- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (459) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org ALCEO E SAFFO NELLA TRADUZIONE DI SEBASTIANO SAGLIMBENI,di Franco Casati

Recensione
ALCEO E SAFFO NELLA TRADUZIONE DI SEBASTIANO SAGLIMBENI

di Franco Casati

Cimentarsi con una personale traduzione del poeta greco Alceo e, soprattutto, della mitica poetessa Saffo, dopo secoli di visitazione e di ammirazione da parte dell’universalità del mondo letterario, non è impresa da poco. Ma è proprio la virtù della poesia vera quella di generare altra poesia, anche a distanza di millenni. Cosicché, uomo di lettere e poeta del nostro tempo, il siciliano Sebastiano Saglimbeni, che dalla sua terra ha sempre subito l’influsso della cultura greca, ha voluto accordare le corde della propria lira sui versi di questi due poeti, riportando nella lingua di Dante i forti accenti della poesia di Alceo, così come quelli sublimi della poetessa Saffo. Queste traduzioni, apparse ora in un agile volumetto, dal titolo Amaranti di Lesbo/ Liriche e frammenti di Alceo e Saffo, impresso dalla Editorial Melvin (Venezuela), con la cura dello stesso Saglimbeni e un corredo di tavole illustrative dell’artista Nag Arnoldi, sono comparse per la prima volta nel 2008 con PianetaLibro (limitatamente a Saffo) e nel 2011, per Alceo, nel Bollettino della Società Letteraria di Verona (città nella quale il Saglimbeni vive oramai da molti anni), con una nota introduttiva di Silvio Pozzani. Questa pubblicazione, rispetto alle precedenti, si avvale di note che ne approfondiscono e arricchiscono il contenuto, oltre alle brevi pagine introduttive all’opera dei singoli poeti che tracciano un sintetico ma illuminante quadro storico della loro epoca e delineano delle efficaci coordinate della loro poesia.
Ritornando sul tema della traduzione Sebastiano Saglimbeni dichiara nell’Avvertenza che apre il libro di essersi servito del testo greco che adottò Filippo Maria Pontani in una sua pubblicazione del 1965. Contemporaneamente alla scomparsa di questo grande studioso, che segnò gioco forza la fine del loro sodalizio letterario, il Saglimbeni pubblicò per le Edizioni del Paniere, da lui fondata, una traduzione di Saffo del vicentino Giovanni Giolo, studioso di lingue classiche. Successivamente prese visione della traduzione del grande Manara Valgimigli, famosa traduzione che lo stimolò ulteriormente nel cimentarsi in un’analoga fatica e avventura letteraria.
La lunga dimestichezza con la creazione poetica, di oltre mezzo secolo, che ha fatto del Saglimbeni una voce lirica affatto originale e rappresentativa a partire dal secondo Novecento, sa adattare i suoi accenti alla singolarità di Alceo e di Saffo, del primo rendendo con vitalità e freschezza la genialità sregolata, la grande e sanguigna vitalità, con un verso chiaro e scorrevole, dai giusti ritmi incalzanti; della seconda, della mitica Saffo, ricreando quell’equilibrio magico tra delicatezza e forza espressiva, valorizzando le grandi aperture evocative rivolte alla natura, e lo scandaglio dei sentimenti nella loro sofferta realtà. Il gioco delle rime viene inventato dallo stesso traduttore.
Alcuni testi di Alceo sono spesso citati per ricordare l’efficacia del succo delle uve come, ad esempio, nella lirica ‘Noi che siamo giovani’: “O Melanippo, gonfiati di vino assieme a me./Una volta che finirai nei precipizi/acherontei potrai rivedere questo chiaro/di luce? Non filosofare”.
Di Saffo, la solitudine della stessa, come, ad esempio in ‘Senza un uomo’: “La luna si è nascosta,/le Pleiadi pure; la notte è profonda,/il tempo vola:/io qui che dormo sola”.
La traduzione di Sebastiano Saglimbeni sembra il suono di un flauto che accompagna il dettato originale, aggiungendo poesia a poesia, a riprova che non cessa mai quella spinta verso la bellezza che ci viene dal mondo classico, basta che ritroviamo l’umiltà e l’intelligenza per accostarci a questi insuperabili maestri, così come (ricorda pure il Saglimbeni nella sua introduzione a Saffo) fecero a suo tempo il Foscolo e il Leopardi.



Venerdì 10 Luglio,2015 Ore: 08:40
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Cultura

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info