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www.ildialogo.org Resoconto della presentazione del libro di Paolo Saggese "Lettera a un Giudice",a cura della Redazione

Gesualdo (AV)
Resoconto della presentazione del libro di Paolo Saggese "Lettera a un Giudice"

a cura della Redazione

Modera Michele Zarrella.
Moderatore:
Buona sera. Siamo qui riuniti per presentare il libro del professore Paolo Saggese
Lettera a un giudice
Racconto fantastico sulla corruzione
È doveroso ringraziare il Sindaco e l’Assessore alla cultura che ci ospitano. Ma oltre all’ospitalità il mio ringraziamento va al loro grande entusiasmo con cui hanno accolto di patrocinare questa iniziativa permettendo di presentare anche a Gesualdo il libro del professore Paolo Saggese. Il sindaco è impegnato in una riunione e l’assessore ci raggiungerà. Mi ha telefonato invitandomi a iniziare per rispetto del pubblico. Ringrazio i relatori: la professoressa Rosa Covino, il preside Alfonso Cuoppolo che hanno letto il libro e ce ne illustreranno il contenuto. Il professore Giuseppe Mastrominico, anch’egli accreditato fra i relatori, è assente perché malato. C’è qui nel pubblico il papà Arnaldo a rappresentarlo. Ringrazio la professoressa Stefania Mannetta che ha curato la scelta e leggerà tre brevi paragrafi significativi del libro. In questo modo potremo immergerci nella prosa leggera, semplice e scorrevole del professore Saggese. Ringrazio l’autore, per averci regalato con questo libro i suoi spunti di riflessione sulla corruzione. Un male denunciato da eminenti personalità. Fra tutti vi ricordo il Presidente della Repubblica e il Papa i quali in maniera simile hanno detto che la corruzione è un male che mette in ginocchio l’intera società.
Ieri mattina all’istituto di Grottaminarda, dove ho tenuto una relazione sull’astronomia, parlando di questo incontro e del suo tema: la corruzione, ad un collega ho detto: « Una società corrotta è una società malata ». E lui mi ha risposto: « Ma quale malattia. È una metastasi! ». E voi sapete che significa in un organismo una metastasi. Ma sulle riflessioni non mi dilungo. Per questo abbiamo i relatori.
Prima di passare la parola, permettetemi di ringraziare ognuno di voi ed in particolare i forestieri che con la vostra presenza e la vostra attenzione rendete possibile questa bellissima serata.
Iniziamo dunque.
Il libro Lettera a un Giudice è un racconto fantastico. Parla di un cittadino della Repubblica dei Pomodori (RDP) di nome Candido che dedica tutte le sue energie a un concorso, sperando di ottenere una progressione di carriera ed economica.
I concorrenti in 500 minuti devono rispondere a 500 domande. Quindi, mediamente, per ogni domanda hanno un minuto di tempo per leggerla, capirla e indicarne la risposta. Supponendo che per 500 minuti, cioè per 8 ore e 20 minuti, non andassero nemmeno al bagno, altrimenti il tempo per rispondere ad ogni domanda si riduce a meno di un minuto.
Candido, questo cittadino della RDP, nei mesi precedenti il concorso si impegna, studia, consegue una preparazione ottima, impara a memoria migliaia di domande, partecipa al concorso, scrive un tema di dodici pagine, risponde a tutte le domande. Si sente soddisfatto come chiunque fa il proprio dovere. È convinto che lo supererà. Ma alla fine la Commissione lo dichiara NON IDONEO. Non capacitandosi del risultato, Candido fa richiesta di una fotocopia del suo compito corretto. Qui si inserisce il brano scelto dalla professoressa Stefania Mannetta, a cui cedo la parola.
Lettura delle pagg. 59 e 60
Moderatore:
Grazie professoressa Mannetta. Passiamo la parola alla professoressa Rosa Covino.
Intervento della professoressa Rosa Covino.
La presentazione del nuovo libro di Paolo Saggese, dal titolo Lettera a un Giudice, mi crea un po’ di imbarazzo, come sempre accade quando si chiedono interventi in merito a firme prestigiose.
Paolo Saggese si è imposto nel panorama culturale come presenza d’eccezione e i suoi interventi (dalla scuola al giornalismo, dall’editoria alla politica) sono stati oggetti di notevoli apprezzamenti.
