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www.ildialogo.org ISONZO INFAME, SOLDATI BRESCIANI NELLA GUERRA 15-18, DI TULLIO CAVALLI,DI CARLO CASTELLINI

ISONZO INFAME, SOLDATI BRESCIANI NELLA GUERRA 15-18, DI TULLIO CAVALLI

DI CARLO CASTELLINI

EDIZIONI DEL MORETTO, 1983, PREFAZIONE DI GIULIO BEDESCHI, PRESENTAZIONE E COMMENTO DI CARLO CASTELLINI


CHI E' TULLIO CAVALLI?
Non possiamo esimerci dal fare alcuni rilievi prima di parlare di lui e della sua vita, perchè questo libro potè vedere luce a circa sei mesi dalla scomparsa del suo Autore, PROF. TULLIO CAVALLI; non ebbe quindi la soddisfazione di veder vivere e e crescere questa sua creatura per la quale aveva profuso le sue ultime energie.
Per chi non abbia conosciuto, di persona l'Autore, vanno subito ricordate alcune peculiarità: è stato brillante insegnante delle Lettere classiche, presso il glorioso istituto “Cesare Arici” di Brescia, gestito dai padri gesuiti prima e dai diocesani poi. Era dotato di una competenza filologica con cui avrebbe potuto dar vita a libri e saggi, in cui evidenziare la sua grande cultura e competenza poliedrica.
Invece non era questo il suo intento. Ed alla fine fece esattamente il contrario. Il suo libro non racconta storie di orribili stragi di soldati o massacri di truppe perpetrati dallo scoppio di bombe lanciate dal nemico; che abbiamo visto più volte nei films della nostra generazione come in UOMINI CONTRO DI FRANCESCO ROSI; ma anche di MARIO MONICELLI in LA GRANDE GUERRA; ma l'Autore ha voluto rinunciare alla sua cultura raffinata di filologo per scoprire dentro queste lettere e cartoline scritte in condizioni disumane e impossibili, la dignità e i valori umani nascosti dentro gli animi degli scriventi; che hanno inviato dal fronte ai propri familiari.
Queste lettere, dalle sbiadite righe del tempo e sgrammaticate, inviate dal fronte alle famiglie, sono rimaste per molto tempo come ricordo prezioso e reliquie dei loro cari morti sul fronte della Prima Guerra mondiale. I familiari quindi a malincuore, cedevano all'archivio di stato il carteggio dei loro cari.
Presso l'Archivio di Stato di Brescia, sono confluiti e sono conservati gli scritti di poco più di 2.000 (duemila) Bresciani e di alcune centinaia di Cremonesi caduti nella guerra del 15. Questo libro nota, GIULIO BEDESCHI, prende le distanze da quello che lo hanno preceduto, con intenti diversi, sul terreno dello studio del linguaggio popolare italiano espresso nel settore della Epistografia; basta citare L. SPITZER: LETTERE DI PRIGIONIERI DI GUERRA ITALIANI 1915/18 DEL 1921, di G. PREZZOLINI”TUTTA LA GUERRA”, (1968), a cura di MALVEZZI E PIRELLI; LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DALLA RESISTENZA ITALIANA” (1952); e infine, per meritoria iniziativa della Regione Lombardia, e a cura di SANDRO FONTANA, MAURIZIO PIERETTI, GLAUCO SANGA, MAUIZIO PEGRARI, MARIA RENDACE, nella collana “Mondo popolare in Lombardia”, il volume “LA GRANDE GUERRA OPERAI E CONTADINI LOMBARDI NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE”.
Proprio su questo tema generale, attingendo allo stesso documento “CARTEGGI DELLA GUERRA” 15-18”, in dotazione dell'Archivio di Stato di Brescia, TULLIO CAVALLI ha scelto di immergersi tra quei soldati contadini e operai, per rivivere i loro problemi esistenziali, (fame, freddo, solitudine, lontananza dalla famiglia, pericolo di morte, guerra non voluta), e attraverso il loro linguaggio operare un'analisi, appassionata e partecipe, capace per noi lettori, di rievocare e far rivivere il dramma di una guerra disumana nella sua interezza, “raccontato con una potenza espressiva spesso ineguagliabile, da quei semi analfabeti, che serbavano nell'anima tesori nascosti. (G. Bedeschi).
Tenga conto il lettore, che al tempo della prima guerra mondiale l'analfabetismo nelle regioni italiane, era ancora molto diffuso. E che proprio la necessità di comunicare con le famiglie ha dato un sostanziale impulso alla diffusione della scrittura e al tentativo di esprimere nella lingua italiana ciò che i soldati ideavano in dialetto.
