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www.ildialogo.org OTTO MARZO 2011: ANCORA CENTO ANNI?,di NICOLETTA CROCELLA

OTTO MARZO 2011: ANCORA CENTO ANNI?

di NICOLETTA CROCELLA

[Ringraziamo Nicoletta Crocella (per contatti: stellecadenti@tiscali.it) per questo intervento.
Per un profilo di Nicoletta Crocella dall'ampia intervista in "Coi piedi per terra" n. 296 del 18 luglio 2010 riprendiamo la seguente breve notizia autobiografica: "Sono una donna adulta, ho 66 anni, sono responsabile dell'editoria per l'associazione Stelle Cadenti, ho fatto l'assistente sociale e la formatrice, da sempre scrivo, ho allevato bambini, amato uomini, coltivato amicizie, abbandonato storie che mi costringevano, incontrato altre persone. Ho partecipato a gruppi femministi, ecologisti, persino politici, oggi partecipo alle cose in cui credo, mi impegno con la scrittura e la comunicazione, nella relazione con i vicini, con bambini ed anziani, cani e gatti. Ho una particolare attenzione alla condizione della donna, la violenza sulle donne e' la rappresentazione di un mondo violento, della prevaricazione, del potere dell'uno sull'altra, ed alla condizione dei popoli oppressi. Particolare amore per la causa palestinese perche' la Palestina e' una ferita nel Mediterraneo, e' il capro espiatorio di nostre colpe passate, e' la dimostrazione di come un intero popolo possa divenire ostaggio, non considerato come composto di esseri umani, ma condannato in blocco ad una stenta sopravvivenza, per la nostra pretesa sicurezza. E per parlare di sicurezza, l'unica che mi interessa e' la sicurezza della terra e del cielo, del cibo e della vita delle persone vere"]

E va bene, come al solito le istituzioni arrivano in ritardo, e se noi abbiamo festeggiato nel 2008 i cento anni dell'otto marzo giornata internazionale della donna, loro se ne accorgono adesso. L'Unione Europea ad esempio non trova di meglio che festeggiare questo centenario rivisto con un convegno sulla leadership femminile...

Tocca ancora una volta prendere le distanze e partire da noi: sembra ormai assodato che le donne sono protagoniste, magari con una autonoma vendita del proprio corpo al potente di turno per fare carriera, diventare persino ministre... Se quella di inchinarsi, vendersi, ossequiare e servire in ogni modo i potenti per accedere ad una fetta di potere sembra ormai l'attivita' piu' consolidata e redditizia, gestita in forme diverse da uomini e donne, ma con lo stesso squallido esito, bisogna dire che cresce il disagio e la presa di distanza delle persone comuni, delle donne che hanno una vita normale, cercano un lavoro, hanno un compagno, dei figli, e contano sulle proprie capacita' e competenze per riuscire nel mondo. Diventa quasi impossibile non parlare di questo nell'Italia di oggi, anche se il tema, in modo meno brutale ed ostentato, non e' certo soltanto italiano.

Trovandomi per ora all'estero, e dall'altra parte dell'oceano, nello Yucatan messicano, mi trovo ad avere sollecitazioni e stimoli diversi che fanno allargare lo sguardo sul mondo, su altri modi di vivere la condizione femminile, su modi diversi ed autentici di riscoprire la forza delle donne, di mettere al mondo il mondo verrebbe da dire. E mi sembra di poter dire che e' da questa forza delle donne segreta, pressata, contenuta dal potere globale, che verra' il cambiamento e la salvezza.

Nei contorcimenti dolorosi che stiamo vivendo in molti luoghi, e che preparano e segnano la fine del mondo, del mondo occidentale, o globale, come preferite, cosi' come lo conosciamo, le donne si muovono cercando di mettere in campo nuove-antiche verita', la forza, il rispetto, la mistica che comporta una riscoperta del sacro come aspetto intimo, legame con ogni energia del mondo, per arrivare ad un giorno nuovo, in cui l'intreccio di ombra e luce, di notte e giorno, sia colorato dalle mille sfumature della luce e dell'ombra. Il corpo, ridotto dalla dottrina ufficiale a fonte di peccato solo mostrandosi, portatore di desideri oscuri e negativi, viene invece riconosciuto come il potere che ci dona di entrare in relazione, di conoscere, riconoscere, incrociare sguardi e cammini, cosi' potente e sacro da "fare invidia agli angeli" che non lo possiedono. E l'amore di se' trascende la bellezza formale del proprio corpo, ma e' amore per la vita, le sensibilita', le relazioni che soltanto il corpo ci consente.

Si risveglia ancora una volta la voglia di prendersi cura, di se' e degli altri, del mondo, cosi' le madri inglesi chiamano ad una grande manifestazione per la vita e contro la cultura di guerra e morte che consente ai potenti di giocare con le vite degli esseri umani, dei governati, che se si ribellano divengono sudditi, carne da macello, ingrati incoscienti che non amano il capo...

