento del tasso di inflazione è ben poco in confronto alla entità della massa monetaria immessa negli USA e che quindi l’immissione di 1500 miliardi di euro nella UE avrebbe un simile effetto minore sull’inflazione nella UE. Ora, ammettiamo pure che il tasso di inflazione negli USA avrebbe dovuto essere (molto?) maggiore. Ma da ciò non si può concludere che un simile aumento della massa monetaria nella UE avrebbe un simile risultato. Secondo me si tratta di due situazioni diverse e non comparabili. I 1500 miliardi immessi dalla Fed sono andati principalmente nel circuito finanziario mentre i 1500 miliardi che sarebbero immessi dalla BCE andrebbero principalmente nell’economia reale. Gli effetti nella UE sarebbero ben più gravi. Vedi il punto seguente]. Per lo stesso motivo: perché siamo in situazione tendenzialmente deflattiva. In Europa e negli Usa. [In una situazione di crisi le iniezioni di capitale nel sistema finanziario aumentano il capitale speculativo e quindi non hanno un impatto immediato sui prezzi dei beni reali (tralascio l’effetto della speculazione sui prezzi dei beni reali, quali il grano, il petrolio, ecc). Questo è il caso della FED. Tuttavia qui si parla di finanziare gli stati con un aumento della massa monetaria per comprare nuove emissioni. Se come si presume questa massa monetaria è immessa dallo stato nell’economia reale, vi sarà con tutta probabilità una lievitazione dei prezzi anche maggiore del 3.5%. Di quanto, dipende dalla specificità della situazione. Quindi il limite economico di questi interventi è che essi o gonfiano i prezzi nell’economia reale o gonfiano il capitale speculativo e quindi la bolla speculativa. Ma il vero limite economico è che essi, anche se riescono ad evitare la catastrofe ora, la rimandano ad un prossimo futuro, con o senza inflazione nell’economia reale.]

Terzo: quanto all’acquisto dei titoli in mano agli speculatori, il prezzo lo fa il mercato: oggi i rendimenti dei titoli di stato sono elevati perché tendenzialmente ci sono soltanto venditori. questo ci porta ad un altro aspetto della faccenda: la verità è che, se la Bce dichiarasse (e dimostrasse di voler perseguire) un acquisto illimitato di titoli di stato, i rendimenti crollerebbero (e quindi la stessa Bce a medio termine potrebbe addirittura guadagnare dall’acquisto e rivendita titoli). [So che questa è l’opinione diffusa. Però sono scettico. Ci vuole altro perché i fondi speculativi smettano di giocare al ribasso. Essi potrebbero benissimo continuare a farlo sapendo che la BCE non ha una capacità illimitata di stampare moneta con cui comprare titoli sul mercato primario (e secondario). Sulla repubblica di ieri si riporta che Draghi ha asserito che “L’acquisto di titoli di Stato non può essereinfinito”(http://www.repubblica.it/economia/2011/12/01/news/draghi_i_governi_devono_recupera re_credibilit-25887946/?ref=HRER1-1). Perché? Perché i fondi speculativi hanno a loro disposizione quantità immense di denaro da gettare sul piatto (per esempio come CDS) mentre la BCE dovrà smettere di comprare titoli a causa dell’inflazione sia ‘reale’ che finanziaria . Vi è anche un’altra differenza tra l’immissione di denaro da parte della FED e quella da parte della BCE: negli USA non vi era una speculazione contro il dollaro. Ma verrà anche quella. Allora si vedrà se ulteriori iniezioni avranno o no un effetto inf]attivo nell’economia reale.]

Quarto: il discorso sul signoraggio in teoria è sensato. in pratica, però, siccome è a rischio l’euro, il problema si sposta. è meglio un euro un po’ meno forte o nessun euro? Credo che anche un fautore dell’euro ueber alles se sano di mente non avrebbe problemi a scegliere. [Secondo me questo non è un problema teorico. Ci sono due visoni di due sezioni della borghesia tedesca, entrambe con una loro razionalità, cioè entrambe sane di mente, per dirla con Vladimiro. Una punta sul mantenimento dell’euro così com’è, l’altra punta su un euro nordico per diversi interessi economici.]

