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www.ildialogo.org DE CERVANTES DA BOMPIANI,di Sebastiano Saglimbeni

DE CERVANTES DA BOMPIANI

di Sebastiano Saglimbeni

“Per me sola - confessa la penna-/ è nato don Chisciotte e io per lui: / egli ha saputo agire e io scrivere / e io e lui siamo uno.” Questi quattro brevi righi, che si possono leggere come versi, sono evidenziati sulla quarta pagina di copertina dell’opera Don Chisciotte della Mancia, (Bompiani, 30,00 euro), “Collana Classici della letteratura europea”, diretta da Nuccio Ordine, docente di Letteratura italiana in Calabria, con introduzioni e note di Francisco Rico, traduzioni di Angelo Valastro Canale, con testo spagnolo a fronte a cura dello stesso Rico. L’opera è stata realizzata con i contributi Fondazione Cassa di Risparmio Calabria e Lucania e Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Oltre 2100 pagine, con18 illustrazioni limpidamente riprodotte e, come tali, eloquenti. La storia della maschera chiave Don Chisciotte della Mancia e delle altre, dopo quattro secoli, motiva non poco ad interessi di studi e di edizioni nel nostro Paese e fuori. Miguel de Cervantes, dalla vita combattiva, ardua, può godere di questa sua grande fatica editata nel 1615, dopo 10 anni dalla divulgazione nel 1605 di una prima parte. Solo per un anno, pertanto, tra le sue mani la fatica completa, perché si spegne il 22 aprile del 1616 a Madrid all’età di 69 anni. Intense nella fatica le pagine a firma di Francisco Rigo. Dalla “Nota biografica”, la vita di de Cervantes, che nasce ad Alcalà de Henares nel 1547. Per sommi capi, nel 1567, ventenne, scrive un sonetto che dedica alla regina Isabel de Valois, terza moglie di Felipe II, in occasione della nascita dell’infanta Carolina Micaela; due anni dopo, il 15 settembre, viene firmato un provvedimento perché venga arrestato, in quanto accusato di aver ferito durante un duello Antonio de Sicura. E di qui, come sopra accennato, il combattivo neo-scrittore Cervantes, al quale è infausto l’anno 1571, mentre combattente a Lepanto, dove rimane ferito e con il braccio sinistro amputato. Nel 1572-74 è soldato privilegiato nei Tercios d’Italia e giova durante le campagne di don Giovanni d’Austria a Corfù, Morea e Tunisi; diventa un elogiatore della vita militare. In Italia lo affascina tanto Firenze, ammira Roma, giudica Napoli la migliore città di Europa, gli piace Palermo per la sua bellezza, Messina per il porto, dell’intera Sicilia l’abbondanza, a “giusto titolo”, il granaio d’Italia. Non meno infausto gli è l’anno 1575 quando il 7 settembre da Napoli si imbarca sulla galera Sol diretta in Spagna e il 26, dinanzi alla Costa Brava, viene fatto prigioniero, insieme al fratello Rodrigo da corsari berbereschi. Resterà prigioniero ad Algeri sino al 1580. Ne parlerà di questa trista avventura nel Don Chisciotte e nelle opere Los baños de Argel, El tratto de Argel, El amante liberal. Anni penosi di carcerazioni, alleviati dalla creatività, fiorente nella privazione della libertà e nei patimenti. Nella prigione di Algeri, dalla quale tenta di fuggire per quattro volte, diventa amicissimo del poeta siciliano Antonio Veneziano, anch’egli rapito sulla stessa galera. Non se ne parla nella “Nota biografica” del libro, ma si coglie l’occasione di parlarne per la memoria di Veneziano, un conoscitore di greco, di latino e della stessa lingua spagnola che parla de Cervantes, il quale consola il compagno di sventura con la dedica di 12 bellissime ottave. Ne hanno parlato in Sicilia, a proposito dei due prigionieri scrittori, Giuseppe Pitrè, Giuseppe Cocchiara, Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Aldo Gerbino e, di recente, chi questa nota redige. Qui, sia pure sommariamente, l’icona umana dello scrittore, dai tanti patimenti, dapprima per le torbide condizioni familiari, in seguito per le carcerazioni subite. Pure voluto questo suo tenore di esistenza cavalleresca spericola, ricompensata da onori e benessere. Come autore del Don Chisciotte, de Cervantes vive ed interpreta profondamente la stagione di passaggio dal 1500 al 1600, in pieno clima storico rinascimentale, e l’inizio della crisi gravante nel mondo europeo. Pure interprete dei valori rinascimentali, caduti, e del barocco proliferante. Le vicende umane nella sua estesa scrittura sono quelle senza tempo, intese coscientemente dai lettori del suo tempo. Intese in questo nostro tempo. Non si spiegherebbe diversamente la fortuna del suo Don Chisciotte che non ha perduto il valore di una originalità rara, che è pure nel linguaggio calligrafico e volgare. Non un romanzo cavalleresco - è stato osservato -, ma un’opera, che per la sovrabbondante fantasia, va considerata poetica. Non va considerato, pertanto, uno studiato ornamento quanto si legge nel risvolto del volume, vale a dire: “Nel maggio del 2002 una giuria composta da un centinaio di scrittori di oltre cinquanta Paesi ha scelto il romanzo come ‘ la migliore opera di finzione nel mondo ’ di tutti i tempi, assai più votato dalle opere di Proust, Shakespeare, Omero, Tolstoj. Cos’ha Don Chisciotte per meritare una tale preferenza? Nessuno potrà dirlo con sicurezza”.



Domenica 24 Aprile,2016 Ore: 09:29
 
 
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