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www.ildialogo.org A SCUOLA, COME in FRANCIA? NO! A SCUOLA, IN ITALIA, DI "MORALE LAICA" NON SE NE DEVE PARLARE PROPRIO!!! Una nota di Maurizio Viroli - con appunti,a c. di Federico La Sala

SCUOLA "RE-PUBBLICANA" O SCUOLA "FARISAICA"?! UNA QUESTIONE EUROPEA, EPOCALE: OSSERVAZIONI SULLA MORALE CATTOLICA ...
A SCUOLA, COME in FRANCIA? NO! A SCUOLA, IN ITALIA, DI "MORALE LAICA" NON SE NE DEVE PARLARE PROPRIO!!! Una nota di Maurizio Viroli - con appunti

(...) E chi terrebbe il Santo Padre, e il Sacro Collegio e le orde di Comunione e liberazione, con Formigoni in testa, dal brandire effigi della Madonna e organizzare processioni per protestare contro la pretesa della Repubblica di esercitare, attraverso la scuola, un “potere spirituale”. Invece, il ministro francese dell’Educazione, Vincent Peillon, ha proposto, eccome (...)


a c. di Federico La Sala

PREMESSA SUL TEMA: 

AL CONTRARIO DELLA FRANCIA, IN ITALIA: STATO DI MINORITA’ E FILOSOFIA COME RIMOZIONE DELLA FACOLTA’ DI GIUDIZIO. Una ’lezione’ di un Enrico Berti, che non ha ancora il coraggio di dire ai nostri giovani che sono cittadini sovrani. Una sua riflessione

COSTITUZIONE, EVANGELO, e NOTTE DELLA REPUBBLICA... LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico.

INSEGNAMENTO E COSTITUZIONE: CHI INSEGNA AI MAESTRI E ALLE MAESTRE A INSEGNARE?! (Federico La Sala)

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A scuola di “morale laica”

di Maurizio Viroli (il Fatto, 08.09.2012)

Dobbiamo rifondare la “scuola repubblicana” con corsi, obbligatori in tutte le scuole e tanto di voto, di “morale laica”. Morale laica vuol dire comprendere la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, distinguere il bene dal male, essere consapevoli che abbiamo doveri oltre che diritti, prendere sul serio la virtù e soprattutto i valori. Ci vuole un insegnamento che inculchi negli studenti le nozioni di morale universale fondate sulle idee di umanità e di ragione perché “la Repubblica esprime un’esigenza di ragione e di giustizia” e a scuola si deve imparare a “ragionare, criticare, dubitare”. È urgente insomma porre mano non solo a riforme sociali, ma anche a una riforma intellettuale e morale, e quest’ultima può nascere soltanto nella scuola in virtù del suo potere spirituale.

VE LO immaginate cosa succederebbe in Italia se un ministro dell’Istruzione sostenesse queste idee e le mettesse in pratica? Ci sarebbe sui giornali e in televisione una levata di scudi seguita probabilmente da un moto insurrezionale. I sostenitori del multiculturalismo tuonerebbero che ‘non ci sono valori universali, ma soltanto valori relativi ai diversi contesti culturali’; la vecchia e rancida sinistra non esiterebbe a ripetere che ‘le idee di umanità e di ragione mascherano il dominio dei popoli ricchi e potenti su quelli deboli e poveri’; i liberali nostrani muoverebbero lancia in resta contro l’incauto ministro al grido ‘lo Stato che inculca la morale viola il principio della neutralità rispetto alle diverse concezioni del bene’; ‘è Gramsci che ritorna! ’ sbraiterebbero i berlusconiani guidati dal dottissimo Cicchitto.

E chi terrebbe il Santo Padre, e il Sacro Collegio e le orde di Comunione e liberazione, con Formigoni in testa, dal brandire effigi della Madonna e organizzare processioni per protestare contro la pretesa della Repubblica di esercitare, attraverso la scuola, un “potere spirituale”. Invece, il ministro francese dell’Educazione, Vincent Peillon, ha proposto, eccome, le idee che ho citato in un’intervista apparsa pochi giorni or sono su Le Journal du Dimanche. E non è tutto.

