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www.ildialogo.org DA UNA LETTERA, ANZI E- MAIL,. INASPETTATA,di Sebastiano Saglimbeni

DA UNA LETTERA, ANZI E- MAIL,. INASPETTATA

di Sebastiano Saglimbeni

Caro Professore,
mi perdoni questa iniziativa non richiesta, ma mi è venuto il desiderio di scriverle. So molto poco di lei. Ho trovato il suo nome su un piccolo libretto che ho con me da molti anni e rileggo sempre: una traduzione di Orazio dal titolo “In questo breve cerchio”. Oggi cercando informazioni sulle edizioni del paniere ho trovato online qualche notizia sulla sua vita e su quello che ha fatto, l’ho trovato affascinante e poi ho visto che vive a Verona, a pochi passi da dove sono nato e cresciuto(in viale della Repubblica),e ho pensato: peccato non esserci incontrati mai. Ma c’era un indirizzo mail, e così provo a inviarle queste parole. Solo questo…
Carlo Rovelli”.
Non sapevo, quando ho ricevuto, il 14 settembre, ore 17.51, “queste parole”, chi fosse questo Carlo Rovelli. Ho creduto ad uno di Verona che scrive poesie o altro, a un pittore; comunque, a uno che ha molta cura della conoscenza. Così, come è mio costume, senza indugiare, ho risposto, fissando un appuntamento, a quanto di inaspettato ho letto, come segue:
Caro dottore, riscontro subito la tua gentile e–mail. Questa sera, dalle ore 18.40 sarò seduto sino alle ore 19.40 al Caffè San Paolo, via 24 maggio. Potrà, se crede, incontrarmi. Con cordialità. Sebastiano Saglimbeni”.
E in risposta, alle 18.40, da Carlo Rovelli:
Purtroppo sono a Marsiglia, dove ora vivo! Ma prima o poi passo a Verona: ci vengo spesso a trovare papà…
Carlo”
E da me, alle ore 9.32, del giorno dopo:
Grazie! Ci conosceremo. Ho una mia opera da donarti con dedica e da portarti a Marsiglia. Ho scoperto che sei un fisico di fama. Sebastiano Saglimbeni”.
L’opera che volevo donare e che donerò è Liberate l’Italia dall’ignominia dell’umanista Concetto Marchesi, a mia cura e con una ricca, armoniosa testimonianza, in appendice al libro, di Norberto Bobbio. Successivamente, in seguito a voci raccolte su questo fisico scaligero in Francia, con una e-mail, ho voluto ribadire il mio desiderio di conoscerlo de visu. E gli ho scritto il 10 ottobre:
Carissimo, oggi in una giornata solare che pare mediterranea, ti scrivo per dirti che in me resta vivissimo il desiderio di vederti non alle calende, perché io sto “come d’autunno/sugli alberi le foglie”. Lo scriveva, come sicuramente sai, Giuseppe Ungaretti, mentre moltissimi morivano durante quell’infame conflitto mondiale del 1915-1918. Ti unisco, se avrai tempo di leggerli e di conservarli nel tuo computer, sempre che tu lo creda, due miei testi. Un caro saluto ed un augurio di sempre grandi cose, nobile, fisico. Sebastiano Saglimbeni”.
E in risposta, verso sera (io gli avevo scritto di mattina, ore 13.30):
I miei due poeti preferiti in assoluto!!!!!!!!!!!(i due greci intendo….) mamma mia che coraggio affrontare queste parole assolute e immortali… Mi piace quello che hai fatto, mi piace davvero, è diretto, acre, fortissimo, splendente, lucente, forte e chiaro e anche oscuro e pieno di risonanze… ho passato nella mia vita ore a cercare tutte le traduzioni che esistono di alcuni di questi versi e questa tua resa è davvero splendida, sembra ripulire l’originale di tutti i fronzoli del passato, restituire qualcosa di rovente incandescente, come un po’ il restauro della sistina…accidenti, bravo, bravo davvero… (hugo non ci provo neanche ad aprirlo, perché mi sembrerebbe di passare dalle stelle alle stalle”).
I due testi che gli avevo spedito sono una mia traduzione ai frammenti e alle liriche di Alceo e Saffo e una mia cura, con traduzione, a due liriche di Victor Hugo dedicate alla figlia Leopoldina che annegò, gestante di un figlio, nella Senna. Ho creduto con le parole di Carlo Rovelli ad uno che ne ha mangiata e digerita, bene o male, cultura classica mentre (ho saputo) frequentava il Liceo classico “Scipione Maffei di Verona, dove io avevo superato un’abilitazione, selettiva, all’insegnamento, e dove, nel 1977, avevo presieduto una commissione di maturandi ed ancora dove, anni dopo, avevo affidato mia figlia Francesca. Ma pure ho notato dalle parole che, come le altre riporto così come colte dalle e- mail, spesso, nella fretta, lasciate, da chiunque, a casaccio. Comunque ho spedito due righi di ringraziamento chiedendo a Carlo Rovelli di non preoccuparsi a dare seguito alla mia e- mail.
Giorni fa, in questo novembre nevicante grigiore e polveri maligne sugli anziani che, se autosufficienti, si rifugiano per un po’ in qualche Caffè cittadino per illudersi di essere diversi, ho incontrato il mio amico fraterno Salvo Agnello, medico. Gli ho parlato di Carlo Rovelli. E Salvo: “ So chi è. Ho letto un suo libro, di poche pagine, limpido, che mi ha illuminato”. E, dopo, mi ha parlato dell’uomo di cui, ripeto, non avevo alcuna conoscenza. La mia curiosità mi ha come scavato dentro la mente per saperne ancora di questo fisico. Salvo, al quale avevo fatto sapere che mi aveva scritto una e - mail dopo che aveva letto un titolo divulgato dalle mie Edizioni del paniere, mi ha voluto, con dedica, donare Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli. Un gioiello, credo, di scrittura scientifica che si legge come un agile titolo di narrativa, lo dico dopo che l’ho letto in un paio di ore. La lettura è stata complice di una rigenerazione degli anni passati quando apprendevo la disciplina della fisica da un insegnante tronfio, svuotato di amore nei confronti dei discenti. Era freddo, di una superbia abietta; si riteneva uno scienziato con quella sua laurea conseguita nel dopoguerra. Se ci avesse fatto amare, con una sua vera conoscenza e un fine metodo, questa grande disciplina! Grande non meno delle altre.
Ritornando al libretto In questo breve cerchio, titolo che avevo chiesto al collega Giulio Galetto di curare, è stato una delle buone mie semine di piccolo editore? Non so come l’avesse avuto Carlo Rovelli. Forse l’aveva acquistato ad una festa dell’Unità, forse in una libreria di Verona, magari in quella di Bruno Ghelfi e di Marisa Benini, la Catullo in via Roma, ora Libraccio.
Le Sette brevi lezioni di fisica, per ricordare il vivo sapore della cultura classica appresa da Carlo Rovelli, si concludono con una citazione del grande poeta latino Lucrezio e con quattordici righi, di cui quattro chiudono con questa proposizione del fisico: “Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto con l’oceano di quanto non sappiamo, brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato”.
Ed infine, se avessi ricevuto una lettera o una e-mail da un lettore qualunque, con il tenore di quanto mi ha scritto Carlo Rovelli, avrei relazionato ugualmente. Lo dico per voler esprimere il dolcissimo sapore della gioia che si prova quando un lettore loda ciò che uno ha scritto, ciò che di buono ha fatto in luogo di altro vacuo, ignominioso.



Martedì 15 Novembre,2016 Ore: 22:32
 
 
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