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www.ildialogo.org AL DI LA' DELLA GUERRA: LA GLORIOSA ARTE DELLA PACE. La condizione umana ultima e la più favorevole al progresso. Intervista a John Gittings di Ennio Carretto,a c. di Federico La Sala

PIANETA TERRA: VI E' UNA SOLA UMANITA'. "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali [...]" (Costituzione della Repubblica italiana, Art. 11)
AL DI LA' DELLA GUERRA: LA GLORIOSA ARTE DELLA PACE. La condizione umana ultima e la più favorevole al progresso. Intervista a John Gittings di Ennio Carretto

(...) Le guerre appaiono più affascinanti della pace alla maggioranza degli storici: per alcuni di loro anzi, la pace è soltanto una parentesi tra le guerre. Inoltre la lettura che essi danno di eventi o movimenti cruciali è almeno in parte errata, rispecchia una sorte di pregiudizio. Si prenda Charles Darwin. Lo si considera il teorico della sopravvivenza dei più forti, il cosiddetto darvinismo sociale. Ma Darwin disse che, progredendo, l’umanità passerà dalla competizione alla cooperazione (...)


a c. di Federico La Sala

"PER LA GUERRA?". Materiali sul tema:

FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. (Federico La Sala)

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La pace igiene del mondo

intervista a John Gittings

a cura di Ennio Carretto (Corriere della Sera/ La Lettura, 29 aprile 2012)

Non è la guerra, ma la pace, l’autentica molla del progresso tecnologico umano. Lo sostiene lo storico inglese John Gittings, già autore di importanti lavori sulla Cina, in un libro che sta facendo parecchio rumore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Editorialista di politica estera del quotidiano britannico «The Guardian» dal 1983 al 2003, oggi alla Oxford International Encydopedia of Peace, Gittings è fautore di un diverso revisionismo storico, propedeutico a un nuovo, pacifico ordine globale.

Nel saggio The Glorious Art of Peace. From the Iliad to Iraq («La gloriosa arte della pace. Dall’Iliade all’Iraq», Oxford University Press), Gittings non contesta solo che la matrice della scienza e della tecnologia sia soprattutto bellica. Afferma anche che, rivisitando i millenni della storia, vi si trovano le direttive, più che mai valide ai nostri giorni, per un mondo in pace, prospero e giusto.

Come è giunto a queste conclusioni?

«Ho sempre creduto che la pace sia la condizione umana ultima e la più favorevole al progresso. Da giovane, feci parte del movimento antinucleare e pacifista di Bertrand Russell. Ma con il passare del tempo mi resi conto che in prevalenza gli storici scrivono di guerre. Se visitiamo Foyles a Londra, la più grande libreria al mondo, troviamo 280 scaffali di libri sulle guerre, ma meno di uno sulla pace, sebbene alcuni libri dove si parla anche di pace siano sparsi in altri 40 scaffali».

E in questi libri sulle guerre si sostiene che esse sono all’origine delle maggiori scoperte scientifiche e tecnologiche?

«Di solito sì. È la "teoria del carro", secondo cui l’invenzione del carro da guerra trasformò l’età del bronzo, come la scoperta dell’energia nucleare ha trasformato la nostra. Ma se è vero che le guerre promuovono scoperte, è ancora più vero che la pace ne promuove di più, e sovente di più importanti. E la "teoria del palo", alla quale aderisco, secondo cui la pace è il requisito per la crescita culturale della società».

Perché è chiamata così?

«La dottrina prende il nome dal palo imperniato con contrappeso e secchio, inventato in Mesopotamia per estrarre acqua dai pozzi, più o meno contemporaneamente al carro da guerra. Una scoperta che fu decisiva per l’irrigazione dei campi e lo sviluppo agricolo. Non dimentichiamo che nei millenni la maggior parte dell’umanità non ha conosciuto guerre. Purtroppo in prevalenza gli storici tralasciano di raccontarlo».

Per quali ragioni?

«Sostanzialmente per due motivi. Le guerre appaiono più affascinanti della pace alla maggioranza degli storici: per alcuni di loro anzi, la pace è soltanto una parentesi tra le guerre. Inoltre la lettura che essi danno di eventi o movimenti cruciali è almeno in parte errata, rispecchia una sorte di pregiudizio. Si prenda Charles Darwin. Lo si considera il teorico della sopravvivenza dei più forti, il cosiddetto darvinismo sociale. Ma Darwin disse che, progredendo, l’umanità passerà dalla competizione alla cooperazione».

Lei ritiene errata anche la lettura di Omero, Shakespeare e Tolstoj come cantori della guerra, per citare qualcuno dei grandi su cui si è soffermato?

«È una lettura unilaterale. Prendiamo lo storico greco Tucidide. È giudicato favorevole alla guerra. Ma in lui non mancano gli auspici di pace. Anche Omero lascia intravedere alternative alla guerra. A un certo punto i soldati greci abbandonano l’assedio di Troia, equivocando sul discorso di Agamennone, e soltanto gli dei riescono a fermarli. Sullo scudo di Achille sono raffigurate scene agresti e di danza. Lo stesso si può dire di Shakespeare. In Russia la censura vietò la pubblicazione dei racconti di guerra di Tolstoj in quanto il romanziere si chiedeva perché i soldati si uccidano l’un l’altro».

Il pacifismo non è un fenomeno recente?