Ha pure promesso che per l’inizio dell’anno scolastico 2013 le questioni di morale laica saranno insegnate con appositi corsi a tutti i professori. Tutto il sale delle rinomate Saline di Cervia non basterebbe a rianimare i nostri professori di scuola media superiore, se ricevessero una bella circolare che li obbliga a tornare sui banchi per studiare morale laica (ammesso che si trovassero in Italia insegnanti disposti ad accingersi a tale opera).

Il ministro va ben oltre l’educazione civica, del resto già in vigore nelle scuole francesi. Pensa infatti che, oltre a dare ai giovani le nozioni necessarie per essere buoni cittadini, la scuola deve stimolare la riflessione sulle grandi questioni quali il senso dell’esistenza umana il rapporto con noi stessi, e con gli altri, e le idee di vita felice o buona. Il fine è dunque una laicità interiore che sostenga i valori della solidarietà, del sacrificio, della conoscenza contro i valori del denaro della concorrenza e dell’egoismo.

I PRIMI commenti pubblicati nel blog della rivista sono aspri: “Presto avremo dei campi di formazione socialista per la gioventù”; “ecco la morale socialista imposta a tutti”. È facile prevedere che altri, del medesimo tono, seguiranno e che il ministro dovrà faticare molto per realizzare la sua riforma.

Anche se l’ethos repubblicano ha in Francia solide radici, non mancano i critici, sia a destra, sia a sinistra. La distinzione fra patriottismo e nazionalismo, ad esempio, che il ministro ha enfatizzato con meritoria finezza culturale, è controversa anche all’interno dell’opinione pubblica francese.

Al di là delle Alpi, come da noi, c’è chi sostiene che il patriottismo non si distingue dal nazionalismo e chi ritiene che il patriottismo sia un’anticaglia del passato. Il ministro, inoltre, ricorda senz’altro le polemiche sul divieto, in nome della laicità, di entrare a scuola con il volto coperto dal velo. La scelta di lanciare addirittura un progetto educativo in nome della morale laica è indubbiamente una scelta coraggiosa, come è lecito attendersi da un leader politico.

IL MINISTRO francese avrebbe potuto evitare espressioni come “inculcare” e sottolineare che l’educazione laica deve avere la libertà come fine e come mezzo, e dunque aborre l’indottrinamento ed esige il metodo del dialogo. Ma la sostanza del suo progetto merita sincero plauso, per una semplice ragione: una Repubblica che rinuncia a formare cittadini si condanna al declino civile e politico. La coscienza civile e la coscienza laica hanno bisogno l’una dell’altra, e sono entrambe minacciati da nemici potenti: la prima dalla mentalità servile, dall’idolatria insana per il mercato; la seconda dagli ideologi fondamentalisti e dai bigotti (non da chi ha vera coscienza religiosa, come dimostra l’esempio del compianto Cardinale Martini). Se si affievoliscono, la Repubblica si corrompe, proprio come è avvenuto dai noi. Non è affatto da escludere che i nostri mali abbiano reso altri più saggi. E noi, quando impariamo dai nostri errori?

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MATERIALI SUL TEMA: 

COSTRUTTORI DI DEMOCRAZIA. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO IO VOGLIO INIZIARE L’ANNO SCOLASTICO CON IL "QUADERNO DELLA COSTITUZIONE" E CON IL GRIDO DI "FORZA ITALIA". LA PREGO FACCIA CHIAREZZA, SUBITO. (Federico La Sala)

 

 



Sabato 08 Settembre,2012 Ore: 17:18
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 08/9/2012 17.25
Titolo:IN ITALIA COME IN FRANCIA. Chi ha paura dei corsi di morale laica?
Chi ha paura dei corsi di morale laica?

di Michela Marzano (la Repubblica, 4 settembre 2012)

Si può insegnare la morale come si insegna la grammatica o l’aritmetica? Spetta alla scuola pubblica spiegare ai cittadini di domani “cosa è giusto”, oppure uno stato liberale non dovrebbe permettersi di intervenire nell’ambito del “bene” e del “male”?

In Francia, in questi ultimi giorni, il dibattito sulla morale a scuola è estremamente vivo. Visto che, prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, il ministro dell’Educazione Vincent Peillon ha detto che il compito della scuola non può più essere solo quello di trasmettere una serie di nozioni, ma anche quello di educare all’etica, per permettere ai più giovani di capire che «alcuni valori sono più importanti di altri: la conoscenza, l’abnegazione, la solidarietà, piuttosto che i valori del denaro, della concorrenza e dell’egoismo».

