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www.ildialogo.org E L’OTTAVO GIORNO L’UOMO CREO’ IL SUO DIO,di Daniela Zini

La chiesa cattolica e le donne
E L’OTTAVO GIORNO L’UOMO CREO’ IL SUO DIO

di Daniela Zini

L'idéologie chrétienne n'a pas peu contribué à l'oppression de la femme.”
Simone de Beauvoir
Dio ha scelto di prendere una forma maschile.
Il sesso eletto è il sesso maschile, e le donne farebbero bene a tenere conto della scelta divina.
“Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza.”,
era scritto nel mio libro di catechismo e, dall’alto dei miei cinque anni, mi domandavo già:
“E non la donna?”
La Chiesa ricorda questa storia di un Dio maschio per legittimare la posizione di autorità che adotta quando parla delle donne?
In modo regolare, la Chiesa ha ritenuto giusto rimettere le donne “al loro posto”, ricordare loro ciò che pretende conoscere meglio di loro, la loro “natura”, il loro ruolo nel mondo, la loro vocazione, scritta con un inchiostro indelebile nel grande libro dell’umanità, di cui si ritiene l’esegeta accreditato.
Ma è sufficiente richiamarsi a Dio e ai suoi santi per pontificare sulla “natura” e sul ruolo delle donne?
Da millenni, le società patriarcali vogliono essenzialmente donne dolci, gentili, scialbe, sottomesse, attente, servizievoli, fedeli, umili, devote, sempre in disparte e in attesa. Se le donne si allontanano dal modello – ed è inevitabile, nessuna donna può assumere un tale modello per tutta la vita senza sprofondare nella depressione, la follia o il crimine – la società e la Chiesa si scandalizzano e rimproverano loro di agire “contro-natura”.
La fedeltà, l’umiltà e la devozione non sono innate o specificamente femminili. Se sembra che le donne, ma non tutte le donne, più degli uomini abbiano sviluppato queste attitudini, non per questo sono ascritte da tutta l’eternità alla natura femminile. È la cultura giudaico-cristiana che le ha imposte come ideale femminile: le donne si dedicheranno al benessere e allo sviluppo degli altri, gli uomini avranno campo libero per costruire il mondo a propria immagine e somiglianza.
Le donne non sono né migliori né peggiori degli uomini.
Sarebbe, forse, tempo che la Chiesa se ne rendesse conto, cessasse di giudicare le donne più severamente e le accettasse con le proprie aspirazioni, i propri difetti e il proprio diritto all’errore.
Il 3 luglio 2002, il Parlamento Europeo adottava (280 voti a favore, 240 contro, 28 astensioni) la relazione di iniziativa e la proposta di risoluzione della socialista belga Anne Van Lancker su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”.
La sessualità delle donne o l’autonomia sessuale ha un senso molto simbolico e conseguenze materiali, sia per i fondamentalisti e gli estremisti, sia per le femministe  e le difenditrici dei diritti delle donne. L’autonomia sessuale e l’integrità corporale delle donne costituiscono aspetti chiave della lotta per e contro la capacità delle donne di esercitare tutti i loro diritti umani e di condurre una vita di dignità. Generalmente, gli Stati regolano, limitano, restringono e definiscono la sessualità e le sue espressioni in nome dell’“interesse nazionale” o della “famiglia”, la comunità o l’integrità culturale.
Il 5 marzo dello scorso anno, la decisione del vescovo di Recife, monsignor José Cardoso Sobrinho, di scomunicare la madre di una bambina di nove anni – stuprata per tre anni dal patrigno – che aveva preso la decisione di farla abortire, era stata, come noto, difesa in Vaticano (1). La scomunica era stata estesa a tutta l’équipe medica che aveva praticato, in linea con la legge brasiliana, l’aborto per salvarle la vita, ma non al patrigno perché “lo stupro è meno grave dell’aborto” aveva spiegato il prefetto della congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, stretto collaboratore di Benedetto XVI.
“È un caso triste, ma il vero problema è che i gemelli concepiti erano persone innocenti, che avevano il diritto di vivere e che non potevano essere soppressi. La Chiesa ha sempre difeso la vita e deve continuare a farlo, senza adattarsi agli umori dell'epoca o all'opportunità politica.” (2)
Le autorità vaticane hanno una curiosa concezione dell’amore e anche della carità cristiana.
Quante morti dovute agli aborti clandestini avrebbero potuto essere evitate senza l’anatema pontificio lanciato contro l’aborto legale?
Quante morti dovute all’AIDS avrebbero potuto essere evitate senza la campagna irresponsabile contro il preservativo per imporre la dottrina dell’astinenza?
Trenta anni dopo la scoperta del virus dell’HIV, sono circa 33,4 milioni le persone portatrici del virus dell'AIDS in tutto il mondo. Lo indicano stime diffuse dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Programma dell'ONU sull'HIV/AIDS, l'UNAIDS. Il dato mostra una crescita rispetto ai 33 milioni del 2007.