E allora basta, basta accettare la violenza, e basta anche cercare di ridurre le donne a macchietta degli uomini, capaci di inchinarsi al potente ed esercitare potere sui sottoposti... ma via! Lasciamo le manifestazioni ufficiali senza piu' senso, senza comprensione e vocabolario, e cerchiamo nuove parole, cominciamo a dire la nostra realta', la nostra verita'. Sveliamo una volta per tutte il ruolo del patriarcato nell'indirizzare pensieri ed immaginario verso una soluzione soltanto, una direzione soltanto, rendendo le relazioni tra le persone un problema di potere, e confinando in giochi prestabiliti ogni umana fantasia. Chiamiamo a svelare la realta' di un potere basato sulla prevaricazione, invece che sul servizio, di una chiesa, o forse tutte le chiese, ma parlo di quel che so meglio, fondata sulla prevaricazione dell'uomo sulla donna, sul potere maschile che va ossequiato e compreso anche quando pecca, perche' il peccato ha diverso valore se commesso da un uomo o da una donna, e l'ordine sociale e' basato sul padre, dio padre onnipotente, che governa e comanda, e sulla moglie-madre, la sua chiesa, la cui azione ed il cui intendimento e' diretto solamente ad onorare ed adorare il padre celeste... Paura della vita vera, paura delle donne, del potere sommerso, del legame con la Luna e la Terra, con il cosmo e con la materialita' della vita: le donne sanno di cure e di dolore, ma anche di armonia, di intesa, di sguardi che si comprendono di complicita', di amore e di sostegno.

*

8 marzo amiche mie? Di nuovo cento anni di 8 marzo? E sia, cento e cento e cento, mille anni di vita delle donne sommersa e nascosta, riscopriamo il potere delle donne, potere di vita, di intuizione, di amore e respingiamo la cultura di morte cui si aggrappano questi poteri moribondi, queste storie che devono finire perche' hanno perso ogni senso: noi siamo dalla parte delle persone, gli esseri umani uomini e donne, bambine e bambini, vecchie e vecchi, i corpi che soffrono che godono che sanguinano e dolorano, siamo con loro, e scendiamo in tutte le piazze sediamo in tutti i sit-in, protestiamo ad ogni occasione, ed insieme cerchiamo di riconoscere ed aprire le nuove strade, l'incontro tra le differenze, l'ascolto, la comprensione, la certezza di se' che ci consente di amare e di abbandonare le "armi" da sempre attribuite alle donne per volgere alla nuova era che rinasce dalle rovine di questa.

Mentre scrivo queste parole ho in mente alcune immagini che hanno segnato le mie giornate qui nello Yucatan: la prima, un cerchio di donne, donne nuove che insieme, con la guida attenta, competente, e stimolante di una donna lavorano intrecciando pensieri e desideri, magia del cosmo e sentimento, confrontandosi tra se' e con le altre in una ricerca profonda di se', consapevoli del qui ed ora, dei dolori e dei problemi, e della realta' interiore che muove le nostre reazioni. Piccoli gruppi, intreccio di donne che provengono da piu' mondi e culture differenti ed approdano a questo incontro.

E poi la fotografia di una anziana donna maya che attraversa la piazza trasportando il suo carico di oggetti da vendere ai turisti, lavoro sfiancante, che seguitano a fare con dignita' anche quando calano progressivamente di prezzo sperando in un acquisto.

E poi una statua, nella piazza centrale di Valladolid, al centro di una fontana circolare, una donna con un abito maya, e dimensioni ed aspetto che incrociano caratteristiche maya ed ispaniche, che versa una brocca, ricorda l'immagine della Temperanza dei tarocchi di Marsiglia, e la si vuole simbolo dell'incontro e riconciliazione dopo una lunga ribellione tra il popolo maya e gli ispanici.

Un'altra statua, una donna robusta grande, in mezzo ad un crocevia di una anonima cittadina del Campeche: eretta, sorridente, capelli ordinatamente raccolti da un nastro, abito lungo, lo scialle che poggia morbidamente sui fianchi, dove posano anche le mani con aria assertiva. Ho chiesto ad un bambino chi fosse quella signora, mi ha risposto: "Non e' una segnora, e' una campesina che lotta per i suoi diritti, i diritti delle donne".

Le donne sempre sono usate come simbolo, ma in questi casi mi e' sembrato il segno di una crescita, di un inizio, di un nuovo sentire in cui conta il corpo delle donne, la loro realta', non soltanto una vaga idealizzazione.

Vorrei allora invitare tutte noi a fare dell'8 marzo un momento di incontro, di ascolto, di intreccio di storie e di realta', un mattone cui aggiungere ogni giorno un altro e un altro ancora, per giungere alla costruzione della nuova realta'.



Luned́ 07 Marzo,2011 Ore: 15:40
 
 
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Pianeta donna

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