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www.ildialogo.org UNA SOFFERTA TESTIMONIANZA A MO' DI AUTOBIOGRAFIA NE “IL VOLTO SCOPERTO”,di Carlo Castellini

Recensione
UNA SOFFERTA TESTIMONIANZA A MO' DI AUTOBIOGRAFIA NE “IL VOLTO SCOPERTO”

DI MARIO SETTA, EDITRICE QUALE VITA OTTOBRE 2011, COPERTINA DI DE DOMINICIS, COLLANA PRESENTE STORICO, REALIZZAZIONE GRAFICA TORRE DEI NOLFI (AQUILA)


di Carlo Castellini

Un libro tonico, energico, ricco di esperienze umane, psicologiche, vissute con attenzione alla propria e all'altrui persona, che si sorregge senza stampelle dalle prime alle ultime pagine. Questo è, mi sembra, il senso e il messaggio di IL VOLTO SCOPERTO, di MARIO SETTA, che tenta un bilancio critico della propria e altrui vita, lui che viaggia verso i settantacinque anni di età.
Un volumetto che, per i suoi contenuti e la sostanza delle sue riflessioni, merita di valicare i confini dell'Abruzzo, e di farsi conoscere anche fuori dai confini regionali. L'autore, prima sacerdote, poi parroco in una parrocchia ai piedi del Morrone, nelle vicinanze di Sulmona, diventa suo malgrado, protagonista e testimone, di esperienze, di incontri, di prese di posizione, che rendono la sua esperienza di chiesa, ma anche di società civile, di lavoro, di studio, di insegnamento, che lui saggiamente, colloca sempre in un contesto più vasto, accessibile a tutti lettori.
Un volumetto quindi che per la sincerità dell'autore, che dichiara esplicitamente la sua formazione e le sue conoscenze, perchè ha affrontato a viso aperto le difficoltà della vita, senza accontentarsi delle risposte preconfezionate, che ha sete di sapere e conoscere in maniera personale, che lo hanno indotto a leggere non poco, a riflettere molto, che cerca in tutto ciò delle chiavi di lettura per capire la realtà che lo circonda, e per orientarsi nella scelta delle occasioni di vita.
Si avverte nelle sue pagine, una tensione non polemica, ma positiva, tipica di chi cerca soluzioni personali non scontate, tipica di chi legge non per cultura fine a sé stessa, ma per trovare nuove chiavi di lettura, anche scomode, che preludono a nuovi modi di pensare, ma anche a scomode scelte di vita, sia dentro che fuori dalla chiesa.
E in questo suo atteggiamento, questo autore convince il lettore, perchè è capace di squadernare il suo stato d'animo nel quale ti immedesimi e ti confronti. A prima vista ti potrebbe far pensare ad un intellettuale ansioso, senza altro scopo che quello di sbottonarsi e parlare. Invece le pagine sono ordinate, gli episodi sono raccontati con linguaggio essenziale, ed i riferimenti
come i ricordi, sono bene circostanziati e comprensibili anche per chi non li ha vissuti in prima persona.
Tra i ricordi mi piace evidenziare la lettera inviata ai parrocchiani, nel giorno in cui veniva rimosso dalla sua parrocchia, nella quale spiegava motivi a tutti i fedeli; o la singolare esperienza dell'accoglienza dell'evaso dalle prigioni Horst Fantazzini, di cui avevano scritto anche le cronache locali e nazionali.
Storia singolare in cui il nostro autore ci ha messo la faccia e si è impegnato, nella solidarietà accogliente, rischiando anche in proprio; l'amicizia condivisa con il gruppo dei comboniani ribelli, autori di una singolare esperienza pedagogica e culturale, troppo moderna per un vescovo e una chiesa troppo chiusa e ottusa; e infine alla prima forma di innamoramento, e il suo tremore che racconta con infantile sincerità; forse qualche parola in più non avrebbe guastato, su Franca Del Monaco.
La docente di lettere che poi diventerà sua moglie; anche se nella parte finale si riscatta e riprende sia pure brevemente, la narrazione della educazione affettiva che veniva effettuata in seminario e sulle sue conseguenze. Argomento che oggi è ancora tabù e di cui non se ne vuole prendere coscienza; perchè potrebbe portare a scoprire tanti altarini. Che devono restare ancora coperti, per certi settori di chiesa. Piace a questo punto riprendere l'esperienza del gruppo dei comboniani ribelli, di cui scrive alle pagg. 612 e ss.
“L'anno successivo, il 1972, il vescovo AMADIO, torna alla carica sul problema dell'educazione nei seminari. Questa volta, contro i Padri Comboniani, che, a Sulmona, dirigono il seminario minore per la formazione di sacerdoti per le missioni. I quattro sacerdoti che si occupano dei ragazzi ATHOS BOLOGNINI, LUIGI ZANOTTO, ALDO ROPELATO, E FRANCO MASOLI, vengono invitati ad allontanarsi da Sulmona. Da parte dell'autorità ecclesiastica si parla di “normale rotazione”. Secondo gli interessati invece