Quinto: perché un po’ d’inflazione dovrebbe essere un problema? in realtà, essa aiuterebbe a ridurre il valore reale del debito in essere, e quindi ne ridurrebbe il peso (modalità spiegata assai bene dalla Reinhart nel suo libro recente sull’eliminazione del debito (“A decade of debt”, scritto con K.S. Rogoff, ndr), nel quale più o meno apertamente consiglia agli usa di seguire questa strada). e comunque dovremmo anche noi dare il nostro piccolo contributo alla demistificazione di questo terrore insensato: in fondo, negli anni Settanta anche i krukki avevano l’8% nelle strade e però circolavano molti meno nazisti che adesso (vedi fatti di Zwickau). By the way, come ho cercato di dire anche su La7, Hitler è arrivato al potere dopo la deflazione di inizio anni Trenta e non dopo la svalutazione del 1923. [Il punto che hai fatto alla 7 è stato ottimo, una boccata di aria fresca tra tanti pestilenziali commenti, però è besides the point nel contesto di questa chiacchierata (io non ho mai fatto un rapporto tra inflazione e fascismo). Primo, non è detto che l’inflazione sarebbe moderata. Essa tende a crescere. Secondo, l’inflazione aumenta i prezzi all’esportazione e peggiora la bilancia dei pagamenti per la qual servono euro che gli stati deboli non hanno. Terzo, e estremamente importante per noi, chi risente degli effetti negativi dei maggiori prezzi se non i lavoratori? Ci sono queste e altre ragioni reali per voler evitare l’inflazione.]

Sesto: non sarebbe un problema neppure una moderata svalutazione, in quanto l’euro è sopravvalutato sul dollaro dal 2004 (se si calcola l’exchange rate sulla parità di potere d’acquisto). Anzi la svalutazione spingerebbe l’export (soprattutto dei paesi più specializzati in prodotti in cui la concorrenza di prezzo è cruciale). [Questa è quanto ci dice l’economia da manuale. Da una prospettiva Marxista, la svalutazione spinge l’export ma è allo stesso tempo è una perdita di valore da parte del paese esportatore.]

Settimo: la verità è che non ci sono vincoli economici al fatto che la Bce eserciti sino in fondo (come fanno TUTTE le banche centrali mondiali) il suo potere di prestatore di ultima istanza. [Di nuovo, il punto non è che tutte le banche centrali sono prestatori di ultima istanza. Il punto è che (1) una dichiarazione di voler essere il prestatore di ultima istanza funziona bene se non vi è una massiccia speculazione contro la moneta (2) la pratica di acquistare tutti i bond dei paesi a rischio non è illimitata. Vedi sopra]. i vincoli sono soltanto [io direi, anche] politici, ossia risiedono nell’ideologia (ovviamente funzionale a precisi interessi di classe) dell’establishment europeo. questo è importante dirlo, per sapere chi e dove è il nemico, oggi, di una soluzione sensata all’emergenza del debito sovrano dell’eurozona.

Ottavo: Quanto al fatto che lo scoppio della bolla sarebbe solo posposto, io rovescerei il problema. Dove e quando è meglio che scoppi, la bolla del debito? [ non capisco il rovesciamento. Il fatto che la bolla scoppi, in questa forma o in un’altra se riescono ancora mettere una pezza a questa, è l’aspetto assolutamente fondamentale. Poi si può cercare di prevedere dove e quando scoppierà e di cercare di far ricadere il peso della crisi sul capitale nella prospettiva che il capitale deve essere indebolito per essere superarlo piuttosto che salvato, con politiche Keynesiane o altro] ora e sul debito sovrano, ossia in faccia a tutti noi e al prezzo della distruzione definitiva del welfare? A me sembra di no. Perché non si può pensare a soluzioni di emergenza (come per l’appunto l’acquisto illimitato di titoli da parte della BCE [sul mercato primario o secondario non fa problema, perché le valutazioni dei titoli si allineano subito]) che siano accompagnate da riforme strutturali quali la nazionalizzazione delle banche, vincoli alla circolazione del capitale, ecc? E’ chiaro che è difficile. Ma questo noi dovremmo indicare come obiettivo. Altrimenti o proponiamo gigantali sciocchezze come il diritto al default, oppure ci limitiamo a dire che la soluzione è il socialismo. Su questa seconda cosa io sono d’accordo, ma - scusate - non mi basta.”


Vladimiro Giacchécommenti (in rosso, in corsivo) alla critica di Carchedi (2/12) – 2 dicembre

Io invece per una volta non sono affatto d’accordo con Mino.

Primo: il pericolo di inflazione non è reale nell’Europa attuale, minacciata invece dalla deflazione.