«No. All’epoca delle guerre in Cina, Confucio sedeva nella casa del tè, vicino all’ingresso nella città, dando consigli ai governanti su come ottenere o preservare la pace. Sono molte e autorevoli le voci levatesi contro la guerra nel corso dei millenni, ma vennero spesso soffocate. Si dice che la storia sia scritta dai vincitori. Io penso che sia scritta anche dai belligeranti».

Lei dà particolare rilievo all’insegnamento di Erasmo da Rotterdam, l’apostolo dell’umanesimo cristiano.

«Nel libro contrappongo Erasmo a Machiavelli. Tutti conoscono Il Principe e Dell’arte della guerra di Machiavelli: per generali e governanti furono quasi dei manuali, per qualcuno lo sono ancora. Ma pochi conoscono L’educazione del principe cristiano di Erasmo, che è quasi un trattato pacifista. Tornando a Foyles: espone più edizioni di Machiavelli e nessuna copia del libro di Erasmo, che denuncia i costi delle guerre, proponendo negoziati e mediazioni di pace. Per fortuna Erasmo influì sull’Illuminismo e sui filosofi a lui successivi».

Lei è convinto che il passato ci fornisca direttive di pace?

«Sì. L’insegnamento di Erasmo è utile. Se approfondissimo i pro e i contro a lungo termine delle guerre, ne eviteremmo molte. Tipico è il caso della guerra in Iraq: chi l’avrebbe cominciata, se ne avesse saputo in anticipo il costo? Idem per i negoziati di pace: va accettato il principio che per raggiungerla bisogna rinunciare a qualcosa. Un fattore importante è anche la pubblica opinione, che un tempo non aveva il peso di oggi. In retrospettiva, il merito della riduzione degli armamenti nucleari è anche suo».

Questo insegnamento non ci ha però risparmiato due guerre mondiali né la Guerra Fredda.

«Abbiamo perso grandi occasioni di pace perché siamo stati incapaci di assorbire la lezione della storia. Ci chiediamo ancora perché scoppiò la Prima guerra mondiale, di cui ricorrerà presto il centenario. Equivochiamo sugli anni Trenta, che inizialmente furono costruttivi, non distruttivi. Non ammettiamo che la Guerra Fredda fosse prevenibile. Ci chiediamo perché non siamo riusciti a creare un nuovo ordine mondiale negli anni Novanta, dopo il crollo del Muro di Berlino e dell’Urss. Dobbiamo cambiare».

Non pecca di ottimismo suggerendo nel suo libro che il secolo attuale può essere contraddistinto dalla pace?

«Il XX secolo è stato un secolo di sangue, circa 8o anni di guerre su 100. Abbiamo i mezzi per evitare che lo sia anche il XXI. Non m’illudo che si risolvano tutti i problemi. Siamo nell’età della globalizzazione e la situazione è complessa. Le soluzioni devono essere globali. Non si tratta soltanto di impedire che scoppino guerre, ma anche di ridurre la povertà e le disuguaglianze, di proteggere l’ambiente. Scienza e tecnologia non bastano».

Ci vuole una rivoluzione culturale?

«In un certo senso sì, anche se non uso questa espressione. Ci vogliono meno strumentalizzazioni da parte del potere, meno machismo intellettuale da parte degli storici, più collaborazione internazionale, più enfasi nelle scuole e sui media sui dividendi della pace, che ultimamente ci siamo lasciati sfuggire. Alle tv, quando si discute di Afghanistan, si invitano solo esperti di guerre, non esperti di pace. È un errore».



Domenica 29 Aprile,2012 Ore: 18:54
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 29/4/2012 18.59
Titolo:. Gli italiani e le italiane hanno ripudiato il dio della guerra
ITALIA, 1945-2012: IERI COME OGGI ....

25 APRILE: FESTA DELLA LIBERAZIONE.

PER LA PACE E LA GIUSTIZIA...

L’ITALIA SI E’ LIBERATA DAL NAZIFASCISMO (1945) E DALLA MONARCHIA (Referendum, 1946).

L’ASSEMBLEA COSTITUENTE (CON LA PRESENZA DI 21 DONNE) HA RIPORTATO LA VITA SOTTO IL NUOVO SOLE DELLA BUONA LEGGE, DELLA NUOVA COSTITUZIONE (1948).

Gli italiani e le italiane hanno ripudiato il dio della guerra (Marte): non sono più figli e figlie della Lupa! Hanno conquistato la libertà e sono diventati cittadini-sovrani e cittadine-sovrane!

RIPRENDIAMO IL CAMMINO DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI,

NON ALLONTANIAMOCI DALLA DIRITTA VIA E NON RICADIAMO NELLA SELVA OSCURA!!!

NON DIVENTIAMO ANCORA E DI NUOVO ANIMALI AL GUINZAGLIO DEI SACERDOTI E DELLE SACERDOTESSE DEL DIO DELLA GUERRA!!!

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA:

Art. 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 11.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

SVEGLIAMOCI, SANIAMO LE NOSTRE FERITE!!!

NELLA TEMPESTA CHE CI CIRCONDA SEMPRE PIU’ E RISCHIA DI TRAVOLGERCI DEFINITIVAMENTE

TENIAMO FERMI I PRINCIPI DELLA NOSTRA SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE!!!

Federico La Sala (24.04.2012)

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