La trama del libro si articola su una vicenda (la partecipazione ad un pubblico concorso) che coinvolge il lettore che si immedesima nel protagonista: Candido. L’opera di Saggese e questo libro in particolare si rivela ancora una volta come un’opportunità che abbiamo per dare sostegno alla nostra “capacità narrativa” ed esprimere le nostre idee tramite l’autore. I pregi del libro sono quelli tipici della “penna” di Saggese. Mi riferisco alla brillante scrittura, alla puntualità delle analisi, alla concretezza dei giudizi, all’oculatezza con cui vengono scelti gli argomenti sottoposti all’attenzione dei lettori, nell’ambito della vicenda raccontata da Candido: tutte caratteristiche che fanno di Paolo il professore che ogni genitore vorrebbe a scuola per i propri figli. Il libro, inoltre, si avvantaggia di citazioni classiche (Voltaire, Foscolo, Sciascia) nonché di riferimenti a poeti della cultura meridionale (Iuliano, Prebenna, Salvatore ecc.). Ciò a dimostrazione anche dell’attaccamento di Paolo Saggese alla sua terra e del suo impegno per affermare i valori etici tipici. Vanno, infatti, ricordati le raccolte ontologiche di poeti irpini, la costituzione del “Centro di Documentazione sulla poesia del Sud” fino ad arrivare alla rivista “Poesia Meridiana”.
L’aspetto che mi ha lasciata perplessa nel libro è la difficoltà che si ha ad individuare la linea di demarcazione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, mettendo in discussione molti dei fondamentali principi etici regolatori della vita sociale. Considerazione amara se si pensa che il protagonista Candido vive in una repubblica, una forma di stato che dovrebbe garantire il rispetto delle regole. E questo è il paradosso perché viene anche meno la “funzione educativa” dello stato.
Verrebbe spontaneo, a questo punto, utilizzare la metafora di Pinocchio, con cui Collodi traduceva efficacemente le difficoltà formative di un’Italia popolata da furbacchioni, truffatori e gente dedita al tornaconto personale. È evidente che con urgenza, oggi, si pone la necessità di lavorare per la costruzione di una nuova coscienza civile. Per fare questo, per aiutare le nuove generazioni, bisogna però partire dai vicini di casa, dalla famiglia, dai luoghi di lavoro, dalle associazioni; creare l’idea di rispetto della libertà, delle regole, rispetto per l’ambiente e osservanza della legalità in generale. Solo così si potrà creare quello che Paolo Saggese auspica: “il migliore dei mondi possibili”.
Moderatore:
Grazie professoressa Covino.
Avuta la fotocopia del compito corretto, spinto da sentimenti di delusione e di rabbia, Candido si rivolge a un buon avvocato. Qui si inserisce il secondo brano scelto dalla professoressa Stefania Mannetta a cui cedo la parola.
Lettura delle pagg. 69 e 70
Moderatore:
Grazie professoressa Mannetta. Passiamo la parola al preside Alfonso Cuoppolo.
Intervento del preside Cuoppolo.
Lettera a un Giudice” è un’opera degna di grande attenzione e profonde riflessioni, in quanto storia impietosa di un giovane intellettuale che, nell’espletare un concorso pubblico, vede crollare gli ideali che costellavano il suo universo umano e culturale, ma anche rappresentazione di una sconcertante realtà, specchio di una società in cui si riflettono più zone d’ombra che di luce; testimonianza di coraggio e di forza morale, che mette a nudo sconvolgenti verità su situazioni e personaggi, ma anche e soprattutto messaggio di fede e di speranza in una nuova umanità, capace di vincere il degrado morale che ci attanaglia, a mo’ di piovra, dai tentacoli sempre più lunghi e ramificati.
A tanto, è da aggiungere che è un libro che si legge tutto d’un fiato, per la chiarezza e la semplicità del linguaggio, il periodare scorrevole e armoniosamente articolato, lo stile duttile, piacevole e come velato di amarezza, pregi questi caratteristici dell’ampia produzione letteraria e giornalistica del professor Saggese.
La storia ha il sapore di un romanzo, con vicende cosi singolari e incredibili da apparire frutto di congetture fantastiche dell’autore; il bello è che dalla fantasia poco o niente è stato attinto!