Secondo: come mai, pur avendo comprato la Fed qualcosa come 1.600 miliardi di dollari di T-bonds l’inflazione non è affatto cresciuta? [Un aumento della massa monetaria assieme ad un minor aumento del valore prodotto conduce sempre all’inflazione. Se non è nel settore produttivo è in quello fittizio) (la formazione della bolla), se non è nell’immediato (perché il denaro viene ‘sterilizzato’ come riserve), nel medio e lungo periodo. Ma consideriamo solo la sfera produttiva. L’affermazione di Vladimiro che non vi è stato un aumento dell’inflazione è troppo categorico perché in effetti l’inflazione è cresciuta. Vedi il documento allegato da Antonio PagliaroneCaro Mino, mi sembra evidente dal grafico di Pagliarone che non vi è alcuna correlazione diretta tra aumento degli acquisti di t-bond e aumento dell’inflazione (che infatti sta lievemente scendendo).

Vladimiro concede questo punto ma la sua risposta è: “ecco, il giorno che la Bce comprasse 1500 miliardi di titoli di stato di paesi europei e l’inflazione salisse “addirittura” al 3,5% io sarei contento”. Penso che Vladimiro voglia dire che l’amento del tasso di inflazione è ben poco in confronto alla entità della massa monetaria immessa negli USA e che quindi l’immissione di 1500 miliardi di euro nella UE avrebbe un simile effetto minore sull’inflazione nella UE. Ora, ammettiamo pure che il tasso di inflazione negli USA avrebbe dovuto essere (molto?) maggiore. Ma da ciò non si può concluder che un simile aumento della massa monetaria nella UE avrebbe un simile risultato. Secondo me si tratta di due situazioni diverse e non comparabili. I 1500 miliardi immessi dalla Fed sono andati principalmente nel circuito finanziario mentre i 1500 miliardi che sarebbero immessi dalla BCE andrebbero principalmente nella economia reale.Cosa te lo fa credere?

Gli effetti nella UE sarebbero ben più gravi. Vedi il punto seguente]. Per lo stesso motivo: perché siamo in situazione tendenzialmente deflattiva. In Europa e negli Usa. [In una situazione di crisi le iniezioni di capitale nel sistema finanziarioaumentano il capitale speculativo e quindi non hanno un impatto immediato sui prezzi dei beni reali (tralascio l’effetto della speculazione sui prezzi dei beni reali, quali il grano, il petrolio, ecc). Questo è il caso della FED. Tuttavia qui si parla di finanziare gli stati con un aumento della massa monetaria per comprare nuove emissioni. Se come si presume (io veramente non presumo questo) questa massa monetaria è immessa dallo stato nella economia reale, vi sarà con tutta probabilità una lievitazione dei prezzi anche maggiore del 3.5%. Di quanto, dipende dalla specificità della situazione. Quindi il limite economico di questi interventi è che essi o gonfiano i prezzi nell’economia reale o gonfiano il capitale speculativo e quindi la bolla speculativa. Ma il vero limite economico è che essi, anche se riescono ad evitare la catastrofe ora, la rimandano ad un prossimo futuro, con o senza inflazione nell’economia reale.] Qui torniamo al mio problema: quali sono, qui e ora, le alternative?

Terzo: quanto all’acquisto dei titoli in mano agli speculatori, il prezzo lo fa il mercato: oggi i rendimenti dei titoli di stato sono elevati perché tendenzialmente ci sono soltanto venditori. questo ci porta ad un altro aspetto della faccenda: la verità è che, se la Bce dichiarasse (e dimostrasse di voler perseguire) un acquisto illimitato di titoli di stato, i rendimenti crollerebbero (e quindi la stessa Bce a medio termine potrebbe addirittura guadagnare dall’acquisto e rivendita titoli). [So che questa è l’opinione diffusa. Però sono scettico. Ci vuole altro perché i fondi speculativi smettano di giocare al ribasso. Essi potrebbero benissimo continuare a farlo sapendo che la BCE non ha una capacità illimitata di stampare moneta con cui comprare titoli sul mercato primario (e secondario). Sulla repubblica di ieri si riporta che Draghi ha asserito che “L’acquisto di titoli di Stato non può essere infinito” (http://www.repubblica.it/economia/2011/12/01/news/draghi_i_governi_devono_recuperare_credib
ilit-25887946/?ref=HRER1-1
). Perché? Perché i fondi speculativi hanno a loro disposizione quantità immense di denaro da gettare sul piatto (per esempio come CDS) mentre la BCE dovrà smettere di comprare titoli a causa dell’inflazione sia ‘reale’ che finanziariaNo. Draghi dice che non puo’ essere infinita perché’ lui non vuole che sia infinita. teoricamente potrebbe essere infinita. E se uno lo dicesse (e dimostrasse di fare sul serio) poi non dovrebbe essere effettivamente infinita.Vi è anche un’altra differenza tra l’immissione di denaro da parte della FED e quella da parte della BCE: negli USA non vi era una speculazione contro il dollaroNon è vero: questa c’è stata (quest’estate, ad esempio; e già l’anno scorso). Ma verrà anche quella. Allora si vedrà se ulteriori iniezioni avranno o no un effetto inflattivo nell’economia reale.]

