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www.ildialogo.org LA DONNA E’ L’AVVENIRE DELL’UOMO,di Daniela Zini

Otto Marzo
LA DONNA E’ L’AVVENIRE DELL’UOMO

di Daniela Zini

1910 –2010
CENTENARIO DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA DONNA
INSIEME CONTINUIAMO LA LOTTA
 
 
“La donna è asservita all’uomo e lo resterà fintanto che non sarà indipendente economicamente.”
Clara Zetkin
 
 
 CANTO DI GUERRA

O donna iraniana, solo tu restasti
Nelle catene della tirannia, della sventura e della sfortuna!
Se vuoi spezzare queste catene
Afferra la gonna dell’ostinazione.

Non piegarti mai alla forza,
Non arretrare di un passo alle mendaci lusinghe,
Divieni uno schiaffo di odio, di rabbia e di dolore,
Rimuovi il pesante macigno della tirannia.

È il tuo caldo seno che ha nutrito
Questo uomo superbo e pomposo.
È il tuo dolce sorriso che profondeva
Al suo cuore calore e vigore.

Per chi tu hai generato,
Tu inorgoglisci della sua supremazia e del suo privilegio.
O donna, muoviti che un mondo
È in attesa e con te è armonioso.

Dormire nella tua tomba è preferibile per te
Alla schiavitù, all’onta e alla sventura.
Dov’è il superbo uomo…? Digli
Che deve chinarsi sulla soglia della tua casa.

Dov’è l’orgoglioso uomo…? Digli: Levati,
Qui una donna si batte con te.
La sua parola è verità e, per amore della verità,
Non versa mai lacrime per debolezza.


Forugh Farrokhzad (1935-1967)
traduzione dal persiano di Assunta Daniela Zini

  
Soheila Ghadiria Soheila Ghadiri, impiccata a ventotto anni, nel carcere di Evin, a Tehran, il 21 ottobre 2009, per l’assassinio della propria figlia di cinque giorni
“A sedici anni, sono scappata di casa e mi sono sposata con un ragazzo che amavo. Lui è morto in un incidente e, allora, ho iniziato a prostituirmi e a drogarmi. Ho contratto l’HIV e l’epatite. Quando è nata mia figlia, l’ho uccisa perché volevo risparmiarle la mia stessa sorte.”
Soheila Ghadiri
 
 
Nel 1910, a Copenaghen, in occasione della seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, che riunisce centinaia di donne venute da diciassette paesi, la giornalista tedesca Clara Zetkin, che dirige, dal 1890, Die Gleichheit (L’Eguaglianza), propone, per la prima volta, una Giornata Mondiale della Donna.
Lo stesso anno, quando il Comitato Pro-Suffragio chiede al Partito Socialista di pronunciarsi sulla questione, Turati si esprime contro il voto alle donne temendo che “ la pigra coscienza politica e di classe delle masse proletarie femminili” finisca per rafforzare le forze conservatrici.
In un secolo, le donne hanno conquistato l’eguaglianza giuridica e legislativa nella maggior parte dei paesi del mondo. Resta da conquistare l’eguaglianza nei fatti.
In questo centenario della Giornata Mondiale della Donna, facciamo sentire la nostra solidarietà alle donne iraniane.
 
Alla sacra memoria di Olympe de Gouges
“Questa umanità che ha maturato la donna nel dolore e nell’umiliazione vedrà il giorno in cui la donna avrà fatto cadere le catene della sua condizione sociale.
Un giorno la ragazza sarà, la donna sarà, e queste parole “ragazza”, “donna”, non significheranno più soltanto il contrario del maschio, bensì qualcosa di proprio, che vale per se stessa, non un semplice complemento, ma una forma completa: la donna nella sua vera umanità.”
Rainer Maria Rilke
 
Nella donna, che è stata programmata per essere dominata, l’intelligenza è una qualità scomoda da scoraggiare sul nascere, per non darle modo di prendere coscienza di sé. Al contrario, è da celebrare la superiorità dell’intuito femminile perché a chi domina fa molto comodo che i propri desideri siano compresi, ancora prima di essere formulati, e soddisfatti da una creatura condizionata ad anteporre i bisogni altrui ai propri e, spesso, a scapito dei propri.
La rivoluzione francese segna la fine del diritto divino al centro della vecchia Europa, nel cuore dell’antico regime. È la rottura degli ordini sociali, la frattura delle caste dirigenti. Dietro la borghesia urgono le masse proletarie, le masse rurali, le masse femminili. Le donne si affollano nelle piazze di Parigi e premono intorno alle assemblee di tutta Europa. Il loro intervento nella vita sociale non potrebbe essere più decisivo.
È un movimento che porta scritto sulle sue insegne un unico motto: LIBERTA’.
E Olympe de Gouges, nella sua protesta e rivendicazione contro i maschi della rivoluzione, si appella egualmente alla ragione della giustizia e a quella della storia. Sicché la sua azione vale come la prima critica della democrazia razionalista e borghese, al fianco del movimento socialista di François-Noël Babeuf.
Accanto ai DIRITTI DELL’UOMO vi sono i DIRITTI DELLA DONNA.
Olympe de Gouges presente, storicamente, quell’emancipazione della donna che la rivoluzione politica e la rivoluzione economica avvieranno. Intende, vagamente, la storia della donna nel mondo e scende sul terreno della lotta concreta per la sua liberazione.
Quando, il 4 novembre 1798, la ghigliottina le mozza la testa, Robespierre, senza neppure sospettarlo, segna il diritto di cittadinanza del sesso femminile nella storia: un diritto guadagnato e sofferto, che crescerà e maturerà.
 
