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www.ildialogo.org Fermate la politica di crisi del neoliberismo,a cura della GLAM

Fermate la politica di crisi del neoliberismo

a cura della GLAM

Documento del Consiglio di Ricerca di Attac Germania


Di seguito il testo prodotto dal Consiglio di Ricerca di Attac Germania.
Essi invitano altri specialisti, organizzazioni sociali e movimenti nella eurozona a firmare questo appello per aumentare l'attenzione pubblica e rafforzare la soidarietà internazionale in Europa contro la disastrosa austerità tutta politica e per alternative economiche e politiche finanziarie.
Si può dare l'adesione al loro coordinatore  Steffen Stierle.
Il testo ci è pervenuto attraverso il professore di teologia sistematica all'Università di Heidelberg Ulrich Duchrow. La traduzione italiana è stata fatta dalla Glam (ringraziamo chi l'ha realizzata).
La Glam ha ritenuto di aderire a questa iniziativa ed invita a farlo chiunque lo sottoscriva.
Antonella Visintin - Coordinatrice della GLAM (Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia)

Fermate la politica di crisi del neoliberismo – espropriate chi guadagna con la crisi

Stiamo vivendo la più profonda crisi del capitalismo dalla Grande Depressione del 1930 - e i governi europei continuano ancora a versare benzina sul fuoco! Alcuni governi hanno impedito una soluzione solidale alla crisi in Europa fin dall'inizio e sono in gran parte responsabili della sua intensificazione. Ciò è particolarmente vero per il governo tedesco. Esso ha bloccato nell'autunno del 2008 un consistente pacchetto di stimolo congiunturale a livello europeo. Non appena è stato raggiunto il culmine della recessione in Germania nel 2009, il governo tedesco iniziavò a predicare un duro regime di austerità. Il "freno all'indebitamento" è stato inserito nella costituzione: un'auto-castrazione della politica nel pieno spirito neoliberista. Le misure di austerità nei diversi paesi dell'UE hanno colpito soprattutto i salariati, i pensionati, i disoccupati e i piccoli lavoratori autonomi, mentre i ricchi, le banche e le società l'hanno fatta franca. Nella primavera del 2010, il governo federale ha a lungo bloccato l'aiuto alla Grecia, in modo che la crescita del debito nazionale greco si è accelerata, e una soluzione della crisi è diventata più difficile e più costosa. Gli impegni di prestito per la Grecia e altri paesi in crisi sono stati collegati con norme prive di senso che hanno per forza peggiorato la crisi. Ad esempio, la riduzione del salario minimo greco non aumenta affatto la "competitività", non avendo la Grecia delle industrie competitive  a livello internazionale. Al contrario, la riduzione del salario minimo distrugge il mercato interno greco, acuisce il crollo delle entrate fiscali e il debito pubblico continua a salire. Questo esempio rende chiaro che la politica di crisi attuale, continua a redistribuire le risorse dai salariati ai proprietari di capitali senza riguardo per le conseguenze economiche e sociali. I salari greci sono già diminuiti del 20-30%, centinaia di migliaia di persone perdono il lavoro, più di 10.000 scuole sono state chiuse, gli ospedali non hanno medicinali, i bambini soffrono di fame. Sviluppi simili minacciano anche il Portogallo e altri paesi europei.
La politica neo-liberista il cui fallimento è davanti agli occhi di tutti, viene ulteriormente radicalizzata. Infatti, "patto fiscale" che i leader dei 24 stati dell'Unione europea hanno deciso il 2 Marzo 2012, ha lo scopo mettere per iscritto una volta per sempre la politica di austerità neoliberista. Un "freno all'indebitamento" al modello tedesco deve essere ancorato in Europa. Il disavanzo di bilancio in futuro dovrebbe essere limitato ad un massimo dello 0,5% del prodotto interno lordo. Viene però trascurato il fatto che già "Patto di stabilità e crescita" dell'Unione economica e monetaria europea degli anni 90, che ha approvato un deficit di bilancio del 3% del prodotto interno lordo, non era realistico di fronte ad una società capitalistica caratterizzata. Il limite del deficit del 3% è stato superato permanentemente. Ma il "Trattato sulla stabilità, coordinamento e controllo in seno all'Unione economica e monetaria", come il patto fiscale si chiama ufficialmente, è più di un risultato di una pazzia lontana dalla realtà di economisti e politici neoliberisti. Nuove ondate di privatizzazioni, di distruzione di posti di lavoro, di tagli ai servizi pubblici, di tagli alle politiche sociali e le riduzioni salariali sono previsti in Europa. E tutto ciò per garantire i profitti di un piccolo gruppo di proprietari di capitali ricchi. Le politiche distruttive in gran parte promosse dal governo tedesco e francese viene accettato da quasi tutti i governi della UE, perché in tutti questi paesi esistono gruppi dominanti del capitale che beneficiano dal fatto che i salariati vengono messi sotto pressione crescente.

