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www.ildialogo.org FRA VISSUTO E SOGNO,di Franca Sinagra Brusca

Recensione
FRA VISSUTO E SOGNO

di Franca Sinagra Brusca

SUAVIS DOMINA di Sebastiano Saglimbeni


Ho conosciuto Sebastiano Saglimbeni tardi, nel senso del disappunto per il tempo perduto. Era infatti l’estate del 2011, un fine giugno a Capo d’Orlando, quando l’ho sentito relazionare, fra altri bei nomi conosciuti nel territorio nebroideo del messinese, per la commemorazione di un noto collezionista d’arte.

Discorso chiaro ed elegante il suo, fondato su considerazioni di grande realismo insieme alla rievocazione umanissima dell’uomo privato. Puntuale, sostanzioso, Saglimbeni mi parve partecipare alla vita e comprenderla senza il bisogno di immedesimarsi, ma cogliendone i sentimenti e contestualizzandone gli esiti come in un’epica moderna. E’ lo sguardo dell’estetica marxiana? Del suo parlare letteralmente mi ammaliava la percezione, immediata, della schiettezza morale, dell’orizzonte positivo e vitale, della tensione progettuale pur nell’analisi.

Dopo la conferenza l’ho quasi inseguito e, raggiuntolo in mezzo a una piccola folla di amici, con un breve serrato confronto di battute abbiamo fondato fra noi una cordialità ricca e consolidato una relazione di collaborazione: perfino i miei interessi, da tempo rinviati e distratti su Francesco Lo Sardo, stavano nelle sue edizioni del Paniere.

A dicembre l’ho richiamato da Verona a Naso e Capo d’Orlando per un convegno su Lo Sardo, inficiato purtroppo da ombre pesanti di neofascismo, in cui però il Nostro si è esplicitamente presentato come “ultor”, vendicatore di quel martire di libertà, in quanto lui stesso lo aveva riesumato alla storia documentale raccogliendone i memoriali dal carcere, con un annoso/amoroso lavoro che poneva il suo eroe al fianco di Gramsci. Ha tuonato con voce armoniosamente spettacolare il suo coltissimo discorso. Sincero e severo, elegante, commosso, lirico.

In questa occasione ho scoperto quanto ami sentire intorno a sé la vitalità dell’amicizia, praticata in quel suo insediarsi a lungo nei bar, affabile nel lasciarsi avvicinare da chiunque e godere della curiosità suscitata, farsi interrogare e stuzzicare, riconoscere vecchie conoscenze e farne di nuove.

Quando leggo la sua poesia, anche la recente pubblicazione/silloge “Suavis Domina”, a me sembra che la comunicazione si dilati e che le parole mi spingano a trovare significati reconditi, tanto che sento rintocchi in sintonia fra il suo mondo ideale e la mia esperienza emotiva, e per essa intendo un distillato insieme storico ed estetico. Mi conduce a osare la speranza, a progettare estensioni alla vita, forse perché ambedue segnati dalla Sicilia mitica dell’infanzia (V. Consolo diceva che non si nasce in un luogo impunemente), ambedue forgiati nel nord dell’Italia fiorito dalla Resistenza alla cultura del diritto egualitario nella convivenza civile.

Mentre io, strappata infante alla mia terra, ho sperimentato il ritorno dell’emigrante in una Sicilia che per me null’altro può essere se non un rifugio, Saglimbeni invece ha attuato una scelta abitativa di progresso, più simile all’ultimo ‘Ntoni nei Malavoglia, e da Verona permea ogni contesto umano, e soprattutto espressivo, dell’afflato che fa emanare a un se stesso creativo, a quell’Isolamondo in cui direi che il suo spirito vive agiatamente a pieno titolo.

SOGNO*

Sul divano-panchina

davanti alla finestra

nella stanza-viale

fra passanti in prospettiva

una voce intonata

ha chiamato il mio nome

da un’umida mummia

che ora giace al mio fianco

Da visceri commossi

discinto l’involucro arcano

regala fasci solidali

d’intense corolle

intimità lieta di zolle

e di caparbie foglie

feconda levità.

Sazia mi sveglio

d’amore di Terra di Sicilia

nel corpo vegetale di Poesia.

* Testo dedicato a S. Saglimbeni e F. Lo Sardo

Capo d’Orlando, 20 aprile 2012



Mercoledì 25 Aprile,2012 Ore: 22:31
 
 
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