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www.ildialogo.org 8 marzo: il corpo, il cuore e l'anima delle donne,di Beppe Manni

8 marzo: il corpo, il cuore e l'anima delle donne

di Beppe Manni

 Un industriale di Spilamberto ha intenzione di istallare davanti alla sua azienda, una grande statua dedicata alla donna. Luciano Valentini viene dalla campagna e il suo ideale di donna è legato alla "rezdora" che ha il suo archetipo nella famosa Venere di Savignano. La raffigurerà così: una signora dal largo sorriso, un prosperoso seno e due grandi mani aperte: piacente e intelligente, operosa e generosa.
In appena un mezzo secolo la figura della donna ha cambiata profondamente il suo ruolo. Oggi si tratta molto del corpo della donna ma poco della sua anima e del suo cuore. Se ci fermiamo all'uso improprio che i mass media e i pre-potenti di turno ne fanno oggi, rischiamo di sparlare della donna non di parlarne.
Alla metà degli anni 60 il femminismo segnò una tappa decisiva per l'autocoscienza della donna e del suo corpo: fu un movimento liberatorio molto importante, ma pilotato da una piccola borghesia consapevole. Da noi c'erano due precedenti gloriosi e popolari: la rezdora e l'operaia. La prima aveva un ruolo decisivo all'interno della famiglia contadina, ma era una figura solitaria che prevedeva la sottommissione di tutte le altre donne della casa e specialmente era condizionata da una cultura religiosa e patriarcale: la donna possesso del maschio, fiaccata dalle maternità e dalla fatica dei campi, cancellata nella sua femminilità. Quando la donna cominciò ad andare in fabbrica e portare a casa uno stipendio, prese consapevolezza delle sue possibilità anche fuori dal ruolo di donna di casa e di madre. Attraverso la partecipazione alla lotta partigiana prima e all'interno del sindacato e dell'UDI, (Unione donne Italiane) poi, le donne acquisirono coscinza di sè e maturità e affinarono gli strumenti per la propria emancipazione. Il voto alle donne, la legge del divorzio e la 194, ma specilamente le leggi per la salute in fabbrica e la protezione della maternità, la nascita degli asili nido, furono pietre miliari per una presenza femminile nella società sempre più significativa. Anche nella chiesa nonostante l'assurda proibizione per la donna di avere responsabiltà ministeriali, l'Azione Cattolica fu un prezioso luogo di emancipazione femminile.
Da quando negli anni trenta solo alle nobildonne modenesi era permesso ben vestire, fare vacanze, imbellettarsi; o negli anni 50 quando solo alle figlie dei borghesi era permesso studiare e laurearsi, ne è stata fatta della strada grazie alle donne semplici e umili figlie del nostro popolo.
Sembra di fare della retorica ma è bene che ce lo ricordiamo, perchè fortunatamente sappiamo che le donne migliori sono intorno a noi nelle nostre case, nelle fabbriche negli uffici e nelle scuole, belle, sorridenti, efficienti e intelligenti. Sono la maggioranza. Non scollacciate, sculettanti, urlacchianti come scimmie e vuote come zucche, affacciate alle finestre del nostro salotto televisivo.
Che la "Bunessma" da mille anni in piazza grande protegga dall'alto del suo pulpito le nostre belle donne geminiane, che possano rimanerci per sempre vicine come compagne intelligenti e amanti attente. E che aiutino noi maschi a rinsavire.
 
Beppe Manni
8 marzo 2011

 

Pubblicato sulla Gazzetta di Modena il 13 marzo



Luned́ 21 Marzo,2011 Ore: 15:14
 
 
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