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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org CONVERSAZIONI CON CARLO MARIA MARTINI DI EUGENIO SCALFARI E VITO MANCUSO, FAZI EDITORE, CAMPO DEI FIORI, OTTOBRE 2016,A CURA DI CARLO CASTELLINI

CONVERSAZIONI CON CARLO MARIA MARTINI DI EUGENIO SCALFARI E VITO MANCUSO, FAZI EDITORE, CAMPO DEI FIORI, OTTOBRE 2016

A CURA DI CARLO CASTELLINI

CHE COSA CONTIENE IL VOLUMETTO?
Si tratta di cinque conversazioni – dialogo, con domande e risposte, condotte dal 1996-2011, tra Eugenio Scalfari e Carlo Maria Martini, due grandi spiriti liberi del nostro tempo, che si interrogano sui problemi più acuti della nostra epoca e si confrontano con le loro personali visioni di vita.
 
BREVE DESCRIZIONE DEI DUE INTERLOCUTORI.
Si tratta di due uomini diversissimi: il primo. Martini, uomo di fede, e il secondo, uomo di scienza e di ragione, che si cercano e si urtano tra loro, come si urtavano nel grembo di Rebecca, Esaù e Giacobbe.
IL PRIMO, IL CARD. CARLO MARIA MARTINI.
Sacerdote, gesuita, figlio spirituale di Sant'Ignazio di Loyola, studioso e critico testuale, del Nuovo Testamento, rettore del Pontificio istituto biblicso e della Pontificia Università gregoriana, arcivescovo, cardinale, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee.
IL SECONDO: EUGENIO SCALFARI.
Uomo non credente, figlio spirituale dell'Illuminismo francese, analista economico e politico, tra i fondatori del Partito Radicale, sostenitore delle leggi sul divorzio e sull'aborto, fondatore e direttore per vent'anni del giornale “La Repubblica”.
MA ALLARGANDO IL SENSO DEL DISCORSO.........
Da un lato noi abbiamo la tradizione e dall'altro la modernità; da un lato la Bibbia, e dall'altro l'Encyclopedie; da un lato gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, dall'altro i “saggi” di Montaigne; da un lato decine di lettere pastorali alla diocesi, dall'altro, centinaia di editoriali al mondo laico; da un lato il successore di Sant'Ambrogio e di San Carlo Borromeo, dall'altro il successore di Diderot e l'amico di Italo Calvino; da un lato il mito di Gerusalemme, città della Pace, dall'altro il mito di Parigi, “cité de la raison”.
MA QUESTA DIVERSITÀ COME HA RESO POSSIBILE QUESTO DIALOGO?
Che cosa li ha tenuti insieme in un modo molto più forte delle loro differenze? La loro differenza è proprio il simbolo della nostra società. Ma ora aggiungo che essa simboleggia prima ancora la mente, perchè è dentro di noi che si muovono il “tipo Martini” e il “tipo Scalfari”, un credente e un non credente che si urtano tra loro come si urtavano i gemelli Esaù e Giacobbe nel grembo di Rebecca.
LO ILLUSTRA BENE LO STESSO MARTINI QUANDO SPIEGA IL SENSO DELLA CATTEDRA DEI NON CREDENTI.
Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, che si interrogano a vicenda, che rimandano continuamente domande, pungenti e inquietanti l'uno all'altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa.
MA QUALI SONO LE COSE CHE CI TENGONO ANCORA INSIEME?
Sono molte le cose che ci tengono ancora insieme. Tra queste le pincipali sono la lingua, le leggi della Repubblica, e in particolare la Costituzione, la moneta, gli interesssi economici, gli interessi di vita sociale, i sentimenti di umanità e simpatia; che ci porta alla cooperazione in quanto dotati della comune natura umana; forza elettromagnetica che tengono insieme gli elementi dei nostri corpi, e la forza di gravità, che tiene i nostri corpi attaccati alla terra.
MA NOI SIAMO ANCHE ANIMALI SOCIALI......
Come animali sociali siamo tenuti insieme dalle leggi della coscienza sociale, ci pensano le leggi della psiche e gli ordinamenti giuridici ed economici a tenerci insieme questi corpi ci pensano le leggi della fisica.
MA QUALI SONO GLI ELEMENTI SPECIFICI DELLA NOSTRA CRISI?
L'uomo, oltre a una casa del corpo abita una casa della mente dentro cui prende dimora la sua libertà e il terremoto che riguarda questa casa della mente dura ormai da molto tempo. Mi piace ricordare l'esempio di Cipriano che parla della crisi del suo tempo in questi termini:”Il mondo di oggi parla da sé, con le prove del proprio decadimento esso annuncia la propria dissoluzione : gli agricoltori stanno sparendo dalla campagna, i commercianti dal mare, i soldati dai campi di battaglia ; tutta l'onestà negli affari, tutta la giustizia nei tribunali, tutta la solidarietà nell'amicizia, tutta l'abilità nelle arti, tutte le norme della morale, tutto, tutto sta scomparendo”.
La specificitò della crisi del nostro tempo risiede nel fatto che
