Ho visto qualche tempo fa un’interessante e a tratti commovente documentario sugli elefanti: non soltanto hanno memoria del passato, come condizione imprescindibile per la sopravvivenza nel presente, e quindi della specie nel futuro, ma ogni adulto ha la responsabilità dell’educazione e della formazione dei cuccioli, di tutti non soltanto dei propri, poiché sono animali sociali; hanno un campo visivo ristretto, ma la proboscide è sensibilissima e attiva nel captare i segnali di pericolo; sono dotati di una notevole intelligenza di cui la proverbiale memoria, appunto, è un’espressione.

            In questo modo documentaristico è iniziato uno degli ultimi incontri dell’Unione Femminile di Mottola che, a partire dalla graziosa storia pubblicata sull’ultimo Notiziario FDEI (n.44 10 febbraio 2010), ha concluso i suoi studi biblici proposti dalla GMP (Giornata mondiale di Preghiera) sia del MFBE e sia della FDEI.

La storiella racconta di una bambina che si chiedeva il perché l’elefante del circo, così grande e forte, non scappasse nonostante fosse legato a un paletto poco resistente. Le avrebbero spiegato più in là negli anni che l’elefante non scappa perché pensa che non ne è capace: quando era elefantino ha imparato che non è abbastanza forte per liberarsi dal paletto e allora non ci prova più perché ha memorizzato di esserne incapace.

Nonostante inizialmente il tormentone dell’incontro fosse quello del “che ci possiamo fare…?!” tipico della non indipendenza critica che anche fra noi ostacola i processi di crescita e di libertà, dopo un lungo escursus nel nostro vissuto individuale, di famiglia, di comunità, lo sguardo si è allargato e ha toccato tutte quelle situazioni che differenziano sfavorevolmente la vita delle donne nel mondo, dal burqa alle mutilazioni genitali, dalla violazione del diritto all’istruzione alla scarsa presenza nella politica.

Dopo aver notato, per esempio, come la campagna contro il burqa in Francia è lotta per i diritti delle donne e in Italia è lotta contro il terrorismo, proprio lo sguardo, quello di Dio su noi e quello nostro sul Creato, attraverso la lettura di Genesi e del sesto giorno della Creazione (GMP battista) è stato ciò che ci siamo impegnate a cambiare ogni volta e sempre in modo da rinvenire, sebbene con fatica, la forza necessaria per abbattere il paletto dell’inadeguatezza e del pregiudizio che, proprio in quanto donne, siamo capaci di sopportare rassegnate. Siamo donne e siamo evangeliche e, perché parte alla chiesa confessante, non ci è permesso arrenderci neanche alla caduta di cultura che ci vuole omologare e farci disinteressare del prossimo. Anzi, sollecitate dalle donne del Camerun (GMP della Fdei) ci sentiamo spronate a agire sempre con integrità spirituale sorrette dall’aiuto che in preghiera ci viene dal Signore al quale sempre rendere lode, con canti e con tutta la nostra esistenza, a partire dal nostro rinnovato linguaggio.

Erroneamente in passato ho pensato che “pachiderma”, termine con il quale si può indicare l’elefante, significasse “di grande e grossa mole”; significa, invece, “dalla pelle spessa”. Va bene comunque poiché una pelle spessa è ugualmente forte e, insieme con la determinazione evangelica, è una valida protezione dinanzi alle scottature di questo mondo.