Quarto: il discorso sul signoraggio in teoria è sensato. in pratica, però, siccome è a rischio l’euro, il problema si sposta. è meglio un euro un po’ meno forte o nessun euro? Credo che anche un fautore dell’euro ueber alles se sano di mente non avrebbe problemi a scegliere. Il [Secondo me questo non è un problema teorico. Ci sono due visoni di due sezioni della borghesia tedesca, entrambe con una loro razionalità, cioè entrambe sane di mente, per dirla con Vladimiro. Una punta sul mantenimento dell’euro così com’è, l’altra punta su un euro nordico per diversi interessi economici.] tema è il seguente: si guadagna di più comprando asset a sconto nel sud Europa (centralizzando i capitali) o esportando? Secondo me per la Germania la risposta giusta è: esportando.

Quinto: perché un po’ d’inflazione dovrebbe essere un problema? in realtà, essa aiuterebbe a ridurre il valore reale del debito in essere, e quindi ne ridurrebbe il peso (modalità spiegata assai bene dalla Reinhart nel suo libro recente sull’eliminazione del debito, nel quale più o meno apertamente consiglia agli usa di seguire questa strada). E comunque dovremmo anche noi dare il nostro piccolo contributo alla demistificazione di questo terrore insensato: in fondo, negli anni Settanta anche i krukki avevano l’8% nelle strade e però circolavano molti meno nazisti che adesso (vedi fatti di Zwickau). By the way, come ho cercato di dire anche su La7, Hitler è arrivato al potere dopo la deflazione di inizio anni Trenta e non dopo la svalutazione del 1923. [Il punto che hai fatto alla 7 è stato ottimo, una boccata di aria fresca tra tanti pestilenziali commenti, però è besides the point nel contesto di questa chiacchierata (io non ho mai fatto un rapporto tra inflazione e fascismo). Primo, non è detto che l’inflazione sarebbe moderata. Essa tende a crescere. Secondo, l’inflazione aumenta i prezzi all’esportazione e peggiora la bilancia dei pagamenti per la qual servono euro che gli stati deboli non hanno. Terzo, e estremamente importante per noi, chi risente degli effetti negativi dei maggiori prezzi se non i lavoratori? Ci sono queste e altre ragioni reali per voler evitare l’inflazione.] Qui il problema è: per i lavoratori è meglio che il debito si svalorizzi in termini reali? Secondo me sì.

Sesto: non sarebbe un problema neppure una moderata svalutazione, in quanto l’euro è sopravvalutato sul dollaro dal 2004 (se si calcola l’exchange rate sulla parità di potere d’acquisto). Anzi la svalutazione spingerebbe l’export (soprattutto dei paesi più specializzati in prodotti in cui la concorrenza di prezzo è cruciale). [Questa è quanto ci dice l’economia da manuale. Da una prospettiva Marxista, la svalutazione spinge l’export ma è allo stesso tempo è una perdita di valore da parte del paese esportatore.] La svalutazione competitiva è senz’altro un modo miserabile per recuperare competitività. Ma ci sono alternative peggiori (ad es., non recuperare competitività).

Settimo: la verità è che non ci sono vincoli economici al fatto che la Bce eserciti sino in fondo (come fanno TUTTE le banche centrali mondiali) il suo potere di prestatore di ultima istanza. [Di nuovo, il punto non è che tutte le banche centrali sono prestatori di ultima istanza. Il punto è che (1) una dichiarazione di voler essere il prestatore di ultima istanza funziona bene se non vi è una massiccia speculazione contro la monetanon sono d’accordo: se seguita da azioni reali, essa ridimensiona fortemente la speculazione; (2) la pratica di acquistare tutti i bond dei paesi a rischio non è illimitata. Vedi sopra](su questo ho già detto come la penso) i vincoli sono soltanto [io direi, anche] politici, ossia risiedono nell’ideologia (ovviamente funzionale a precisi interessi di classe) dell’establishment europeo. Questo è importante dirlo, per sapere chi e dove è il nemico, oggi, di una soluzione sensata all’emergenza del debito sovrano dell’eurozona.