Il filo conduttore ruota attorno al concorso per dirigente scolastico, concorso a cui partecipa, nelle vesti di candidato, il protagonista. Scrupolosa la preparazione con cui affronta la prova di preselezione e la prova scritta (12 ore al giorno, per nove mesi consecutivi). Di pieno valore lo svolgimento del tema, grazie alla sua solida formazione culturale, dovuta alla diligente lettura di centinaia e centinaia di libri, alla sua duttilità nello scrivere e soprattutto alla conoscenza dell’argomento proposto.
Incredibile, perciò, il risultato di non ammissione agli orali !
Sorse il dubbio di un possibile errore di identificazione del tema, da parte dei Commissari d’esame, ma anche il labile sospetto di eventuali brogli operati dagli stessi, a vantaggio, di determinati candidati.
La visione dell’elaborato, consentita dalla legge, provò che il giudizio e la votazione riportati sullo stesso erano stati attribuiti, senza che le 12 pagine che erano state scritte fossero state almeno sfogliate!
Da qui, l’opportunità del ricorso, volto a far rivedere il “caso” e a far trionfare il merito e la giustizia, ricorso che, purtroppo, a dire dell’avvocato, non avrebbe avuto buon esito, dato che, per tale tipo di contenzioso, la soluzione favorevole non va trovata nella “sostanza”, ossia nel valore del tema, quanto in eventuali “vizi di forma”, incompatibilità, violazioni di legge. Ai giudici, non interessa il tema, loro non vanno a stabilire se un candidato merita o non merita, vanno a censurare solo vizi procedurali. Tanto, perché la valutazione della Commissione è “insindacabile”!
Il pensiero del “malcapitato” andò, allora, a quando, nella ricorrenza del Natale, ad un convegno, dove teneva una relazione il “Capo dei piedi neri”, che l’invitò a fornire l’inizio del tema, a garanzia di un risultato positivo; forte del suo senso di giustizia di rigore kantiano, aveva risposto di non aver bisogno di raccomandazione e di aiuto, perché certo di quello che aveva scritto e sicuro della sua preparazione. Alla luce della terribile sorpresa, capì che il merito era stato sopraffatto dalla disonestà, che il concorso era stato già deciso a monte, che la “torta” era stata divisa nelle stanze del potere, ove concordemente, partiti, funzionari, sindacati avevano stabilito nominativi e voto!
A riaprire il cuore alla speranza, dopo qualche mese, la notizia che i verbali delle prove erano stati sequestrati, che erano state intercettate telefonate, riguardanti raccomandazioni, giri di denaro, nomi di Commissari e di grossi personaggi, col seguito di novanta avvisi di garanzia. Per più giorni, i mezzi di informazione diffusero, a grossi titoli, la notizia di tale scandalo, preannunciando che il concorso sarebbe stato sicuramente annullato, con tutte le conseguenze civili e penali previste dalla legge. Purtroppo, quando il clamore dello sconcertante “episodio” andò ad affievolirsi, con i “buoni uffici” di politici, sindacalisti e magistrati, venne adottata la soluzione, tipicamente “all’italiana”, di effettuare una “sanatoria”, di mettere tutto a tacere, di sbloccare le procedure del concorso e avviare a conclusione le conseguenti operazioni.
Il racconto è portato avanti come su due binari, uno fondato sui principi dell’onestà, della rettitudine, della legalità, della giustizia, della scrupolosa osservanza dei propri doveri, e quant’altro di analogo valore, rappresentato dal protagonista; l’altro basato sul disimpegno, la furberia, i meschini espedienti, l’imbroglio, la corruzione… caratteristiche queste che connotano il comportamento di faccendieri, frequentatori di “chiese” e “santuari”, alla ricerca del santo protettore, politici politicanti, notabili che fanno e disfanno, rubano, corrompono, intrallazzano…
Per rappresentare questa realtà, dalle tinte così forti e contrastanti, l’autore fa ricorso ad espressioni abbastanza colorite (“Repubblica dei Pomodori”, “Tribunale dell’Inquisizione Astrale”… “Capo dei Piedi Neri”, “Gufi Notturni”, “Gazze Ladre”…) ma anche ad aforismi e brani significativi di diversi autori, come Marco Aurelio, Seneca, Dante, Voltaire, De Sanctis, Canetti, Scascia,Troisi, Bobbio ed altri. Allo stesso modo, identifica e fa conoscere, nelle loro principali caratteristiche, i vari “attori” della storia, sotto il nome di personaggi ben noti del mondo della letteratura. Per il protagonista fa ricorso alle figure emblematiche di Candido, Pangloss, Paolo Laurana, Peter Kien, personaggi creati, i primi due, dalla magnifica penna di Voltaire, il terzo, da Sciascia, il quarto da Canetti. Tanto vale anche Zecchinetta, Pococurante, che impersonano candidati poco meritevoli e furbeschi….