Inoltre è da considerare come i soldati in guerra, si trovano costretti dalle circostanze, ad esprimere per iscritto i loro sentimenti ai familiari, cosa che abitualmente non fanno. Da queste poche righe forzate, l'Autore cerca di andare oltre per cogliere nelle pieghe del loro spirito, “palpiti e valori nascosti di vita autentica”. (C. Castellini).
Quindi parole stentate, frasi contorte, idee appena abbozzate, trascritte a fatica su pezzi di carta ostile, diventano la descrizione esterna e anche intima della tragedia prima vissuta e poi consumata. Qualche esempio:
“La mamma che era inghiottita dalle lacrime”;
“Il fratello non è miga stato buono di salutarmi de la passione”;
“Qui per cucino abbiamo le pietre, per materasi abiamo i sassi; e per coperte abiamo il celo e poi adesso non sono niente sarà per questo inverno quando fiocherà e pioverà tutti i giorni”. O ancora:”Caro Padre, io mi ritrovo cua in prima linia momento per momento aspetto lamorte”.
Con questo empatico rispetto quasi fisico ma anche religioso dei testi delle lettere e cartoline su questi contadini e operai soldati , Tullio Cavalli, riesce a stendere il mantello leggero della sua PIETAS, appresa altrove, e ai quali rende onore con questa pubblicazione. “Poi compiuta l'opera, placata la tensione nell'adempimento del suo atto di amore, affidate le bozze fresche di stampa all'amico Abeni, subito morì”. (GIULIO BEDESCHI, DALLA PREFAZIONE,
di Carlo Castellini).
IL MIO RICORDO PERSONALE DI TULLIO CAVALLI.
I miei ricordi risalgono al periodo della scuola media e ginnasiale, quando ancora insegnava presso l'istituto Comboni di viale Venezia, 112; nel ginnasio italiano, latino e greco in buona compagnia anche del grande Mario Lussignoli, quando Livio Tescaroli era anche preside degli Studi. L'avevo avuto per un anno come docente di matematica in seconda media, negli anni 56-60.
Lo ritrovai in un colloquio privato con il preside degli studi, che mi presentava a lui come candidato privatista agli esami di quinta ginnasio
presso l'istituto cittadino sopra ricordato. E ancora lo ritrovai all'esame scritto i lingua francese; e mi aveva rivolto qualche domanda inerente lo scritto se ben ricordo “Acqua alle corde”.
Ci rivedemmo a Buffalora con Samuele Battaglia che mi invitò per condividere alcune riflessioni. e l'amicizia. Ricordo che parlavano della sua tesi su Venanzio Fortunato. Poi lo ritrovammo presso il teatro dell'Istituto Arici, dove lui sosteneva la parte del Cardinale Strozzi. Era amante del teatro ed aveva vinto un Concorso di Recitazione.
Ma la cosa più bella che ricordo di lui era che gli alunni lo stimavano molto e gli volevano bene: era molto competente e generoso; quando usciva dall'aula era sempre attorniato da studenti che ridevano e che esprimevano viva simpatia nei suoi confronti. Era brillante, ma pronto alla battuta, ma anche terribilmente serio ed esigente. Attorno a lui ricordo Convalle, Giuseppe Scattolini, Giannini, Alfredo Renzi, Zanetti, Vito Giannotti e altri.
Gli amici di Gambara, lo hanno ricordato alcuni anni fa con una serata a lui dedicata, ma in tono familiare quasi domestico.
Ma Tullio Cavalli merita molto di più. Dal momento che molti professionisti lo hanno avuto come docente, ed ora sono ricercatori, medici, docenti che gli sono debitori di una cultura altamente specializzata ma anche di una testimonianza di vita. E' stato sposato con Carla Merigo che gli ha dato tre figli.
L'ho sentita alcune volte per telefono per avere alcune conferme. Mi ha ringraziato. Presto andrò anche a trovarla. Il resto della sua testimonianza la si può trovare nella lettura delle tante lettere che lui ha decifrato con religioso rispetto nel suo ISONZO INFAME. (Carlo Castellini)



Sabato 15 Ottobre,2016 Ore: 17:32
 
 
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