Ottavo: Quanto al fatto che lo scoppio della bolla sarebbe solo posposto, io rovescerei il problema. Dove e quando è meglio che scoppi, la bolla del debito? [Non capisco il rovesciamento. Il fatto che la bolla scoppi, in questa forma o in un’altra se riescono ancora mettere una pezza a questa, è l’aspetto assolutamente fondamentale. Poi si può cercare di prevedere dove e quando scoppierà e di cercare di far ricadere il peso della crisi sul capitale nella prospettiva che il capitale deve essere indebolito per essere superato piuttosto che salvato, con politiche Keynesiane o altro]Il tema non è teorico: per me è meglio che scoppi sul versante del debito privato, non su quello del debito pubblico. Nel primo caso lo stato può nazionalizzare imprese e banche con modica spesa, nel secondo caso sono i privati che comprano sottoprezzo asset pubblici. Ora e sul debito sovrano, ossia in faccia a tutti noi e al prezzo della distruzione definitiva del welfare? A me sembra di no. Perché non si può pensare a soluzioni di emergenza (come per l’appunto l’acquisto illimitato di titoli da parte della BCE [sul mercato primario o secondario non fa problema, perché le valutazioni dei titoli si allineano subito]) che siano accompagnate da riforme strutturali quali la nazionalizzazione delle banche, vincoli alla circolazione del capitale ecc ecc ecc? E’ chiaro che è difficile. Ma questo noi dovremmo indicare come obiettivo. Altrimenti o proponiamo gigantali sciocchezze come il diritto al default (sono molto contento che su questo Mino sia a quanto capisco - d’accordo), oppure ci limitiamo a dire che la soluzione è il socialismo. Su questa seconda cosa io sono d’accordo, ma - scusate - non mi basta.


Guglielmo Carchediriposta a Giacché - 3 dicembre

Caro Vladimiro, mi accingevo a risponderti ma mi sono reso conto che probabilmente la nostra discussione sta esaurendo le sue potenzialità, cioè che noi riproporremmo le nostre tesi al più con qualche modifica/aggiunta. Quindi io proporrei di sospenderla fino a quando nuovi fatti emergeranno dando ragione all’uno o all’altro o a nessuno dei due. Fammi sapere.


Vladimiro Giacchèrisposta a Carchedi - 3 dicembre 

Penso che tu abbia ragione.


Guglielmo Carchedi
intervento successivo alla chiusura del dibattito - 13 dicembre

L’ alternativa caldeggiata da quella sezione della borghesia tedesca che è disposta a indebolire l’euro pur di mantenerlo è che i paesi deboli siano slavati dalla bancarotta. Ci sono due strategie, due tipi di interventi, a disposizione della BCE. La prima è ciò che la BCE sta già facendo, cioè essa compra i titoli di stato in possesso degli investitori (principalmente le banche). La seconda è attualmente solo una proposta, e cioè la BCE o compra direttamente le obbligazioni dei governi della eurozona o essa stessa emette obbligazioni (gli Eurobond). Il punto è se vi siano dei limiti economici a entrambi i tipi di intervento. A sua volta, questa questione è importante per la stabilità dell’euro. Infatti, se se la BCE può intervenire senza limiti economici, l’euro è salvo. Ma se ci sono limiti economici, gli speculatori potrebbero vincere la loro scommessa. Il limite dell’azione della BCE è l’inflazione. Quindi, è importante stabilire se questo pericolo sia reale.

Consideriamo per primo l’intervento della BCE sul mercato secondario. Supponiamo che il Tesoro italiano abbia emesso titoli di stato per 100 miliardi di Euro e che questi titoli corrano il rischio di default. The BCE li compra dalle banche e paga loro 100 miliardi. In questo modo essa inietta denaro nel sistema bancario. La BCE non inietta necessariamente moneta cartacea. Essa può fare credito, e in effetti è questo che fa, attraverso la creazione di una voce di credito nella sua contabilità elettronica, attraverso la cosiddetta moneta elettronica.

