Dopo gli anni di studi e di lavoro nel nostro nord, ha scelto di vivere a Capo d’Orlando, in Sicilia, dove non si è invaghita delle “buone cose di pessimo gusto”, dove non ha sperduto il suo spirito combattivo, ma l’ha intensificato, complici le turpi infamie politiche che subisce assieme ai quei pochi rimasti integerrimi. La sua abitazione sorge su un clivo, vicinissimo alle acque tirreniche, dalle albe e dai tramonti che si godono durante le primavere e gli autunni. Foriere, indubbiamente, queste, di occasioni che diventano per Franca contributi di scritture di varia cultura per qualche giornale e, soprattutto, singolari testi poetici, sollievo al suo esistere, non certo sereno. Dei testi poetici che ha vergato, di cui non si orna con meriti, emerge, fra l’altro, il valore delle amicizie, quelle autentiche. Tra queste, come esempio, quella del bibliofilo Matteo Steri, che ci ha lasciati da alcuni anni, uno che ha rinfrescato, con molte sue ricerche sofferte, la memoria del grande umanista Concetto Marchesi e si è come illuminato della scrittura rimasta negletta, poi da qualcuno editata, del martire antifascista Francesco Lo Sardo. Figure, Marchesi e Lo Sardo, come spesso è stato ricordato, perché sopravviva la memoria, di spicco nel panorama della storia italiana.

Così Franca reca in una poesia, datata il 27 ottobre 2014, l’amico scomparso Steri:

“Quando tu, Matteo, nella schiera

dei tuoi compagni semplici

mi hai accolta al seguito di Lo Sardo

recente ornamento d’una corona

di rossi frutti eccellenti elegante

ci siamo presi per mano

stretti in cerchio d’amicizia

sinfonica fioritura di carta

su pagine scritte nel nome

della gioia della parola

vincente nel vero e nel giusto”.

Qui, in questi 11 versi, a parte il moto del cuore riconoscente dell’autrice, si noti la vis della sintesi con la quale allinea versi, non con cadute nel vacuo, nell’agevole. Un’altra sua poesia del corpus delle 26, che rasenta il frammento, dal titolo “25 aprile”, recita:

“Oro di trifoglio e ginestra

distesa bandiera partigiana

a Liazzo palpiti al vento.

Oggi ancora mi assale

il tumulto dell’aprile”.

I colori siculi, della vegetazione dell’aprile, che chi vive lontano sogna, simbolo e passione, che pure sono nella “distesa” passione “partigiana”. Un’evocazione a quell’aprile del 1945, che segnò la fine di una dittatura e di una catastrofe nel nostro Paese, assale invero chi ancora intende un esistere libero. Mi soffermo, tra le altre poesie di Franca in quelle dai titoli: “Tre ceri”, “Domenica di paese” e “Preghiera”. Nella prima un’amica dell’autrice, la cui fine biologica si fa emozione e dolore autentici, in nome dell’amicizia; nella seconda, la vita che continua con presenze al Caffè in una domenica. E il mal di caffè illude, rende diverse illusoriamente diverse le presenze; nella terza, un canto che è quiete, cessazione di angosce agognate dall’autrice.

Dalle autentiche amicizie, nell’autrice di versi, al valore del viaggio, non come svago o uscita dal luogo dove si vive, ma come conoscenza e confronto. E i viaggi nei luoghi arabi di Casablanca, Rabat e dell’ Egitto le fanno annotare proposizioni, ancora brevi, icastici. In “ Sosta a Rabat”, l’autrice annota:

Elusa la stretta delle colonne

Sono giunta

in vista all’Atlantico

come il cammello all’ouaddi

 

Le 26 poesie sono una piccola opera, che testimonia quanto di degno, di magico, con il ricorso alla parola, possa provenire da una mente umana, in questo caso, muliebre.