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Gli editoriali di Adesso
UN FAGIAN0 VALE DI PIŲ

IN LOTTA PER L'UOMO


Adesso anno 1 n. 9 - Modena 15 maggio 1949


"La donna quando partorisce è in dolore; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più dell'angoscia per l'allegrezza che sia nato al mondo un uomo”.
Vangelo

Siamo in troppi. Ce lo dicono tutti e con malgarbo, quasi fosse un delitto mettere al mondo degli uomini. I forestieri se la prendono con gli italiani in genere: i borghesi nostrani con i poveri, con quelli cioè che non hanno ancora appreso il vivere del mondo. Quei di fuori non vogliono straccioni alla finestra mentre ruminano. Per essi - francesi, inglesi, americani,; australiani, canadesi ecc. — una foresta, una riserva di caccia di centinaia di chilometri quadrati di terra senza braccia, e una necessita. democratica. Progressisti o no, laboristi o conservatori vanno tutti d'accordo nel chiuderci la porta in faccia. Un fagiano ha la precedenza su un italiano. E se gli italiani non sanno ragionevolmente diradarsi, si asciughino da soli i loro guai.

Quei di dentro hanno pure le loro buone ragioni. Ieri, quando eran fascisti, foraggiavano allegramente i premi di natalità, facendo bella mostra di se nelle feste della madre e del fanciullo; oggi, ovunque militino, imprecano contro questa conigliera che sarebbe l'Italia, non osando fiatare contro nessun signore d'occidente o d'oriente, d'Africa o di America perché non ci lascia un po' di posto, il posto che non gli serve e che non sa neanche di avere. Invece di riproporre davanti al mondo in. termini umani e non di potenza il problema dello spazio vitale, molti italiani preferiscono sovvertire o deviare la legge morale e rimproverano alla primavera la sua esuberanza.

Di fronte alla «saggezza dei sapienti» che schiva i problemi fastidiosi e cerca di risolverli nel modo meno scomodo, non vedo che la « stoltezza cristiana » che purtroppo va paurosamente ripiegando e minaccia di svuotare la legge con calcoli troppo accorti per essere onesti e una insopportabile accondiscendenza verso quelle nazioni e quelle classi che hanno scelto la regola del proprio star bene sovra qualsiasi altra regola dell'uomo.

Nessuno consiglia un'imprevidenza irragionevole, che non e mai stata e non sarà mai una re­gola cristiana, ma poiché il dovere c'è ed è per il bene comune, non si può farlo pesare unicamente sulle spalle dei galantuomini quando la stessa società e chiamata non ad impedire ma ad accrescere la vita.

Senz'accorgersene, per questa strada ritorna giustificato il materialismo nazista, che eliminava l'inutile, la bocca che pesa: ri­torna la legge del più forte, e la guerra e già in atto senza averla dichiarata e in una maniera che assomiglia ancora di più alla strage degli innocenti.

Col pretesto di aiutarci senza Provvidenza, veniamo a poco a poco sostituendo il nostro piano a quello di Dio, pianificando non la produzione ma la vita, raggiungendo limiti non ancora toccati dalla pianificazione marxista.

Se il mondo fosse piccolo e tutta lavorata dall'uomo la ter­ra e già misurato il pane ch'essa ci può dare, la disperazione ci potrebbe suggerire la ricetta di questo lento suicidio : ma quando si pensa che abbiamo appena incominciato a popolarla e a farla produrre, certi consigli trasudano la senilità egoistica di quei popoli e di quelle classi che si son fatti padroni delle cose di Dio, non perché le sanno usare ma perché le sanno brutalmente difendere come « primi occupanti ». Se non proponiamo in ter­mini umani il diritto alla vita dei popoli poveri e sani e laboriosi, se prima non diamo una giusta espansione ai figli degli uomini, ogni problema di giustizia sociale e di rettitudine personale non può venire equamente risolto.

Soltanto la Chiesa può impostare e condurre, con esatta visione, giusta regola, la battaglia dell'uomo. Purtroppo, molti cristiani hanno perduto o non vivono audacemente anche su que­sto argomento l'impegno della cattolicità. Prima, e forse unicamente, essi pensano da francesi, da americani, da australiani, da argentini, formando intorno alla Chiesa e nella Chiesa stessa quell'incrostazione che le impedisce di potere essere capita dai pove­ri.

L'Anno Santo dovrebbe far sentire ai cattolici di tutto il mon­do come essi sarebbero poco cristiani se, venendo a Roma per rinnovare il senso della loro cattolicità, credessero di risolvere il loro impegno verso l'Italia cattolica e proletaria con un obolo di turistica degnazione.

Adesso



Venerdė 09 Dicembre,2011 Ore: 19:03
 
 
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don Primo Mazzolari

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