si è consumata la credibilità di tutti e tre i vertici di ciò che io definisco “triangolo filosofico ideale”, ovvero dei tre concetti che nella loro connessione hanno da sempre costituito la sorgente delle idee in grado di esercitare un'autorità sugli uomini e di tenerli uniti strutturandoli come società.
QUALI SONO QUESTI VERTICI DEL TRIANGOLO FILOSOFICO IDEALE?
Tali vertici del “triangolo filosofico ideale sono: Dio, uomo, mondo. Ogni organica filosofia di vita che possa proporsi a fondamento del vivere sociale nasce dalla capacità di armonizzare Dio, uomo e mondo.
  • Dio, ovvero la questione del senso ultimo dell'essere, o anche la verità;
  • l'uomo, ovvero la questione dello scopo e dei modi della vita, anche la libertà.
  • Il mondo, ovvero la questione dell'essenza della natura, in quanto energia, materia, vita.
    E DOVE AVVENNE LA PRIMA CONVERSAZIONE'?
    A Roma nell'ottobre del 1996. Propiziata da mons. Vincenzo Paglia, della Comunità di Sant'Egidio, che aveva organizzato un convegno sul tema “La pace è il nome di Dio”; furono agevolati incontri tra sacerdoti e intellettuali di tutto il
mondo.
La cronaca descrittiva è di Eugenio Scalfari, che trova spazio in un articolo pubblicato su la Repubblica dell'11 ottobre 1996, dal titolo:”Il laico, il cardinale e il paese senza etica”. Le sale sono colme, mons. Paglia introduce i due interlocutori, restando fermo che a me toccherà, è Scalfari che testimonia, il compito di porre le questioni e al mio porporato interlocutore di fornire le risposte.
Il confronto inizia alle oe 21.30 e durerà due ore. Si concluderà con un lunghissimo applauso a Martini, ai temi discussi, e alle conclusioni raggiunte.
EUGENIO SCALFARI.
Un confronto sulla fede tra noi due, cardinal Martini? Non le nascondo che il tema, definito in un modo così esplicito, mi turba. Lei ha tutta l'autorità oltre che l'abito, che indossa di poterne parlare con cognizione e passione e io non potrei fare altro che testimoniare la mia non credenza. Arriveremo a parlarne ma non credo possa essere questo il centro del nostro incontro. Può essere, invece, se lei è d'accordo, l' impegno morale e le opere che ne derivano. Là ci può essere, e io mi auguro che ci sia, un terreno di convergenza tra religiosi e non religiosi. Perciò le porrò una prima domanda quasi a guisa di introduzione: riguarda l'egoismo. Si ha la sensazione che l'egoismo degli individui e dei gruppi sociali abbia raggiunto nell'epoca nostra un livello molto elevato, mentre vediamo un declino dell'impegno morale, della comprensione e della solidarietà verso gli altri. Da che cosa dipende questo indebolimento della moralità e questa prepotente diffusione dell'egoismo? E' un male del secolo? E quali ne sono le cause? Ecco la mia prima domanda all'arcivescovo di Milano, che siede sulla cattedra che fu di Ambrogio, e di Carlo e Federico Borromeo.
CARLO MARIA MARTINI.
Sono d'accordo con questa impostazione del nostro dialogo. Del resto le domande sulla fede non possono vederci conrapposti ma desiderosi entrambi di approfondire il tema perchè quelle domande, quelle congtraddizioini sono dentro ciascuno di noi. Ciascuno di noi è al tempo stesso credente e dubbioso, pieno di speranza e disperato, fiducioso in un al di là e timoroso della morte. Ne parleremo ma intanto lei mi chiede dell'egoismo. Vede, io non sono affatto certo che il livello dell'egoismo sia aumentato rispetto ai secoli passati. Certo, ci sono segnali drammatici in questa direzione; penso alla crudeltà delle giuerre, tra diverse e intolleranti etnie, alle stragi che ne sono derivate, penso anche al dilagare della corruzione, alle mafie, all'ossessione di privilegiare su tutto il proprio avaro interesse calpestando quello degli altri e rifiutando ogni comprensione. Purtroppo questi fenomeni non sono esclsuiva caratteristica della società moderna: li abbiamo in retaggio a cominciare da Caino. Ma accanto a questi aspetti che violano i valori più alti della dignità umana, altri ve ne sono che infondono fiducia e speranza: la partecipazione con la sofferenza delle vittime e la sensibilità verso gli sconfitti, per esempio, hanno raggiunto proprio in questo scocio di secolo, un'intensità mai vista prima, e così pure la partecipazione di un numero imponente di giovani al volontariato, all'assistenza ai poveri, ai derelitti, ai vinti. Non si tratta di fatti isolati ma di fenomeni di massa, perciò non mi sento di affermare che il livello dell'egoismo e quello della moralità sia in declino. Ma ho invece un'altra e profonda preoccupazione : nel nostro secolo ci sono state ideologie che hanno legittimato o tentato di legittimare l'egoismo, quello di gruppo, di etnia, di nazione : ideologie che hanno chiamato luce le tenebre e tenebre la luce. Questo io temo: soprattutto: la legittimazione del male e questa, sì, è una paurosa novità dell'epoca moderna.
