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www.ildialogo.org “STRANIERI ALLE PORTE”: UN LIBRO PER RIFLETTERE.,di Maria Teresa D’Antea

“STRANIERI ALLE PORTE”: UN LIBRO PER RIFLETTERE.

di Maria Teresa D’Antea

Il sociologo polacco di origini ebraiche Zygmunt Bauman ha trovato nella metafora della liquidità la chiave interpretativa di tutti i problemi di oggi, dalla crisi della modernità, all’amore, ai flussi migratori. Con l’immagine dell’acqua, in tutti i suoi libri dà la sua personale visione del mondo, nel senso che per lui oggi tutti viviamo immersi in un mare grande di incertezza in cui non ci sono più rassicuranti identità, né sociali, né affettive, né etiche. E se questo lo fa apparire da una parte un po’ ossessivamente ripetitivo, ci fornisce d’altro canto anche un valido aiuto per comprendere meglio il nostro tempo.
Nel suo ultimo libro, “Stranieri alle porte”, dato alle stampe l’anno scorso, poco prima di morire, tradotto e pubblicato da La Terza editori, tocca un tema attualissimo: la paura da immigrazione. La paura dello straniero pezzente e cencioso che trasmigra dove spera di trovare accoglienza e un pezzo di pane è ancestrale in tutti noi, e si riaffaccia soprattutto quando da poco ci siamo rivestiti di panni decenti. Il migrante in cerca di ospitalità è figura antica, lo troviamo in tutte le storie dei popoli, anche nella Bibbia, dove è costante l’esortazione ad accoglierlo nella sua sacralità di ospite. Non solo Abramo e Mosè furono migranti, ma anche Giuseppe e Maria con il piccolo Gesù. E Bauman, da ebreo, conosce senz’altro bene la Bibbia. Per questo tutti i suoi libri hanno una forte connotazione etica, qualsiasi tema trattino.
Ragionando con la metafora della liquidità cara a Bauman, dobbiamo riconoscere che, tra tutti i sentimenti, la paura è la più liquida. Se l’acqua prende la forma del recipiente in cui si versa, così la paura prende i connotati del mostro del momento. Il mostro attuale, agitato soprattutto da certi politici per farne cassa elettorale, è quello di una progressiva invasione di poveri che metteranno in crisi il nostro benessere, fra l’altro reso oggi incerto dalla perdita dei posti di lavoro. Ebbene, il libro di Bauman ci mette in guardia dal lasciarci prendere da questa paura, perché sul piano sociale evoca il bisogno dell’Uomo (o Donna) forte, capace di salvarci dal disastro con la costruzione di muri e la corsa forsennata agli armamenti.
Ieri una simile paura del diverso, della razza inferiore e dell’andicappato fu incrementata da Hitler e da Mussolini con le conseguenze che tutti dovremmo ricordare. Oggi il mito dell’Uomo forte, che sa difendere il suo popolo con i muscoli dell’esercito e il riempimento degli arsenali, sta seducendo gran parte del popolo americano e di quello nord coreano, per non parlare di tanti europei che fanno i furbi sbarrando le frontiere o dileguandosi dall’assunzione di responsabilità. Bisognerebbe ricordargli che la furbizia non ha mai pagato, e se paga è solo a breve termine, perché è il prodotto più scadente dell’intelligenza.
La paura del diverso, dello straniero fastidioso, irritante, indesiderabile, ci dice Bauman, non ci deve attanagliare perché è anticipatrice di dispotismi e di guerre con cui si distruggono popoli, civiltà e immensi tesori di bellezza naturale o artistica, faticosamente conservati o costruiti. E’ una paura che porta solo alla distruzione.
Non che l’autore non abbia consapevolezza del costo umano ed economico dell’ospitalità e del farsi carico di tanti diseredati, ma se vogliamo optare per la costruzione e non per la distruzione, anche nostra, dobbiamo orientarci verso un sano realismo che includa, con qualche sacrificio in più, anche l’ospite richiedente asilo, perché fugge dalla bestialità della fame e delle guerre. Guerre, guarda caso, tutte combattute con le armi prodotte e vendute dall’opulenta “civiltà” occidentale. La paura è un demone da cui dobbiamo guardarci, ci ammonisce in definitiva Bauman. E papa Francesco, uomo mite e senza arsenali, gli fa eco con la sua illuminata esortazione: “Cancelliamo anche ciò che di Erode è rimasto nel nostro cuore”.
Non dimentichiamo che la Terra è stata data in dono a tutti, le sue risorse sono per tutti, non asserragliamoci in un egoismo cieco. L’umanità ha un solo pianeta su cui vivere, non riduciamolo a brandelli o, peggio, non distruggiamolo per qualche dollaro in più.
Maria Teresa D’Antea



Sabato 18 Novembre,2017 Ore: 17:30
 
 
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