Nell'Africa sub-sahariana, dove il flagello dell'AIDS è molto più presente, ci sono stati 400mila contagi in meno nel 2008, il 15% in meno rispetto al 2001. Il rischio di contagio in rapporti sessuali non protetti è maggiore da due a quattro volte nelle donne rispetto agli uomini. Le donne contraggono il virus molto spesso a causa dell’adulterio del proprio marito o compagno e sono, quasi sistematicamente, costrette ad avere rapporti sessuali molto presto. L’HIV ha giocato un fattore significativo nei decessi delle donne durante il parto, secondo i dati sudafricani, circa 50mila decessi materni sono stati associati all’AIDS. Si contano non meno di cinquanta neonati contagiati ogni giorno in Africa. Il 25% muore prima del primo anno di vita e il 60% non raggiunge i due anni. Solo l’1% dei bambini riceve cure antiretrovirali.
“Non c’è un deficit di risorse materiali ma un deficit di buona volontà.”,
ha dichiarato, lo scorso ottobre, alla conferenza sull’AIDS pediatrico, promossa dalla Caritas Internationalis e dell’ambasciata americana presso la Santa Sede, il direttore esecutivo dell’agenzia ONU per la lotta all’AIDS (UNAIDS), Michel Sidibé, prendendo a prestito le parole di Martin Luther King per esortare i governi e la comunità internazionale a impegnarsi a sradicare la piaga dell’AIDS.
Un anno fa, papa Benedetto XVI, parlando ai giornalisti sull’aereo che lo conduceva a Yaoundè, capitale del Camerun, nel suo primo viaggio in Africa, aveva affermato che l’epidemia di AIDS nel continente africano “non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi”. Questa frase anticipava il senso del suo viaggio e congelava, fino dalla partenza, ogni aspettativa di cambiamento della posizione ufficiale della Chiesa al riguardo. Confermava anche la sua condanna dei mezzi contraccettivi, che, da decenni, solleva dubbi e critiche all’interno dello stesso mondo cattolico e continua a orientare l’azione dei missionari cattolici, opponendoli al lavoro delle organizzazioni umanitarie internazionali, che insistono sulla necessità di combattere l’AIDS con i preservativi, ma non solo. Il papa ha, certamente, ragione quando dice che l’epidemia “non si può superare con la distribuzione dei preservativi” e richiede cure gratuite per i malati di AIDS, ma i suoi “propos” sono discutibili quando aggiunge che “i preservativi aumentano i problemi”.
Perché non dispensare un’educazione alla sessualità, che, nelle mani delle potenti reti di missionari cattolici, avrebbe incidenze rapide e profonde?  
È del tutto curioso che uomini che hanno fatto voto di celibato e di astinenza sessuale si interessino in modo ossessivo alla sessualità degli altri e cerchino incessantemente di controllare le persone dell’altro sesso.
Non hanno ancora superato la tradizionale paura delle donne che ha afflitto la Chiesa cattolica, esperta in umanità, per secoli e secoli, e ha giocato un ruolo nella caccia alle streghe dell’Inquisizione?  
È più facile dettare stoicamente principi sulla contraccezione e sull’aborto, ai quali non ci si dovrà mai conformare, che far rispettare nella “propria casa” la morale che si vuole imporre nelle camere da letto del pianeta. La crisi degli abusi sessuali perpetrati dal clero sottolinea il carattere profondamente reazionario e anarchico della Chiesa cattolica come istituzione, una istituzione malata, le cui pratiche e credenze sono contrarie agli elementari bisogni umani e generano inevitabilmente i comportamenti psicosessuali più malsani. Ma è preferibile ignorare le realtà della vita moderna, ponendo i sacerdoti in una posizione impossibile e mettendo i bambini e gli adolescenti in pericolo, che vedere lo sgretolamento possibile di tutta l’istituzione. Dopo gli Stati Uniti (sotto il pontificato di papa Giovanni Paolo II) e, più recentemente, l’Irlanda, lo scandalo della pedofilia nei ranghi della Chiesa cattolica scuote ora la Germania, i Paesi Bassi e l’Austria. Il celibato dei sacerdoti è una regola esclusiva della Chiesa cattolica tra le religioni monoteiste. Imposto contro natura – con il suo terribile corollario: il voto di castità – ai giovani, fino dal loro ingresso in seminario, è – per quanto ne dicano le autorità vaticane – una delle cause se non “la” causa principale di questo flagello in seno alla comunità ecclesiastica. La solitudine affettiva e le pulsioni sessuali represse non saranno mai compensate da un preteso “amore di Dio”.
In una Chiesa disertata dalle vocazioni e avvelenata dai troppi scandali di pedofilia un approccio meno “crispé” sui rapporti tra uomo e donna sarebbe salutare.
Note :
(1)La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae” (Codice di Diritto Canonico, can. 1398), “per il fatto stesso d'aver commesso il delitto” (Codice di Diritto Canonico, can. 1314) e alle condizioni previste dal diritto (cfr. Codice di Diritto Canonico, cann. 1323-1324).
(2) La Stampa, 7 marzo 2009
 
Daniela Zini
Copyright © 2010 ADZ


Domenica 14 Marzo,2010 Ore: 15:00
 
 
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