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www.ildialogo.org "Tutto quello che in 30 anni di TV urlata non vi hanno mai detto sull'economia",a cura di Alfonso Navarra

"Tutto quello che in 30 anni di TV urlata non vi hanno mai detto sull'economia"

a cura di Alfonso Navarra

Domani, giovedi 17 novembre, con inizio alle ore 17.00, allo Spazio Kronos di via Borsieri, 12, riprendendo i "giovedi antinucleari", facciamo una riflessione sui concetti base per capire l'economia vigente, che ci pare di avere colto nelle discusioni precedenti, e che non abbiamo mai sentiti proporre dai grandi media televisivi.

L'economia è affare che ci riguarda tutti ed è materia troppo seria per essere delegata agli economisti di professione, quelli che "la crisi mai sarebbe potuta deflagrare" (così come Dio ci guardi dal delegare il complesso problema energetico agli "esperti" ingegneri nucleari, quelli che "mai Fukushima sarebbe potuta avvenire"!).

Sulla base di essi - concetti - possiamo valutare il governo Monti non come il provvido pompiere che, in una situazione di emergenza, spegne l'incendio che ci minaccia; bensì, per restare nella metafora ignea, come l'emissario dei piromani che deve sovraintendere allo sciacallaggio dei nostri beni per conto loro (i piromani della finanza internazionale, per capirci). A differenza del Berluska, non a caso messo da parte, Monti ha però effettivamente il compito di contenere le fiamme per evitare che facciano crollare tutto il sistema...

Alfonso Navarra - obiettore alle spese militari e nucleari (nonché obiettore bancario)

(uno che, grazie al movimento del '68, a 16 anni "Il Capitale" se l'era, ahimé,  già letto e studiato per intero ben 3 volte!)

promotore, con Mario Agostinelli ed altri, della nuova "Associazione Energia Felice"

I fatti fondamentali da cui partire sono:

1- i 500-600mila miliardi di dollari di derivati (in massima parte "fuori borsa"), pari a 8-10 volte il PIL mondiale, vogliono dire che viviamo, il mondo intero, appunto, sotto la spada di Damocle dell'iperinflazione (che abolisce di fatto la moneta come mezzo di scambio, vedi Weimar). Il problema per il sistema globale che si è venuto a creare in questi ultimi 30 anni (Luciano Gallino lo chiama "finanz-capitalismo") è di evitare che questa bolla di titoli più che tossici, radioattivi, esploda e che bene o male continui e si perpetui il meccanismo che risucchia ricchezza dall'economia reale. Di questo compito della "stabilità finanziaria" devono farsi garanti gli Stati, garantendo la liquidità ai player sistemici per evitare bancarotte locali passibili di reazioni a catena. Dal 2008 si parla a vuoto, nei vertici tipo G20, della necessità di creare una nuova regolamentazione globale del mercato dei derivati. Ma non si riesce a fissare, da parte di una politica complice, degli standard minimi cui la speculazione deve attenersi;

2- la crisi dell'euro nasce dal fatto che la BCE, per volontà soprattutto tedesca, si è autoimposta di funzionare in modo diverso dalla FED statunitense o dalla Bank of England. Rifiuta di "farsi prestarice di ultima istanza", cioé di garantire la solvibilità dei titoli sovrani dell'eurozona. Non stampa moneta neanche sotto tortura (e su questo il premio Nobel Paul Krugman ad esempio continua a bastonare nei suoi editoriali sul New York Times parlando di "indirizzo suicida") perché obbedisce al tabu tedesco dell'inflazione come massimo spauracchio (confondendo inflazione con iperinflazione);

3- come si è già scritto nel post intitolato "il debito non è nostro", la crisi del debito pubblico non è causata, come si vuole far credere, dall'eccesso di spesa pubblica, in particolare della spesa sociale; al contrario, la causa determinante dei deficit statali sta nell'enorme quantità di danaro regalato per il salvataggio del sistema finanziario. Si ripropongono le impressionanti cifre già diffuse nel citato post: negli USA, per i bailout bancari, secondo un dossier del New York Times, sono stati impegnati 17.000 miliardi di dollari, di cui 2.000 effettivamente versati ed il resto come garanzie, che hanno fatto meritare ad Obama l'appellativo di "uomo di Wall Street"; nella UE "solo" 5.000 miliardi di dollari; ma recentemente se ne vorrebbero mettere a disposizione 3.000 perché le banche vicine alla bancarotta possano ricorrere agli aiuti statali usati come bancomat di pronta liquidità;

4- sugli Stati che si sono svenati per salvare gli speculatori dal fallimento, gli speculatori medesimi, lungi dal ringraziare, nel contesto creato dalla gabbia dell'eurosistema (l'anomalia della BCE di cui si diceva, vedi articolo allegato del Sole 24 Ore di oggi intitolato: "Il quantitative easing è l'anello mancante della BCE"), accaniscono le loro operazioni speculative e creano la possibilità del fallimento dell'euro. Monti viene imposto, in barba a qualsiasi procedura democratica, come il curatore fallimentare che deve garantire il piano di rimborso dei creditori dei titoli italiani: solo in minima parte (il 20%) i piccoli risparmiatori;

