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www.ildialogo.org QUATTRO POESIE,di Sebastiano Saglimbeni

QUATTRO POESIE

di Sebastiano Saglimbeni

Quattro poesie che non si leggono con tanto di rima o con parole tronche, come si soleva un tempo ed ancora, ma con una dignità espressiva. Autrice la veronese Nadia Ferroni della classe 1956, cultrice d’arte e lettrice di libri vetusti e nuovi, volontaria educatrice di malati di alzheimer. Tutto in nome di un esistere che non cede nella scialba noia. Altri testi ha scritto Nadia Ferroni, ma ha voluto proporci solo Autunno, Ombra e luce, A mia madre, Quando finisce l’amore. Titoli generici, molto intesi da chi ricorre alla poesia come illusoria panacea. Ma qui la genericità si riempie di certo valore linguistico e di sentimento, valori che si ascrivono a chi ha vissuto in un mondo dal quale è stato evitato l’immondo, in luogo del terso, con la sopportazione del malessere.
In Autunno, che non è quello di Vincenzo Cardarelli, preannunciato dal vento di agosto, Nadia Ferroni si immerge nella stagione più fertile di frutti della terra e di sorprese atmosferiche. Ed evidenzia il suo io in un “lento cammino/ di ferite vissute”. Si legga il testo di undici accapo che recitano:
Tramontano le foglie
Mattino che si spegne
In una sera di passi
Crepitanti dell’ultimo colore
Misericordia estrema
Stremato dono che calpesto
In questo lento cammino
Di ferite vissute
In ritrovati autunni
Nelle accensioni effimere
Che soffrono il mio andare.
Così questo testo, come gli altri, manoscritto, su fogli protocollo a righi. Qui si noti l’omissione dell’interpunzione, come negli altri testi.
In Ombre e luce, di altri 11 accapo più brevi, rispetto al primo, una riflessione sul senso esistenziale, decifrato dallo “stolto, con compiaciuto annuire”. E segue una chiusa di visione che è l’ “ignara meteora/ in un astuto cielo/ che di tracce s’affolla/ e poi disperde”.
In A mia madre, il registro linguistico si eleva e, nel contempo, oscuramente esprime un rapporto conflittuale tra la figlia e la genitrice, dai “feti sparsi tra pietre che sanno la storia”. Il testo, dai versi lunghi e brevi, contempla una storia di cadute umane, generatrici di “comuni vite/ prive del sogno” e di “quel sangue/ che troppo rosso/ non può morire in un campo di papaveri”.
In Quando finisce l’amore, di otto accapo, il pensiero scritto dell’autrice si accentua con certi toni pessimistici, complice la fine di una vita in due, in apparenza meno amara, grazie al suono delle parole e all’unione corporale. Gioca il moto del tempo il suo ruolo, con “il ripetersi dei giorni”, mentre “la mano ribelle del vento/ avvolge anche l’ultima agonia dell’attesa” .
Dal poco, infine, di questi testi, si potrà estrarre una proposta di poesia, la “cosa scritta”, così come la chiamava il poeta ed anglista Roberto Sanesi.



Mercoledì 19 Novembre,2014 Ore: 16:02
 
 
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