Il libro, con toni forti, intende mettere in evidenza la crisi della società e il decadimento dei valori che hanno segnato la storia del passato, valori sostituiti da nuovi bisogni e nuove forme di appagamento, fondate soprattutto sulle regole dell’“avere” che hanno soppiantato quelle dell’“essere”, sul relativismo morale, sulla facile e continua violazione di norme, sulla sfasatura tra forte rivendicazione dei diritti e debole osservanza dei doveri, sulla cultura, insomma che la furbizia viene sempre premiata, che vivere onestamente sia inutile se non dannoso, che i delinquenti, anche se smascherati, se la cavano sempre.
Da qui, un oceano sconfinato di abbrutimenti, di imbrogli, di illegalità, con conseguente diffusione di episodi legati alla piccola e media criminalità, che fornite di protezione e collusione, spadroneggiano in tutto il paese, con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti; da qui, continui episodi di servilismo, clientelismo, favoritismi, raccomandazioni e quant’altro di simile, a vantaggio di arrivisti, “clienti”, arrampicatori che arrivano in cima, a danno dei capaci e dei meritevoli. Fenomeno questo devastante, che costringe i ragazzi più colti, quelli che hanno le ali per volare, ad andare all’estero. Nel solo 2014, 45.00 giovani, under 40, hanno lasciato l’Italia. Condizione questa che nuoce alle famiglie , in termini umani ed affettivi, e a tutto il paese, in termini sociali ed economici. Insieme ad un “bravo” che parte va a perdersi anche l’investimento che il paese ha fatto in istruzione, sapere e conoscenza, investimento valutato dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) in oltre 100.000 euro, per ogni studente, dall’asilo all’Università. Senza contare che quel giovane contribuirà ad arricchire lo Stato nel quale si trasferisce, in termini di produttività e pagando le tasse.
Segnata da molte ombre anche la carta d’identità del mondo amministrativo e politico, dovute ad evidenti segni di inefficienza, inettitudine, malcostume, devianza morale, elementi che hanno fatto perdere al cittadino la fiducia nelle istituzioni e negli uomini che le rappresentano. Pesante anche l’atmosfera che si respira nell’ambito della magistratura, come è stato riferito, nello scorso mese di gennaio, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, nei discorsi inaugurali, tenuti a Roma e nelle sedi dei 26 distretti di Corte d’Appello, dai magistrati, tutti concordi sulla necessità di norme più chiare e severe, sull’urgenza di rivedere l’Istituto della Prescrizione, di assicurare la certezza della pena e scongiurare il rischio di “politicizzazione” e il rischio di " infiltrazione mafiosa”.
Questo, sostanzialmente, l’insieme delle idee e dei sentimenti riportati dal protagonista, con sdegno e rabbia, nella lunga lettera al giudice. Quando finisce di scrivere, stanco, ma libero del “sacco di immondizia” che l’opprimeva, esce all’aperto e resta incantato dalla bellezza del sole, i cui raggi, nell’ora del tramonto, si colorano di rosso, segno, come vuole la saggezza popolare, che l’indomani sarà giorno sereno.
Tra i bagliori di tanta e tale bellezza, s’affaccia, con squisita tenerezza, il sentimento dell’amore, rappresentato dall’immagine dei figli e dell’insieme della famiglia, tutta pervasa di affetto, serenità, concordia ed equilibrio morale.
In questo quadro armonioso e perfetto, nei colori e nelle linee, l’ottimismo della speranza, che non deve mai venire a mancare, gli fa intravedere all’orizzonte un mondo migliore. Da qui, il suo sotteso invito di uomo, di educatore e di studioso a mettere in moto, in ciascuno di noi, tutte le energie e trovare la forza di riappropriarci del culto dell’Amore e della Bellezza, intesa come giustizia, libertà, dignità, libertà, solidarietà, come l’insieme di quei valori più volte enumerati nella “Lettera”, valori che in ogni tempo e sotto qualsiasi cielo rendono la vita bella e degna di essere vissuta.