“Elles ont bien le droit de monter à la tribune, puisqu’elles ont celui de monter à l’échafaud.”
Olympe de Gouges
 
Con il sacrificio di Olympe de Gouges le donne – la metà del genere umano – si affiancano agli uomini nello stesso sforzo di liberazione.
Un saggio ha detto:
 
“Se volete misurare il valore di una civiltà, guardate innanzitutto come ha trattato le donne, le povere e le deboli.”
 
I primi movimenti femministi, che appaiono in Occidente, dalla fine del secolo XIX, concentrano le loro azioni nel campo del lavoro e dei diritti civici. L’industria ha bisogno di una manodopera femminile che sottopaga in rapporto ai loro omologhi maschili. A pari lavoro pari salario, rivendicano le operaie americane ed europee che iniziano a creare propri sindacati e a moltiplicare gli scioperi. La seconda parola d’ordine delle pioniere del secolo concerne la partecipazione alla vita civica, che passa innanzitutto con l’ottenimento del diritto di voto. La lotta è lunga per ottenerlo. È, talvolta, violenta, come quella delle suffragette britanniche che scendono in strada per tentare di strapparlo o delle cinesi, che invadono, nel 1912, il nuovo parlamento per reclamarlo. Accanite dappertutto, le resistenze del mondo politico cedono progressivamente davanti alla determinazione dei movimenti femminili. 
La parità di diritti con l’uomo, la parità salariale, l’accesso a tutte le carriere sono obiettivi sacrosanti e, almeno sulla carta, sono già stati offerti alle donne nel momento in cui l’uomo l’ha giudicato conveniente. Resteranno, però, inaccessibili alla maggior parte di loro finché non saranno modificate le strutture psicologiche che impediscono alle donne di desiderare fortemente di farli propri. Sono queste strutture psicologiche che portano la persona di sesso femminile a vivere con un senso di colpa ogni suo tentativo di inserirsi nel mondo produttivo, a sentirsi fallita come donna se vi aderisce e a sentirsi fallita come individuo se, invece, sceglie di realizzarsi come donna.
Se molto è stato fatto, soprattutto nei paesi industrializzati, molto resta ancora da fare per le mutilazioni e l’emarginazione cui molte donne africane e asiatiche sono soggette.
 
 “Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande.”
Corano, Sura 4, Le Donne, versetto 34
 
Tali sono le parole di Dio quali sono riferite dal suo profeta Maometto, che giustificano la violenza degli uomini contro le donne. Ma non contro tutte le donne. Solo contro quelle che si ribellano o che disobbediscono.
Come queste donne sono trattate attualmente in Iran?
Naturalmente, sarebbe assurdo considerare che l’oppressione delle donne sia nata con l’islam. L’oppressione delle donne è la prima e la più antica delle oppressioni che ha conosciuto l’umanità.
Nell’impero romano, la donna non era che una “res”.
Nell’antica Grecia, era “figlia di” o “moglie di”.
L’Antico e il Nuovo Testamento non furono teneri.
 
“Sarebbe vano”
 
sostiene Georges Rivoire
 
“cercare un incoraggiamento qualsiasi al culto della donna, negli scritti monastici dell’Alto e Medio Evo. La donna è in generale marchiata come spirito del male, un essere di perdizione. È spesso paragonata al diavolo. Ci si domanda perfino se abbia un’anima. Il Concilio di Mâcon pone questa questione in esame.”
 
