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www.ildialogo.org La gioia della liberazione,di Carlamaria Cannas

Arturo Paoli
La gioia della liberazione

di Carlamaria Cannas

Adista Segni Nuovi n. 31 del 08/09/2012


«Il lavoro di Dino è stato, e continua a essere, un lavoro intelligente e, direi quasi, necessario, perché cerca di chiarire le cose che sono oscure», perché è riuscito a rendere godibili e comprensibili a tutti pensieri difficili, abbellendo pagine dette nella foga delle conferenze in modo non sempre chiaro. Perché, come scrive nella prefazione, trasmette alle mie parole «una nuova vitalità, una vitalità rinascente. Quando nel tempo le ritrovo, mi paiono spesso non pronunziate da me».

Così fratel Arturo Paoli, prossimo a compiere 100 anni, ma con la vivacità intellettuale di sempre, ha ringraziato e introdotto la sua ultima fatica intellettuale-letteraria: il libro, realizzato a “quattro mani” insieme a Dino Biggio, Mi formavi nel silenzio (Edizioni Paoline, Milano, 2012, pp. 182, euro 14), presentato in anteprima a Capannori, a due passi da Lucca, città natale di Paoli, all’inizio dell’estate.

Il libro si fa leggere come un’intervista condotta da Dino Biggio che pone con semplicità a fratel Arturo le domande che gli farebbe ciascuno di noi. In realtà si tratta di un dialogo immaginario, perché è costruito con parole di Arturo sapientemente e pazientemente tratte da suoi interventi pubblici avvenuti nell’arco di una ventina d’anni, e introdotte o interrotte da domande di Biggio. Il risultato è un’intervista di straordinaria efficacia, che coinvolge il lettore quanto e forse più, paradossalmente, di una avvenuta realmente. L’autore è infatti riuscito nel compito di estrarre dai testi di Paoli le formulazioni più incisive, e quindi anche le risposte, per quei problemi che tanti turbamenti gli avevano provocato fin da quando, quasi quarant’anni fa, nel 1973, lo aveva sentito parlare per la prima volta. Tanto turbato che per più di tre decenni Dino Biggio ha resistito alle premure degli amici che lo informavano dell’arrivo di Arturo Paoli a Cagliari, trovando ogni volta una scusa per non andare. Questa resistenza è finita il 6 dicembre del 2006. Da allora Biggio si è immerso nelle parole di fratel Arturo, registrando i suoi interventi di persona ogni volta che gli è stato possibile, o facendosi consegnare da amici le registrazioni. Ed è grazie a questo instancabile lavoro di ricerca e di ascolto che l’intervista raccontata nel libro è un autentico dialogo a due voci sulle ragioni fondamentali del vivere.

Durante la presentazione, fratel Arturo ha anche scherzato sul tempo che Dino Biggio ha dovuto “rubare” alla famiglia per ricucire tante frasi, ma che ha in qualche maniera restituito facendo entrare nel libro, come ispiratrice e destinataria, la nipotina Margherita. In chiave più seria ha poi ricordato ai giovani, a cui si è dedicato per tutta la vita, che non devono lasciarsi strappare il diritto di decidere la propria vita dalle pressioni sociali che la riducono alla ricerca degli ultimi gadget elettronici.

Il messaggio di Mi formavi nel silenzio è centrato sull’esperienza del deserto, vissuta per un anno da Paoli dopo la conclusione tempestosa del suo incarico di vice assistente nazionale della gioventù di Azione Cattolica. Quest’esperienza biblica del ritrovare se stessi e trarne la forza per rinascere ad una vita piena lo ha “formato” come uomo e come prete, e le affermazioni sulla gioia contenute nel libro – che ha come sottotitolo Costruttori di gioia – sono il frutto di una lunga meditazione, maturata proprio nel silenzio del deserto.

Rosanna Virgili, intervenuta alla presentazione, ha a sua volta evidenziato efficacemente il filo rosso che attraversa tutto il libro, dalla domanda «Nonno, come si fa a svegliare Dio?», messa sulle labbra di Margherita, al cammino nel deserto, allo spogliarsi di ogni cultura, anche di ogni immagine di Dio, fino all’ascolto del grido della terra. E da qui la brama di riconciliazione, il risveglio di Dio che nasce dalla kenosis, dallo svuotamento. E l’appello ai giovani perché nel concorrere alla formazione di una società nuova abbiano alla base la gioia che viene dall’uscire dalla logica del possesso delle cose. Perché, come spiega Paoli nel libro, nel Primo Mondo, «soddisfatto un desiderio, se ne crea un altro», con la conseguenza che «da un lato ci sentiamo felici, da un altro profondamente soli… la solitudine non è un fatto geografico, ma una profonda malattia interiore che genera tristezza». Perciò il possesso delle cose non porta alla gioia ma al suo contrario. Perché «per avere la gioia d’essere uomo tra gli uomini, la gioia di star proprio bene anche tra i poveri, bisogna che non [si] rubi niente a loro… [neanche] in una forma elegante, capitalistica, occulta, clandestina. Si ruba ai poveri cercando la propria felicità».

Il libro è dedicato a Elia Di Gino, piccolo grande amico di fratel Arturo, morto serenamente a soli quattordici anni, del quale, nella dedica del libro, si scrive che dal cielo «cammina insieme a noi per aiutarci a vivere con responsabilità e con gioia». Elia e Margherita, destinatari ma anche in un certo senso protagonisti del libro, diventano così silenziosi testimoni dell’infinito amore di Arturo per i giovani.

* (di Cresia, associazione di laici cristiani di Cagliari, www.cresia.info)



Giovedì 06 Settembre,2012 Ore: 17:38
 
 
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