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www.ildialogo.org INAUGURATO A VIENNA UN NUOVO CENTRO INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO,di Adista Notizie n. 44 del 08/12/2012

INAUGURATO A VIENNA UN NUOVO CENTRO INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

di Adista Notizie n. 44 del 08/12/2012

36952. VIENNA-ADISTA. Sotto gli auspici delle Nazioni Unite, è stato inaugurato a Vienna il 26 novembre scorso il Centro internazionale per il dialogo interreligioso e interculturale “Kaiciid”, fondato da Arabia Saudita, Spagna e Austria. È intitolato al re sauditaAbdallah Ben Abdelaziz perché ne è innanzitutto il finanziatore: per i primi tre anni verserà un contributo annuale pari a circa 15 milioni di euro. Partner tutt’altro che di secondo piano è la Santa Sede, che ha accettato l’invito rivoltole, assumendo la qualità di “osservatore fondatore”. Il Centro, statutariamente un’organizzazione internazionale indipendente riconosciuta dalle Nazioni Unite, sarà diretto da rappresentanti delle maggiori religioni: islamismo, induismo, buddismo, ebraismo, cristianesimo.

Inaugurazione in grande stile: c’erano, fra gli altri, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, il presidente del Pontificio Consiglio interreligioso card. Jean-Louis Tauran, il rabbino David Rosen, direttore per gli affari religiosi nel American Jewish Committee (AJC) e dell’Istituto Heilbrunn, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.

«Oggi – ha detto il Patriarca ecumenico introducendo la cerimonia – stiamo inaugurando questo centro con grande speranza. Ci siamo uniti per sviluppare un organismo che possa favorire opportunità “per sapere che ogni essere umano è un nostro prossimo”. Questo messaggio è essenziale per la nostra epoca. In un momento storico in cui le varie fazioni religiose stanno lacerando popoli e nazioni, stiamo vivendo tutti insieme questa notte della religione. Forse, questo incontro è una testimonianza profetica al mondo che un’esperienza di cooperazione e dialogo può e deve espandersi». «Il Centro presenta un’altra opportunità per aprire un dialogo su molti temi, tra cui quelli relativi ai diritti umani fondamentali, in particolare, alla libertà religiosa in tutte le sue forme, per ogni essere umano, per ogni comunità, ovunque», ha sottolineato il cardinale Tauran. Il quale, scendendo nel concreto del coinvolgimento vaticano, ha aggiunto: «Voi capirete che la Santa Sede è particolarmente attenta alla sorte delle comunità cristiane nei Paesi in cui una tale libertà non è adeguatamente garantita. Informazione, nuove iniziative, aspirazioni e forse anche difetti, saranno portati alla nostra attenzione. Sarà, poi, compito del Centro – e, dove possibile con la cooperazione di altre organizzazioni – verificare la loro autenticità e agire di conseguenza, affinché i nostri contemporanei non siano privati della luce e delle proposte che la religione offre per la felicità di ogni essere umano».

È stato p. Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, a ricordare con un Nota del 26/11 che della finalità di questo Centro – «favorire il dialogo fra le religioni e le culture» nell’ottica della «comprensione e della convivenza pacifica fra i popoli» – «il Re d’Arabia Abdullah Bin Abdulaziz aveva parlato al Santo Padre nel corso dell’incontro che ebbe luogo il 6 novembre 2007 in Vaticano». «È importante osservare – ha voluto mettere in chiaro p. Lombardi – che il nuovo Centro non si qualifica come una istituzione propria del Regno dell’Arabia Saudita, ma come Organizzazione internazionale indipendente, riconosciuta dalle Nazioni Unite, e costituita da tre Stati Fondatori, due dei quali con antiche tradizioni cristiane. Si tratta quindi di un’opportunità e di uno spazio di dialogo, di cui è giusto trarre vantaggio e in cui è bene essere presenti per mettere ulteriormente a frutto l’esperienza e l’autorevolezza della Santa Sede nel campo del dialogo interreligioso. Lo status di Osservatore Fondatore è il più adatto a garantire tale presenza, rispettando la natura propria della Santa Sede e consentendole di esprimere le proprie aspettative». La Santa Sede non si farà certo intimorire, ha garantito: «in quanto Osservatore Fondatore, non mancherà di mettere in luce le proprie preoccupazioni per il rispetto effettivo dei diritti fondamentali dei cristiani che vivono in Paesi a maggioranza musulmana».

Precisazioni non immotivate, quelle di p. Lombardi, di fronte ai timori (emersi da più parti) suscitati dall’iniziativa per il paradosso che un Paese quale l’Arabia Saudita che rifiuta la libertà religiosa possa esser costitutivo di un’organizzazione come questa. A tentare di fugare tali timori sono intervenuti anche Ban Ki-moon – che, parlando con il quotidiano austriaco Die Presse, ha detto: «Molti Paesi del mondo arabo sono cambiati, anche Riad lo ha fatto» – e il rabbino David Rosen, che, in un’intervista a Der Standard (25/11), ha dichiarato: «Alcune reazioni in Austria sono state non solo esagerate, ma anche assolutamente controproducenti. Essere scettici è cosa sana, ma se lo scetticismo impedisce di vedere delle possibilità diventa un handicap». Rosen si è spinto fino a farsi garante delle buone intenzioni di Riad: «Il re Abdullah ci ha detto: la nostra società è molto conservatrice e tradizionale, le cose non possono essere cambiate in una notte. Ma se la gente vede che collaboriamo, l’atteggiamento può cambiare. Penso che il re e i ministri attorno a lui abbiano intenzioni serie». C’è di più: «Né il re né nessun altro rappresentante saudita – ha informato Rosen – ha chiesto di nominare il Centro a re Abdullah. Siamo stati noi», perché «vogliamo che il Centro sia indipendente, ma vogliamo che la sua importanza si fondi sul fatto che l’iniziativa viene dall’Arabia Saudita, dal cuore del mondo islamico. La più grande sfida del XXI secolo è davvero il rapporto tra l’islam e la modernità». In questa prospettiva «il Centro deve innanzitutto combattere bigotteria e pregiudizi». E poi ci sono molte questioni concrete da affrontare: «Combattere la mortalità infantile», «l’assistenza agli orfani per l’Aids», «l’istruzione, i problemi legati all’ambiente» e risolvere i «molti conflitti territoriali per i quali viene sfruttata la religione. Io conosco molto bene l’Irlanda, ma questo vale anche per lo Sri Lanka, il Kashmir, la Nigeria. E in particolare per il mio Paese in Medio Oriente». (eletta cucuzza)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Sabato 08 Dicembre,2012 Ore: 17:57
 
 
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