Le banche hanno ora 100 miliardi extra. In teoria, ciò è inflazionario a causa della creazione di moneta dal nulla senza una equivalente creazione di valore. Tuttavia, in pratica, nella attuale condizione di crisi economica, le banche (a) o non accreditano quella monta nella sfera reale ma la accantonano come riserve (b) o la investono nella sfera fittizia. In questo caso, l’inflazione sorge nella sfera fittizia ma non in quella reale.

Le cose sarebbero differenti se la BCE diventasse il prestatore di ultima istanza, se potesse intervenire sul mercato primario. Bisogna distinguere tra l’acquisto di obbligazioni dei governi della eurozona da parte della BCE e l’emissione da parte della BCE di obbligazioni (gli eurobond).

Nel primo caso, il governo Italiano emetterebbe titoli di stato e la BCE li comprerebbe attraverso la creazione di un credito elettronico. I 100 miliardi che il governo Italiano riceve dalla BCE sono spesi dal governo come più crede opportuno, per esempio per pagare gli impiegati statali. Quel denaro è ritirato solo quando il governo Italiano ritira quei titoli pagando il loro pieno prezzo.

Nel secondo caso (Eurobonds), se il governo Italiano avesse bisogno di 100 miliardi, la BCE stessa emetterebbe titoli per quella cifra, li venderebbe agli investitori (grandi fondi di investimento e banche) e poi darebbe il denaro che riceve dagli investitori al governo italiano. In questo caso, la quantità di moneta non è aumentata ma è solo trasferita dagli investitori al governo attraverso l’intermediazione della BCE. Perché l’intermediazione? Perché gli investitori potrebbero non comprare i titoli Italiani a causa del loro rischio di default.

Gli Eurobonds aiuterebbero I paesi più deboli a spesa di quelli più forti come la Germania perché gli Eurobonds emessi dalla BCE sarebbero garantiti da tutti I paesi membri della eurozona. Questo è il motivo dell’avversione della Germania gli Eurobonds. Forse in un tentativo di addolcire la amara pillola per la Germania, è stata fatta la proposta che la BCE possa emettere Eurobonds ma solo per un massimo del 60% del PIL del paese. Gli investitori privati potrebbero comprare un minimo del 40% del PIL. La questione, tuttavia, è se gli investitori privati sarebbero disposti a comprare titoli a rischio di default. In tal caso, la regola dovrebbe essere cambiata al 100% per la BCE.

In entrambi I casi di intervento sui mercati primari la BCE inietterebbe moneta (cartacea o credito) non nel sistema bancario ma nelle casse dello stato. Allora un movimento inflazionistico dipenderebbe da tutta una serie di fattori specifici come la quantità di moneta (credito) creata, l’uso fatto dallo stato (se fosse iniettata nella economia finanziaria o in quella reale), lo stato della domanda dei beni reali, ecc. Per esempio, da ora al 2013 gli stati della eurozona devono ri-finanziare circa un trilione e mezzo di euro (a fronte di un PIL dei 27 paesi della UE di circa 16 trilioni). E’ possibile che ciò possa causare inflazione o stagflazione. Per di più la BCE teme che una volta che essa sia diventata il prestatore di ultima istanza, il potenziale inflattivo aumenti grandemente. Infatti, se gli investitori privati possono rifiutarsi di compare i titoli statali, la BCE sarebbe obbligata a farlo.

Vi sono poi due altre ragioni che giustificano la resistenza a fare della BCE un prestatore in ultima istanza. La prima è che le regole della BCE sono state scritte dal capitale finanziario per il capitale finanziario e cioè per obbligare gli stati a indebitarsi con la finanza privata (banche, fondi di investimento, ecc.) al fine di garantire loro cospicui profitti. Un cambiamento di questa regola incontrerebbe le loro notevoli resistenze. La seconda è che l'opinione pubblica tedesca non vuole che la BCE investa nel mercato primario perché in tal caso sarebbe la  eurozona (in primis la Germania) a finanziare il debito pubblico e quindi le spese statali dei paesi deboli, inclusa l’Italia. E’ per questo che l’attuale leadership tedesca potrebbe accettare che la BCE diventi il prestatore in ultima istanza ma a condizione che venga istituito un ministero delle finanze europee, ovviamente con le regole dettate dalla Germania, principalmente un limite al debito degli stati nazionali (con sanzioni contro chi non rispetto tale limite).



Giovedì 15 Dicembre,2011 Ore: 17:08
 
 
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