Moderatore:
Grazie preside Cuoppolo.
Il racconto dell’avventura di Candido continua tenendo sullo sfondo un paese corrotto, in cui sembra che prevalga il seguente motto: La persona onesta è… “fessa”. Il ladro è… “furbo”. Una società in cui Merito e Giustizia sembrano valori marginali se non addirittura da schernire, da deridere. Ma l'autore non accetta che la verità diventi una palese ovvietà – a dirla con Schopenhauer – e a conclusione propone la sua ricetta. Qui si inserisce il terzo brano scelto dalla professoressa Stefania Mannetta.
Lettura delle pagg. 97-99
Moderatore:
Grazie professoressa Mannetta.
Ci avviamo alle conclusioni nel rispetto dell’ora prefissata all’inizio di questo convegno.
L’uomo è perennemente in conflitto nella scelta tra ciò che è giusto e ciò che è utile. Il racconto nel mettere in luce questo conflitto calpestato a favore dell’utile tocca i principali valori che sono alla base della nostra società. La Giustizia (con la G maiuscola), il rispetto delle regole, la imparziale valutazione dei meriti, ecc. sono valori che quando vengono intaccati, non rispettati indeboliscono gli elementi costitutivi della struttura sociale e portano ad una società “malata”. Un male che può portare alla sua stessa distruzione. Pensate alla fine dell’Impero Romano. Allargando l’orizzonte osserviamo che l’attuale capitalismo sta assumendo sempre di più un volto amorale e distruttivo fino a mettere in pericolo l’equilibrio – raggiunto in 4,56 miliardi di anni – della biosfera e la continuazione della nostra specie su questo pianeta. Il prodotto interno lordo (PIL) pone in primis la crescita senza soste e senza limiti. Un’assurdità. Pensate che il PIL aumenta se sto fermo nel traffico con l’auto in moto. Il PIL non misura la felicità, i rapporti sociali, la salute della gente. La nostra gioia non è aumentata con l’aumento dei consumi che troppo spesso sono inutili e quindi dannosi sprechi. Lo sfruttamento di questo pianeta senza limiti ha prodotto i cambiamenti climatici che stiamo vivendo. Vi lascio con una domanda. A cosa serve, da parte dei governanti, riconoscere a Parigi il pericolo del riscaldamento globale e autorizzare poi le trivellazioni?
Il sottotitolo del libro è: Racconto fantastico sulla corruzione. Caro Paolo la fantasia è quella facoltà della mente umana di creare immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no alla realtà. Essa è di vari tipi: fervida, vivace, accesa, sbrigliata, ricca, robusta, ecc., Nel ringraziarti per le riflessioni che hai scritte, e che farai fare a tutti coloro che leggeranno il tuo libro permettimi di dirti che la fantasia con cui hai scritto questo libro dimostra che sei dotato di una fantasia molto, ma mooolto, robusta.
A te la parola.
Intervento dell’autore.
La mia “Lettera a un Giudice”:
ovvero la corruzione, che distrugge la civiltà
In età matura, ho scoperto la mia vena di scrittore. Infatti, sino ad ora la mia scrittura era stata quasi esclusivamente saggistica o giornalistica, avendo scritto o curato più di quarantacinque volumi, incentrati prevalentemente sulla storia della Letteratura latina e italiana, sulla storia irpina contemporanea e sul meridionalismo, o su questioni concernenti l’attualità politica. Inoltre, da più di quindici anni, notevole è stato il mio impegno in campo giornalistico, avendo firmato un migliaio di interventi su numerose riviste, e prevalentemente su quotidiani quali “Il Mattino”, “Ottopagine”, “Il Corriere dell’Irpinia”, “Il quotidiano del Sud”, edizioni lucana e irpina, con alcune puntate anche sul “Corriere del Mezzogiorno”.
Ed ecco, da luglio, ha visto la luce il mio primo romanzo breve (o racconto lungo) “Lettera a un Giudice. Racconto fantastico sulla corruzione” (Magenes Editoriale, Milano), una lunga lettera divisa in trentatré parti indirizzata ad un Magistrato, e che è facilmente reperibile presso Librerie on line oppure presso le Mondadori e le Feltrinelli dei centri maggiori, nonché nelle edicole di Montella.
