- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (424) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org ASSISI, UN’OPPORTUNITA’ DI DIALOGO,di Brunetto Salvarani

ASSISI, UN’OPPORTUNITA’ DI DIALOGO

di Brunetto Salvarani

Abbiamo incontrato Enzo Bianchi, una delle voci più capaci di parresìa del cattolicesimo italiano, a margine di una delle settimane bibliche che da anni il priore di Bose tiene presso il suo monastero durante l’estate. Ne è scaturita un’intervista a tutto campo, a partire dalle sue analisi sul futuro del cristianesimo per soffermarsi in particolare sul senso autentico del prossimo appuntamento di Assisi, il 27 ottobre 2011, quando Benedetto XVI ha convocato i leader religiosi, e non solo, sul tema della pace, in memoria dell’evento di un quarto di secolo fa voluto dal suo predecessore, Giovanni Paolo II. A proposito del quale fratel Enzo ha appena firmato l’introduzione a un volume in uscita presso le Edizioni Qiqajon, dal titolo Insieme per pregare…

D «Come immagini il futuro del cristianesimo, all’inizio del suo terzo millennio di vita?»

R «Personalmente vedo un grande futuro per il cristianesimo, al di là del semplice fatto statistico. Soprattutto se esso riuscirà a farsi percepire come via essenzialmente umana, come esperienza di umanizzazione, e non come una realtà estranea al cammino che compie l’uomo. Non ne propongo alcuna apologia, ma mi pare che, al confronto con le altre vie religiose del panorama planetario, il cristianesimo presenti maggiori possibilità di riuscita, perché non si basa semplicemente su un Dio, ma su un uomo-Dio. Sono persuaso perciò che, nel tempo, esso continuerà a intrigare gli uomini, ad affascinarli. È, infatti, sulla consapevolezza del profondo legame tra fede personale ed espressione comunitaria del culto che si radica il cristianesimo: non su identità culturali reali o immaginarie, né su astratte convergenze di idee, ma sul vissuto quotidiano nella comunità dei credenti, sulla trasparenza di una testimonianza di fratellanza e di amore universale.»

LA GRAMMATICA UMANA DEL CRISTIANESIMO

D «Perché, a tuo parere, allora, le chiese si svuotano sempre più, in Europa?»

R «Stiamo vivendo un’ora contrassegnata da molti ostacoli, da diverse contraddizioni recate alla fede, sicché la fede sembra incapace di interessare gli uomini e le donne di oggi, che vivono nell’indifferenza riguardo alla fede cristiana e, più in generale, sono indifferenti a ogni ricerca di Dio. Non solo: proprio in quanti si dicono credenti e cristiani di fatto la fede appare debole, a corto respiro, incapace di manifestare quella forza che cambia la vita, il modo di pensare, sentire e agire. Sempre di più noi cristiani siamo letti come una minoranza in una società plurale per credenze religiose, etiche ed espressioni spirituali che non fanno alcun riferimento a Dio o a vie tradizionali.

Ritengo si tratti, almeno in parte, di una reazione a un passato fortemente religioso e cristiano, quasi teocratico: penso a quanto sta accadendo in paesi di antica tradizione cristiana come il Belgio, la Francia, l’Irlanda e anche il Canada (non europeo ma culturalmente occidentale), i più popolati in termini percentuali di monaci e missionari, appena trent’anni fa. Pur non potendo parlare assolutamente di forme persecutorie, è in atto una vera e propria opera di decristianizzazione, a partire da svariate scelte culturali che in paesi simili vengono compiute, tutte giocate solamente sul mito del benessere, e non su un senso di umanità, di comunità. Lì, e non solo lì a dire il vero, il cristianesimo rappresenta una voce debole: è come se il cristianesimo in quella società non ci fosse più! Anche se, a ben vedere, i pochi cattolici francesi si mostrano alla fine più consapevoli della situazione rispetto a quelli italiani. Credo, al riguardo, che per invertire questa tendenza occorra in primo luogo tradurre il messaggio cristiano con una grammatica umana, o si corre il rischio di non capirlo affatto: a partire dal vissuto quotidiano, dalle dinamiche degli affetti, dall’impegno nel lavoro. In tal senso, da tempo vado sostenendo che bisognerebbe riscoprire ciò che appare davvero straordinario in quel messaggio, intendendo qui l’umanità di Gesù. ‘Ciò che Gesù aveva di eccezionale non era di ordine religioso, ma umano’, dice il grande biblista Joseph Moingt: egli, la vera ‘immagine del Dio invisibile’ (Col 1,15), a somiglianza del quale siamo stati creati e diventiamo uomini, ci ha insegnato a vivere in questo mondo (cf. Tt 2,12), ci ha lasciato delle tracce umanissime sulle quali camminare per essere suoi fratelli e figli di Dio. Attraverso la sua vita umanissima, da vero uomo, l’autentico adam voluto da Dio (cf. Col 1,15-16), Gesù ha raccontato e annunciato Dio; ha mostrato come Dio regnava su di lui e, regnando, combatteva e vinceva la malattia, il male, la sofferenza, la morte. È per averlo visto vivere in questo modo che Giovanni ha potuto scrivere, alla fine del prologo del suo vangelo: ‘Dio nessuno l’ha mai visto, ma proprio lui, Gesù, ce ne ha fatto il racconto (exeghésato)’ (cf. Gv 1,18). Gesù ha, per così dire, evangelizzato Dio, e ha mostrato l’uomo autentico, chiamato a essere a sua immagine e somiglianza. Con la sua umanità piena e non segnata dal peccato – che è sempre philautía, amore egoistico di sé –, Gesù è dunque riuscito a raggiungere l’intimo dell’uomo e a generarlo alla fede in un Dio che ama per primo (cf. 1Gv 4,10.19), un Dio il cui amore ci precede sempre, un Dio il cui amore noi non dobbiamo meritare, perché è il suo stesso essere: “Dio è amore” (1Gv 4,8.16). Ciò che Gesù chiedeva, o meglio destava in chi incontrava, era nient’altro che la possibilità di credere all’amore. Ecco il fulcro della fede cristiana: credere all’amore attraverso il volto e la voce di questo amore, cioè attraverso Gesù Cristo.»