si tratta di un vero e proprio atto di repressione. Da circa tre anni il seminario ha assunto caratteristiche decisamente nuove, aperte all'uomo ed ai suoi valori. Il seminario dei Comboniani era diventato centro di aggregazione e di vita comunitaria per centinaia di giovani della città. Si respirava aria di amicizia, di fraternità, di impegno sociale e culturale. L'organizzazione MANI TESE era la più seguita. Il merito, evidentemente, spettava ai quattro giovani missionari comboniani. Che avevano saputo impostare un lavoro di formazione moderno, serio, teso ad un rapporto di collaborazione e di stima, di dialogo, tra educatore ed educando. Un tale esperimento, iniziato con l'approvazione dei Superiori Comboniani, contrastava con la linea dei vescovi abruzzesi. In particolare non poteva essere accettato dall'ordinario diocesano mons. Francesco Amadio, contrario ad ogni forma di rinnovamento pedagogico. Un vescovo di tale fatta non poteva certamente permettere che proprio nella sua diocesi si portassero avanti idee e metodi così avanzati. Il suo intervento presso i Superiori Comboniani e le sue continue pressioni perchè i responsabili del seminario comboniano fossero allontanati da Sulmona, riescono ad avere la meglio. Meglio la testa di “quattro gatti”, piuttosto che avere grattacapi con gli altri vescovi e con quanti avversavano l'esperimento. Finale: allontanamento e diaspora dei quattro religiosi”.
Ho inteso riportare per intero questa esperienza di avanguardia pedagogica e culturale, perchè ho conosciuto ed ero amico di tutti questi quattro protagonisti. Ed alcuni li ho anche apprezzati per il carattere gioviale e intelligente. (Anche se rimango convinto, che, esperienze di grande apertura e tensione culturale di questo genere, sono “condannati” per forza di cose, a lasciare si il segno della novità e della profezia, ma anche a durare poco tempo rispetto ai valori e alle cose che vorrebbero fare. Succede la stessa cosa in tanti altri campi, nella scuola, nella politica, ecc. Ndr).
L'altro aspetto che mi sarei aspettato maggiormente trattato da Mario Setta, è il problema dell'educazione affettiva offerta nei seminari, che riprende però in maniera critica, verso la fine del libro, e della sua conoscenza di Franca Del Monaco, la docente di lettere che diventerà sua moglie e compagna di vita.
Vorrei ancora soffermarmi su persone da lui conosciute ricordate, che ho conosciuto pure io come PAUL GAUTHIER, da me avvicinato negli anni conciliari a Roma, sulla catacomba di San Callisto, o il card. GIACOMO LERCARO, con cui avevo condiviso un tempo breve alla presenza dei suoi ragazzi, a tavola a RE DI DOMODOSSOLA, quando ero ancora in seconda liceo. Era una persona squisita e fascinosa. Ma non intendo tediare il lettore dilungandomi troppo nei particolari.
E preferisco invece concludere con la riflessione di EUGENE DREWERMANN sulla natura del celibato e su come lo vivono i preti oggi:”Oggi è la psicanalisi a corrodere dall'interno il sistema clericale della chiesa cattolica, e questo non perchè i suoi rappresentanti siano particolarmente aggressivi nella critica, ma perchè l'esperienza della terapia psicanalitica, conferma che la religione cristiana rappresenta una forma di alienazione della coscienza, uno stato patologico della società quanto dell'individuo. Uomini che provano angoscia di fronte all'amore, non possono insegnare l'amore agli altri; non possono dare loro il coraggio necessario per il dispiegamento di sé, finchè non osano esistere in prima persona.....Non la maggioranza della popolazione, bensì la maggioranza dei chierici soffre della “paura di legarsi” tra di loro; la maggioranza dei maschi non ha mai abbracciato una donna; la maggioranza delle donne non ha mai abbracciato un uomo; e meno che mai hanno osato “perdere” il loro cuore per un'altra persona per ritrovare poi, in questa persona, se stessi; ma tutto ciò non dipende da un'angoscia inconscia di fronte a un vero legame, bensì dal fatto che un'autorità esteriore ha vietato loro di stringere legami con le persone dell'altro sesso”.
Per questo motivo, conclude MARIO SETTA, il fenomeno più lacerante per un prete è l'nnamoramento. Che non si sa perchè esplode, non si sa dove finisce.
(CARLO CASTELLINI).



Lunedì 02 Maggio,2016 Ore: 23:03
 
 
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