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www.ildialogo.org “DOBBIAMO VIVERE INSIEME”,di Maria Teresa D’Antea

Recensione
“DOBBIAMO VIVERE INSIEME”

di Maria Teresa D’Antea

La fondazione Ernesto Balducci ha pubblicato, presso l’editore fiorentino Mauro Pagliai, una raccolta di brevi saggi sui temi attualmente più dibattuti in Europa, scritti dal noto sacerdote e intellettuale a partire dal 1982 fino al 1992, anno della sua scomparsa. Il libro si intitola “Dobbiamo vivere insieme” ed ha come sottotitolo esplicativo “Scritti sull’Islam e l’immigrazione”. Padre Ernesto Balducci, dell’ordine degli Scolopi, è stato uno dei protagonisti della cultura della seconda metà del ‘900 e le sue tesi sul rinnovamento della Chiesa, il ruolo dei laici, il primato della coscienza, il convincimento del dialogo per un futuro di pace hanno oggi un sapore così profetico da farcele sentire profondamente nostre e attuali. Basti pensare alla sua riflessione sull’Islam a partire dalla concezione del tempo. Scrive Balducci: “L’Islam ha del tempo una
rappresentazione verticale. Noi occidentali, eredi del messianismo ebraico-cristiano, andiamo fieri di aver spezzato la circolarità del tempo (l’eterno ritorno dei greci) distendendola in una linea lungo la quale distinguiamo un passato un presente e un futuro”. Partendo da questa semplice base, Ernesto Balducci
ci dà della cultura islamica le coordinate essenziali per comprenderla meglio e allo stesso tempo suggerisce all’Occidente come non abdicare di fronte ai suoi valori secolari. Se infatti il musulmano pensa al tempo in termini di verticalità, vuol dire che per lui il passato è sotto i piedi e il futuro invece è in alto e incombe su di lui come una totalità ineludibile e certa, che nessuno gli può togliere. Per noi europei oggi il futuro è un punto interrogativo, una specie di salto nel buio che fa paura. Per gli islamici invece non è così, proprio per l’ottimistica visione del domani che essi hanno. Niente infatti è più lontano dalla cultura islamica quanto lo storicismo, cioè quel modo di valutare ogni fatto umano in base al tempo storico in cui si è manifestato e sviluppato. L’Islam, si può dire, è nato tutto intero e tale è rimasto. Al contrario del cristianesimo non ha avuto una storia, non si è evoluto. Si può solo dire che “si è dilatato” scrive padre Balducci, non che abbia avuto un divenire, che “si sia trasformato”. Ma quanto abbiamo pagato, noi cristiani, in termini di allontanamento dal vangelo e quindi da Dio, l’evoluzione storicistica? Gesù esortava i suoi dicendo: “Non temete!” e faceva loro intendere che, anche se non lo vedevano, Lui c’era. Non temere è profondo atteggiamento di fede. Anche la grande di Avila, Teresa di Gesù, diceva: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta”. Oggi invece l’Occidente in generale e l’Europa in particolare vivono una paura che si manifesta con un eccitamento parossistico degli animi, intolleranze disumane, scelte politiche da beoti. Nel 1974 i paesi membri dell’ONU firmarono un progetto economico per garantire al Sud del mondo un decollo che appariva una necessità non solo per loro ma per la nostra stessa economia di mercato. Passati alcuni anni, quei paesi sono regrediti fino alla disgregazione sociale, all’esplosione della violenza tribale e all’aumento della morte per fame. Perché? Perché la nostra economia di mercato produce quei dissesti e se ne nutre.
Per chi non ha tempo di indagare come è andata e sta andando realmente la storia, chieda ai missionari che vengono da quei paesi e saprà la verità. Dice padre Balducci, un coraggioso figlio della nostra terra, nato a Santa Fiora: “La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ci fa obbligo di considerare ogni abitante del pianeta come un soggetto di diritti, in forza dei quali nessun uomo è veramente straniero in nessuna parte della terra”. E venuto il tempo di avviare una convivenza tra le culture, una convivenza che non faccia paura a nessuno, perché essa può favorire solo il rispetto, la fratellanza e una reciproca fecondazione culturale. In altre parole favorirebbe solo la pace. A questo proposito Ernesto Balducci, ribaltando lo slogan dell’arroganza imperialista romana, cioè “se vuoi la pace, prepara la guerra”, ebbe a dire: “se vuoi la pace, prepara la pace”.
Maria Teresa D’Antea



Martedì 01 Novembre,2016 Ore: 15:25
 
 
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