E così il linguaggio dei valori, rifiutato per anni dalla sinistra in quanto sinonimo di un ritorno all’ordine morale, fa la sua comparsa “scandalosa”. Provocando polemiche. Rilanciate, all’indomani delle dichiarazioni di Peillon, dall’ex-ministro del governo sarkozista Luc Chatel, che accusa il socialista di utilizzare argomenti “ pétainistes”.

Chiedere alla scuola di inculcare nei giovani la morale, perché il risanamento di una nazione non può essere solo materiale, ma anche spirituale, significa, per Chatel, fare un passo indietro nella storia: solo il Maresciallo Pétain, negli anni 1940, aveva osato fare dichiarazioni di questo genere.

Come se parlare di decadenza spirituale fosse all’appannaggio della destra. Oppure della Chiesa. Visto che anche da parte del mondo cattolico si sono sollevate alcune obiezioni, per paura che questi famosi valori da insegnare non siano in conformità con il magistero della Chiesa. Ma di quale morale stiamo allora parlando?

Per Peillon, la sola morale che la scuola può insegnare è una “morale laica”. Non si tratta di tornare alle nozioni tradizionali di “patria” e di “famiglia”, né ai concetti di “ordine” e di “disciplina”, ma solo di stimolate la capacità di ragionare, di dubitare e di criticare dei più giovani. È per questo che a scuola si dovrebbe tornare a parlare di libertà, di rispetto, di dignità e di giustizia. Come non dar ragione al ministro dell’educazione, quando si sa che anche solo per formulare correttamente un giudizio critico si devono avere alcune basi? Certo, all’era dell’autonomia individuale, qualunque forma di ritorno al paternalismo sarebbe incongrua.

Non si tratta di dare agli studenti un breviario delle azioni da compiere e di quelle da evitare, né di insegnare cosa si debba o meno pensare della vita, della morte, o della sessualità. Si tratta solo di spiegare il significato preciso dei valori che giustificano l’agire umano. Nozioni come il rispetto, la dignità, la responsabilità o la libertà, che sono alla base di ogni etica pubblica contemporanea, non possono essere utilizzate a casaccio. Ognuna di loro ha una propria “grammatica”; per utilizzarle correttamente si devono conoscere le regole del gioco linguistico.

Ecco quale è lo scopo della scuola oggi: insegnare di nuovo ad utilizzare correttamente le parole della morale per permettere l’organizzazione del “vivere-insieme”; evitare che alcuni radicalismi religiosi interferiscano nella sfera pubblica; alimentare il dibattito democratico, senza che la violenza prenda il posto della critica. Esattamente il contrario di ciò che voleva fare Pétain. Ma anche l’opposto di quello che sognerebbero oggi i nuovi integralisti della morale.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 14/11/2012 12.51
Titolo:FRANCIA. Parla il sociologo incaricato di fare proposte ...
- Baubérot: “I veri laici non vietano il burqa”
- I matrimoni omosessuali: “Non capisco il no delle Chiese: dovrebbero solo chiedere di non essere obbligate a benedirli"
- Nelle scuole francesi si insegnerà la morale repubblicana
- Parla il sociologo incaricato di fare proposte su come insegnarla

- di Alberto Mattioli (La Stampa, 14.11.2012)

Matrimonio «per tutti» (leggi: anche per le coppie dello stesso sesso). Eutanasia. E lezioni di «morale laica» nelle scuole della République. La Francia di François Hollande si vuole di nuovo all’avanguardia nella ridefinizione di diritti e doveri del cittadino, sempre nel nome di quella «laicità» che resta uno dei grandi totem nazionali. Nella Commissione che dovrà fare proposte su come insegnare la morale repubblicana c’è anche Jean Baubérot, il fondatore della sociologia della laicità.

Professor Baubérot, i professori di «morale laica» ricordano gli istitutori di inizio Novecento, gli «ussari della Repubblica».

«È ovvio che la morale non si insegna, né si impara, come la storia o la geografia. La scuola francese è caratterizzata da un approccio troppo magistrale, con uno che parla e gli altri che ascoltano. Credo che il professore dovrà guidare la riflessione più che imporla. Insegnare a pensare, non dei dogmi».