La politica europea della crisi porta ad un aumento dell'erosione e alla svalutazione della democrazia. Non da ultimo a causa della pressione internazionale, i governi in Grecia e in Italia sono stati sostituiti da "tecnocrati" al fine di rassicurare "i mercati". Questi governi  prendono decisioni importanti senza essere legittimati da elezioni. Un referendum annunciato sulla politica di austerità in Grecia è stato annullato a causa della pressione da parte delle forze dominanti. Le elezioni non hanno senso se i maggiori partiti rappresentano essenzialmente la stessa politica come successo di di recente in Portogallo e Spagna. Le competenze vengono trasferite dal livello nazionale a quello comunitario, senza la possibilità di un adeguato controllo democratico delle attività delle istituzioni europee come la Commissione europea, la Banca centrale europea o della Corte europea. Prendiamo atto con grande preoccupazione l'ascesa di forze nazionaliste, razziste e fasciste in diversi paesi d'Europa.
Ci sono però politiche alternative a quella dominante. Un'alternativa sostanziale però è solo possibile se le cause della crisi sono adeguatamente riconosciute. La crisi del debito pubblico è solo un aspetto della crisi in Europa. In essa si sovrappongono le contraddizioni dell'integrazione europea (sviluppo ineguale, la politica monetaria comune senza una politica salariale comune, la politica fiscale e la politica industriale) con una strutturale sovra-accumulazione di capitale. C'è troppo capitale di fronte alle opportunità di sfruttamento del lavoro e della natura ancora ancora possibili.

Una strategia alternativa per combattere la crisi dovrebbe inizialmente comprendere i seguenti elementi:

No alla ratifica del patto fiscale

Il patto fiscale rappresenta un'ulteriore de-democratizzazione, rinforza le politiche neo-liberiste e aggrava la crisi.
Cancellazione del debito

In una verifica pubblica del deficit pubblico dev'essere chiarito come è nato il debito e chi sono i proprietari dei titoli di Stato. Il debito degli uni è la proprietà degli altri. I risparmi e diritti pensionistici delle masse della popolazione devono essere protetti, mentre devono essere annullati gli interessi sui capitali dei ricchi, delle banche, degli hedge fund e delle società.
Socializzazione delle banche

Le banche che sono state salvate con denaro pubblico devono essere socializzate. Le banche "troppo grandi per fallire" devono essere scorporate.
Radicale redistribuzione del reddito e della ricchezza

Abbiamo bisogno di una tassa sulle transazioni finanziarie, un aumento delle imposte sulle plusvalenze, la reintroduzione della tassa di proprietà e di una progressione molto maggiore per l'imposta sul reddito al fine di ottenere un finanziamento sostenibile della spesa pubblica per ampliare i servizi pubblici, aumentare i benefici sociali e rendere possibili investimento pubblici nel sociale ed ecologico per combattere la povertà globale.
Superare la disoccupazione di massa

La disoccupazione di massa, i bassi salari e i tagli salariali sono importanti motivi per i tassi salariali in declino e l'emergere di capitale in eccesso, che si gonfia il settore finanziario. Basta con la manipolazione delle statistiche sulla disoccupazione. La disoccupazione di massa può essere eliminata solo per mezzo di una radicale riduzione delle ore di lavoro.
Democratizzazione della democrazia

La democrazia dev'essere rafforzata a tutti i livelli in particolare a livello europeo. È inoltre necessario che essa comprenda l'area dell'economia. Non può essere che la democrazia finisca alle porte delle fabbriche e davanti alle banche e che un piccolo gruppo di privati sull'apparato ha in mano i mezzi di produzione, dal cui sviluppo dipende la vita dell'umanità.
La "primavera araba", il movimento degli "idignados" in Spagna, i numerosi scioperi e le manifestazioni in Grecia e il movimento “occupy” negli Stati Uniti ci ha incorraggiati. E' giunto il momento di intensificare le proteste e portale anche lì dove in gran parte definita la politica europea della crisi. Invitiamo quindi ad azioni di protesta globali decentrali il 12 maggio, nonché ad azioni di protesta europee il 17-19 maggio 2012 a Francoforte sul Meno.

Il Consiglio di Ricerca di Attac Germania
(Qui le organizzazioni firmatarie, da aggiungere)

Testo originale

Stoppt die neoliberale Krisenpolitik – enteignet die Krisengewinner!