SARA’ POSSIBILE PREGARE INSIEME?

D «Come leggi l’odierno rapporto fra la chiesa cattolica e le altre religioni, in una fase contrassegnata sempre più da un maggiore pluralismo religioso e culturale su scala mondiale?»

R «Mi pare che le chiese oggi abbiano paura di questo tema. Anche l’evento che si terrà ad Assisi il prossimo 27 ottobre, a un quarto di secolo dall’incontro delle religioni per la pace voluto da Giovanni Paolo II, è da molti contestato e temuto: spero sia possibile non una preghiera comune, ma una preghiera fatta gli uni dopo gli altri, gli uni accanto agli altri, per testimoniare ciò che Giovanni Paolo II affermò chiedendo di credere che in ogni preghiera umana c’è la presenza dello Spirito santo. Altamente significativo, comunque, è che Benedetto XVI abbia esteso l’invito per l’incontro anche agli uomini senza religione… Un giorno sarà possibile pregare insieme? Oggi non sappiamo fare questo. Non posso che dire: utinam… E’ oggi diffuso e quasi ossessivo il timore del relativismo, dell’idea che il cristianesimo sia equiparato alle altre religioni: un timore che però non dovremmo avere. Il vangelo, infatti, è tanto alternativo alle altre vie religiose mondiali che non dovremmo aver paura di nulla! E quella di Assisi potrà essere davvero un’opportunità forte di dialogo, se ogni religione esprimerà accanto alle altre il cuore della propria ricerca della giustizia, della pace, della communitas umana.»

D «Come possiamo leggere, in tale contesto, l’avvento di quello che sempre più spesso viene definito un cristianesimo globale (P. Jenkins)?»

R «Direi in primo luogo che il cristianesimo è ancora troppo eurocentrico! Basti pensare alla crescente diffusione del messaggio evangelico in Africa, in India (dove opera il maggior numero di gesuiti autoctoni!), o in America Latina: un fenomeno in continuo aumento, della cui portata non ci rendiamo realmente conto. Da parte nostra, di cristiani del vecchio continente, siamo chiamati a permettere che il vangelo fiorisca in quei continenti, con la loro creatività, il loro genio. Stanno avvenendo grandi passaggi, enormi movimenti, che occorre assumere come caso serio: pensiamo alla grande fuga dal cattolicesimo in America Latina in favore di sette o piccoli gruppi. O al continente africano, che – a fronte di un numero grandissimo di cristiani - mi sembra oggi abbandonato dalla chiesa: una presenza silenziosa, quella della chiesa africana, quasi una vera e propria chiesa del silenzio! Sì, questi tempi sono decisivi per il modo di stare nel mondo delle chiese, per delineare il futuro del cristianesimo nel tessuto delle nazioni e dei popoli della terra. E in questo discernimento, a noi tranquilli cristiani d’occidente giunge, drammatico ma saldo nella fede, l’insegnamento di tanti nostri fratelli e delle nostre sorelle vittime di violenze.»

LA PAROLA PER NUTRIMENTO

D «Un tema che ti è assai caro, si può dire da sempre, è quello della lettura della Bibbia: come vedi la situazione attuale, in relazione alla sua diffusione presso i cattolici?»

R «Potremmo partire dal testo postsinodale di Benedetto XVI, la Verbum Domini, che mi pare straordinario, soprattutto nella sua prima parte. Vi si sviluppa coerentemente il documento conciliare della Dei Verbum, grazie al quale in un certo senso si è chiusa la fase dell’esilio della Parola presso i cattolici, analizzando questioni fondamentali, quali la sacramentalità della Parola e l’analogia Verbi. Mi domando, tuttavia: che recezione c’è stata di quel testo, soprattutto in Italia? Da noi noto una certa stanchezza, dopo la fase di rilancio della lettura della Bibbia. E penso che l’unica via da percorrere per riprendere lo slancio postconciliare tocchi necessariamente l’omelia dell’eucaristia domenicale, spesso unica occasione di contatto con la Scrittura per la gente. Deve venire dall’omelia un messaggio biblico forte e performativo, che stimoli la lettura personale, assidua, a casa propria. Una lettura personale della Bibbia sarebbe particolarmente auspicabile nel contesto della società attuale _ pluralista, diversificata, multireligiosa e multiculturale _ nella quale i cristiani non costituiscono più un insieme omogeneo e la loro situazione di diaspora emerge in modo sempre più evidente. Perché la fede abbia un radicamento solido e profondo è necessaria la frequentazione permanente di questa sorgente viva di vita spirituale. Un po' ovunque si registra una diminuzione della frequenza alla messa quotidiana, se non addirittura la sua scomparsa: di conseguenza, il cristiano deve poter trovare un alimento per la sua fede nell'ascolto diretto della Scrittura. La vita comunitaria non è più sufficientemente intensa per plasmare la fede del cristiano e aiutarlo a viverla nel mondo: dunque è la parola di Dio nella Bibbia ciò che gli può permettere di nutrirsi spiritualmente, trovare regole di condotta, discernere i segni dei tempi e pregare.»

Brunetto Salvarani



Venerdì 16 Settembre,2011 Ore: 19:38
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Dialogo intereligioso

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info