5- Ne deriva che l'opinione pubblica farebbe bene ad occuparsi non della distribuzione "equa" delle mazzate che le devono essere somministrate, ma della condizione immediata e preliminare per cominciare a risolvere il vero problema: pretendere i poteri giusti per la BCE ed il ripristino del controllo democratico sul "bene comune" moneta (l'espressione è usata da Francois Morin nel suo "Un mondo senza Wall Street", che riprende il progetto di Keynes del bancor, la moneta internazionale). E' stupido parlare di "patrimoniale" nel momento in cui si tratta, oltretutto di capire, quale parte del debito è effettivamente "nostra". Questo, ad esempio, è il punto di partenza della "campagna per il congelamento del debito" lanciata dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Francuccio Gesualdi. Riportamo alcuni passi dell'appello: "Non è vero che tutto il debito va ripagato, il popolo ha l'obbligo di restituire solo quella parte che è stato utilizzata per il bene comune e solo se sono stati pagati tassi di interesse accettabili. Tutto il resto, dovuto a (usura speculativa - ndr), ruberie, sprechi, corruzione, è illegittimo e immorale, come hanno sempre sostenuto i popoli del Sud del mondo".


 

 Sole 24 Ore 16-11-2011

Commenti e Inchieste

Il quantitative easing è l'anello mancante della Bce

di Walter Riolfi

Non si sa se sia più arduo il compito di Mario Draghi alla Bce o quello di Mario Monti a Roma. Quest'ultimo si ritrova con l'apparente ampio consenso di quasi tutte le forze politiche italiane, ma deve fare i conti con i paletti di chi vorrebbe un mandato di breve periodo, di chi pretende che il nascente Governo si occupi solo di attuare le indicazione della Ue, di chi pone veti sulla patrimoniale e di chi non vuole toccare le pensioni.

Il compito di Draghi è quello di guidare una banca centrale che, per mandato e per cultura ereditata dalla Bundesbank, è del tutto inadeguata a gestire la crisi dei debiti sovrani. Assumendo la presidenza della Bce, Draghi deve per prima cosa rispettare le regole e il mandato della banca, ma per osare qualche iniziativa più efficace deve cercare di vincere l'ostinazione della Bundesbank e la ritrosia del Governo tedesco.

Il fatto che ieri tutto sia di nuovo caduto sui mercati finanziari lo si deve in piccola parte alle difficoltà create a Monti da alcuni partiti e in larga misura all'inerzia della Bce e alle esitazioni dei politici europei. Certo lo spread dei Btp italiani sul Bund è cresciuto in valore assoluto più di quello dei titoli di altri Paesi.

Ma il differenziale di rendimento per Francia e Austria è salito a nuovi massimi e, a quota 189 per la prima e 181 per la seconda, è consono a un Paese dalla doppia A e non tripla, come ancora possono fregiarsi oltralpe. Soprattutto è al massimo storico lo spread tra i bond decennali emessi dal fondo di stabilità (Efsf) e il Bund: a 182 punti significa che il fondo dovrà scordarsi il rating più alto e che i costi per finanziarsi diventano sempre più alti. La sua missione di "salvare" gli Stati membri dell'Unione è già in forse.

Uno sguardo fuori dalla zona euro e si scopre che il rendimento del Gilt decennale britannico è sceso al nuovo minimo storico: al 2,17%, ossia 5,11 punti percentuali meno del Btp, 4,43 meno del Bonos spagnolo e 1,52 meno dell'Oat francese.

Cosa c'è di così virtuoso nella Gran Bretagna, con un'inflazione doppia rispetto all'area euro e con un debito destinato a salire al 90% del Pil nel 2012 ( sopra quello francese) e a crescere più rapidamente di quello italiano e spagnolo negli anni successivi? La Banca d'Inghilterra è la risposta.

La teoria economica suggerirebbe che c'è assai poco di virtuoso in una banca centrale che crea moneta per comprarsi titoli del Tesoro del proprio Paese. Ma siccome questa prassi è stata riproposta a dosi massicce dagli Stati Uniti e ha contagiato il Giappone e la Svizzera, oltre che la stessa Inghilterra, non si capisce perché mai non possa essere eccezionalmente accolta anche dalla Bce: tanto più in presenza di una crisi finanziaria senza precedenti, di una stagnazione economica, di una bassa inflazione e di una valuta che ha continuato ad apprezzarsi sul dollaro.

Se Draghi avesse potuto annunciare lunedì un quantitative easing, come per tre volte ha fatto Ben Bernanke, gli effetti della crisi si sarebbero drasticamente ridotti sui mercati. Ma Draghi potrebbe annunciare una cosa simile solo se tutti i governi dell'area euro lo dovessero autorizzare. In questa direzione, una piccola speranza è arrivata ieri da Thomas Mayer, capo economista di Deutsche Bank. «L'Italia deve cavarsela da sola», ha detto, ma lo può fare solo se vi sono «condizioni monetarie favorevoli». Monti non chiederebbe di più.



Mercoledì 16 Novembre,2011 Ore: 18:45
 
 
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