Ammetterà che l’idea sa un po’ di Stato etico.

«Sì, il rischio c’è. Ma è appunto quel che bisogna evitare. La Commissione ci sta lavorando. E tuttavia, se siamo contrari al fatto che possa esistere un sistema morale di Stato, siamo anche contro l’idea che il legame sociale non abbia una dimensione etica. I francesi non stanno insieme per caso e nemmeno per coercizione. Si riconoscono in una serie di valori che sono poi quelli elencati nel Preambolo della Costituzione».

Cosa critica del concetto francese di laicità?

«Dal 1905, da quando cioè la legge sancì la separazione dello Stato dalla Chiesa, la laicità è stata eccessivamente intesa come una separazione netta tra il fenomeno sociale e quello spirituale. Ma lo Stato è solo un arbitro e non deve chiedere alla gente di essere neutrale come lui, né nelle sue convinzioni né nei suoi vestiti. La legge che vieta il burqa è discutibile perché è una legge che vieta il velo integrale sempre e comunque. Per lo Stato, invece, che una musulmana giri velata non è un problema. È un problema, e dev’essere vietato, se pretende di riscuotere un assegno velata. Ma questo è un problema pratico, non metafisico».

La legge sul matrimonio per tutti le piace?

«Trovo che sia un vero provvedimento laico. E non capisco l’obiezione delle Chiese. Dovrebbero prendere esempio da quel che ha detto l’arcivescovo di Canterbury, a capo, noti bene, di una Chiesa di Stato: io ammetto che esistano le nozze gay, solo chiedo che lo Stato non mi obblighi a benedirle. Se uno aderisce a una religione, ne accetta le regole. In altri termini, lo Stato garantisce a tutti la libertà esterna, non quella interna. Se una donna si converte all’Islam in piena libertà, senza coercizione e senza violenza, accetta delle regole. Se è una sua libera scelta, lo Stato non deve entrarci. Ha solo il diritto, e il dovere, di promuovere l’eguaglianza. Ma nessuno può essere “emancipato” contro la sua volontà».

Molti sindaci fanno sapere che si rifiuteranno di celebrare i matrimoni gay. Che ne pensa?

«Penso che vada riconosciuto loro il diritto all’obiezione di coscienza, esattamente come ai medici per l’aborto. Ma devono delegare i loro poteri a un assessore, perché esiste, anzi esisterà presto, anche il diritto di tutti a sposarsi».

In nessun Paese del mondo come la Francia la laicità appassiona tanto l’opinione pubblica. Perché? «Per due ragioni. La prima è storica: qui il conflitto politico-religioso è durato secoli. Pensi al Medioevo con le crociate contro gli eretici, Filippo il Bello e il suo conflitto con Roma, il Papa ad Avignone, il gallicanesimo. Poi: quarant’anni di guerre di religione, la persecuzione dei protestanti e dei giansenisti, la Rivoluzione che prima riconosce la libertà religiosa e poi perseguita le religioni, eccetera».

E l’altra?

«L’altra è che anche oggi i temi religiosi hanno un significato politico. Come la grande paura dell’Islam e la strumentalizzazione della laicità per mascherarla. Ma l’Islam radicale è assolutamente minoritario. E, ad esempio, non è vero, come uno studio recente ha dimostrato, che i musulmani siano più prolifici che gli altri francesi. Io vorrei una “laicità del sangue freddo”, come la definiva già Aristide Briand».

L’ITALIA INFLUENZATA DAL VATICANO

«Sulle nozze per tutti e i diritti dei gay è più indietro di altri Paesi cattolici come Spagna o Belgio». Ultima domanda sull’Italia: lo definirebbe un Paese laico?

«Credo che in Italia ci siano degli elementi di laicità diffusi, come si è visto quando si è votato sul divorzio e sull’aborto. Ma certo l’Italia deve fare i conti con la sua storia e sulla sua posizione geopolitica. È chiaro che il fatto di avere il Vaticano “in casa” influenzi le scelte politiche. E infatti in materie come il matrimonio per tutti o i diritti degli omosessuali l’Italia è molto più indietro di altri Paesi pure cattolici come la Spagna, l’Argentina o il Belgio. Quindi a domanda risponderei: l’Italia è un Paese semilaico».

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