LA MIA RIFLESSIONE PERSONALE.
Mi fermo qui, perchè il resto delle riflessioni e del dialogo, sotto voce ma intenso, è bene gustarli leggendo il volumetto direttamente. Il libretto è chiaro nel suo linguaggo ed esplicito nei suoi contenuti; lo si legge correntemente, con partecipazione emotiva e scenica e grande immedesimazione nelle tematiche proposte. Non è stato un incontro sportivo che avrebbe dovuto indicare un vincitore e uno sconfitto, a colpi di argomenti di ragione, di fede e di conoscenze scientifiche, in perenne contrasto tra la fede in Dio e la fiducia assoluta nella ragione e nella scienza.
Riflettendo sulle domande poste e sulle risposte date si ha la netta impressione che i due interlocutori non si arrampicassero sui vetri per cercare le risposte più originali da consegnare ai lettori e ascoltatori; ma invece sembra che si abbandonino in una maniera autenticamente libera, in mare aperto, al libero gioco della ragione della laicità da una parte, e alle ragioni della fede dall'altra, (che non rinuncia mai ad una indagine scientifica dentro essa) ricca di intelligenza umana e sorretta da parole umane centellinate e sorrette dalla Parola indagata, pregata, contemplata; ma che non condanna all'angolo il suo intelocutore come un pugile suonato; tutt'altro. Anche il lettore si accorge che i due interlocutori non hanno nessuna intenzione di prevaricare l'uno sull'altro, o di risolvere i problemi posti al tappeto, con forzature della ragione o del dogma. Non si tratta di far pevalere una visione filosofica o etica, con una visione enciclopedica dello scibile umano. Ognuno è cosciente della propria storia personale, familiare e intellettuale. (Si veda a proposito, per averne una conferma, il film documentario che Ermanno Olmi, ha dedicato alla figura del Cardinale Martini dal titolo VEDETE, SONO UNO DI VOI, con la sceneggiatura dello stesso Olmi e di Marco Garzonio). Qual è il guadagno personale che il lettore si porta a casa? Gli argomenti toccano tutti gli aspetti personali e sociali della nostra epoca: fede in Dio, credenti e non credenti, pensanti e non pensanti, la morte, la Chiesa, la politica, la giustizia. Come si vede, nessuno può sottrarsi a questo confronto. Neanche loro si sono sottratti. Così procedendo il lettore si immedesima anche senza volerlo, nei sentimenti di questi due grandi interlocutori, e possono trovare nelle loro argomentazioni punti di coinvolgimento e arricchimento. E il commento finale alla prima conversazione è significativo e chiarificatore dello stile e del clima stabiliti all'interno del dialogo. (Carlo Castellini)
Come possiamo capirci di più e aiutarci di più? Chiede Martini.
Seconda domanda, questa molto personale: un laico non credente c ome lei, in che modo legge il senso globale della vita e dell'esserci? Scalfari:”Le sono molto grato per le domande che mi rivolge. Alla prima mi è facile rispondere che dobbiamo capirci meglio e di più. L'incontro di oggi può essere molto utile e non esito a dirle che personalmente ne esco più ricco e più consapevole. La seconda domanda mi obbligherebbe a una lunga esposizione, troppo privata per intereressare un pubblico così vasto e qualificato. Ma non voglio eluderla. Risponderò dunque su un solo punto ma che a me pare comunque quello centrale. Io considero la nostra specie come come una delle tante del mondo animale, perchè noi siamo in tutto animali salvo che per una particolarità: noi guardiamo noi stessi dall'interno, possediamo una mente che riflette su se stessa e abbiamo la consapevolezza di morire. L'insieme di queste facoltà si chiama coscienza ed essa è il nostro tratto distintivo, la nostra natura. Vede, cardinal Martini, io credo che arrivato il momento della morte, null'altro vi sia, null'altro ci aspetti, ma questa convinzione non mi dà né disperazione, né disimpegno. La consapevolezza del dover morire non è l'atto finale, ma l'atto iniziale della vita di ciascuno. Quello che condiziona tutto ciò che faremo poi. Noi sfidiamo la morte per tutta la vita, ed è questo che ci spinge alle opere e all'impegno. Su questo terremo potremo incontrarci, anzi ci siamo già incontrati.
CARLO MARIA MARTINI.
Anch'io, voglio dirglielo, esco da questo incontro con più fiducia e maggiore speranza.
(EUGENIO SCALFARI, VITO MANCUSO, a cura di Carlo Castellini).



Domenica 23 Luglio,2017 Ore: 18:04
 
 
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