Wir erleben die tiefste Krise des Kapitalismus seit der großen Weltwirtschaftskrise der 1930er Jahre – und die europäischen Regierungen gießen ständig weiteres Öl ins Feuer! Einige Regierungen haben eine solidarische Lösung der Krise in Europa von Anfang an verhindert und sind maßgeblich für ihre Verschärfung verantwortlich. Besonders trifft dies auf die deutsche Regierung zu. Sie blockierte im Herbst 2008 ein substanzielles Konjunkturpaket auf europäischer Ebene. Kaum war der Tiefpunkt der Rezession in Deutschland im Jahr 2009 erreicht, predigte die deutsche Regierung, nun sei eine harte Sparpolitik notwendig. Die „Schuldenbremse“ wurde im Grundgesetz verankert: Eine von neoliberaler Ideologie geprägte Selbstentmachtung der Politik. Die Sparmaßnahmen in den verschiedenen EU-Ländern trafen vor allem Lohnabhängige, Rentner, Arbeitslose und kleine Selbständige, während die Reichen, die Banken und Konzerne ungeschoren davon kamen. Im Frühjahr 2010 blockierte die Bundesregierung lange die Hilfe für Griechenland, so dass der Anstieg der griechischen Staatsverschuldung sich beschleunigte und eine Lösung dieser Krise immer schwieriger und immer teurer wurde. Die Kreditzusagen für Griechenland und andere Krisenländer wurden mit unsinnigen Auflagen verbunden, die die Krise weiter verschärfen mussten. So trägt beispielsweise die Senkung des griechischen Mindestlohns nicht zur Steigerung der „Wettbewerbsfähigkeit“ bei, da das Land ohnehin kaum über international konkurrenzfähige Industrien verfügt. Stattdessen zerstört die Senkung des Mindestlohns weiter den griechischen Binnenmarkt, im Ergebnis brechen die Steuereinnahmen weg und die Staatsverschuldung steigt weiter an. Das Beispiel macht deutlich: Die gegenwärtige Krisenpolitik schreibt die Umverteilung von den Lohnabhängigen zu den Kapitaleignern ohne Rücksicht auf gesamtwirtschaftliche und gesellschaftliche Folgen fort. Die griechischen Löhne sind bereits um 20-30% und mehr gesunken, Hunderttausende verlieren ihren Arbeitsplatz, mehr als 10.000 Schulen wurden geschlossen, Krankenhäuser bekommen keine Medikamente mehr, Kinder hungern. Ähnliche Entwicklungen drohen auch in Portugal und weiteren Ländern Europas.
Die neoliberale Politik, deren Scheitern in der Krise offenkundig wurde, wird nochmals radikalisiert. So zielt der „Fiskalpakt“, den die Staats- und Regierungschefs von 24 Staaten der Europäischen Union am 2. März 2012 beschlossen haben, darauf ab, die neoliberale Sparpolitik für alle Zukunft gesetzlich festzuschreiben. Eine „Schuldenbremse“ nach dem deutschen Vorbild soll europaweit verankert werden. Staatliche Haushaltsdefizite sollen zukünftig auf maximal 0,5% des Bruttoinlandsprodukts begrenzt werden. Was dabei übersehen wird: Schon der in den 1990er Jahren vereinbarte „Stabilitäts- und Wachstumspakt“ der Europäischen Wirtschafts- und Währungsunion, der noch ein Haushaltsdefizit von 3% des Bruttoinlandsprodukts zugelassen hat, hielt der Realität einer von Krisen geprägten kapitalistischen Gesellschaft nicht stand. Das Defizit von 3% wurde regelmäßig überschritten. Doch der „Vertrag über Stabilität, Koordinierung und Steuerung in der Wirtschafts- und Währungsunion“, wie der Fiskalpakt offiziell heißt, ist mehr als das Resultat der realitätsfremden Spinnerei neoliberaler Ökonomen und Politiker. Weitere Wellen der Privatisierung, der Vernichtung von Arbeitsplätzen, der Einschränkung öffentlicher Dienstleistungen, des Sozialabbaus und der Lohnsenkung sind europaweit vorprogrammiert. Und das alles, um die Profite einer kleinen Gruppe von reichen Vermögensbesitzern zu sichern. Die maßgeblich von der deutschen und der französischen Regierung vorangetriebene zerstörerische Politik von fast allen Regierungen in der EU akzeptiert und umgesetzt, weil es in all diesen Ländern dominante Kapitalfraktionen gibt, die davon profitieren, dass die Lohnabhängigen verstärkt unter Druck gesetzt werden.
Die europäische Krisenpolitik führt zu einer zunehmenden Aushöhlung und Entwertung der Demokratie. Nicht zuletzt durch internationalen Druck wurden Regierungen in Griechenland und Italien abgesetzt und durch Regierungen von „Technokraten“ ersetzt, um „die Märkte“ zu beruhigen. Diese Regierungen treffen weit reichende Entscheidungen, ohne durch Wahlen legitimiert zu sein. Eine angekündigte Volksabstimmung zur Sparpolitik in Griechenland wurde auf Druck herrschender Kräfte kurzerhand wieder abgesagt. Wahlen werden sinnlos, wenn die großen Parteien wie zuletzt in Portugal und Spanien im Wesentlichen die gleiche Politik vertreten. Kompetenzen werden von der nationalen auf die EU-Ebene verlagert, ohne dass eine adäquate demokratische Kontrolle der Tätigkeit von EU-Institutionen wie der Europäischen Kommission, der Europäischen Zentralbank oder des Europäischen Gerichtshofs möglich ist. Wir beobachten mit großer Sorge das Erstarken nationalistischer, rassistischer und faschistischer Kräfte in verschiedenen Ländern Europas.