È il protagonista a scrivere, a raccontare la sua vicenda, intrisa di ironia, di autoironia, di amarezza dolorosa, di rabbia e indignazione.
È la storia di un cittadino, che ho chiamato simbolicamente Candido, omaggiando così evidentemente Voltaire e Sciascia. Quest’uomo decide di partecipare ad un concorso pubblico per Dirigenti indetto dalla “Repubblica dei Pomodori” (RDP). Studia, si impegna, consegue una preparazione ottimale, ma è clamorosamente “bocciato”. Ha inizio così un calvario, una sorta di discesa agli inferi per Candido e per la sua famiglia.
Infatti, il protagonista ha coltivato sino ad allora la granitica convinzione di vivere nel “migliore dei mondi possibili”, seguace ormai fuori tempo di Pangloss e dell’ottimismo leibniziano. Perciò, una volta risvegliatosi alla cruda realtà, si interroga ossessivamente sul mondo in cui vive, su questo inesorabile mondo balordo e capovolto, in cui è condannato a vivere, che premia il demerito e la disonestà e penalizza il merito e l’osservanza delle leggi.
Nel libro compaiono continuamente tante domande, che non trovano tuttora risposta: il conflitto tra diritto e legalità, il ruolo dei partiti e dei sindacati nel sistema pervasivo della corruzione, la selezione delle classi dirigenti (sempre più “digerenti”, avrebbe detto Sciascia).
Candido non trova risposte nella società, trova piuttosto interrogativi e consolazioni nei suoi amati compagni di viaggio, i libri, un po’ come il triste protagonista di un capolavoro di Elias Canetti, e nella sua famiglia, negli amici solidali e partecipi, nella religione civile dell’onestà.
È un libro doloroso, ma anche carico di speranza. Chi arriverà alla fine del romanzo, comprenderà bene le mie parole.
È un libro dedicato ai padri e ai figli, ai primi, che dovrebbero battersi per un mondo migliore, ai secondi, che hanno patito il triste destino di avere in sorte un mondo corrotto e apparentemente privo di speranza.
Ed infatti, Candido si chiede: come potrebbe un giovane serio, educato, studioso, accettare di vivere in questa Repubblica dei Pomodori? Dovrà solo sperare di fuggire quanto prima, di trovare ricovero in una nazione civile, se esiste ancora.
Ma allora, è vero, si chiede Caroline, la moglie, seguendo Corrado Alvaro: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile!”
Moderatore:
Grazie professore Saggese. Passiamo la parola all’assessore Assunta Annese per saluti e le conclusioni.
Nel ricordare che il libro è acquistabile su Internet ringrazio voi tutti per la vostra partecipazione e la vostra attenzione. Buona cena.
Fuori contesto ho chiesto alla professoressa Stefania Mannetta la motivazione che ha orientato la scelta dei tre brani letti.
La professoressa Mannetta ha risposto:
Ho scelto i capitoli XIX, XXII e XXXII perché mettono bene in evidenza quella che, purtroppo, è la realtà di oggi; una realtà fortemente corrotta in ogni campo. La corruzione, non soltanto crea ingiustizia, ma danneggia pesantemente anche la vita economica e sociale di un Paese. Quando i giochi sono truccati, a vincere sono i più furbi, non i più bravi e “ Lettera a un giudice" testimonia tutto questo.
L'ultimo capitolo, infine, credo sia degno di importanti riflessioni in quanto tende, sicuramente, a smuovere le coscienze di ognuno di noi:
la corruzione si può battere, anzi, si deve battere!!! Lo si può fare riformando la giustizia, rendendola più celere, aumentando l' efficacia delle leggi , migliorando la trasparenza degli atti della pubblica amministrazione e sfoltendo, nello stesso tempo, il numero di funzionari, remunerandoli meglio e rendendo più efficiente il loro lavoro. Inoltre è necessario creare le condizioni per una maggiore collaborazione fra gli Stati nel perseguire gli illeciti.
E, soprattutto, bisogna che gli italiani riacquistino i valori di responsabilità e di rispetto verso le regole, nella consapevolezza che l'interesse generale così conseguito, è, in ultima analisi, se soltanto si cerca di superare una visione miope della realtà, l'autentico, vero interesse di tutti noi, cittadini e consumatori.
Gesualdo, 12/02/2016



Venerdì 19 Febbraio,2016 Ore: 17:49
 
 
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