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www.ildialogo.org La fragilità di Dio - Contrappunti teologici sul terremoto,di Giovanni Sarubbi

Recensione
La fragilità di Dio - Contrappunti teologici sul terremoto

di Giovanni Sarubbi

Un libro curato da Brunetto Salvarani che ci aiuta a fare i conti con gli eventi drammatici che non possiamo prevedere e che, a torto, pensiamo che non possano mai capitare a noi.


L'Irpinia, si sa, è terra di terremoti. Nel secolo appena passato, ce ne sono stati molti, nel 1907, 1910 (5,9 Richter - VIII-IX Mercalli con una cinquantina di morti), 1930 (6,7 Richter - X Mercalli con 1400 morti e la distruzione di Acquilonia e Lacedonia), 1962 (6,2 Richter IX Mercalli con 17 morti) e poi l'ultimo, il più grave, del 23 novembre del 1980, ben 33 anni fa (6,9 Richter - X/XI Mercalli con 37 comuni dell'irpinia distrutti, circa 3000 morti e quasi 300mila sfollati). Da allora la Terra dalle nostre parti si è mossa, ma solo con piccole scosse, spesso neppure avvertite dalla popolazione.
Oggi nessuno pensa più al terremoto. Chi ne parla, come spesso mi capita di fare per segnalare i possibili problemi che potrebbero derivarne, viene guardato come un uccello del malaugurio. Fino a qualche anno fa, ogni tanto si facevano le esercitazioni di protezione civile. Volontari irpini sono andati spesso in giro per l'Italia in occasione di eventi catastrofici a portare soccorso nell'ambito della protezione civile.
Ma che accadrebbe se in Irpinia, come è possibile, si ripetesse un evento drammatico come quello del 1980?
Guardando quello che è successo qualche anno fa, in occasione di una nevicata eccezionale, che ha letteralmente sommerso le nostre zone, inorridisco solo al pensarci. Le amministrazioni comunali non sono assolutamente in grado di far fronte ad eventi catastrofici. Se questi eventi dovessero concretizzarsi in distruzione di interi paesi, come è successo nel 1980, o anche in distruzioni parziali, l'Irpinia sarebbe in ginocchio.
Ma quello che più importa non è tanto l'aspetto organizzativo ed economico dei soccorsi, quello che più importa è la mancanza di preparazione dal punto di vista diciamo così “spirituale” o psicologico che dir si voglia.
Le catastrofi, colpiscono profondamente le persone non solo dal punto di vista fisico, ma anche e soprattutto dal punto di vista spirituale – psicologico. Vedere distruzioni o decine e decine di morti, magari propri parenti, incide profondamente nei comportamenti delle persone e nella loro capacità di reagire agli eventi. In questi casi essere preparati non solo organizzativamente ma anche spiritualmente – psicologicamente, è fondamentale per riuscire a sopravvivere e ad avviare l'opera di ricostruzione e di rinascita della comunità.
Sono stato indotto a queste riflessioni, dalla lettura di un agile testo, curato da Brunetto Salvarani, dal titolo “La fragilità di Dio”, che propone “contrappunti teologici sul terremoto”, con contributi di persone del calibro di Moni Ovadia, Vito Mancuso, Gianfranco Ravasi, Gabriella Caramore, Paolo Ricca. Teologi, giornalisti, artisti appartemnenti a varie chiese cristiane e religioni, chiamati a riflettere, dopo il terremoto che ha sconvolto l'Emilia Romagna nel maggio del 2012, poco più di un anno fa, sulla «fragilità “costituzionale” del Dio biblico». Terremoto che, come tutti i terremoti, “ha provocato domande cui è arduo rispondere”, che ha provocato angosce e paure come sempre capita di fronte agli eventi catastrofici.
Questo libro affronta l'aspetto spirituale del rapporto tra l'uomo e le calamità naturali o provocate dall'uomo stesso, la sua fragilità di fronte a ciò che non si può prevedere, ma nei confronti dei quali bisogna essere preparati per riuscire a continuare a vivere.
Nelle catastrofi, si misura anche il grado di coesione di una società, la solidarietà fra i suoi membri, il sentirsi parte dello stesso popolo e dello stesso destino. Una cosa è parlare sulle difficoltà altrui, altra cosa è vivere questi disastri sulla propria pelle. Lo ricorda Brunetto Salvarani, citando la novella di Tolstoj, La morte di Ivan Il'ic, «il cui protagonista è un giudice che ha sempre saputo, ovviamente di essere mortale e ha visto non pochi amici, più o meno giovani, abbandonare la vita. Quando si ammala, però, la concreta prospettiva di dover morire lo inquieta più di quanto avrebbe mai immaginato: cerca di pensare ad altro, si butta affannosamente nel lavoro, ma senza risultati, perché il dato inoppugnabile della propria finitezza gli si riaffaccia di continuo alla mente, mentre in passato, riteneva che la cosa avrebbe riguardato sempre altri, e non lui.»1 E' quello che è successo agli emiliani, che ritenevano di essere indenni da un evento catastrofico come quello che si è verificato il 20 e 29 maggio del 2012.
Un libro, quello curato da Brunetto Salvarani, che può aiutare anche chi, come gli Irpini, da sempre vive in una terra storicamente soggetta a terremoti, ma che negli ultimi trent'anni è stata invitata a non pensarci, a tirare a campare. Con l'aggravante che, a differenza dell'Emilia, se dovesse ripetersi a breve un sisma paragonabile a quello del 1980, noi in Irpinia non avremmo neppure la struttura economica in grado di far fronte ai danni materiali e a mettere mano alla ricostruzione, perché qui siamo nel deserto.
Almeno, con la lettura di questo libro, possiamo cercare di colmare il vuoto spirituale – psicologico, che è altrettanto grave e più profondo di quello materiale.
Giovanni Sarubbi
 
La fragilità di Dio – Contrappunti teologici sul terremoto , a cura di Brunetto Salvarani, Centro editoriale dehoniano (EDB), Bologna, 2013. www.dehoniane.it
 
NOTE
1Pag. 163


Sabato 02 Novembre,2013 Ore: 17:11
 
 
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