Doch die herrschende Politik ist nicht alternativlos. Eine substanzielle Alternative ist allerdings nur möglich, wenn die Ursachen der Krise richtig erkannt werden. Die staatliche Verschuldungskrise ist nur ein Aspekt der gegenwärtigen Krise in Europa. In ihr überlagern sich die Widersprüche der europäischen Integration (ungleiche Entwicklung, gemeinsame Geldpolitik ohne gemeinsame Lohnpolitik, Steuerpolitik und Industriepolitik) mit einer strukturellen Überakkumulation von Kapital. Es gibt zu viel Kapital, gemessen an den Möglichkeiten, Arbeit und Natur noch weiter auszubeuten.
Eine alternative Strategie der Krisenbekämpfung müsste zunächst folgende Elemente umfassen:
Keine Ratifizierung des Fiskalpaktes
Der Fiskalpakt bedeutet eine weitere Entdemokratisierung, schreibt neoliberale Politik fest und verschärft die Krise.
Streichung der Staatsschulden
In einem öffentlichen Schuldenaudit muss geklärt werden, wie die Schulden zustande gekommen sind und wer die Besitzer der Staatsanleihen sind. Die Schulden der einen sind das Vermögen der anderen. Die Ersparnisse und Rentenansprüche der breiten Masse der Bevölkerung müssen gesichert werden, doch die Zins- und Tilgungsansprüche der Reichen, der Banken, Hedge Fonds und Konzerne müssen annulliert werden.
Vergesellschaftung der Banken
Banken, die mit öffentlichen Geldern gerettet werden, müssen vergesellschaftet werden. Banken, die „to big to fail“ sind, müssen entflochten werden.
Radikale Umverteilung von Einkommen und Vermögen
Wir benötigen eine Finanztransaktionssteuer, eine Steigerung der Steuern auf Kapitalerträge, eine Wiedereinführung der Vermögenssteuer und eine weitaus stärkere Progression in der Einkommensteuer, um zu einer nachhaltigen Finanzierung der Staatsausgaben zu gelangen, die öffentlichen Dienstleistungen auszubauen, die Sozialleistungen zu erhöhen und sozial und ökologisch notwendige öffentliche Investitionen zu ermöglichen sowie die globale Armut zu bekämpfen.
Überwindung der Massenarbeitslosigkeit
Die Massenarbeitslosigkeit, Niedriglöhne und Lohnsenkungen sind wichtige Gründe für sinkende Lohnquoten und die Entstehung von überschüssigem Kapital, das den Finanzsektor aufbläht. Schluss mit Manipulationen der Arbeitslosenstatistik. Die Massenarbeitslosigkeit kann nur durch eine radikale Arbeitszeitverkürzung und beseitigt werden.
Demokratisierung der Demokratie
Die Demokratie muss auf allen Ebenen, insbesondere auf der europäischen Ebene gestärkt werden. Sie muss auch den Bereich der Wirtschaft umfassen. Es kann nicht sein, dass die Demokratie an den Werkstoren und vor den Banken endet und dass eine kleine Gruppe privat über den Produktionsapparat verfügt, von dessen Entwicklung das Leben der Menschheit abhängig ist.

Der „arabische Frühling“, die Bewegung der „Empörten“ in Spanien, die zahlreichen Streiks und Demonstrationen in Griechenland sowie die von den USA ausgehende weltweite „Occupy“-Bewegung haben Mut gemacht. Es ist höchste Zeit, die Proteste zu verstärken und auch dorthin zu tragen, wo die europäische Krisenpolitik maßgeblich bestimmt wird. Wir daher zu den globalen dezentralen Protestaktionen am 12. Mai sowie zu den europäischen Protestaktionen, die am 17.-19. Mai 2012 in Frankfurt am Main stattfinden werden, auf.

Der wissenschaftliche Beirat von Attac Deutschland
(hier wären weitere unterzeichnende Organisationen zu ergänzen)



Sabato 14 Aprile,2012 Ore: 19:53
 
 
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