Da quando Pandora ha aperto il vaso di tutti i mali e ha apportato la distruzione all’umanità, gli uomini e le loro religioni continuano a designare le donne come fonte di tutti i mali, credenza che si riflette nelle diverse storie della creazione che ci sono state trasmesse attraverso la Bibbia e i libri sacri. È Eva che è immancabilmente accusata di aver istigato Adamo a addentare il pomo della conoscenza e ad avere causato la loro caduta.
Uno dei mezzi più efficaci per controllare una società è spogliare la donna dei propri diritti e della propria libertà. Durante i millenni della storia dell’Iran, il posto sociale della donna iraniana è, sempre, stato legato alla natura del regime che governava l’Iran. Così la donna iraniana è passata da una posizione di quasi-eguaglianza con l’uomo a una posizione di totale sottomissione.
Le donne iraniane hanno contribuito largamente al successo della rivoluzione del 1979. Senza avere una rivendicazione femminile propria, hanno, tuttavia, sfilato al fianco dei propri mariti e dei propri figli contro il regime dello Shah.
Oggi, la loro condizione si è aggravata a causa della situazione economica. In ragione della disoccupazione che tocca più drammaticamente le donne (il 28% dei giovani dai 15 ai 29 anni, il 43% delle giovani dai 15 ai 20 anni) e spinge le ragazze ad accettare offerte imprudenti, la prostituzione è molto diffusa tra le donne iraniane e le più giovani non hanno più di dodici anni.
È impossibile conoscere il numero preciso delle vittime, che, in larga parte, provengono dalle regioni rurali povere.
Il traffico è internazionale e, in un paese totalitario, le attività organizzate, nella quasi totalità, non sono ignorate dalle autorità.
Parlare di prostituzione e di omosessualità è sollevare il problema del significato della sessualità nei paesi dove la società patriarcale e i valori islamici hanno imposto per generazioni un silenzio pesante sulle relazioni umane. La paura del giudizio morale porta all’autocensura sulla questione della sessualità e alimenta un clima di paura, di colpevolezza, di vergogna e di insoddisfazione.
La sessualità resta un problema nelle società tradizionali, stante la dicotomia tra piacere sessuale, riconosciuto dall’islam, e divieto di relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. In effetti, il Corano accorda un posto di rilievo all’amore, rendendo leciti i rapporti sessuali attraverso il matrimonio e fondando il mondo sulla bivalenza e sulle relazioni di coppia. L’islam riconosce, così, il matrimonio come la sola forma legale e ammessa del contratto sessuale e della coabitazione. Tutte le altre forme di “neogoziato affettivo”, amoroso o sessuale sono impossibili o vietate. L’islam condanna l’unione libera, rigetta ogni fantasia nell’atto sessuale, rifiuta l’unione passeggera – eccetto nello sciismo iraniano – e punisce la prostituzione. Per la sua funzione, quasi esclusivamente riproduttiva, la donna, nell’islam, deve restare casta, riservata e pudica. Il genere maschile si adopera, dunque, per limitare la sensualità femminile – simbolo di tutti i pericoli e di tutte le tentazioni sessuali – drappeggiandola, velandola, dissimulandola o sequestrandola.
Regolando, in tal modo, l’istinto sessuale, la società musulmana cerca di proteggere l’uomo dal desiderio sessuale della donna, ridotta, così, principalmente, al servaggio della perpetuazione della specie. Di qui, la volontà di proteggere le giovani vergini in vista di un matrimonio che impegna l’onore della famiglia e del clan.
Questa discriminazione sessuale è mantenuta, in modo rigoroso, attraverso i secoli per impedire lo sfaldamento dei valori patriarcali e serbare la supremazia tradizionale dell’uomo sulla donna.
Di fronte a queste donne, chiuse nelle regole e nelle convenzioni, l’uomo cerca rifugio nei corpi di altre donne: schiave, concubine, prostitute, per saziare le proprie pulsioni carnali.
Si potrebbe pensare che in una teocrazia la prostituzione sia in contraddizione con la legge religiosa del paese.
In effetti, no!
Nella introduzione al suo reportage Prostituzione in Iran, Muslim Mansuri scrive:
 
“Nell’Iran di oggi, la prostituzione appare sotto forme diverse e ha preso gigantesche dimensioni. Numerose donne sposate, vedove, giovani e giovanissime e, perfino, studentesse dell’università devono vendere il loro corpo per vivere. Reti legate all’amministrazione religiosa sono implicate nel traffico di ragazze. Il mercato del sesso è per essi allettante e ne traggono profitto. Allo stesso tempo, in Iran, il governo religioso lapida le donne per le relazioni sessuali extraconiugali. Ha imposto l’obbligatorietà del velo, l’hejab, e vieta alle donne di scegliere come vestirsi. Questo film, attraverso le loro stesse parole, mette in luce le terribili condizioni delle prostitute in Iran. Dedichiamo questo film alle impiegate del sesso iraniane che, a dispetto della loro situazione a rischio e senza speranza, hanno dimostrato un grande coraggio condividendo le loro storie con noi.”
 
L’aumento del fenomeno della prostituzione è legato a quello della fuga di casa. La ribellione delle ragazze contro il rigore integralista, l’assenza di libertà, gli abusi domestici e la dipendenza familiare alla droga contribuisce a questa calamità. Ma la fuga verso una maggiore libertà conduce a maggiori abusi e allo sfruttamento, il 90% delle ragazze che scappano di casa divengono prostitute.
I “ruffiani” cacciano le fuggitive nelle strade e nei parchi. 
Il Premio Nobel per la Pace accordato a Shirin Ebadi, nel 2003, ha permesso alle donne iraniane di far sentire il proprio grido ai media occidentali.
Questo grido cadrà inascoltato?
È la domanda che molte donne e molti difensori della loro causa si pongono. 
 
Daniela Zini
Copyright © 2010 ADZ


Lunedì 08 Marzo,2010 Ore: 12:16
 
 
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